Nei giorni della Biennale a Venezia nasce il ‘Premio Different’: promosso dai Papaboys che viene assegnato a coloro che ogni giorno, con il lavoro e con il cuore, fanno davvero la differenza.
L’ambito riconoscimento andrà a Massimo Pamio, direttore artistico del Museo della Lettera d’Amore di Torrevecchia Teatina, per aver promosso una serie di iniziative nel segno dell’amore, culminate con l’adozione, da parte del Sindaco dott. Francesco Seccia e della Giunta Comunale di Torrevecchia Teatina, di una delibera mediante cui la cittadina è stata denominata “paese della lettera d’amore”.
Il museo, unico al mondo, il 9 settembre sarà alla Mostra del Cinema di Venezia grazie ai Papaboys, che oltre al Premio Different, promuovono una celebrazione Eucaristica dedicata a tutti gli artisti e addetti del cinema presso la chiesa di San Francesco alla Vigna a cui parteciperanno anche i rappresentanti del Museo abruzzese. Inoltre, una frase di Papa Francesco, in contemporanea, sarà consegnata da 50 giovani a tutti gli operatori del cinema ed alle istituzioni presenti al Lido; parole che il Pontefice ha rivolto come incoraggiamento proprio al mondo del cinema:
Sia un luogo di comunione, creatività, visione e scuola di umanesimo.
Il giorno successivo, 10 settembre alle ore 21, nella cornice storica del Chiostro dell’Istituto di Studi Ecumenici “S. Bernardino” (Calle S. Francesco, 2786) la cerimonia di consegna dei ‘PREMI DIFFERENT’ a prestigiose personalità della cultura e del mondo sociale, ideata dalla produzione cinematografica indipendente 3B Film. Durante la serata, coordinata dalla regista Maria Berardi, presentata dall’attore Pietro Romano e dalla modella Elisa Pepe Sciarria, sarà proiettato in anteprima un ‘reel’ del film ‘Oltre l’infinito.
Nuovi Orizzonti’, un viaggio medioevale nell’eterna lotta tra il bene ed il male, girato durante l’estate tra Massa Marittima, Follonica e Roma.
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XXI Edizione del Premio Lettera d’Amore
Cinquecento testi provenienti da Argentina, Stati Uniti d’America, Francia, Spagna e da tutte le regioni d’Italia hanno partecipato quest’anno alla XXI Edizione del Premio Lettera d’Amore che si tiene in Abruzzo a Torrevecchia Teatina, paese della lettera d’amore, di cui si è interessato di recente il TG 2 nella rubrica “Sì viaggiare” con un servizio denso di suggestioni.
Il concorso sfida gli italiani al cimento letterario, esortandoli a trasporre sul piano epistolare le loro propensioni amorose, mediante aperte dichiarazioni dalle quali si evincono le passioni più frequentate e accese – per persone, oggetti, paesi, animali, idee, manie, ecc.-, che delineano uno spaccato sociologico intorno al sentimento più apprezzato dal nostro popolo, indicando la direzione verso cui procede.
Nei testi in concorso quest’anno si riscontra un particolare tormento d’amore, si avverte un trasporto sentimentale irrefrenabile per… l’Italia! Innanzitutto, pochissimi si sono soffermati sul periodo difficile che l’umanità intera sta attraversando, mentre molti pare siano stati illuminati dal periodo di obbligata clausura: numerosissime le lettere riservate alla terra, al kosmos, all’Universo, alla natura, all’ambiente e naturalmente alla vita, tutte preziosità che l’uomo sta pericolosamente trascurando, spogliandone e disanimandone la potenza, impedendo lo svolgersi armonico delle sue regole, messe in crisi dallo sviluppo avido e grossolano del mercato – luogo del vituperio – tanto da pagarne, come ben sappiamo, le conseguenze; ma quel che più sorprende è l’enorme quantità di opere dedicate all’amore per la bellezza dell’Italia.
Ebbene, pare inverosimile, in questi ultimi tempi di riserbo casalingo la bellezza del Paese e la ricchezza della propria tradizione culturale sono diventate l’oggetto dell’affetto più profondo degli Italiani (stavolta meritano la maiuscola), e se ne fanno carico, offrendo i loro servigi al Belpaese in qualità di improvvisate guide turistiche e culturali, anche se solo per lettera… d’amore!
A partire da una lettera immaginaria, scritta da Paolo a Francesca, gli sfortunati amanti immortalati nel V canto dell’Inferno, Paolo rivela come il libro fu galeotto “quando all’intendere le gesta di quello amore infelice (di Lancillotto per Ginevra) come uno solo, travolti fummo dalla passione sua, dallo suo ardore. E ci stringemmo le mani di timore al giudizio implacabile d’Artù piangendo l’innocenza dello ingiusto amore. Sì, perché Amore è cieco, non guarda lo nobile o la plebe, lo ricco ovvero lo povero, lo sposo o la nubile…”
Un testo in cui ci viene offerta una splendida dimostrazione di come l’autore, Vincenzo Rocco, abbia fatto propri i versi danteschi. Appresso a lui, Marco Pitteri inventa una lettera in cui si mette impavidamente nei panni del massimo genio del Rinascimento. L’autore, indossando le vesti di Leonardo, fa confessare al genio vinciano il suo amore per la bellissima Monna Lisa, che egli dipinse in un quadro immortale, attribuendogli audacemente (o sconsideratamente?) frasi di Cyrano. Il tema di fondo è sempre la lettura: “Oggi, mentre cercavo di leggere un trattato di ingegneria che mi ha donato il signor Duca, di colpo, senza alcun motivo apparente, mi è sembrato di ritrovarvi nello spazio muto di un capoverso. Ecco cosa siete diventata, una presenza rosa tra tutte le interruzioni della mia vita…” Leonardo amava Monna Lisa! Uno scoop mondano a seicento anni di distanza che meriterebbe di fare il giro del mondo.
Un altro dipinto è oggetto dell’analisi di una lettera di Silvia Roncucci; nella Libreria Piccolomini del duomo di Siena sono conservati gli affreschi di Pinturicchio e bottega (incluso il giovane Raffaello) raffiguranti le Storie della vita di Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini. Uno di essi mostra l’incontro tra Leonor del Portogallo e lo sposo Federico III d’Asburgo, da cui prende spunto l’autrice per immaginare una missiva in cui Enea Silvio (poi Papa Pio II) rivela il suo innamoramento per la regina del Portogallo, innamoramento provato ancor prima di incontrarla, tramite un’opera pittorica che la ritrarrebbe, espediente scelto dalla Roncucci sia per il richiamo all’Amor de lonh dei poeti trobadorici, sia per la sua validità nel contemporaneo: all’epoca di Internet molti amori nascono, si alimentano (e a volte finiscono) con la sola visione delle immagini postate dagli utenti sui social network.
Non trascurabile il numero delle lettere dedicate ai luoghi e agli incanti paesaggistici del nostro Belpaese: Torino, Venezia, Trani, Verona, Civita di Bagnoregio, Pettorano sul Gizio, le montagne della Majella, e chi più ne ha, più ne metta! Una lettera molto colta è quella (immaginata da Federico Battistutta) che Ada Augusta Byron, figlia del poeta George Byron e di Anne Isabella Milbanke, dedica al precettore. Ada non conobbe il padre, che lasciò per sempre la famiglia e poi l’Inghilterra quando la bambina aveva pochi mesi. La madre, donna severa, ossessionata dall’ordine e dalla disciplina, spinse Ada a studiare la matematica, anche per allontanarla dal retaggio poetico del padre. La giovane mostrò una sorprendente attitudine per la matematica e lo studio di tutto ciò che è meccanico. Un talento che la portò a fare la conoscenza di Charles Babbage, eccentrico e geniale inventore di un’ambiziosa macchina calcolatrice, la Macchina Analitica. Ella intuì che non si trattava solo di una macchina per far di conto, bensì di un dispositivo capace di elaborare simboli. Alla luce di quanto è accaduto in seguito, si può dire che questa intuizione rappresenti il primo nucleo dell’informatica moderna e, secondo alcuni, addirittura dell’intelligenza artificiale. Fu una donna piena di inquietudini e visioni, in grande anticipo sui tempi, che lottò per la propria indipendenza e il riconoscimento delle proprie idee. Dunque, una lettera che illumina la grandezza della donna scienziato, una figura spesso soffocata dal prepotere maschile.
Alcune lettere d’amore sono dettate dal gusto, come quelle indirizzate al fico d’india o all’avocado, altre sono dedicate alla chitarra, alla falena, a Melpomene, alla bicicletta, al teatro; molte le missive improntate dagli affetti per fidanzati, amanti, congiunti e per gli inseparabili animali domestici. Impera lo sdoppiamento: lettere dedicate al se stesso del passato o del futuro, dolgono quelle riservate alle malattie, a stati di disagio psicologico come la bulimia, tanto amata!, alla finestrella dell’ospedale che i malati di Covid fissano e da cui penetra una luce di speranza.
XXI Edizione del Premio Lettera d’Amore: la giuria
Sottoposti al vaglio della giuria, composta da Tonita Di Nisio, Massimo Pamio, Massimo Pasqualone, Lucilla Sergiacomo, Giuseppina Verdoliva, testi dedicati alla coscienza bipolare, a Maurice Ravel, al campione dell’automobilismo Ayrton Senna, alla professione dell’avvocato, al popolo italiano da parte di Anita Garibaldi, alla libertà, da Rodolfo alla sua Mimì dell’opera pucciniana, da Thanatos a Eros.
Hanno partecipato molti studenti, in particolare alcune scuole, l’I.I.S.S. “B. Radice” di Bronte, il Liceo Classico Poliziano di Montepulciano, il Liceo Scientifico “A. Righi” di Cerignola, l’Istituto Acciaiuoli Einaudi di Ortona, e i ragazzi della Biblioteca “Marilia Bonincontro” di Chieti: Noemi Pavone, Marta Rondinini, Gianmarco D’Agostino.
Non mancano testi divertenti, salaci, nei quali si rivela l’incredibile qualità fantastica degli italiani, la capacità di cogliere aspetti e circostanze da un punto di vista umoristico e scanzonato. Pagine intense, forti, tenere, delicate, struggenti, appassionate che, conservate nel Museo della Lettera d’Amore, museo unico al mondo, saranno lette dagli attori Antonella De Collibus e Alessio Tessitore, contribuiranno a creare suggestioni indimenticabili nel corso della serata della cerimonia di premiazione in programma per domenica 8 agosto, che sarà condotta dal giornalista RAI Nino Germano a partire dalle ore 20 e 30, nel Parco dei giovani San Karol (il più grande d’Europa) annesso al Palazzo del Marchese Valignani di Torrevecchia Teatina alla presenza del Sindaco Dottor Francesco Seccia e dell’amministrazione comunale.
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L’importanza di un padre e del suo ruolo nei testi di Fabrizio Moro
Quanto la consapevolezza di un padre determina e poi legittima la consapevolezza del proprio figlio? Dalla comparazione dei testi musicali di un’artista, quale Fabrizio Moro, e prendendo spunti da essi ci chiediamo come e quando è necessario identificarsi nel e per il bene del proprio figlio.
Lungi dal voler produrre considerazioni psicoanalitiche circa lo stato emozionale di Fabrizio Moro, un padre come tanti, un padre come pochi.
Nel 2017 il cantautore dedica alla figlia il singolo Portami via mentre nel 2019 scrive Filo d’erba, dedicato al secondogenito. Da qui le labili differenziazioni che, forse, ogni padre dal proprio canto fa.
Fabrizio Moro: la paura di essere padre in Portami via
Fabrizio Moro, neopapà nel 2017, è un genitore impaurito dalla vita che chiede e prende la mano della figlia, adducendole la comprensione del “silenzio che determina il confine tra i dubbi e la realtà”, in breve l’incipit a non arrendersi.
La sua è una gioia intrisa di paura per un futuro misconosciuto che pesa all’uomo e all’essere umano. L’interscambio, il miracolo della vita e il peso della responsabilità sono capaci di guarire dalle ferite vissute.
Il Fabrizio Moro del 2019, partendo dal proprio senso di colpa per la separazione dalla sua compagna nonché madre, nel testo Filo d’erba vede il figlio stanco, silenzioso e debole. Sembra quasi che l’artista proietti l’introspezione di se stesso nella descrizione del figlio, come se volesse svuotare lo zaino e liberarsi di un peso che non è dipeso da lui e che potrà essere trasformato, forse un giorno, dallo stesso figlio.
Per dirlo con le parole del testo:
Spiegare ciò che oggi sta imparando…
È un padre che è consapevole che il proprio figlio è più grande della sua età anagrafica perché sta vivendo un momento difficile quello della separazione dei suoi genitori e ciò probabilmente gli sta insegnando che crescere non è semplice.
Come si fa a spiegare ad un figlio il significato di mancanza o a dargli una spiegazione che non sia dolorosa? Quanto e cosa un bambino impara dalla mancanza quotidiana di una figura genitoriale? E ancora padre e figlio come possono aderire al terreno della vita? Se l’evolversi implica un ruolo, chi deve determinarlo il bambino-adulto o il bambino-bambino?
Ci sono processi non solo di mistificazione dei ruoli ma veri e propri processi legati al senso di mistificazione delle responsabilità. Il bambino che arriva per salvare tutti e il padre che invece non è capace di salvare se stesso, nascondendosi dietro le fragilità del momento.
Il figlio che comprende il silenzio e il papà adulto che non sa ascoltare realmente il silenzio e il mutismo del figlio.
Altra questione è la diversità di genere dei figli che trasmette al cantante sentimenti diversi: in Portami Via la figlia rappresenta la speranza di un padre che protegge, lauda e a cui lui chiede, forse, di più per preservarla dalle brutture del mondo e cercare di renderla autonoma rispetto al figlio maschio che, invece, il più delle volte vive il suo tempo per come vuole e con meno responsabilità morali.
Quest’ultima osservazione è lungi dal voler essere un discorso sessista o sulla differenza di genere ma vuole sottolineare un’implicazione sentimentale che oggi è interferenza e non più un atto d’impegno verso una condizione di evoluzione di se stessi e della specie.
Il propendere dell’essere umano verso le proprie paure potrebbe giustificare il tutto ma, spesso, le paure individuali che un genitore riversa sui propri figli, se non spiegate, dosate e centellinate, rischiano di limitare e bloccare i molteplici strumenti conoscitivi che esistono ed appartengono all’essere umano. Camminare in questa direzione significa generare caos e turbamento in quelle creature che si desidera proteggere, educare e formare.
La vita non è semplice nel suo modo di manifestarsi e, forse, limitarsi nel dire che è sacra potrebbe bastare come presupposto per tentare una sovversione degli schemi, per quanto un dogma implichi la sua mistificazione.
Se si è non credenti basterà essere liberi nelle intenzioni e determinati sul carico di responsabilità che, però, non implicano stati emozionali legati allo sconforto.
Il coraggio di una vita può bastare a se stesso per rimediare al conformismo di una società che ci vuole, per soggiogarci. Critiche, giudizio, rabbia, disapprovazione e paura vanno attutite o dissolte per quel seme nato o che è in procinto di arrivare.
La mente duale nell’infanzia, può generare rancore o tradimento verso uno dei propri genitori. Spesso uno dei due genitori viene considerato il buono perché è colui che appaga ma, ad un certo punto o se i due genitori decidono di separarsi, il buono diventa traditore. In che modo? Alleandosi con l’altro genitore, allontanandosi dal nucleo familiare, volendo essere super protettivo non giustificando i suoi no, togliendo la possibilità di dialogare costruttivamente. Tutti questi fattori generano il tradimento (la mancanza).
Condannare comportamenti assenti, condonare comportamenti deficitari si può attraverso la ferma convizione di voler elevarsi, soprattutto, attraverso la cultura e la flessibilità mentale. La cultura diventa un elemento vitale perché ossigena la mente di un figlio nei primi anni di vita ed è in grado di fornire feedback utili per ricercare il lato positivo dell’esistenza.
Il sogno di un genitore non sarà mai il sogno di un figlio. Incoraggiare un figlio rappresenta l’iniziazione verso il processo di crescita condiviso.
L’uno che eleva l’altro in uno scambio emozionale quantico.
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Tribunale Obhal: è uscito il nuovo singolo “Il guastafeste”
Nuovo progetto discografico per la band marchigiana Tribunale Obhal, in radio e negli store digitali con il singolo “Il guastafeste” (di M. Bellocchi / F.Boschini / L.D’Addesa / T.Golaschi), brano dalle sonorità indie/rock, che parla dell’ultimo difficile o impossibile passo che serve a raggiungere un obbiettivo.
La band:
Non tutti riescono a raggiungere i propri obiettivi. Per certe persone è tutto facile, certo, ma per alcuni, dopo infiniti sacrifici non si presenta nemmeno l’opportunità. Ci sono anche quelli che ci provano e riprovano e sì, alla fine ci arrivano. Poi ci sono loro, quelli che si impegnano, si sbattono, ci stanno pure male, ma quasi ci riescono. Sono ad un passo, all’ultimo pezzo del puzzle, ma come al solito quella “strana” vocetta interiore li passa a chiamare e il tutto crolla rovinosamente. Non per colpa loro, certo, è un Mondo difficile, ma in fin dei conti certe persone ci godono pure. “Festeggeremo sai perché? Il guastafeste è qui per te. Sarà una festa inutile. La senti quella dolce vocetta chiamare?
Tribunale Obhal: biografia
Attivi da Aprile 2017 con l’omonimo EP “Tribunale Obhal”, in soli 3 mesi vincono il premio “Giovani X La Musica” organizzato dall’orchestra sinfonica G.Rossini di Pesaro (Marche). Dal 16 Marzo 2018 disponibile il primo album “Rumore in aula” con il quale lo stesso anno raggiungono la vittoria al Tour Music Fest di Roma. Ne consegue un tour nazionale, condividendo il palco con artisti come Bugo, Dunk, Octopuss e Punkreas. Nel 2020 esce il singolo “Non riderò”. La band (tutti i componenti sono di Marotta, Pesaro) è composta da Mattia “Labo” Bellocchi (voce); Tommaso Golaschi (chitarra); Francesco Boschini (basso); Lorenzo D’Addesa (batteria).
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