Icona dell’artista quale mattatore del palcoscenico, Vittorio Gassman, come molti suoi colleghi coetanei che in età giovanile hanno esordito e si sono costruiti una solida carriera nel mondo del teatro, vive in un periodo di transizione, dove nuovi media di massa come il cinema e, soprattutto, la televisione, si affacciano prepotentemente sulla scena, stravolgendo i modelli dell’arte e i canoni dell’intrattenimento.
Come dimostra la fortuna artistica dello stesso Gassman, l’adattamento a questi mezzi risulta cruciale per imporre la propria personalità, in cui l’eclettismo e la capacità di mescolare la cultura alta a quella popolare traccia la sorte dei «nuovi attori».
Questo studio delinea un profilo artistico di Vittorio Gassman secondo un’inedita prospettiva tesa a conciliare le varie sfaccettature della sua attività, in una visione appunto «multimediale» della sua arte attoriale.
Arianna Frattali: biografia
È ricercatrice presso l’Università del Salento e ha svolto attività di ricerca e insegnamento relative alle discipline dello spettacolo presso vari Atenei italiani.
È autrice di monografie – Presenze femminili fra teatro e salotto. Drammi e melodrammi nel Settecento lombardo-veneto (2010), Testo e performance dal Settecento al Duemila (2012), Didone abbandonata di Pietro Metastasio (2014), Santo Genet da Genet per la Compagnia della Fortezza (2019) – e numerosi saggi legati al teatro del Settecento, del secondo Novecento e del ventunesimo secolo.
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Frida Kahlo: la donna, l’artista, il mito
Nata nel 1907 Coyoacán, a sud di Città del Messico, Frida Kahlo ereditò e fece suoi i valori della Rivoluzione messicana e l’amore per la cultura popolare, vivendo al tempo stesso una vita travagliata da molti tormenti interiori, dolori e problemi di salute.
Niente mai, però, minò il suo spirito e la sua vitalità. Anzi, proprio la poliomielite che segnò la sua infanzia e, successivamente, l’incidente vissuto a diciotto anni con terribili conseguenze durate per tutta la vita, sembrano aver temprato ancor di più un carattere estremamente forte e fiero unito a un inarrestabile amore per la vita, che ha contribuito a restituirla al mito.
Intramontabile icona di stile, d’indipendenza, di forza, Frida morì il 13 luglio 1954 per una embolia polmonare, dopo aver subito negli anni oltre 30 interventi chirurgici, tra cui l’amputazione di una gamba, diversi aborti, e la costrizione all’uso del busto per sorreggere la colonna vertebrale.
A seguito del terribile incidente, il 17 settembre 1925, costretta a lungo nel letto della sua Casa Azul, Frida iniziò a dipingere, supportata dai genitori che la aiutarono facendo montare uno specchio nella parte superiore del grande letto a baldacchino. Riflettendosi in quello specchio, sdraiata nel letto, Frida ritraeva tenacemente se stessa in quelli che sono diventati celebri e amati autoritratti. Chiusa in una gabbia fisica, trovava attraverso l’arte la strada per la libertà.
Pochi anni prima dell’incidente, nel 1922, la quindicenne Frida Kahlo conobbe l’artista Diego Rivera. Di quell’incontro Frida scriveva:
Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera.
A partire da questa dichiarazione dell’artista, nasce una canzone dedicata all’amore tormentato tra Frida Kahlo e Diego Rivera: Diego e io di Brunori Sas.
Dello stesso incontro, Diego Rivera ricorderà che Frida:
…aveva una dignità e una sicurezza di sé del tutto inusuali e negli occhi le brillava uno strano fuoco.
‘L’elefante e la colomba’, separati da 20 anni di differenza, si unirono in matrimonio nel 1929. Il loro fu un intenso rapporto, un legame indissolubile, sfociato però in ripetuti tradimenti, in una separazione, in un secondo matrimonio e poi nella definizione di una relazione aperta.
Nonostante i continui problemi di salute e quelli derivati dalla tormentata relazione con Diego, Frida mise in mostra le sue opere a Città del Messico, New York, Parigi e Londra.
L’artista entrò in contatto con personaggi di alto calibro, che avrebbero fatto la storia. Tra questi Pablo Picasso, Salvador Dalí, Elsa Schiaparelli, Henry Ford, León Trotsky, André Breton, Vasili Kandinsky, Marcel Duchamp, Juan O’Gorman, Leonora Carrington, Orson Wells, Dolores del Río, ChavelaVargas e Anson Goodyear.
Tuttavia, Frida Kahlo rimase sempre fedele a se stessa: eclettica, bohémien e rivoluzionaria, ironica. Oggi non è solo la sua arte ad essere ammirata. Frida è simbolo di donna autosufficiente e determinata, di emancipazione femminile e di militanza politica, di lotta contro disuguaglianze, ingiustizie e violenza di genere, del rapporto con l’invalidità e la libertà sessuale.
Frida Kahlo rappresenta anche la coincidenza e la corrispondenza tra arte e vita. Tutto in lei era una forma di espressione artistica, come la mostra Frida Kahlo – Il Caos Dentro documenta ampiamente attingendo ad un vasto repertorio. Anche alla luce di questa corrispondenza e simbiosi tra arte e vita, va letta la scelta degli organizzatori e dei curatori della mostra di fondere insieme elementi documentari con elementi della tecnologia multimediale.
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Simone Vignola, il musicista avellinese, alle selezioni di The Voice of Italy
Ieri sera, in occasione delle selezioni per la nuova edizione di The Voice of Italy, il talent show di Rai 2, abbiamo potuto godere di un’esibizione davvero esemplare, di cui potremmo dichiararci fieri.
L’artista avellinese Simone Vignola, musicista, autore e compositore, nonché bassista virtuoso, producer e cantante, ha fatto il suo ingresso in studio e ha sfoggiato la veste migliore di sé stesso, mostrando l’incredibile destrezza nell’utilizzo della Loop Station.
La Loop Station è una tecnica digitale sofisticata, azionata mediante una pedaliera, che permette ai suoni, prodotti nel momento stesso della performance, di riprodursi ripetutamente, potendo così creare nel medesimo istante una vera e propria orchestrazione per un brano che si sta per eseguire. E in tutto ciò, chi produce i suoni che poi registra nello stesso momento, resta da solo nello stage, ma orienta la propria produzione verso un’esecuzione che pare sia fatta da un’intera squadra di musicisti.
Quello che ha dimostrato Simone Vignola, ieri sera, non è soltanto capire quanto oggi la volontà di un utilizzo di qualcosa di eccezionale possa davvero portare lontano, ma quanto sia essenziale che si dia spettacolo e ci si possa mettere in mostra, seppur in maniera del tutto rispettosa e umile, attraverso un canale importante come quello dei talent, quindi televisivo, e farlo in maniera del tutto originale.
Tralasciando un attimo solo le luci abbaglianti e gli applausi che hanno sottolineato lo spettacolo di pochi ma esaltanti minuti di performance ricca di maestria, è doveroso ricordare quanto la tecnica della Loop Station abbia portato lontano il nostro Simone Vignola, riconosciuto come uno dei migliori bassisti al mondo.
Simone Vignola: carriera artistica
Vincitore, ad appena ventun anni dell’Euro Bass Day 2008, ha iniziato la sua carriera solista nel migliore dei modi, non soltanto guadagnandosi giovanissimo la fiducia di un pubblico esperto, ma anche internazionale, soprattutto quando nel 2010 il talentuoso artista avellinese ha esposto al conservatorio di Amsterdam la sua tecnica di The Art of Looping, tenendo una lezione nell’ambito del contesto olandese AmsterBass; o come quando l’anno dopo ha vinto il BOSS Loop Contest Italia, che gli ha permesso di volare fino a Los Angeles per il BOSS Loop Station Championship 2010, e farsi conoscere oltreoceano.
Per non parlare di un basso “signature” prodotto dall’azienda M2 Guitar, e delle esibizioni con cui ha diviso il palco con Caparezza, Jutty Ranx o coi famosissimi Level 42, senza poi contare della stampa in Giappone di un suo disco, e l’ottimo responso ogni volta che produce un suo album.
Sì, perché Simone Vignola, oltre a saper suonare in maniera impeccabile, è uno di quelli che i dischi se li suona dall’inizio alla fine, destreggiandosi con tutti gli strumenti, coi campionamenti, batteria e drum machine, con la voce, coi cori, con il missaggio e il mastering finali.
Simone Vignola: l’esibizione al contest The Voice of Italy
Ieri sera, durante il contest The Voice of Italy di Rai 2, ha coraggiosamente messo da parte le sue produzioni e si è esibito con Roxanne dei Police, non tradendo la sua sfrenata passione per Sting.
E la tecnica Loop, di cui è di sicuro uno dei più esperti al mondo, ha dato un’impronta di originalità e abilità esemplari, e il pubblico ne ha saputo riconoscere il talento; Morgan ha colto fin da subito il lavoro di precisione incredibile che si è svolto nella preparazione all’esibizione e ha quasi rimpianto di aver completato la sua squadra, complimentandosi con Simone Vignola; Gigi D’Alessio, altro coach più “preparato” della giuria, ha altresì elogiato la sua tecnica. Peccato che Gué Pequeno, l’unico che avrebbe potuto portarlo in squadra, avendo ancora un posto libero, non abbia preso la decisione più giusta, nonostante i suggerimenti di Elettra Lamborghini e amici.
Ogni beat, intanto, è stato accolto come una dimostrazione di speranza verso chi come lui dovrebbe quasi pretendere il diritto di essere ammirato oggi, in un mondo artistico-musicale fatto di fandonie e finte decorazioni, dove si sta perdendo il dono di poter esprimere un qualcosa in cui l’arte resta una disciplina seria, e non uno sfoggio di povere soluzioni pompate solo dall’advertisement commerciale.
Esattamente come Neffa, Ghemon o Clementino, la musica di Simone Vignola nasce dall’entusiasmo frenato dalle incombenze di una realtà cittadina non troppo aperta, e questa particolare pressione crea ancor più motivazione nello svolgere bene le proprie capacità, e la soluzione ad un’originalità che oggi stenta a decollare sta proprio in questo: rompere le barriere sospettose di chi non crede e fiondarsi a tutto spiano nella realizzazione di sogni possibili, e solo apparentemente impossibili.
Carmine Maffei
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Leonardo Frigo omaggia l’Inferno di Dante dipingendolo su 33 violini
Leonardo Frigo omaggia l’inferno di Dante Alighieri fondendo l’ambito culturale della musica con quello della cultura. Il giovane artista ha deciso di dipingere 33 violini e un violoncello in cui ciascuno rappresenta un canto.
Leonardo Frigo spiega il suo lavoro artistico
Questo è l’anno in cui si celebrano i sette secoli trascorsi dalla morte di Dante Alighieri e Leonardo Frigo spiega così il suo progetto:
Lo scopo principale della mia opera è di promuovere e condividere la cultura italiana nel mondo. Tutti i miei violini sono ispirati a una specifica storia oppure a una biografia.
L’Inferno di Dante mi ha sempre ispirato fin da bambino, probabilmente posso dire che mi ha insegnato a immaginare e sognare.
Di solito inizio il mio lavoro leggendo e poi trasferisco tutto sui violini. Mi piace osservare che anche i miei violini possano essere letti come un libro.
Questo progetto artistico è stato terminato lo scorso dicembre, dopo 5 anni di lavoro. Le illustrazioni emblematiche sono state realizzate con la china sulla superficie i violini mettono in luce il simbolismo di cui è intrisa l’opera letteraria. Questa idea artistica nasce da una profonda ricerca che ha radici dalla sua passione per la lettura, per la musica e per l’arte.
Ciascun violino inoltre è accompagnato da un accurato testo scritto sia in italiano che in inglese che ne analizza e descrive tutti i dettagli.
Spesso, come dice l’artista, si parla di innovazione ma questa va ricercata anche nella capacità di creare nuove esperienze che siano in grado di coinvolgere e presentare qualcosa attraverso una diversa prospettiva.
L’arte non è altro che una fusione tra bellezza, armonia che prende forma e concretezza attraverso le opere che si realizzano.
Se siete appassionati dell’Inferno dantesco ecco un altro omaggio al Sommo Poeta in cui sono stati abbinati 5 cocktail per 5 personaggi dell’Inferno.
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