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Il segreto di Vivaldi di Luciano Varnadi Ceriello
Il segreto di Vivaldi, edito da Curcio Editore, dello scrittore Luciano Varnadi Ceriello. Il romanzo è il terzo della trilogia di Reinhard Friedmann, preceduto da “Il segreto di Chopin” e “Il segreto di Marlene”.
Il libro è ambientato nei primi anni Cinquanta, tra l’esoterica Torino, la misteriosa Mantova e la Venezia carnascialesca, per poi concludersi in Polonia, nella Basilica di Santa Croce, dove tutto ha avuto inizio.
Riguardo al protagonista della trilogia, l’autore veneto-campano racconta:
Reinhard Friedmann è un soldato con l’anima di un prete. È figlio di un generale del Kaiser Guillermo e di una donna molto devota al cristianesimo, che a suo tempo ha instillato in lui un certo sentimento religioso. È stato colui che, durante una missione di sterminio del popolo polacco, ha scoperto le lettere di Apollonia Dabrowska, la donna amata in segreto dal compositore polacco Fryderyk Chopin e tale scoperta ha contribuito a cambiare per sempre la sua esistenza in nome dell’amore universale. Grazie a una lettera trovata nella tasca di una tunica ha poi intrapreso un viaggio nel sud dell’Italia nel quale ha imparato a decodificare dei codici segreti. Il suo è un continuo stato d’animo altalenante tra il soldato e il prete.
“Il segreto di Vivaldi” è un romanzo che lo scrittore dedica al Nord dell’Italia.
Aggiunge Luciano Varnadi Ceriello:
Sono nato in Veneto, a Rovigo per la precisione, e vivo in Campania da quando ero bambino. Il secondo romanzo della trilogia è ambientato nel Sud dell’Italia ed è dedicato al meridione, Il segreto di Vivaldi è ambientato nel Nord Italia e per par condicio mi è sembrato più che giusto dedicarlo alla terra che mi ha dato i Natali, con la quale non ho mai tagliato il mio cordone ombelicale.
La creatività di questo romanzo spazia anche nell’arte e nella musica. La copertina del libro, realizzata dalla pittrice Amelia Musella, è un particolare estratto del quadro “Il canto della vita”, dipinto formato da tre tele unite tra loro con delle spille, che al suo interno contiene bulloni e foglie.
Aggiunge lo scrittore:
Amelia è mia moglie, stiamo insieme da quasi trent’anni, amo la sua arte e quando riusciamo a condividere progetti artistici, per me è il non plus ultra. Sono sue le copertine di tutte le mie opere.
L’autore, in veste di cantautore, ha anche composto un disco di prossima uscita dal titolo “VivaldInKanto – Opera POP” ispirato alle quattro stagioni di Vivaldi. Ha scritto i testi sulle linee melodiche dei 12 movimenti del compositore veneziano (A nota corrisponde sillaba) e li ha messi in canto. Gli arrangiamenti sono di carattere elettronico, moderni nelle sonorità, così come nella scelta dello strumentario.
La musica è fondamentale in ogni mia creazione. Non a caso la trilogia è imperniata su tre musicisti (Chopin, Mendelssohn e Vivaldi). Così come ho fatto per Chopin, ho accompagnato l’uscita del libro con l’uscita del disco “Oniric Chopin” (Prosimelometro N. 1) inciso insieme a Juri Camisasca, Vera Mignola e Giuseppe Giulio di Lorenzo. Il secondo romanzo “Il segreto di Marlene” doveva essere accompagnato da un secondo ProsiMeloMetro, l’amico Ivano Leva ha scritto gli arrangiamenti per quartetto d’archi per 12 Romanze senza parole di Mendelssohn che ho reso canzone (testi presenti anche nel romanzo), ma la pandemia ci ha costretti a congelare questo progetto per il momento. Nel terzo libro ho inserito i testi che ho scritto su Le quattro stagioni di Vivaldi e ho deciso di pubblicare anche il disco che li contiene.
Il segreto di Vivaldi: trama
Il romanzo, terzo della trilogia di Reinhard Friedmann, è ambientato nei primi anni Cinquanta, tra l’esoterica Torino, la misteriosa Mantova e la Venezia carnascialesca, per poi concludersi in Polonia, nella Basilica di Santa Croce, dove tutto ha avuto inizio.
Intento a leggere una lettera dei monaci dell’Eremo dei Camaldoli, il protagonista Reinhard Friedmann viene colpito alla testa e si ritrova ammanettato a un letto d’ospedale. I suoi carcerieri lo torturano per costringerlo a rivelare un codice segreto connesso in qualche modo alle passate vicende.
Reinhard riesce a fuggire a Torino, dove si imbatterà nel mondo sotterraneo di neonazisti e neofascisti, conoscerà l’onta del triangolo rosa degli omosessuali trucidati, fino a giungere, dopo un lungo viaggio, nella Basilica di Santa Croce dove gli verrà svelata la missione che è destinato a compiere.
Luciano Varnadi Ceriello: biografia
Luciano Varnadi Ceriello è laureato in Lettere moderne e svolge la professione di insegnante. Ha pubblicato per Armando Curcio Editore i primi due volumi della Trilogia di Reinhard Friedmann: Il segreto di Chopin (2017) vincitore di 22 premi letterari, risultato il quinto libro più bello d’Italia; Il segreto di Marlene – Viaggio alla ricerca del sé (2019) vincitore del Premio Etnabook. Nel 2020 gli è stato conferito l’Oscar della letteratura al Golden Book Awards. È Vincitore Assoluto del Rive Gauche Festival (2019) con l’album Oniric Chopin ProsiMeloMetro N° 1; del 2021 è il suo nuovo album Radio Varnadi 2.0 Family Edition ed è prossima l’uscita della sua rivisitazione cantata de Le quattro stagioni di Vivaldi, i cui testi sono pubblicati in questo volume. È risultato finalista e vincitore di diversi premi letterari e cantautorali tra i quali il Premio Tenco (2019).
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Divina Commedia: 5 cocktail per 5 personaggi dell’Inferno
Eccoci con un nuovo appuntamento di Cocktail e Cultura al Castello! Protagonista di oggi è La Divina Commedia di Dante Alighieri e più precisamente l’Inferno.
Insieme a Michelangelo Bruno, bartender del Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda, abbiamo pensato ad un modo per poter parlare di cultura e fondere un classico della letteratura mondiale con il mondo della miscelazione. La cultura e gli eventi ad essa connessi, come gli appuntamenti di Dante per tutti, sono in stand-by, quindi abbiamo cercato un modo per collegarvi al “fil rouge” degli eventi sospesi.
In che modo? Abbiamo assegnato 5 drink a 5 personaggi dell’Inferno. La nostra scelta si è orientata su personaggi controversi, a cui abbiamo attribuito delle qualità caratteriali, valutate attraverso le parole e il punto di vista dantesco e osservate umanamente in base alle notizie storiche che li hanno contraddistinti. Ecco il risultato della nostra indagine e del nostro progetto culturale.
5 cocktail per 5 personaggi dell’Inferno di Dante Alighieri
1. Un Martini Cocktail per Dante Alighieri
Per iniziare non potevamo non omaggiare Dante Alighieri, il protagonista e l’autore della Divina Commedia. Il cocktail perfetto per l’intellettuale fiorentino è il Martini Cocktail perché questo drink rappresenta un grande classico nella miscelazione così come Dante Alighieri è un evergreen della letteratura mondiale. Attraverso la scrittura di Dante Alighieri, facendo riferimento alla Divida Commedia, abbiamo dato alcuni aggettivi alla sua personalità: poliedrica, equilibrata e di grande struttura morale. Il Martini Cocktail allo stesso modo è un drink dalla grande struttura organolettica, equilibrato – se pensiamo alle prime versioni di questo cocktail- e intramontabile.
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m’avea di paura il cor compunto,
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de’ raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.
Cosa accomuna Dante Alighieri con il Martini Cocktail? Questo drink, nel suo primo approccio, può risultare una bevuta non semplice perché è un cocktail molto secco e dal sapore forte. Una volta entrati in confidenza con questi sapori, il palato si affeziona e risulta difficile scegliere un altro drink che richiami vagamente il suo sapore.
Allo stesso modo la Divina Commedia, ad una prima lettura, risulta difficile da comprendere per la complessità di un italiano arcaico e per la simbologia di cui è pregna tutta l’opera ma una volta comprese le chiavi di lettura, l’opera diventa avvincente e accattivante.
2. Un Sazerac per Virgilio
Come secondo personaggio abbiamo scelto Virgilio che nella Divina Commedia ha il compito di accompagnare Dante Alighieri per mostrargli tutte le insidie del viaggio che si presenteranno durante il tragitto dell’Inferno e del Purgatorio.
Virgilio rappresenta la ragione, l’equilibrio e la superiorità rispetto a tutto ciò che è dominato dagli impeti e dalla passione.
Un cocktail che rispecchia la personalità di Virgilio è il Sazerac, un drink classico della miscelazione, che affonda le sue radici nel periodo del pre-proibizionismo e nei bar clandestini di New Orleans.
Il sapore del Sazerac è forte e strutturato, per via del Cognac o del Whisky che vengono aromatizzati con l’Assenzio, tuttavia risulta una bevuta equilibrata grazie all’elemento zuccherino che viene integrato durante la sua realizzazione. In breve è un cocktail che difficilmente porta all’hangover del giorno dopo.
Quando vidi costui nel gran diserto,
“Miserere di me”, gridai a lui,
“qual che tu sii, od ombra od omo certo!”.
Rispuosemi: “Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patria ambedui.
Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto ‘l buono Augusto
nel tempo de li déi falsi e bugiardi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia,
poi che ‘l superbo Iliòn fu combusto.
Cosa accomuna Virgilio al Sazerac? A questo drink non ci si avvicina facilmente perché non è un cocktail conosciuto come gli altri ma è molto noto agli appassionati della miscelazione. Allo stesso modo l’approccio alle opere virgiliane e alla figura del noto pensatore lo si sceglie in modo ponderato e non per caso come fosse uno scrittore qualsiasi.
In breve si sceglie di bere il Sazerac allo stesso modo in cui si sceglie di leggere Virgilio.
3. A Celestino V un Old Hickory
Il terzo cocktail lo dedichiamo a Celestino V, presente nel III Canto dell’Inferno dantesco.
Dante Alighieri lo colloca nell’antinferno, quello degli ignavi, ossia quel luogo in cui non vi è alcuna commiserazione da parte del Divino. Per Dante Alighieri, Celestino V rappresenta una grave offesa per il mondo religioso perché questi ha abbandonato il soglio pontificio, rifugiandosi nell’Eremo di Sant’Onofrio al Morrone (fuori Sulmona) e lasciando come suo successore Bonifacio VIII che rappresenta una figura troppo convenzionale, ancorata al passato e conservatrice.
Per Michelangelo Bruno, il cocktail adatto alla personalità di Celestino V è l’Old Hickory (vecchio legno di noce) perché, diversamente dal giudizio di Dante Alighieri su Celestino V, il Papa rappresenta non un personaggio da denigrare ma un avanguardista. La divisione tra potere spirituale e potere temporale, infatti, è stato un trofeo che storicamente si è ottenuto molto tempo dopo rispetto a quando, Celestino V, lo aveva predicato e auspicato durante il suo pontificato. Dunque, per Michelangelo Bruno, il gesto di Celestino V di aver abbandonato il suo ruolo religioso non può essere considerato del tutto un atto di coraggio mancato.
a lor che lamentar li fa sì forte?”.
Rispuose: “Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidiosi son d’ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo essere non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.
Perché la scelta di paragonare Celestino V a un Old Hickory? Questo cocktail ha una composizione molto semplice perché ha pochi ingredienti ma, nonostante ciò, al palato offre una grande struttura e pienezza. Al pari di Celestino V, l’Old Hickory rappresenta una bevuta solida e semplice ma al tempo stesso piena come il personaggio dantesco.
4. A Cleopatra un White Lady #1
Il quarto drink lo abbiamo dedicato a Cleopatra, collocata all’interno del V Canto dell’Inferno dove risiedono e sono relegati coloro che sono morti in modo violento ma soprattutto per motivi passionali e legati alla lussuria.
Dante Alighieri ha una considerazione perentoria e moralista nei confronti dei lussuriosi ma non è drastica come quella che si evince verso alcuni protagonisti di altri canti dell’Inferno.
Per Cleopatra abbiamo scelto il White Lady #1 che, ad un primo impatto, potrebbe sembrare un accostamento banale e scontato ma, in realtà, non lo è e vi spieghiamo il motivo.
Cleopatra è stata una donna di potere per nascita, non era bella ma affascinante per le sue doti ammaliatrici e per la sua immensa cultura. Il suo temperamento ha fatto capitolare due capisaldi nonché baluardi della virilità romana: Giulio Cesare e Marcantonio. Nel momento in cui si è dovuta confrontare e scendere a patti con Cesare Ottaviano Augusto, noto per le sue preferenze sessuali maschili, Cleopatra ha deciso di togliersi la vita, facendosi mordere da un cobra e spirando in modo lento e agonizzante. Ciascuna scelta della donna benché dettata da un amore è stata guidata prevalentemente dal sentimento per il suo popolo e dalla voglia di renderlo libero per quanto le è stato possibile.
E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid’ io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga;
per ch’i’ dissi:” Maestro, chi son quelle
genti che l’aura sì gastiga?”.
” La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper”, mi disse quelli allotta,
” fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.
Ell’é Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ‘l Soldan corregge.
L’altra é colei che S’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatras lussuriosa.
White Lady #1 è un drink che si presenta come beverino, fresco e spumeggiante. Al palato risulta molto equilibrato tanto che sembra essere una bevuta di poche pretese in apparenza ma nella realtà non lo è. In breve il White Lady #1 è un drink ammaliatore e affascinante perché bevuto il primo bicchiere, dopo, non se ne può più fare a meno.
5. A Pier delle Vigne un Casino
Il quarto cocktail lo dedichiamo a Pier delle Vigne collocato, nel Canto XIII dell’Inferno, il girone dei suicidi, in cui apparentemente non c’è vita ma ci sono piante morte e secche. In questi arbusti senza vita risiedono coloro che sono stati oltraggiosi con se stessi, per Dante Alighieri.
Però disse ‘l maestro:” Se tu tronchi
qualche fraschetta d’una d’este piante,
li pensier c’hai si faran tutti monchi”.
Il cocktail che abbiamo pensato per Pier delle Vigne è il Casino perché è un drink che, all’apparenza, sembra non possedere un’anima per via di una ricetta che prende vita da diverse declinazioni di cocktail ma al gusto mostra la propria personalità, che risulta gradevole e non caratterizzata o predominata da sapori forti e a lungo andare stucchevoli. Allo stesso modo Pier delle Vigne seppur per Dante Alighieri viene considerato una persona che ha deciso di oltraggiare la propria vita, noi lo vediamo piuttosto come un personaggio che è stato fedele a Federico II ma che, tacciato di essere stato un traditore e non accettando l’onta, ha preferito togliersi la vita piuttosto che essere associato ad un’immagina morale che non lo rispecchiava.
Inoltre il gesto di togliersi la vita implica coraggio e determinazione perché ciò che ci è più cara è la nostra salvaguardia o l’istinto primordiale alla sopravvivenza.
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Il cantautore napoletano Eric Mormile torna con un nuovo singolo
Il filosofo francese Gilbert Cesbron scrisse che “ognuno di noi ha un accompagnamento musicale interiore. E se gli altri l’ascoltano bene, si chiama personalità”, e da questo disegno di accordi interiori dai molteplici tratti e colori, un vero artista attinge per comunicare se stesso al mondo e viceversa, con un tocco unico e personale in cui ogni ascoltatore può ritrovarsi, sentendosi compreso e meno solo.
Questo è ciò che ha fatto il cantautore e polistrumentista napoletano Eric Mormile, che dopo aver conquistato pubblico e critica con il manifesto sociale elettro-rock “Quanta Luce”, con il quale invitava tutti noi a far brillare il fuoco della nostra anima oltre giudizi e preconcetti, riconferma l’eclettismo della sua scrittura e la versatilità del suo repertorio con “Nun Pozzo Cchiù Guarì”, il suo nuovo singolo.
Un brano completamente differente da quelli presentati sinora dall’autore e interprete campano, che si distingue non soltanto per un abbraccio melodico modernissimo ma fortemente affine alla tradizione musicale partenopea, ma anche per una dimensione testuale per lui nuova, volutamente inesplorata, quella del sentimento d’amore, qui esaminato e discusso da un’inedita prospettiva, quella di una malattia, un disturbo che sa curare e lenire ogni sua causa.
Celebre ai media per il suo intento di rivoluzionare e ammodernare la scena discografica partenopea mediante fusioni sonore innovative e scelte testuali atipiche e rivoluzionarie, pur mantenendo saldo il viscerale amore per la propria terra ed un forte senso di appartenenza evincibili anche dall’utilizzo del solo dialetto, Eric Mormile fa centro proponendo un brano che sì parla d’amore, ma lo fa in un modo del tutto diverso, come lui stesso spiega:
’Nun Pozzo Cchiù Guarì’’ è una canzone molto atipica per quello di cui normalmente parlo: tendo a produrre pochissimi testi a sfondo sentimentale, poiché tutta la canzone napoletana ne è pervasa.
Per questo motivo, trovo sia estremamente facile cadere nel cliché quando si parla di trasporto emotivo usando questa lingua. Ma l’amore fa parte di ciascuno di noi e ho quindi cercato il modo meno banale possibile per parlarne, paragonandolo ad una specie di malattia a cui nessuno di noi è vaccinato a sufficienza.
Ciò che può apparire a primo acchito in controtendenza per un anticonformista come Eric, risulta però in grado di stupire e avvalorare la sua attitude punk, inserendosi perfettamente in quella visione caleidoscopica e rivoluzionaria, quasi pionieristica, che lo caratterizzano, partendo dalla scelta del titolo, ispirato da alcune riflessioni su una delle pellicole più illustri e blasonate della filmografia italiana, “Il Postino” di Massimo Troisi:
Stavo ragionando sulle frasi di Massimo Troisi nel film ‘’Il Postino’’, – prosegue il cantautore -, quando in una scena, afferma di ‘’non voler rimedio’’ al suo innamoramento, ma di voler ‘’restare malato’’. Da lì, mi sono chiesto: e se parlassi dell’amore come di una malattia? Quando scrivo i testi delle mie canzoni, cerco sempre di raccontare la mia esperienza, il mio vissuto; ecco quindi la mia storia di una malattia benevola!
Dallo stupore iniziale scaturito dalla consapevolezza di provare un sentimento profondo a tal punto da farci diventare come tele su cui il destinatario del sentimento stesso può dipingere tutto quello che ha dentro di se, riversandone ogni colore, fino alla presa di coscienza che dinanzi alla potenza del cuore e dei suoi battiti nessuno è immune, l’artista ci accompagna in un viaggio che ha come unica meta il coraggio di lasciarsi andare agli itinerari del cuore, acquisendo contezza che rassegnarsi a non guarire più significa in qualche modo vivere davvero ciò che abbiamo la fortuna di provare, anche quando ci risulta difficile abbandonarci alle emozioni per timore, esperienze spiacevoli passate o diffidenza.
Sotto il punto di vista ritmico e armonico, “Nun Pozzo Cchiù Guarì” si inserisce tra le vivaci fila della World Music, ispirandosi alle composizioni di Peter Gabriel, ma soprattutto, come suggerisce la presenza del Sax Soprano Alessio Castaldi, di Sting e dei Mr. Mister, rappresentando un vero e proprio antipasto del primo album di Eric, in uscita a fine anno, frutto di un lungo percorso di ricerca e sperimentazione. A differenza di tutte le altre tracce che andranno a comporre il disco, scritte negli ultimi 4 anni, “Nun Pozzo Cchiù Guarì” è nato nel 2010, originariamente come un pezzo in lingua inglese, poi scritto ex novo in napoletano e riadattato musicalmente grazie anche alla supervisione del Maestro Salvatore Palomba (autore di “Carmela”, brano della canzone classica napoletana portato al successo da Sergio Bruni).
Conclude Eric Mormile:
Come tutte le canzoni che scrivo,‘’Nun Pozzo Cchiù Guarì’’ è una parte di me, e come esperimento di vecchio brano che acquisisce nuova linfa vitale tramite musica e testo rinnovati, non credo sarà l’ultimo. Con la mia musica, cerco sempre di parlare del mio vissuto personale, ed è per questo che la canzone è anche il racconto di come ‘’il muro’’ della mia diffidenza sentimentale, sia stato abbattuto dalla persona che l’ha ispirata e con cui ormai sto da molto tempo. La stessa persona, Elvira, compare in siluette anche sulla copertina del singolo, curata da Diana De Luca, e nel relativo videoclip, da me ideato.
Lasciarsi andare, trasportati dalla maestosa corrente del sentimento, cercando di abbattere la propria diffidenza per rinnovare se stessi, concedendosi così la possibilità di amare e di esprimersi attraverso l’amore, immergendosi completamente nella sola “malattia” che è al contempo cura e terapia di se stessa.
Eric Mormile: chi é?
Eric Mormile, all’anagrafe Enrico Mormile, è un cantautore, polistrumentista, compositore e insegnante di educazione musicale nato a Napoli il 3 Aprile 1994. Il suo primo approccio con la musica avviene con lo studio del violino all’età di 6 anni, un percorso formativo di un decennio sotto la guida del Maestro Gennaro Cappabianca, affiancato allo studio della chitarra, del pianoforte e delle tecniche vocali con il Maestro Luigi Giordano Orsini. Tra il 2000 e il 2010, in veste di violinista, si esibisce assiduamente con l’orchestra Collegium Philarmonicum, collaborando alla stesura dei libri ‘’Alighiero’’, editi da Curci. Nel 2004, l’artista entra a far parte del Coro Voci Bianche del Teatro San Carlo, partecipando all’opera ‘’La Boheme’’, presentata nello stesso anno all’Arena Flegrea.
Tra il 2009 e il 2012, fa parte del Laboratorio Corale S. Pietro a Majella, grazie a cui è ospite al ‘’Premio Massimo Troisi 2009’’ e all’opera prodotta da Napoli Teatro Festival Italia ‘’San Gennaro Superstar’’ (edizioni 2009 e 2010). Dal 2013 al 2018, ricopre il ruolo di chitarrista nel Coro Giovanile del Teatro San Carlo, con cui calca prestigiosi palchi tra cui quello della sede Rai partenopea, del Teatro San Carlo, del Teatro Palapartenope e di Piazza Plebiscito per il Concerto di Capodanno. Con lo stesso coro, partecipa a diverse produzioni del Teatro San Carlo, tra le quali ‘’I Mille Pagliacci di Eduardo’’ (2014) ed il musical ‘’Change’’ (2015), di cui è uno degli autori di testi e musiche. Tra il 2013 e il 2016, Eric si esibisce in qualità di pianista alla manifestazione ‘’Piano City’’, presentando brani originali e non.
Nel 2015 incide il brano “Iside”, inserito nel disco ‘’Approdi: Avanguardie Musicali a Napoli Vol. 1’’ e prodotto della rivista Konsequenz. Nel 2017 suona come chitarrista nell’album ‘’Oggi si Vola’’ dell’orchestra Collegium Philarmonicum, con le musiche di Lello Roccasalva. Nel 2018, con il gruppo N Sound, prende parte al ‘’Festival di Napoli New Generation’’ con il brano ‘’Arricordate ‘e Me’’, di cui è autore, e si classifica terzo. Nel 2019 canta la canzone vincitrice della manifestazione ‘’Premio Falconio’’ ‘’Cantammo’’, con testo a cura di Salvatore Palomba e musica di Ugo Raimondi.
Diplomato al Conservatorio di Napoli San Pietro a Majella in ‘’Musica Corale e Direzione di Coro’’, nel 2023 approda sui digital store con “Quanta Luce”, il suo primo singolo ufficiale che, avvolto da un’innovazione sonora elettro-rock frutto di una minuziosa ricerca artistica volta all’originalità e alla sperimentazione, incoraggia coloro che vengono etichettati come “diversi” e “strani” a non offuscare la propria luce interiore, bensì a perseguirla come un faro guida, trasformando l’isolamento e la ghettizzazione in un punto di forza da cui partire per sovvertire cliché e ristrettezze di pensiero in un cammino di uguaglianza e inclusione. Il brano fa da apripista al suo disco d’esordio, la cui uscita è prevista a fine 2023.
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