Andrà tutto bene è il titolo del libro illustrato di Leo Ortolani, noto fumettista italiano. Già dalla scelta del titolo capiamo il mood delle strisce del fumettista, che ha scelto di utilizzare la frase più abusata degli scorsi mesi che, chiunque, ripeteva come un mantra.
Il fumetto nasce dalla voglia di esorcizzare, attraverso l’ironia, un periodo pandemico caratterizzato da: paura, incertezza, autocertificazioni che cambiavano dalla sera alla mattina e in cui siamo stati martellati costantemente dalle dirette video di tutti i politici.
Siamo stati obbligati a consumare il perimetro delle nostre abitazioni, perdendo spesso il senso della realtà e dello scorrere del tempo, scandito, senza possibilità di scelta. da nuove abitudini costrette e costruite per “far passare in qualche modo la giornata”.
Se non avessimo vissuto anche noi tutto questo il libro illustrato sembrerebbe un fantasy surreale creato da una fervida fantasia.
Andrà tutto bene è una cronaca illustrata che non solo fà sorridere ma mostra le falle e la confusione che anima e muove questo Paese. Il modo migliore per esorcizzare è quello di guardare a vicende traumatiche, spostando la visuale da un punto di vista leggero o semplicemente diverso da quello decodificato da noi.
Leo Ortolani: chi è?
Leonardo Ortolani nasce a Pisa nel 1967 ma ben presto si trasferisce a Parma dove consegue la laurea in Geogolia.
Nel 1971 relizza la sua prima storia a fumetti che ha come protagonisti Zio Paperone e Paperino.
Nel 1975 nascono i suoi primi personaggi: Lello e Giappi. La notorietà arriva nel 1989 quando partecipa a un concorso per autori esordienti. Al concorso presenta due storie illustrate in cui c’è Rat-Man che vince oltre al concorso anche il Premio Spot come migliore sceneggiatura.
Da qui si afferma nel mondo dei fumetti e Rat-Man nel 1996 viene pubblicato su un trimestrale della Marvel.
Nel 2011 pubblica il suo primo libro Due figlie e altri animali feroci, che racconta della sua esperienza personale nel mondo dell’adozione.
Andrà tutto bene uscirà nelle librerie italiane il prossimo 23 luglio.
Se siete amanti del genere graphic novel che affronta temi attuali vi consigliamo anche Lockdown Heroes di Milo Manara!
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AMarti scava nella propria interiorità con “Pietra”
Dall’8 novembre è disponibile su tutte le piattaforme digitali e in radio Pietra, nuovo singolo della poliedrica artista emiliana AMarti. Un brano dalle influenze indie-folk, etereo e fuori dal tempo in cui spicca la straordinaria voce di Martina Alberi.
AMarti spiega così il singolo:
Quando ho iniziato a scrivere Pietra credevo di liberarmi di un’illusione d’amore. La musica è arrivata, invece, a scovare un cassetto più nascosto, dove ho trovato l’infelicità di mia madre, nutrita dalle stesse illusioni ed effimera come la sabbia. Avrei voluto richiuderlo subito, ed invece sono rimasta lì, in silenzio, nel nostro dolore. L’ho ringraziato. Senza, non avrei mai potuto scegliere la mia felicità, sentirmi più solida, come la pietra.
C’è un rapporto simbiotico fra testo e melodia: l’inizio è lento, cupo e si snoda con un leggero movimento verso una sbocciante serenità che culmina nella incalzante gioia di una più grande consapevolezza.
AMarti: chi è?
AMarti è un’artista che associa musica e disegno per dare voce alla sua coscienza. L’Italia e la Scozia, paese che l’ha ospitata per lungo periodo, sono presenti nei suoni e nei testi. Ad una base folk, si aggiungono synth ad evocare l’oniricità a cui l’artista naturalmente tende. Le atmosfere sono impreziosite da Maria e Giulio, mani raffinate e curiose di rendere il progetto nella sua più sincera intensità.
Di sé dice:
Vengo da uno scoglio sul mare di Porto Garibaldi, piccolo porto in provincia di Ferrara. Nel cercare un accesso autentico a me stessa, su quello scoglio, che per anni tentai di dimenticare, ritrovai la chiave.
Avevo una semplice chitarra, nessuna tecnica ma una instancabile necessità di liberare. Facendo spazio al silenzio, con la musica lui si è raccontato. Ha trasformato il mio dolore e ho vibrato con la vita. -
School Movie – Cinedù festeggia 10 anni
Festeggia un compleanno importante School Movie – Cinedù, la rassegna cinematografica dedicata agli Istituti Scolastici ideata da Enza Ruggiero. Dieci anni di attività con il coinvolgimento di migliaia di bambini delle Scuole, confermandosi punto di riferimento per la regione Campania e del Sud Italia.
La finalissima della decima edizione, che gode dello straordinario Patrocinio del Senato della Repubblica Italiana, sarà presentata in conferenza stampa giovedì 7 luglio 2022, alle ore 10.30 al Salone Bottiglieri della Provincia di Salerno.
Un anniversario che vuole celebrare le emozioni, scelte come tema conduttore dell’edizione 2022, come inno alla vita che rinasce, che esplode, dopo i due anni di pandemia, di distanziamento, di misure restrittive. L’arte cinematografica ritorna, così, tra i banchi di scuola, in quello che è il primo anno di rientro alla didattica in presenza.
School Movie – Cinedù è, infatti, una grande festa di aggregazione, di bellezza, di emozioni soprattutto, snodatasi durante l’anno scolastico per permettere ai piccoli allievi della Scuola Primaria e Secondaria di I grado di trasformarsi in attori, registi, autori, direttori della fotografia e poter esprimere se stessi e il proprio mondo, attraverso argomenti complessi come il bullismo o il cyberbullismo, la felicità, i sogni, l’allegria, rivisitati attraverso la macchina da presa cinematografica.
In questa edizione sono più di 3.000 i bambini protagonisti assoluti del progetto, attori ed ideatori della storia del piccolo e avvincente film, con più di 150 video prodotti, con la partecipazione non solo dei Comuni di tutte le 5 province della Campania, ma ampliandosi anche alla Basilicata e alla Calabria.
Esordisce l’ideatrice Enza Ruggiero:
Sono molto felice e soddisfatta di tagliare il nastro della decima edizione di School Movie – Cinedù – Quando tutto è iniziato, ben dieci anni fa, mai avremmo immaginato questo crescendo, anno dopo anno, di entusiasmo, passione, emozioni, attaccamento al progetto e affetto, non soltanto da parte di tutto il team, ma di tutti coloro ci hanno supportato e creduto nel valore di School Movie Cinedù, a partire dai Comuni, alcuni dei quali ci hanno conosciuto ai nostri esordi e non ci hanno mai lasciato. Altri li abbiamo incrociati strada facendo, con un aumento esponenziale dei partecipanti.
Prosegue Enza Ruggiero:
Un successo decretato dalla determinazione e passione di tutto il team di lavoro: “School Movie – Cinedù è gioco di squadra Tra tutti mi piace esprimere la mia gratitudine in primis a Nicola Surace, fianco a fianco in questo progetto da 8 anni: con la sua professionalità riesce a rendere fantastici tutti i corti. La prima edizione resterà sempre indelebile perché, come accade con il primo amore, non si scorda mai, ma anche le successive sono state tutte incredibili. Lo scorso anno abbiamo vissuto un’emozione unica ai Templi di Paestum, quest’anno cercheremo di superarci, con altrettanto impegno per regalare ai bambini un’edizione memorabile, all’insegna dello stupore, del sogno. Vogliamo creare un momento magico che rimarrà tra i ricordi più belli. La scuola è anche creatività, è cinema, è magia oltre che formazione, perché insegna e offre ai ragazzi gli strumenti per costruire i loro sogni, il loro futuro, la propria vita e noi cerchiamo di esserne parte. Grazie a Franco Alfieri, Sindaco di Capaccio Paestum, un amministratore che ci è stato sempre vicino e che ci ospiterà per la decima edizione.
Afferma il sindaco Franco Alfieri –
School Movie è ormai un appuntamento fisso dell’estate di Capaccio Paestum È con gioia che ancora una volta ospitiamo una manifestazione che è diventata un punto di riferimento per le scuole di diverse regioni, non più solo della Campania, e per tanti piccoli studenti che, attraverso di essa, hanno l’opportunità di mettersi in gioco dando sfogo alla loro creatività. Sosteniamo con convinzione questa iniziativa anche perché è un’importante occasione per differenziare l’offerta della nostra estate e dedicare ai bambini allegri momenti di aggregazione e di svago.
Il 7 luglio 2022, in conferenza stampa sarà ufficializzato il programma della finalissima, che si svilupperà in due giornate, il 12 e il 13 luglio presso l’Area Archeologica dei Templi di Paestum, tra sorprese e guest star, per la consegna dei School Movie Cinedù Award, i premi assegnati dalla giuria per i migliori cortometraggi realizzati dai bambini della Scuola Primaria e dai ragazzi della Secondaria di I Grado. School Movie – Cinedù è anche sostenibilità, con il premio speciale dedicato allo spot contro lo spreco alimentare.
Interverranno in conferenza stampa le rappresentanze istituzionali, i sindaci della rete e alcuni bambini in rappresentanza delle classi in finale che racconteranno le emozioni e l’esperienza vissuta con School Movie. In particolare saranno presenti il presidente della Provincia di Salerno Michele Strianese, il direttore del Parco Archeologico di Paestum Tiziana D’Angelo, il Sindaco di Capaccio Paestum Franco Alfieri, il Direttore Banco Alimentare Campania Roberto Tuorto, il partner McDonald’s province di Salerno e Potenza Luigi Snichelotto, l’ideatrice Enza Ruggiero. La moderazione dell’incontro sarà affidata alla giornalista e conduttrice Rosaria Sica.
School Movie – Cinedù
School Movie nasce nel 2013 da un’idea di Enza Ruggiero ed è una produzione dell’Associazione culturale School Movie, con il Patrocinio del Senato, della Regione Campania e dei Comuni che con passione aderiscono al progetto.
Traguardo eccezionale i 100 mila iscritti al canale YouTube, premiato con la targa d’argento direttamente da Youtube America. Milioni di visualizzazioni ai video. Anche i social stanno spopolando (Tik Tok con più di 200 mila follower).
Tra le partnership Giffoni Film Festival, che resta un punto fermo dagli esordi. E ancora banco Alimentare Campania, Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. La finale 2022 ai Templi di Paestum è stata preceduta da 5 tappe intermedie itineranti tra Mercato San Severino, Sarno, Sapri, Serino, Capaccio Paestum.
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Le luci nelle case degli altri di Chiara Gamberale
Le luci nelle case degli altri (2010) di Chiara Gamberale è un romanzo che ci parla del quotidiano e di inclusività, un argomento che negli ultimi tempi è importante affrontare. Giugno, come sappiamo, è il mese che festeggia il Gay Pride e la comunità LGBTQ+ in tutto il mondo.
La scrittrice attraverso lo sguardo smarrito di Mandorla, una delle protagoniste del romanzo, ci insegna a guardare e scoprire il mondo da un altro punto di vista che è molto più umano, semplice da adottare e profondo.
Il lettore in poco tempo sente di abitare all’interno del condominio in cui vive la ragazza e in qualche modo cresce con lei, si smarrisce insieme a lei che cerca suo padre e il senso della sua esistenza.
Le luci nelle case degli altri: la trama
Maria, la madre di Mandorla, muore all’improvviso in un incidente stradale all’età di trent’anni, lasciando la figlia che, al tempo, ne ha solo sei. La bambina, attraverso una lettera, scritta dalla madre per lei, il giorno della sua nascita, scopre qualcosa d’importante: all’interno di quel condominio di cinque piani c’è suo padre. Nessuno dei condomini vuole sottoporsi al test del DNA così decidono di occuparsi tutti insieme di lei.
Il condominio è abitato da diverse personalità che alla fine arricchiscono Mandorla, anche in quei momenti bui, in cui la ragazza cerca disperatamente di scoprire l’identità di suo padre.
Maria, in vita, svolgeva l’attività di amministratrice condominiale anche in quello stesso palazzo in cui c’è il padre di Mandorla. Tutti i suoi amici e conoscenti, come si evince all’interno delle pagine de Le luci nelle case degli altri, la vedono come una donna libera che ha sempre vissuto senza costrizioni sociali. La donna il giorno in cui mette al mondo sua figlia le scrive una lettera che si rivela una sorta di testamento morale perché c’è scritto molto di lei: come vede il mondo, come vorrebbe educarla e cosa lei ritiene giusto per la figlia.
La libertà è ciò che muove Maria nella vita e in tutti i ruoli che ricopre, il significato che lei da a questa parola trasuda da ogni riga che compone il testo. Nonostante gli errori ortografici e grammaticali si può comprendere che l’apertura mentale, gli ideali sani non sono solo il frutto di studio e di cultura ma appartengono alla sensibilità con cui si guarda il mondo, quella capacità umana che non appartiene solo alla qualità e alla quantità di libri che si sono letti durante il corso della propria vita.
La lettera riassume molto il significato del romanzo, per questo motivo la riportiamo integralmente:
25 ottobre 1993
Amore mio.
Ti ho vista solo di sfuggita, poi un’infermiera ti ha portato via. Avevo così tanta tantissima voglia di conoscerti che evidentemente tu l’hai avvertita e sei arrivata con due mesi di anticipo.
Minuscola come una mandorla, dice il dottore.
È per questo che adesso bisognerà tenerti per un po’ in una scatola di vetro: per trasformarti da una mandorla a una bambina vera! Il dottore mi assicura che tutto andrà bene, però in questo letto d’ospedale che ci stò a fare io, se tu non ci sei?
Allora ti scrivo.
Perché non ce la faccio a pensare ad altro che non sei tu.
E perché sono così tante le cose che da qui a sempre vorrei darti, è così grande la paura di non farcela che almeno, se mai un giorno leggerai questa lettera, saprai che ce l’avevo messa tutta ma tutta tutta quanta.
Vorrei averti qui con me adesso, ma questo già te l’ho detto.
Vorrei vorrei vorrei.
Vorrei trovare trovare per te un nome perfetto, di quelli che le persone quando ti chiedono: “Come ti chiami?”, tu gli rispondi:” Mi chiamo così” e loro ti dicono: “Ma ti sta proprio benissimo questo nome! Sembra creato a posta per te!”.
Vorrei vorrei vorrei.
Vorrei aver studiato un po’ più l’italiano e vorrei aver letto tanti bei libri per scriverti una lettera piena delle parole più preziose del mondo: ma a scuola non ci sono andata mai troppo volentieri.
Poi quando sono morti i nonni ho dovuto sbattermi per cercare un lavoro, e addio cultura! per non parlare del lavoro che alla fine ho trovato, allo Studio Amministrazioni Poggio Ameno: sono sempre alle prese con i conti e le tasse che le persone pagano, altro che parole belle! Ma proprio una ragazza che conosco grazie a questo lavoro, che si chiama
Lidia, un giorno mi ha detto una cosa da rifletterci sù: ha detto “Più sai
usare le parole più ti allontani anziché avvicinarti a quello che vuoi
realmente esprimere”. Quindi sai che che ti dico? Sono felice di non saper scrivere bene per dirti quello che vorrei!
Vorrei vorrei vorrei.
Farti mangiare tutto il cioccolato che vuoi senza che ingrassi (è
buonissimo, il mio preferito è quello al latte).
Che se i compagni di classe ti prendono in giro per qualche motivo, tu pensi che sono sbagliati loro, mica tu.
Fare molti viaggi (io non ho nemmeno il passaporto, ma adesso
me lo faccio perché il mondo là fuori è tantissimo e tu dovrai vederlo tutto, dovrai conoscerlo).
Vorrei che non ti ammalerai mai.
Che non ti spuntano i denti del giudizio (toglierli fa davvero male).
Che ti piacciono i cappelli come piacciono a me, così possiamo collezzionarli insieme.
Vorrei che hai tanti amori di quelli scemi, che fanno girare la testa e
ronzare i calabroni in pancia: tutti non fanno che ricordarmi che l’amore
nella vita non è tutto, e certamente hanno ragione. Ma che ti devo dire? I
giorni più felici che ho passato (senza contare oggi, naturalmente) sono stati quelli che ho passato innamorata. Magari di qualcuno che non ne
valeva affatto la pena, ma che fà? Non c’è cosa al mondo più bella di
svegliarsi in un letto dove non avevi mai dormito prima di quella notte, e
pensare: ecco, in questo momento non mi manca niente.
E quindi vorrei che di quel genere di mattine tu ne vivi tante.
Ma naturalmente che poi, a un certo punto, trovi la persona giusta
(giusta per te: intendo). Io non ci sono riuscita ma ancora ci spero. Il
problema è che gli uomini rimangono incantati quando allo zoo vedono
per la prima volta una giraffa: ma poi a casa preferiscono tenere un cagnolino.
È per questo che vorrei che cresci rara come una giraffa in città, ma con l’istinto domestico del cagnolino: dappertutto c’è del bene, dappertutto c’è del male.
Vorrei pensarti sempre più forte di quello che potrà capitarci.
Insegnarti a cucinare.
A riconoscere i nomi delle piante (anche quelle strane).
Vorrei che trovi un amico come per me è Michelangelo, qualcuno che
mentre tutto il resto gira e cambia, rimane fermo.
Che impari almeno una lingua straniera (io non sò nessuna e mi
sento una deficiente).
Vorrei che leggerai questa lettera quando ne avrai bisogno, così potrà
farti bene come oggi stà facendo bene a me a scriverla.
Vorrei che fino a quel momento tu la tieni con te, in una busta, come
una specie di amuleto magico magico che ti protegge da tutto quello che di brutto
stà là fuori.
Vorrei vorrei vorrei.
Che litighiamo quel poco che basta per capire che siamo davvero
importanti l’una per l’altra.
Che ti crescono i capelli lisci (quelli ricci pare che sono una
scocciatura).
Vorrei che tuo papà fosse un astronauta che cammina sulla luna ma
pensa sempre a noi, e non un uomo come tanti, che abita in via Grotta
Perfetta 315 e una sera di marzo, forse per noia forse per curiosità, nell’ex
lavatoio del sesto piano ha fatto l’amore con me.
Vorrei vorrei vorrei.
Che le infermiere ti portano al più presto qui.
Perché so che tutti i giorni che qualcuno nasce, così come purtroppo
qualcuno muore. Ma che ci vuoi fare? Quando tocca a te credi che è la
prima volta che capita, in assoluto. E oggi mi sembra che nessuna donna,
oltre a me, è mai diventata
Le luci nelle case degli altri ci mostra un modo di guardare il mondo che è scevro da pregiudizi ma che è anche difficile da attuare. Un genitore dovrebbe rispettare gli ideali e le propensioni di un figlio, come il suo orientamento sessuale ad esempio, rispettando a 360 gradi ciò che pensa.
Un genitore dovrebbe avere la forza di comprendere e rispettare un figlio a prescindere da ciò che individualmente si ritiene giusto perché ogni essere umano è un mondo a parte, un insieme di valori, sensibilità e modo di giudicare il mondo che è soggettivo e personale.
La cosa più importante che emerge dalle pagine del romanzo di Chiara Gamberale è che qualsiasi scelta personale non contiene all’interno il sinonimo di giustizia o normalità perché senza azioni che ledono fisicamente il prossimo tutto è giusto, contemplabile e praticabile.
Questo è il senso profondo dell’inclusione cui dovremmo arrivare socialmente e umanamente.
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