Falso movimento di Franco Moretti

Diagrammi, serie temporali, reti, istogrammi… Dieci o quindici anni fa, negli articoli di cinema e musica, di letteratura e arti visive, non si trovava niente di tutto questo. Adesso sì, in abbondanza, e anzi, è proprio quello che distingue immediatamente le digital humanities dalle “altre” discipline umanistiche.

Nei saggi che seguono, la distinzione tra la fase iniziale e la situazione odierna prende a volte la forma di una contrapposizione tra “studio quantitativo della letteratura” e digital humanities. Inutile dire che tra le
due cose esiste una larga area in comune. Ma c’è anche una differenza importante.

Le digital humanities hanno portato il lato statistico del lavoro a un livello di competenza professionale che va molto al di là di quel che si sapeva fare anche solo pochi anni fa; allora, però, si conservava un legame con la teoria letteraria del Novecento che oggi è stato reciso. Non era inevitabile, questo trade-off tra i due lati del lavoro. Ma così è stato. E a farne le spese, è stato il concetto di forma.

In questo libro Franco Moretti riflette su alcune premesse di questa nuova prassi d’indagine, nella convinzione che la pratica ha delle fortissime implicazioni teoriche, che guidano, di fatto, il processo di ricerca.

Falso movimento di Franco Moretti

Falso movimento di Franco Moretti

Falso movimento offre così un bilancio critico, tanto onesto quanto esigente, della svolta detta “quantitativa” nello studio della letteratura, svolta a cui proprio l’autore ha dato un impulso decisivo nei suoi anni a Stanford, fondando nel 2010 il Literary Lab. E la sintesi, allineando gli elementi via via scoperti lungo l’itinerario di ricerca tracciato dai saggi qui raccolti, apre a nuove domande e a “una gran bella scommessa” su un nodo strategico: l’immaginazione scientifica nello studio letterario.

Di una teoria c’è sempre bisogno. Ma non tutte le teorie sono state create uguali. Alcune spiegano piuttosto bene la realtà, e altre no. Per quel che mi riguarda, è ormai da molto tempo che l’ispirazione principale mi viene dalle scienze naturali. All’inizio fu soprattutto la teoria dell’evoluzione, che gettava una luce nuova su come pensare ai generi letterari e alle trasformazioni morfologiche; più tardi, nel riflettere sui risultati raggiunti, sono passate in primo piano l’epistemologia e la storia della scienza. E così, i nomi di Georges Canguilhem e Alexandre Koyré, Ernst Mayr e Thomas Kuhn si incontreranno in queste pagine più
spesso di quelli di molti critici letterari.

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