Negli ultimi sessant’anni abbiamo assistito ad una crescita sorprendente nel campo dell’intelligenza artificiale: dai social media a Netflix, l’Ia si è già infiltrata nella nostra vita quotidiana, mentre le auto senza conducente e i robot umanoidi stanno iniziando a stravolgere il modo in cui interagiamo con il nostro mondo.
Siamo alle soglie di una realtà dominata dall’Ia.
Chi garantirà l’etica in questo campo in espansione? Gli umani non saranno più necessari e saranno sostituiti dall’Ia?
Questo saggio rigoroso e inquietante, pieno di immagini sorprendenti e estremamente attuali valuta se l’Ia può trasformare in meglio la società e l’umanità, o se, al contrario, le sue enormi possibilità porteranno a un futuro distopico del nostro pianeta controllato dall’Ia.
Il nuovo titolo della collana The big idea innovativa, divulgativa ed efficace per approfondire i temi più importanti del mondo contemporaneo e che hanno più risonanza nelle nostre vite. L’approccio visivo unico e il testo multilivello rendono semplici da capire anche i concetti più complessi, in modo da offrirci tutti gli strumenti necessari per partecipare in prima persona a questi dibattiti.
Shelly Fan: biografia
Shelly Fan è una neuroscienziata presso l’Università della California, a San Francisco.
Lavora come redattrice e collaboratrice del portale online Singularity Hub che cerca di raccontare il progresso tecnologico e gestisce anche il pluripremiato blog scientifico NeuroFantastic.
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Arazzo familiare di Anna Cantagallo: la recensione
Arazzo familiare (2021) è un romanzo di Anna Cantagallo pubblicato da Castelvecchi Editore. Il libro ha come scopo quello di mettere in luce, attraverso storie di donne comuni che si imbattono in eventi eccezionali. Vivere nelle due guerre mondiali, ad esempio, rappresenta un evento fuori dalla norma.
Come afferma la scrittrice:
Ogni conquista personale e sociale ha la sua genealogia.
La premessa di Arazzo familiare ci offre una comprensione molto profonda del romanzo. Dalle prime pagine infatti leggiamo:
Sono al telaio. Tesso storie di donne per dar loro la voce, dopo che mi fu tolta la mia. Un vile, per non essere smascherato, mi tagliò la lingua. Da allora compongo arazzi, passando la spola sull’ordito del tempo. Ora voglio farne uno intrecciando fili d’oro, d’argento e di bisso. Sono fili preziosi: sono le vite di una madre, di una figlia e di una nonna. Costruisco gradualmente il disegno dell’arazzo familiare, lavorando anche dal retro. Inizia una narrazione che parte da lontano. Interseco i fili preziosi con quelli di altre vite, di tante vite, perché il disegno sia completo. Supero le dimensioni del tempo. Le mie mani volano sul telaio. Ritmicamente il pettine compatta la trama. Nulla è ancora visibile. Argutamente ho lasciato un sottile filo sospeso. Lo riprenderò alla fine e tutto sarà svelato.
“Filomela” mi chiama Procne, mia sorella. La ignoro. Sono catturata dalla tessitura. Sarà un lavoro lungo, difficile. Sarà bellissimo.
Arazzo familiare: la trama
Il romanzo di Anna Cantagallo racconta le vite di Maricò, Marilì e Marigiò (nonna, madre e figlia). Ciascuna si confronta, a suo modo, con la storia del ‘900 che è stata segnata dalle due guerre mondiali e dai moti del ’68. Gli eventi storici segnano la propria crescita personale, fortificandole verso un destino di amori e tradimenti che sembra ripetersi.
Per difendermi dalla malinconia della solitudine, mi ero immersa in un mondo fantastico, favorita dai racconti di mio padre che recitava a memoria alcuni brani di letteratura classica o stralci dei romanzi più importanti, condividendo con i personaggi sia i dolori che i desideri.
Mentre ero occupata a sfaccendare parlavo con loro. Oh, ero bravissima a interpretare più parti di quelle meravigliose storie. La mia memoria le aveva incamerate con facilità: ricordavo sia le parole che l’intonazione che mio padre usava per declamare.
Mi immedesimavo nei vari personaggi, sia maschili che femminili, in quelli che, di volta in volta, sento più vicini al mio animo. Nelle scene sentimentali, che raramente mio padre mi raccontava, mi baciavo il braccio, per ravvivare il ricordo di sentirmi amata. il mio braccio destro era il tesoro degli abbracci delle mie sorelle o addirittura dei baci di mia madre.
Le tre storie presenti all’interno di Arazzo familiare procedono autonomamente in un sapiente gioco di piani temporali, fino a fondersi nella lettura di un quaderno segreto lasciato dalla madre tra le ricette di cucina. Le vite delle tre donne protagoniste del libro raccontano gli albori dell’emancipazione femminile che rappresentano un lascito per le donne di oggi.
Se vi piacciono i romanzi che cavalcano il passato e la contemporaneità non potete non leggere Il palazzo delle donne di Laetitia Colombani.
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Lindsay Dances: il docufilm di Rita Rocca in prima visione su Rai 5
Lindsay Kemp è nel suo salotto livornese e sta parlando di David Bowie, uno dei suoi più carissimi allievi.
Indossa un abito leggero con fantasie primaverili ed è seduto sul suo divano, mentre discute in maniera molto educata ma teatrale, senza nascondere un bel pò di euforia, mentre alza gli occhi al cielo e ricorda l’attimo in cui conobbe quel ragazzo fascinoso, quel musicista che avrebbe stravolto il mondo della musica e dei costumi. Gli stessi per cui Lindsay Kemp lo avrebbe indirizzato, contribuendo così alla riuscita di uno dei suoi più grandi capolavori: un effetto incredibile di musica, bravura, ingegno, danza, teatro, mimo ed eccitante androginia.
Espresse il desiderio di imparare da me, e il giorno dopo iniziò a frequentare le mie lezioni di danza.
Parla di quell’incontro del 1966, il primissimo, che avrebbe sconvolto la vita di entrambi: il grande ballerino e coreografo, paragonandolo ad un Arcangelo Gabriele, restò abbagliato dalla bellezza di David Bowie, mentre quest’ultimo, che apprezzava a dismisura i suoi spettacoli, sentiva che quella sua volontà di imparare da un genio avrebbe rivoluzionato per sempre il suo atteggiamento verso un pubblico ancora troppo scettico. Non aveva tutti i torti: quando durante i concerti del tour di Ziggy Sturdust, capì di essere finalmente una star, fu anche per merito del suo maestro di danza, che partecipava allo spettacolo. La scena descritta s’intitolava Starman, e Lindsay Kemp scendeva dall’alto con un costume argentato, a forma di ragnatela, mentre si calava da un’altezza di circa venti metri, e infine, una volta atterrato danzava con David Bowie. Mastro e allievo in una fusione sensuale di corpi che in armonia davano vita alla mitizzazione di quell’universo alieno creato da entrambi, per quel mondo terreno che forse era ancora impreparato, ma che assimilò il tutto per stravolgere il futuro delle arti e della musica.
Questo e tanto tanto altro potrete vedere nel docufilm Lindsay Dances – Il Teatro e la Vita secondo Lindsay Kemp (2020), che andrà in onda in prima TV assoluta sabato 2 maggio alle 22:40 su Rai 5.
È un film di rara importanza, realizzato in esclusiva per Rai Cultura e Rai 5. Dedica un ricordo che abbraccia la carriera entusiasmante di un personaggio geniale ed iconico, un artista come pochi, che ha saputo lasciare un segno indelebile nell’universo della danza e dello spettacolo.
Ideatrice e regista di questo documento storico è Rita Rocca, giornalista e documentarista Rai, oltre che conduttrice radiofonica del GRRai, che nel 2018 aveva presentato sulla stessa rete Bowienext-Nascita di una Galassia, da cui poi sarebbe nato il libro antologico omonimo edito da Arcana nel dicembre dello stesso anno, firmato insieme al critico musicale e biografo bowiano Francesco Donadio.
Ambedue gli omaggi presentavano ricordi e pensieri da ogni parte del mondo dedicati a David Bowie.
Lindsay Dances è un altro film di Rita Rocca perché sulla scia di quello dedicato al Duca Bianco, continua col narrare, quasi come se fosse un sequel, in un modo squisitamente antologico il repertorio storico del grande danzatore, coreografo e regista inglese.
Sono, ad esempio, descritti gli spettacoli della Lindsay Kemp Company, fin dalla fine degli anni ’70 fino a tutti gli anni ’90; inoltre sono stati recuperati filmati provenienti dalle Teche Rai ed è stata effettuata una ricerca meticolosa tra alcuni archivi privati, mentre lo stesso Lindsay Kemp, intervistato dalla giornalista Rai, racconta nella sua maniera simpatica, teatrale ed entusiasta gli spettacoli che gli resero più fortuna, come gli stessi concerti di Ziggy Sturdust, oppure del Flowers a Duende, il Midsummer’s Night’s Dream, e anche il The Big Parade, fino all’ultimo Kemp Dances. Non mancano stupefacenti foto del backstage, con tutti i suoi segreti, poi delle scene e infine dei momenti di vita privata del grande artista, immortalati da due fotografi da nomi altisonanti come Guido Harari e Richard Haughton.
Si sottolineano circostanze dedicate alla sua infanzia, durante la guerra, i combattuti inizi della carriera tra le rovine post belliche londinesi, la povertà e gli spettacoli che iniziò a presentare a Roma, in Piazza Navona, negli anni ’70, da cui nacque la passione di Romolo Valli, che portò nella stessa città la Lindsay Kemp Company.
L’artista inglese, infatti, memore di ciò, non nascose il suo grande amore per l’Italia, che sarebbe diventata la sua seconda patria, scegliendo di vivere a Livorno, la città di Amedeo Modigliani (Lindsay Kemp era anche pittore), dove sarebbe morto nell’agosto del 2018.
Nella sua dimora livornese, poco tempo prima, sarebbe giunta Rita Rocca per intervistarlo, e cominciare questo lavoro maturo ed indispensabile, per cui ha raccolto con grande passione e dedizione più materiale possibile.
Proietto la mia energia, la diffondo. Uso la mia energia per donarla agli altri sempre, e non solo in scena. Sempre, attraverso la mia presenza, il mio essere, e molto spesso mediante la mia immobilità. La mia immobilità dice di più dei gesti. Così come il mio silenzio dice di più delle mie parole.
La vita di Lindsay Kemp era un teatro, e nel teatro egli ne traeva conclusioni per la sua vita. Ambedue le condizioni si fondevano, dando forma ad un personaggio dai toni ora colorati, ora toccanti, ora trasgressivi, dove spesso la depressione cozzava contro la volontà di sapersi affermare, dove non sarebbero mancate le droghe, ma dove avrebbe conosciuto anche una lucidità artistica che avrebbe contraddistinto il suo personaggio, che non era altri che l’attore della sua stessa esistenza.
In Lindsay Dances ci sono oltretutto interviste a coloro che hanno condiviso insieme a lui momenti memorabili, nel lavoro e nelle amicizie, come i danzatori della sua Compagnia François Testory, Cecilia Santana e Ivan Ristallo; Daniela Maccari, che fu sua musa e instancabile assistente personale fino alla fine dei suoi giorni. Intervengono nel film, chiarendo il loro punto di vista da parte del pubblico il critico d’arte Vittorio Sgarbi e l’attrice Veronica Pivetti.
Rita Rocca ha saputo unire, con questo film, un ricordo carico di affetto, che si fonde con un lavoro meticoloso, sentito, e dove l’incredibile talento nel comporre immagini, testimonianze, ricordi, interviste, suoni, sta creando un filone emotivo che apparterrà soltanto a sé stessa, e ne dichiarerà, in un futuro molto prossimo, senza dimenticare il presente, una stima profonda da parte di un pubblico che cresce. Forse lo stesso pubblico entusiasta che applaudì la riuscita di un mito della danza e dello spettacolo come Lindsay Kemp.
Carmine Maffei
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Terra di Madonne: il nuovo album di Fede ‘N’ Marlen
Esce oggi il terzo capitolo discografico di Federica Ottombrino e Marilena Vitale.
“Terre di Madonne“, questo il titolo del nuovo album del duo Fede ‘N’ Marlen, è pubblicato dalle label FullHeads & AreaLive con distribuzione fisica di Audioglobe e digitale a cura di Believe.Animo gipsy e cosmopolita caratterizzano l’approccio artistico del duo che fa del cantautorato napoletano la propria cifra stilistica, substrato delle altre lingue utilizzate, italiano, spagnolo e francese.
Le nove tracce che compongono la tracklist sono prodotte artisticamente da Massimo De Vita e mixate da Paolo Alberta (Negrita, Roy Paci, Edoardo Bennato, Ligabue) mentre la produzione esecutiva è a cura di Luciano Chirico. Ospite speciale al contrabbasso è Ferruccio Spinetti che suona magnificamente nel brano “Malafemmena” che in occasione del suo 70° anniversario viene rivisitata e cantata in spagnolo in un sentito omaggio al Principe De Curtis.Appuntamenti live
“Terre di Madonne” verrà presentato dal vivo con due showcase a Napoli:
presso la libreria SparkHub venerdi 17 dicembre (inizio ore 19.00)
e presso Fonoteca lunedi 20 dicembre (dalle 18 alle 19:30)
L’ingresso è consentito con green pass – Posti limitatiIl titolo “Terra di Madonne” è un esplicito riferimento alla loro città: Napoli. Oltre cento edicole votive, nicchie sacre, hanno per decenni illuminato le strade, i vicoli, avvicinando il divino alla terra. Il duo ha ricevuto innumerevoli stimoli dalla propria città, sviluppando una spiccata sensibilità alla scrittura dei testi con la volontà di raccontarsi e raccontare.
Le loro canzoni si fondano sul desiderio di dare visibilità a storie troppo spesso inascoltate. La responsabilità che si assumono in prima persona di non nascondersi, affermando attraverso le loro scelte da che parte stare, è la loro modalità per incoraggiare gli altri a fare lo stesso.
Nei brani di Fede ‘n’ Marlen si parla di migranti, diritti LGBTQ+ e legami umani. Si parla della bellezza degli idiomi come contaminazione culturale; si racconta il Mediterraneo e la sua cultura millenaria che ci rende tutti fratelli e sorelle. Non ultima la tematica dell’identità sessuale, argomento alle quali sono sensibili, che non viene separata da quella delle discriminazioni verso i migranti.
Dichiarano Fede ‘n’ Marlen:
Nei nostri brani, si parla di migranti, diritti LGBTQ+ e legami umani. In ‘Io sono confine’ ci si domanda se il viaggio nel Mediterraneo, compiuto dai migranti per scappare dalle loro terre, non debba essere nel verso opposto, per riappropriarsi dell’umanità perduta nel progresso. In egual misura ci si domanda come possa la società, di cui le famiglie sono le fondamenta, condannare una persona solo perché manifesta la sua naturale inclinazione identitaria, come in ‘Fantasma’ e ‘Calpestami’.
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