Non è vero che mi manca, singolo di esordio de La Fine del Mondo, progetto artistico del cantautore romano Francesco Lombardi.
Il brano è uscito sulle piattaforme digitali e in radio dal 19 ottobre. Il protagonista del video è un “arrogantissimo” maialino portamonete che, con sguardo giudicante, osserva gli interpreti tra odio e amore: “Niente è stato risolto, ma niente importa più” dichiara La Fine Del Mondo.
Queste le parole dell’artista sul brano:
Non è vero che mi manca nasce dal tentativo di sublimare un calcio sui denti con la tecnica di un pre-liceale. Dopo un ascolto compulsivo di ‘Ahi Maria’ di Rino Gaetano accompagnato da diverse birre, ho pensato che potesse essere una buona idea vivere nella negazione e raccontare una storia. Ovviamente non è servito a granché, ma non sono mai stato troppo sveglio.
La Fine Del Mondo è il mio Tyler Durden musicale, purché a guardarmi le spalle ci siano Andrea, Claudio, Gianmarco e altra gente a cui devo più di quanto do.
Ho una passione viscerale per tutto ciò che mi fa male fisicamente e mentalmente, tipo Battiato, il gin tonic o l’amore che strappa i capelli. Mi terrorizza il concetto di tempo illimitato, universo infinito e l’immensamente grande o l’infinitamente piccolo.
Tutte queste cose le metto nelle mie canzoni. Infatti, il mio primo singolo è Non è vero che mi manca. Come si deduce, è ironico.
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Partezigo: un progetto per scoprire e riscoprire il fanciullino che è dentro di noi
Dal 1 dicembre 2019, al Cinema Partenio di Avellino, ci sarà uno spazio dedicato all’arte e alla cultura, non solo cinematografica, e si chiamerà Partezigo. La sala 4 ospiterà attività, laboratori, spettacoli, concerti, corsi, workshop, happening, eventi, dedicati ai piccoli, ai ragazzi, ai grandi, ai molto grandi… A tutti coloro che hanno dai 5 ai 115 anni, a tutti coloro che vogliono guardare/sentire/scoprire/fare arte e, soprattutto, a tutti coloro che la amano e non vogliono vivere senza.
Arte e linguaggi artistici che incontrano lo spazio e le persone: nell’inarrestabile fluire del tempo, ciò accade da sempre! E con il progetto Partezigo, all’interno di una realtà immaginata e realizzabile, si vuole incoraggiare il divenire e il compimento del significato esperienziale, attraverso il sentire chiarificato e intensificato. Concepita come luogo altro che abbraccia il confine di uno spazio reale per trascendere nell’immaterialità e multidimensionalità delle diverse forme/espressioni/esperienze artistiche, essa persegue l’intento di favorire la comprensione dell’arte e del suo ruolo nella civiltà.
Il manifesto/poetica di Partezigo proclama la necessità di una ricerca personale e collettiva, volta ad investigare l’auto-consapevolezza di ciascuna creatura vivente, nel compimento di un’esperienza estetica (in senso artistico). In opposizione alle condizioni che isolano l’arte e la sua valutazione in un regno loro proprio, in contrasto con coloro che ne hanno annunciato la fine e celebrato la morte, essa si muoverà per partecipare alla creazione culturale di una nuova società, propugnatrice di individui che partecipano al mondo interrogandosi sulla situazione in cui versa la condizione politico-culturale dell’umanità, per scegliere cosa combattere e cosa sostenere nella vita sociale dell’epoca in cui si vive, e persuasi ad instaurare un rapporto positivo con certi valori positivi.
Come ha affermato Marianna Calabrese, presidente dell’associazione Zigarte:
Allo scopo di favorire la comprensione dell’arte e del suo ruolo nella civiltà, si dovrebbe ritornare all’esperienza del corso ordinario delle cose per scoprire la qualità estetica che possiede tale esperienza e non, invece, fornire indizi sulla natura intrinseca dell’esperienza estetica, iniziando ad occuparsi di un oggetto già riconosciuto come opera d’arte e quindi già separato da ogni altra modalità di esperienza. Una concezione dell’arte che cominci dalla sua connessione con qualità colte nell’esperienza comune, sulla base di una trattazione tesa a mostrare che il carattere estetico non deriva in virtù di un’idealità trascendente, ma che è lo sviluppo chiarificato e intensificato di tratti che appartengono a ogni esperienza normalmente compiuta. Il mio filosofo ispiratore è John Dewey che non vuole considerare l’opera d’arte come pura forma isolata e in sé conchiusa, di origine astratta e astorica, concepita da un’idea superindividuale, innata o divina, bensì come la costruzione di un’esperienza integrale attraverso l’interazione tra condizioni ed energie organiche e ambientali.
Rispetto alla questione della cultura in relazione alla dimensione del problema politico, sollevando la prospettiva secondo cui l’instaurazione di una nuova società esigerebbe la distruzione dei valori che dominano attualmente questo agire individuale e sociale, Marianna Calabrese è orientata verso una tesi trasformista: proprio perché l’essere umano nel corso della propria produzione sociale in quanto individuo è indotto a riconoscere e a investire positivamente i valori della società, per spiegare responsabilità, conseguenze, presupposti culturali, che muovono una radicale trasformazione della società, non si può prescindere dal problema della creazione culturale in senso stretto.
Con la poetica della realizzazione dell’impossibilità esploriamo questa prospettiva: far nascere uno spazio culturale articolato, in cui l’equilibrio tra consumo e produzione della cultura renda possibile la creazione e diffusione di significati, per una trasformazione sociale, economica e culturale.
Questo è il primo cartellone Partezigo, quello che chiude un anno per accoglierne un altro.
Partezigo vi aspetta previa prenotazione e prevendita presso il seguente numero: 371 44 54 474 o recandosi al botteghino del Cinema Partenio. Il primo dicembre si terrà il primo evento gratuito in cui si svolgeranno le audizioni per comporre un coro voci bianche.
Non mancate!
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Lalla Esposito debutta con gli Ondanueve string quartet
Lalla Esposito in “La canzone teatrale”, concerto per voce e quartetto d’archi con Ondanueve string quartet, scritto e diretto da Paolo Coletta – venerdì 5 maggio, ore 21:00 al Trianon Viviani.
Debutta al Trianon Viviani, in prima assoluta, il nuovo incontro tra Lalla Esposito e Paolo Coletta.
La cantante-attrice, una delle più autorevoli interpreti di Teatro musicale del nostro Paese, che ha accolto la lezione di alcune iconiche attrici-cantanti del Novecento (Milly, Marina e Angela Pagano, Milva, Gabriella Ferri), ritrova l’autore, regista e musicista nello spettacolo “La canzone teatrale”, dopo aver collaborato per anni in numerose produzioni di teatro musicale italiano e internazionale.
Con la partecipazione dell’Ondanueve string quartet, offrono un piccolo catalogo di ciò che rende una canzone “teatrale” e di quel che può far sì che una canzone qualsiasi lo diventi.
Spiega Coletta:
Un’aria d’opera, un recitativo, una romanza, un song brechtiano, un canto di Viviani o una canzone di Broadway sono accomunati dal fatto di essere scritti per essere eseguiti all’interno di una determinata azione drammaturgica, che sia un melodramma, un musical, un’operetta, una commedia musicale. Ma “teatrale” può diventare anche una composizione fatta di parole e musica nient’affatto pensata per la scena: succede quando chi la interpreta decide di trasformare l’emozione di quel pezzo in azione. Azione scenica, appunto.
Viceversa, può verificarsi il percorso inverso e cioè che una canzone scritta originariamente per uno spettacolo teatrale diventi uno standard jazz o semplicemente migri verso l’infinito repertorio della musica popolare.
Per Coletta, dunque, la canzone teatrale non è una forma, né tanto meno un genere. La teatralità probabilmente rappresenta una modalità, un’attitudine, uno sguardo. Innanzitutto dell’interprete, che, nel momento in cui decide di affrontarne l’esecuzione, si assume di fatto la responsabilità e la disponibilità a riscrivere quel pezzo.
Lo spettacolo è prodotto da Leocadia.
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Borghi e centri storici abbandonati in Campania
43 storie, 30 paesi, 13 centri storici, cinque province, 225 immagini. Sono questi i numeri che compongono l’ultimo libro firmato da Roberto Pellecchia.
Di origini austriache, l’autore vive e lavora a Salerno, dove esercita da 35 anni la professione di medico. Fotografo e instancabile viaggiatore, ha all’attivo 6 pubblicazioni di successo legate ai territori.
“Borghi e centri storici abbandonati in Campania” prende in esame quei luoghi che sono stati abbandonati nel corso degli ultimi mille anni e di cui esistono ancora rovine ben leggibili: ruderi, paesi o nuclei storici interi.
Il tema centrale si sviluppa intorno al momento dell’abbandono e ai motivi dello stesso. In taluni casi si tratta di catastrofi naturali, eventi bellici, pestilenze, ma anche abbandoni spontanei e progressivi, causati dalle condizioni disagevoli che le piccole comunità dovevano affrontare per viverci, non più compatibili con gli standard di vita contemporanei.
Numerosi sono gli aneddoti riguardanti sia gli ultimi abitanti che vi vissero, sia l’epoca in cui questi paesi erano vitali.Mentre alcuni di questi, come Roscigno Vecchia, Romagnano al Monte, San Severino di Centola, Apice Vecchio, sono ben conosciuti e meta di visitatori e curiosi, altri stanno scomparendo dalla memoria o dalla sfera del patrimonio storico e culturale.
Eppure, si tratta di luoghi della memoria meritevoli di una valorizzazione turistica con dignità di veri e propri santuari delle comunità, le cui generazioni li popolarono nei secoli.Spiega Roberto Pellecchia nell’intensa prefazione del libro.Il luogo in cui si nasce crea delle radici talmente profonde da tenere legate le persone per tutta la vita e, anche quando se ne vanno, prima o poi sentono il bisogno di tornarci. Per questo motivo ho sempre pensato che in ogni paese abbandonato vi sia il segno della sconfitta dell’uomo da parte di un nemico molto potente, talmente potente da soffocare per sempre quella tenacia che ha spinto ogni popolazione a costruire insediamenti in ogni parte del mondo, anche nelle aree più estreme e inospitali. (…) Perché un paese non è solo un insieme di case, un luogo dove le persone vivono. È, piuttosto, la radice profonda a cui sentiamo di appartenere, che ci accomuna per vicende storiche, per legami di parentela e vincoli di amicizia, che ci identifica grazie a una determinata inflessione dialettale e per modi di dire legati alla storia e al paesaggio. Sono le basi di quel senso di comunità che permette di percepire il posto in cui si è nati, o in cui si abita da tanto tempo, come un rifugio unico e un luogo da amare.Le 43 storie narrano le vicende di 30 paesi e 13 centri storici completamente disabitati sparsi tra le cinque province della Campania, con l’intento di attirare sempre di più l’interesse verso queste realtà abbandonate ricche di fascino, ma implicitamente anche verso numerosi piccoli centri che rischiano lo spopolamento totale nel nostro presente.La pubblicazione raggiungerà le edicole di tutta la Campania in diverse date. Dal 18 marzo sarà disponibile in tutte le edicole della provincia di Salerno, in abbinamento al quotidiano La Città di Salerno, e lo resterà fino a fine aprile.
Per il resto d’Italia è possibile ordinare il libro e richiedere informazioni sulla distribuzione scrivendo una e-mail a borghiabbandonati@libero.itLe località di “Borghi e centri storici abbandonati in Campania”
Provincia di Napoli: Rione Terra – Pozzuoli.
Provincia di Salerno: Casale Pamponii (Olevano sul Tusciano), Castellammare della Bruca (Ascea), Marina di Furore, Romagnano al Monte, Roscigno Vecchia, Sacco Vecchio, San Giovanni del Tresino, San Nicola di Centola, San Severino di Centola vecchio, Sorbo (Montecorvino Pugliano).
Provincia di Caserta: Caianello Vecchio, Calvi Vecchia, Casignano (Carinaro), Centora (Trentola-Ducenta), Cerquarola (Roccamonfina), Cese Vecchio (Roccamonfina), Croce (Rocchetta e Croce), Formicola di Mastrati (Pratella), Friano (Aversa), Marzanello Vecchio (Vairano Patenora), Matteoli (Sessa Aurunca), Pietramelara, Rocciano (Giano Vetusto), San Felice Vecchio (Pietravairano), San Pietro Infine, Vairano Patenora.
Provincia di Avellino: Aquilonia Vecchia, Borgo-castello di Calitri, Civita di Ogliara (Serino), Conza della Campania, Melito Vecchia (Melito Irpino), Montecalvo Irpino, Quaglietta (Calabritto), Roccabascerana, Senerchia
Provincia di Benevento: Apice Vecchio, Castelpoto Vecchio, Cerreto Antica (Cerreto Sannita), Circello, Limata (San Lorenzo Maggiore), Paduli, Tocco Vecchio (Tocco Caudio).
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