Grounded di George Brant sarà in scena dal 29 marzo al 3 aprile al Teatro Mercadante.
Messo in scena per la prima volta nel 2013, questo sconvolgente monologo ha avuto un fortissimo impatto sulla scena britannica e americana, con oltre centocinquanta allestimenti, dal clamoroso debutto al Festival di Edimburgo nel 2013 alla produzione del Public Theatre di New York con protagonista Anne Hathaway.
La guerra contemporanea vista dalla prospettiva di una pilota dell’American Air Force, che dopo una maternità imprevista si ritrova costretta a restare a terra e guidare i droni, in un crescendo di sensi di colpa e alienazione. Orgogliosa Top Gun al comando di un F16, la protagonista della storia è fiera di una divisa e una carriera che si è conquistata duramente.
Sino al momento in cui un uomo entra nella sua vita e con la nascita di una figlia tutto cambia drasticamente. Rientrata in servizio, diventa pilota di droni: per difendere il suo Paese e “rendersi utile” deve rinunciare a volare in quel cielo azzurro che adorava. Sarà così che, in una base nascosta nel deserto americano, dentro una roulotte senza finestre, scopre un altro modo di volare e distruggere, di controllare e punire. È una nuova guerra, apparentemente
asettica, scientifica. Ma qualcosa in lei si modifica, il disagio la attanaglia, in un crescendo di angoscia e consapevolezza. Recensito entusiasticamente dai giornali inglesi e americani, Grounded porta sulla scena la crudezza di un tempo che non può lasciare testimoni.
Eppure, resta quel velo di umanità che potrebbe forse cambiare qualcosa. Davide Livermore si avvale della traduzione di Monica Capuani e di un impianto scenico che coinvolge straordinariamente ogni singolo spettatore: un’esperienza immersiva, che vola dal cielo ai meandri più dolorosi
dell’animo umano.
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Perché dovremmo (tutti) ringraziare Chick Corea
Armando Anthony Corea è morto alla soglia degli ottant’anni. Li avrebbe compiuti il prossimo 12 giugno. A Chick Corea dovremmo tutti un sentito enorme grazie. Perché, diciamocela tutta, se in molte case è entrato il jazz è stato grazie a lui. E se in molte altre case è entrata la contaminazione musicale, l’elettronica, è sempre grazie a lui. Non è un ossimoro, questo. Ma un percorso a sensi inversi che chiunque ha potuto compiere grazie al virtuoso pianista e tastierista statunitense.
Personalmente scoprii Corea quando ero un fresco ginnasiale di quattordici anni. Nel negozio di dischi che frequentavamo suonava una roba che non avevamo mai sentito prima. Nel senso che era qualcosa che scuoteva, pulita ma potente, vibrante piena di virtuosismi ma anche di emozioni. Avrei scoperto solo dopo, quando decisi di acquistare il disco che quel brano era “Got a match?”, uno dei più incredibili esempi di tecnica e contaminazione di jazz ed elettronica.
Chick Corea: Got a match?
Got a match? di Chick Corea faceva parte del primo album realizzato con Elektric Band, con John Patitucci al basso, Dave Weckl alla batteria, Carlos Rios e Scott Henderson alle chitarre. Una band eccezionale, che faceva esplodere funamboliche progressioni all’unisono, lasciando spazio a parti di più ampio respiro e mettendo di volta in volta in primo piano la bravura dei singoli.
All’epoca ascoltavo esclusivamente rock. Erano gli anni in cui in cui stavo capendo quale fosse la musica che mi piaceva davvero. Erano gli anni della scoperta dei classici, dei Led Zeppelin, dei Jetro Tull, dei Kim Crimson. Il resto, con la spocchia tipica dell’adolescenza, era roba da buttare. Per quell’album di Chick Corea fu diverso. Perché era sì jazz, ma anche un pò a modo suo rock, e perché rievocava atmosfere che potevano accostarsi a certo prog-rock che mi era familiare. L’ascolto di quell’album, che era stato pubblicato un paio di anni prima, mi spinse a scoprire “Light Years” e “Eye of the beholder”, che nel frattempo già spopolavano tra gli appassionati.
Solo più tardi scoprii che quel musicista che suonava la tastiera a tracolla, come un rockettaro, era un prodigioso pianista jazz, che aveva nel suo curriculum collaborazioni strepitose, su tutte quella con Miles Davis.
Che piaccia o no, io Miles Davis non lo avevo mai ascoltato. E grazie a Chick Corea lo scoprii, con la conseguenza che il jazz entrò nella mia collezione di dischi, con l’ascolto a cascata dei primi classici, Coltrane su tutti, poi dei contemporanei, tra i quali mi innamorai di Michel Petrucciani. Inevitabile, poi, l’esplorazione della fusion, che mi condusse alla folgorazione per Pat Metheny, che poi significò addentrarmi in un mondo nuovo, parallelo rispetto a tutto ciò su cui avevo fondato i miei ascolti fino ad allora.
Questa prospettiva personale mi fa pensare, senza dubitarne minimamente, che molti abbiano fatto il percorso inverso, e che, partendo dalla conoscenza del jazz e del pianista Chick Corea, abbiano grazie a lui esplorato territori sconosciuti e forse ritenuti sacrileghi. I puristi del virtuosismo jazz sono stati costretti a prendersi sportellate dell’Elektric Band e a non arricciare più il naso di fronte a qualcosa di completamente differente rispetto agli standard imposti dal purismo. Ed una volta scoperto quel mondo, scommetto che nessuno abbia fatto marcia indietro, ma che ognuno abbia invece esplorato, ascoltato, si sia mosso con passi più sicuri verso mondi musicali diversi e che solo apparentemente potevano sembrare distanti anni luce da quelli conosciuti e praticati come intoccabili capisaldi.
Chick Corea era un pianista jazz. Chick Corea era un tastierista. I due elementi compongono la fusion che ha contribuito in modo prepotente a creare. Esattamente come un altro grande tastierista e pianista, Lyle Mays, definito “il lato oscuro di Pat Metheny”, che come in uno scherzo del destino era morto un anno e un giorno prima di Chick Corea, il 10 febbraio 2020. Ecco perché non possiamo non ringraziare Armando Anthony Corea. La sua musica è stata un viaggio vero attraverso i pianeti della diversità. E ci ha fatto scoprire tutti più democratici negli ascolti, più malleabili nei gusti e soprattutto ha fatto comprendere che, spesso, chi vuole ingabbiare la musica in contenitori a comparti stagni probabilmente (e semplicemente) la musica non la ama davvero.
Enrico Riccio
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Presentata la Stagione 2022 – 2023 del Teatro di Napoli
Sono 23 gli spettacoli che tra produzioni, coproduzioni e ospitalità compongono la ricca programmazione della Stagione 2022 – 2023 del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, presieduto da Federico Cafiero de Raho e diretto da Roberto Andò.
Presentata con il titolo Un altro mondo è possibile, la Stagione si presenta come un unico percorso distribuito nei due cartelloni che da ottobre 2022 a maggio 2023 si succederanno sui palcoscenici dei teatri Mercadante e San Ferdinando.
A questi, come sempre, si aggiungeranno il cartellone del Ridotto del Mercadante e i progetti e le iniziative destinati alle giovani generazioni e al territorio.Il Presidente Federico Cafiero De Raho sottolinea come le tante proposte che andranno in scena ai teatri Mercadante e San Ferdinando tracciano un programma non soltanto prestigioso per i nomi e per i titoli messi in campo ma molto impegnativo dal punto di vista produttivo e organizzativo, impreziosito dai diversi, importanti progetti di formazione destinati alle nuove generazioni e ai territori.
Scrive il direttore Roberto Andò nella presentazione:
La nuova stagione del Teatro Nazionale di Napoli si apre all’insegna di un romanzo-totem della letteratura italiana: Ferito a morte. Questa scelta del romanzesco come tonalità privilegiata per intercettare la contemporaneità è la linea che caratterizza le altre produzioni previste in questa Stagione per la quale abbiamo scelto come frase chiave Un altro mondo è possibile, a evidenziare la grande promessa del teatro in ogni tempo.
Teatro di Napoli: il programma
TEATRO MERCADANTE
Ferito a morte
di Raffaele La Capria
adattamento Emanuele Trevi
regia Roberto Andò
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Campania dei Festival, Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
19 – 30 ottobre 2022T&P
TOTÒ E PEPPINO
omaggio a Samuel Beckett
testo e regia Antonio Capuano
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
16 – 27 novembre 2022Il crogiuolo
di Arthur Miller
regia Filippo Dini
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano
29 novembre – 4 dicembre 2022Otello
da William Shakespeare
traduzione e drammaturgia Letizia Russo
regia Andrea Baracco
produzione Teatro Stabile Dell’Umbria
6 -11 dicembre 2022Cado sempre dalle nuvole – Cantare Pasolini
un progetto di Mauro Gioia
regia Francesco Saponaro
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
18 – 29 gennaio 2023Un’ultima cosa cinque invettive, sette donne e un funerale
un progetto di e con Concita De Gregorio
regia Teresa Ludovico
produzione Teatro di Bari, Rodrigo srls
10 febbraio 2023Don Chisciotte
adattamento di Francesco Niccolini
liberamente ispirato al romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra
regia Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer
produzione Nuovo Teatro
15 – 26 febbraio 2023Cyrano de Bergerac
di Edmond Rostand
adattamento e regia Arturo Cirillo
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Marche Teatro, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale
1 – 12 marzo 2023Il giardino dei ciliegi
di Anton Čechov
adattamento e regia Rosario Lisma
produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Menotti
14 – 19 marzo 2023La gioia
uno spettacolo di Pippo Delbono
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale, Théâtre de Liège, Le Manége Maubeuge – Scène Nationale
28 marzo – 2 aprile 2023Misericordia
scritto d diretto Emma Dante
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro Biondo di Palermo, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Carnezzeria
19 – 30 aprile 2023Lazarus
di David Bowie e Enda Walsh
regia Valter Malosti
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte Cultura
3 – 14 maggio 2023TEATRO SAN FERDINANDO
La zattera di Gericault
di Carlo Longo
regia Piero Maccarinelli
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
27 ottobre – 6 novembre 2022Libidine violenta
testo e regia Enzo Moscato
produzione Teatro Metastasio Prato, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Casa del Contemporaneo
15 – 20 novembre 2022Settimo senso
Moana Pozzi
di Ruggero Cappuccio
regia Nadia Baldi
produzione Teatro Segreto
22 – 27 novembre 2022Tavola tavola, chiodo chiodo…
tratto da appunti, articoli, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo uno spettacolo di e con Lino Musella
produzione Elledieffe – Compagnia Teatrale Luca De Filippo, Teatro di
Napoli – Teatro Nazionale
1 – 11 dicembre 2022Scalo Marittimo
di Raffaele Viviani
regia Giuseppe Miale di Mauro
con il coro dell’orchestra di Piazza Vittorio
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale in collaborazione con Nest Napoli Est Teatro
26 dicembre 2022 – 8 gennaio 2023Italia Brasile 3 a 2 Il ritorno
di e con Davide Enia
produzione Teatro Metastasio di Prato – Fondazione Sipario Toscana
10 -15 gennaio 2023Il segreto del talento
(Le gazze ladre)
di Valeria Parrella
musica e regia Paolo Coletta
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Società per Attori srl
26 gennaio – 5 febbraio 2023L’arte della commedia
di Eduardo De Filippo
regia Fausto Russo Alesi
produzione Elledieffe – Compagnia Teatrale Luca De Filippo, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana
16 – 26 febbraio 2023La morte e la fanciulla
di Ariel Dorfman
regia Elio De Capitani
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Campania dei Festival, Teatro dell’Elfo
7 – 12 marzo 2023La compagnia del sonno
di Roberto Alajmo
regia Armando Pugliese
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Biondo di Palermo
13 – 23 aprile 2023Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo
di Fabrizia Ramondino
spazio e regia Mario Martone
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
4 -14 maggio 2023 -
Terra di nessuno: il romanzo ambientale di Alberto Di Buono
Il 22 aprile ricorre la Giornata della Terra che rappresenta la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. La celebrazione di questa giornata nasce nel 1970 e oggi gli ecologisti la utilizzano come occasione per valutare le problematiche del pianeta: inquinamento, distruzione degli ecosistemi e l’esaurimento delle risorse rinnovabili, cercando di promuovere soluzioni che consentano di eliminare o quantomeno attutirne gli effetti causati dalle attività dell’uomo.
Terra di nessuno (2019) è l’ultimo libro di Alberto Di Buono, pubblicato da Graus Edizioni, ed è un romanzo ambientale che porta il lettore a soffermarci proprio su queste tematiche e non solo.
Federico Manfredi è il protagonista del libro e lo incontriamo adolescente mentre curioso cerca di conoscere ciò che lo circonda, attraversando in bici il suo paesino, che si trova in una provincia di Napoli.
Un giorno il ragazzo, in lontananza, scorge un vecchio Castello e inizia a sentire, dentro di sé, un forte richiamo che lo spinge a raggiungere l’antico rudere. Questa sensazione di attrazione si unisce anche ad uno strano timore che il ragazzo non riesce a spiegarsi finché non sente una voce che gli parla con l’accento tipico della sua zona. Quella voce è la voce di Oikos, il vecchio castello, che si rivolge a lui, chiamandolo per nome e invitandolo a non salire per andarlo a trovare perché non è ben disposto nei confronti degli esseri umani.
P’ o’ passato tanti uomini so’ venuti addò me, ma nun m’hanno mai dato problemi. L’hanno fatto sempe cu rispetto. Mo però sò cagnate troppe cose, io nun me fido cchiù ‘e vuje pecché site gente senza valore, me facite paura. Perciò nun voglio avé niente a che fare cu vuje, sto buono accussì, sto buono sul’io.
…
Io vi guardo tutt’ ‘e juorne, saccio buono ‘o rispetto che tenete pe chello ca ve sta attuorno e come v’impegnate a distruggere ogni cosa. Site ‘a specie vivente cchiù pericolosa, riuscite a fà male perfino a vuje stessi. È meglio tenervi ‘a luntano.
Federico Manfredi prende le parole di Oikos come una sfida, si allena strenuamente finché un giorno giunge davanti la vecchia fortezza. Arrivato davanti all’ingresso si sente così piccolo e insignificante e decide di non entrare perché:
Ciò che si ama non si possiede, ma si custodisce.
Dalla sfida superata comprende una lezione che gli sarà utile per il proprio futuro. Il ragazzo apprende che le reali potenzialità dell’uomo si esprimono al meglio solo quando agiscono in armonia con l’ambiente perché assecondare la nostra natura ci rende più forti.
Trascorrono gli anni e Federico Manfredi cresce, abbandona il suo paese e diventa un brillante ingegnere ambientale. Un giorno, all’improvviso, gli giunge un incarico di supplenza proprio in una scuola del suo paese natìo e decide di lasciare la certezza del suo lavoro per avventurarsi nella nuova avventura dell’insegnamento.
Quando arrivò in paese, nella sua vecchia casa ritrovò i mobili, gli oggetti a lui cari e il quartiere della sua infanzia come se il tempo non fosse mai passato, ma non ritrovò nessuno dei suoi vecchi amici, perché la vita li aveva portati altrove a percorrere chissà quali strade. Erano rimasti solo tanti cari ricordi, che come fantasmi vagavano senza meta in quei luoghi raccontando sottovoce di un tempo che fu.
Il paese era cresciuto tantissimo, ma quasi tutte le periferie erano state urbanizzate in modo piuttosto selvaggio, si vedeva chiaramente la mancanza di un’appropriata programmazione urbanistica.
Federico Manfredi ben presto si rende conto che il suo paesino fa parte della Terra dei Fuochi. Decide di sfruttare la possibilità dell’insegnamento per poter educare al rispetto ambientale i propri alunni e decide di andare a far visita al suo vecchio amico Oikos che gli spiega, con poche parole, le cause di tutto quello scempio:
Qua ci sta ancora tanta gente per bene che la pensa proprio comme a te, ma s’annasconne. Sono tutti quelli che non accettano ‘e regole ‘e chesta società, pecché troppo spesso sç fatte sulo o vantaggio ‘e chi e scrive. Tu devi cercare questa gente e fargli capì che se ognuno fa la sua parte, assieme s’addiventa na forza.
Ccà t’he sta accorto. Non farti abbagliare da quelli che parlano bene e sventolano troppo vistosamente ‘e bandiere ‘e l’ecologia, pecché spisso sò proprio lloro che fanno i danni peggiori. Statte accorto pure a quelli che fanno i consulenti, gli imprenditori e a tanti tuoi colleghi che cercano di vendere pe forza cose inutili sulo pe fà soldi. Occhio a tutti quelli che cu l’ecologia fanno soldi assai, pecché nun so buone. Gli ambientalisti veri non hanno un colore politico e non fanno na prufessione particolare. Sò tutti quelli che tengono na visione del mondo cchiù larga e cercano ‘e mettere in pratica queste loro convinzioni cu nu stile ‘e vita cchiù intelligente.
Per l’uomo inizia la scuola e questa nuova avventura. Dopo aver ascoltato bene le parole ed i consigli di Oikos, Federico Manfredi si rende conto che la cultura che ha il dovere di trasmettere ai propri alunni non è quella solo racchiusa nei programmi scolastici che, a fine anno, certificano la frequenza scolastica ma è un altro tipo di conoscenza.
Durante la settimana inizia a parlare di ecologia e della stretta connessione che intercorre tra uomo e natura, una sorta di equilibrio che regola il mondo perché ogni piccola particella vivente è interconnessa con tutto ciò che ci gravita intorno.
Riuscirà Federico Manfredi a sensibilizzare i propri alunni? Oikos cambierà idea nei confronti dell’essere umano? Queste ed altre informazioni le potrete scoprire solo leggendo Terra di nessuno di Alberto Di Buono.
Terra di nessuno non è soltanto un romanzo ambientale ma racconta anche di vita quotidiana, di una storia d’amore, di coraggio e della capacità che ha ognuno di prendere in mano le redini della propria vita, trasformandola in altro.
Il romanzo di Alberto Di Buono è adatto a tutti ma, a mio avviso, in particolar modo ai ragazzi perché attraverso la scrittura semplice, diretta e talvolta popolare il romanzo è capace di destare meraviglia, speranza e stupore in quegli occhi giovani che hanno ancora tanto da scoprire e da comprendere sul mondo.
Nonostante la tematica ambientalista il libro ci porta a riflettere anche su ciò che stiamo vivendo in questo periodo di pandemia mondiale perché Terra di nessuno ridimensiona la finitudine dell’essere umano, riportandolo nella reale proporzione, misura e dimensione che ricopre all’interno del mondo.
A prescindere dalla nostra intelligenza e dalla capacità che abbiamo di modificare ciò che ci sta intorno, natura compresa, non siamo altro che una parte millesimale di un meccanismo che, appena ne ha la possibilità, è in grado di riprendersi ciò che gli è stato tolto irrispettosamente.
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