Verde è il singolo di esordio delle Wasabi, power trio romano tutto al femminile. Il brano riesce a unire uno spirito punk a un insieme di suoni distorti ed elettronici che ne dirottano le sonorità verso il synth pop-rock.
Le Wasabi spiegano così il loro singolo:
Verde rompe l’illusione della speranza come cura e la dicotomica necessità di aggrapparcisi ed essere salvati. Verde è prendere una medicina sapendo che sarà un placebo eppure ingoiare lo stesso.
Il brano nasce cantando in macchina in modo apparentemente insensato, per poi prendere forma grazie a una sovrapposizione di strati: prima una base di pianoforte e voce, poi una batteria folgorante unita a un basso ribelle, infine un synth astrale che avvolge il tutto.
Si presentano così:
Noi siamo wasabi, una radice made in Rome difficile da mandare giù eppure purificante.”
Così almeno intendiamo la nostra musica, che passa per il dolore per arrivare al benessere, facendo muovere il corpo e liberando l’anima.
Lexie vuole graffiarvi col suo basso acido e prorompente, Simo vuole farvi scatenare con la sua batteria scintillante e decisa, Claire vuole trasportarvi in un’altra dimensione con il suo synth etereo e malinconico, con l’intenzione di abbracciare insieme il caos del multiverso e farvi abbracciare da esso stesso, in una danza senza fine.
Le nostre canzoni nascono da situazioni vissute ma trasformate, che prendono le emozioni da immagini, persone e le rendono altro ancora.
Dalle iniziali note di un pianoforte, tutto si realizza grazie all’elettricità e all’energia del ritmo, per poi unirsi a parole che derivano direttamente dalla parte latente dei nostri sogni.
Musica verde che brucia per pulire e purificare.
La radice-trio Wasabi si forma sotto il terreno della pandemia, dove cresce diramandosi nel rumoroso silenzio di un box segreto.
Sotto gli effetti psicotropi del Synth-Pop/Rock, usato come fertilizzante e forma espressiva, il trio al femminile lacrima suoni e parole attraverso una musica dirompente.
Il primo EP “Verde”, registrato presso il VDSS Recording Studio, è di prossima pubblicazione.
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Wine Art Contest e GreenPrix: si concludono le iscrizioni
Si chiudono con un rilevante successo di partecipazione, anche su scala internazionale, le iscrizioni al Wine Art Contest e il GreenPrix.
I due concorsi lanciati dal MAVV, il Museo dell’Arte, del Vino e della Vite, sono dedicati all’arte, alla cultura, all’innovazione e alla sostenibilità della filiera del vino, del wine&food, dell’enoturismo e dell’industria creativa.
Sostenute, tra gli altri, dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, e dalla Regione Campania, le due iniziative sono volte a coinvolgere, valorizzare e promuovere i giovani talenti artistici e i neoimprenditori per l’innovazione della filiera del vino. Presidente d’onore il ministro Stefano Patuanelli.
Il Wine Art Contest, concorso di creatività artistica ispirata dal mondo del vino, ha visto la candidatura di oltre duecento giovani artisti, non solo italiani, ben oltre la soglia inizialmente fissata a 120 partecipanti. Dei 25 i finalisti preselezionati (19 per le arti visive e 6 per le arti performative), una giuria di nomi noti del panorama culturale e artistico italiano sceglierà tre opere da premiare. Saranno conferiti assegni e riconoscimenti anche al secondo e terzo classificato, nonché premi speciali (canzone, fotografia e video, pittura). Gli artisti selezionati saranno coinvolti in workshop ed eventi del MAVV Wine Art Museum e dei partner del concorso.
Dieci le candidature selezionate al GreenPrix, un riconoscimento conferito a giovani imprese e startup innovative operanti nel settore dell’enologia che si distinguono per idee e progetti nuovi e competitivi.
I riconoscimenti verranno consegnati il prossimo 30 settembre, alle 16, nel corso di una manifestazione che si terrà nel Galoppatoio della Reggia di Portici, concesso dal Dipartimento di Agraria della Federico II, guidato dal direttore Danilo Ercolini, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Portici.
Con il saluto del ministro Stefano Patuanelli e l’attrice Marisa Laurito, che hanno personalmente sostenuto dal primo momento l’ideazione del contest e del premio, nell’occasione verranno anche consegnati i riconoscimenti del MAVV In Vino Veritas e Dea Vite, giunti alla terza edizione, conferiti a personalità del mondo scientifico, accademico, sociale e dello spettacolo per i loro meriti.
La serata sarà presentata da Noemi Gherrero, con la direzione artistica curata da Carmine Aymone, Claudio Niola e Luciano Ruotolo.
A seguire, alle 20:45, nell’area esterna al Galoppatoio, il Wine Art Fest, una serata animata dal concerto di una jazz band internazionale, aperta da una degustazione di vini di eccellenza del territorio, curata dai sommeliers professionisti dell’Ais.
Hanno concesso il patrocinio all’iniziativa: Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, Ismea, Crea, Databenc, Ente nazionale per il Microcredito, Invitalia, Università degli studi di Napoli Federico II, Accademia dei Georgofili di Firenze, Accademia di Belle arti di Napoli, Conservatorio San Pietro a Majella, Fondazione ente ville Vesuviane, Unione degli Industriali della provincia di Napoli, Consiglio regionale della Campania, Città metropolitana di Napoli, Comuni di Napoli, Ercolano e Portici e il Sindacato unitario dei Giornalisti della Campania.
Wine Art Contest: giurie
Tra i componenti della giuria del Wine Art Contest, oltre ai docenti universitari Francesca Fariello, Lello Savonardo e Isabella Valente, i maestri Gerardo Di Lella, Tony Esposito e Peppe Vessicchio, il regista e produttore Stefano Veneruso, i curatori d’arte Emanuele Leone Emblema e Cynthia Penna, il manager Gennaro Di Cello e le giornaliste Licia Granello e Geppina Landolfo.
Per il GreenPrix la giuria è composta da Marisa Laurito, direttore artistico della Fondazione Trianon Viviani, Maurizio Bellavista, CEO di Keyone Consulting – Partiagevolato, Francesco Castagna, imprenditore e CTS dell’Unione Italiana Vini, Angelo Chianese, docente di Sistemi informativi alla Federico II, Paolo Ciaccio, COO di Entopan Innovation, Annamaria Colao, titolare della cattedra Unesco “Educazione alla salute e Sviluppo sostenibile” alla Federico II, Valentina Della Corte, coordinatrice del corso di laurea Hospitality management alla Federico II, Stefania De Pascale, vicepresidente di Crea, Enzo d’Errico, direttore responsabile del Corriere del Mezzogiorno, Danilo Ercolini, direttore del Dipartimento di Agraria della Federico II, Roberta Garibaldi, presidente dell’Associazione italiana Turismo enogastronomico, Eugenio Gervasio, CEO del MAVV, Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde, e Daniela Savy, docente di Diritto europeo dei beni culturali alla Federico II.
Wine Art Contest: sostenitori
Il Wine Art Contest e il GreenPrix si avvalgono del sostegno di Webgenesys e della sua start up innovativa Seeds, il cui intento è quello di investire sulle idee, sul capitale umano che con spirito creativo interpreta le risorse dei territori per generare soluzioni innovative e di sviluppo nel settore ICT con un focus particolare per la blockchain nel settore agroalimentare.
Spiega Raffaele Primo, CEO dell’importante gruppo leader dell’innovazione:
La nostra partecipazione ha il duplice obiettivo di sostenere l’impostazione culturale e imprenditoriale del MAVV e di contribuire, sostenendo iniziative uniche e di qualità, l’innovazione di prodotto e di processo anche nella P.A..
Sostengono l’iniziativa anche BPER Banca, Entopan Innovation, Partiagevolato – Keyone Consulting, Alma Seges e Agilae.
Collaborano, come media partner, Arga Campania, Corriere del Mezzogiorno, Miutifin, Nomea, MultiMediaNet, RAI Campania e Tips on Naples.
MAVV ringrazia per la collaborazione le Fondazioni Ampioraggio e UniVerde; le imprese 30 Miles Film, Consorzio ALI (Aerospace Laboratory for Innovative components), Consorzio Costa del Vesuvio, La Dispensa del Re, Produzione Engage, Evetimes Produzioni, Nunneri Pianoforti, Palazzo del corallo – Russo cammei, Skill Factory, La Tonnellerie di Epistolato, Vacanze Campane; gli istituti di istruzione e ricerca liceo artistico statale Giorgio De Chirico di Torre Annunziata, Dipartimento di Agraria, Osservatorio Giovani – Dipartimento Scienze sociali e cattedra Unesco “Salute e Sostenibilità” dell’Università degli studi di Napoli Federico II; le associazioni Amira, Artis Suavitas, Angi – Giovani innovatori, ART1307, Assinrete, Diaphonia, Elea Academy, Macs, Museo Emblema, Portici Borbonica, Suoni del Sud, Vida Motors e Vinthropology.
MAVV – Museo dell’Arte, del Vino e della Vite
È un’impresa culturale nata per far conoscere in modo diffuso il mondo del Vino anche come patrimonio artistico, scientifico e storico del territorio. La mission è quella di promuovere il settore della cultura legato all’enologia come risorsa dello sviluppo economico e del “made in Italy”. Il MAVV è ospitato nella Reggia di Portici, dal Centro Musa del Dipartimento di Agraria dell’Università degli studi di Napoli Federico II, dove gestisce un’esposizione multimediale e interattiva sulla cultura del Vino. Le attività museali, culturali, divulgative e formative del MAVV fondano sullo stretto rapporto con l’arte e la cultura.
Illustra Eugenio Gervasio, fondatore del MAVV:
Attraverso eventi, nel nome del gusto e del bello, colleghiamo il mondo del nettare degli Dei alle arti visive, alla cultura, alla storia, all’archeologia il tutto, con un format che coniuga innovazione e tradizione, attraverso exhibit multimediali, laboratori e percorsi sensoriali.
Il MAVV è una start up, unica e singolare nel panorama delle iniziative dell’industria culturale e turistica esperienziale, che intende diventare protagonista dell’era digitale, promuovere e sostenere le nostre eccellenze e il Made in Italy.
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Il viaggio di Capitan Fracassa: Ettore Scola narra la realtà velata dal fascino del teatro
Siamo a Trevico, in provincia di Avellino ed è il 1940.
È sera e fa molto freddo in paese, e la famiglia Scola è radunata nel suo palazzo. La guerra è già iniziata da un pezzo, ma sembra così lontana e lì, in Baronia, pare che l’eco di essa non riesca a rientrare tra le preoccupazioni.
Il piccolo Ettore Scola, di nove anni, siede davanti al fuoco col nonno, non vedente che, quella sera così come le altre ancora a venire, gli chiede di prendere un libro dallo scaffale, e di leggere ad alta voce.
Ettore Scola non è tanto entusiasta dell’idea: quelle sono storie difficili per lui, spesso noiosissime, e non riesce quasi sempre a comprenderne il significato.
Quella sera però, qualcosa succede. Il volume che ha tra le mani, mentre con enfasi ne legge il contenuto, inizia a trasmettergli qualcosa di nuovo: nella sua mente le immagini si fanno sempre più vive, la storia lo trascina in un vortice di fatti e accadimenti da cui proprio non riesce a staccarsi.
Molti anni dopo, trasferitosi a Roma, e diventato un regista di successo: come dimenticare C’eravamo tanto amati (1974) o Una giornata particolare (1977)?, nonostante le acclamazioni e gli impegni che lo rendono occupatissimo a sviluppare nuove idee (inizia in realtà la carriera come sceneggiatore del film Un americano a Roma di Steno), non è mai riuscito a staccarsi dalla convinzione che quel libro che aveva letto al nonno più di quarant’anni prima avrebbe dovuto prendere vita con la realizzazione di un film.
Il libro in questione era Capitan Fracassa di Théophile Gautier. Si narra che, inizialmente, pensando alla trasportazione sul grande schermo, avesse contattato un giovanissimo Gérard Depardieu, che all’inizio degli anni ’80 era un ragazzo smilzo, e gli avesse riferito del progetto, riservandogli la parte del protagonista, un nobile dimenticato ed affamato, esiliato nella sua proprietà anch’essa in via di abbandono insieme all’umile servo, mentre le famiglia aveva perduto tutte le ricchezze.
Il film però non fu realizzato che una decina d’anni più tardi, e nel frattempo Gérard Depardieu aveva acquistato molto peso, così l’attore stesso decise di rinunciarvi.
Iniziano così finalmente le riprese di Il viaggio di Capitan Fracassa, con la produzione di Mario e Vittorio Cecchi Gori, di cui Ettore Scola, oltre ad esserne il regista, cura la sceneggiatura con molta naturalezza, coi ricordi della sua infanzia davanti alla libreria della sua casa di Trevico. Il film esce al cinema il 31 ottobre 1990, cinquant’anni dopo quelle letture che dedicò con trasporto al nonno non vedente.
Il viaggio di Capitan Fracassa: trama
Nel ‘600, una combriccola un pò sgangherata di attori, gira col suo carretto trainato da buoi, un mezzo che funge sia da casa che da palco per mettere in scena i loro spettacoli itineranti, mentre partono dalla Spagna e sono diretti in Francia, e precisamente a Parigi, dove sperano di ricevere il meritato successo. È durante questo viaggio che s’imbattono nella vecchia e abbandonata tenuta del barone Sigognac (interpretato da Vincent Perez), che infine prendono con loro, perché il vecchio servo narra la leggenda che il re avrebbe tenuto a cuore un gesto benefico della sua nobile famiglia, ridotta però al lastrico per ignoti motivi. Accompagnare il barone fino al cospetto di Luigi XIII, avrebbe significato per loro ricevere il doveroso rispetto dalla corte, quindi da tutta Parigi, che avrebbe per sempre lodato la bravura della compagnia, a cui sarebbe aspettato un periodo d’oro.
Il servo (Ciccio Ingrassia) raccomanda il suo sfortunato padrone a Pulcinella (Massimo Troisi), donandogli cento scudi d’oro, e chiedendogli di guidarlo sempre nella giusta direzione, essendo il barone privo di qualsiasi esperienza, perché vissuto soltanto tra le quattro mura di casa sua. Durante una nevicata. succede che uno degli attori, Matamoro (Jean-François Perrier), trovi la morte, e il barone Sigognac, che nel frattempo, con la guida di Pulcinella ha guadagnato un certo coraggio, fidanzandosi dapprima con la bella Serafina (Ornella Muti) e poi con Isabella (Emmanuelle Béart), si fa avanti per sostituirlo, tra gli sguardi increduli degli altri.
Dimenticandosi il nome del suo protagonista, dà vita così al personaggio di Capitan Fracassa. La commedia si tiene al castello del marchese di Bruyères (Marco Messeri), che invita il duca di Villambrosa (Remo Girone). Quest’ultimo s’innamora di Isabella, e tale gesto incita l’ira del barone Sigognac, che lo invita al duello. Isabella, per salvare il barone da una morte certa, fugge via col duca e abbandona la compagnia. Nel frattempo però il barone ha una brutta ferita, che avrà bisogno di cure. Fortuna che il brigante Agostino (Claudio Amendola), trovandosi lì per caso, conosca un dottore bravissimo…
Il viaggio di Capitan Fracassa: storia, curiosità e tematiche.
Il film fu, per tutta la sua durata, girato al Teatro 5 di Cinecittà, il più grande, almeno all’epoca, d’Europa, e le scene furono volutamente curate con scenografie dipinte.
Nella pellicola, infatti, si denotano fortemente questi paesaggi finti, che si addirittura mal si prestano all’ambientazione selvaggia (la compagnia sgangherata ma bravissima viaggia sempre tra i boschi), e agli interni, anch’essi piuttosto “disegnati” dei castelli di Sigognac e di Bruyères.
Il film si apre con un siparietto, mentre l’inquadratura s’intromette pian piano in esso, e penetra tra le scene e le prime battute degli attori. Lo spettatore quindi è catapultato, fin da subito, in una pièce teatrale, con attori che interpretano a loro volta attori itineranti (scavalcamontagne come li definì Ettore Scola), e la voluta scenografia di cartone, ha il valore simbolico del lavoro che c’è dietro una rappresentazione; il film, in quanto esso tale resta, ha il compito, o meglio, gioca col suo pubblico la scommessa di fondere la realtà col teatro e viceversa.
Se all’inizio tale congettura disorienta, facendo immaginare un lavoro mediocre ed economicamente scarso, alla fine abitua l’occhio alla storia, che a sua volta racconta una storia di un teatro. Un teatro che narra, a sua volta ancora, la nascita di un personaggio inventato durante il lungo viaggio fino a Parigi, Capitan Fracassa, frutto della fantasia del barone Sigognac, che nel frattempo ha sbaragliato la sua primordiale timidezza ed ha scoperto una vocazione che lo porterà ancora più lontano degli agognati splendori che gli avrebbe promesso il sovrano di Francia. Sarà lui a guidare da regista, infine, la compagnia fino alla Ville Lumière, e presentare ad un pubblico, povero ma entusiasta, una storia che sa di mistero, finzione e realtà: la sua stessa storia, in poche parole, arricchito con la fantasia.
È proprio il pubblico, questa massa di contadini, gente che vive di quasi nulla se non con le proprie risorse, la forza che ha voluto far intendere Ettore Scola. Il regista, infatti, punta molto le inquadrature sui volti esterrefatti della gente che assiste al teatrino e che paga con ciò che può, anche con beni in natura, e che attraverso le storie che vengono presentate, s’immedesima in esse, sogna, mette in moto la sua stessa fantasia e si finge ora un conte, ora un barone, ora un condottiero valoroso, e con tali scene ottiene il suo riscatto nei confronti dei più potenti, di chi li schiaccia.
Un’ambientazione à la Hugo, con tutta la sua povertà e il suo millesimale valore sociale, che dona ad un pubblico analfabeta, che vive di ciò che si può, una scuola di vita e che gli fa conoscere le ambientazioni che ritraggono un mondo che neanche conoscono, e che forse hanno soltanto sentito tramandato nelle storie accanto al focolare di famiglia, lo stesso in cui si trovò, seppur in una misura più fortunata, il piccolo Ettore Scola, nel salone della sua casa natìa di Trevico, mentre leggeva al suo nonno quei romanzi, quelle storie che forse poco comprendeva, ma che avrebbe incamerato per dar inizio ad una carriera senza precedenti, che ha arricchito la storia del cinema italiano con capolavori indimenticabili.
Questa storia, signori, nasce dall’amore per la lettura.
Carmine Maffei
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L’omonimo debutto discografico del trio che omaggia le melodie popolari del Sud Italia
Ra di spina nasce nel periodo del duro lockdown dovuto alla pandemia da covid-19: Laura Cuomo propone a Sonia Totaro e Francesco Luongo di registrare alcune melodie popolari da lei ri-arrangiate per trio vocale. Le registrazioni, necessariamente di qualità casalinga ed estemporanea, vengono seguite da video homemade, girati con il cellulare dai tre luoghi di clausura “obbligatoria”: Baronissi (SA), Monte Sant’Angelo (FG) e il centro storico di Napoli.
Laura Cuomo, Francesco Luongo e Sonia Totaro hanno tre voci e tre provenienze dal canto assolutamente diverse (Laura viene dall’esperienza della Psychophonie, dai mondi dell’etnomusicologia e del canto popolare; Francesco dal teatro e dal canto lirico e popolare; Sonia è danzatrice e cantante di Taranta Power).
Il loro incontro musicale è scaturito dal comune interesse per le melodie e le radici del sud Italia e dalla collaborazione con Eugenio Bennato, con cui i tre artisti lavorano attivamente da alcuni anni.Il progetto “Ra di spina” suscita l’attenzione di Ernesto Nobili, già produttore di Flo, Greta Zuccoli, Spakkaneapolis e direttore musicale di Passione Next Generation, a cui più tardi viene affidata la produzione artistica. Il risultato sono sei brani dove la musica popolare è la grande direttrice su cui si poggiano le diversità vocali, gli arrangiamenti, i suoni che viaggiano tra l’elettronica ed il terrestre.
I brani:
Procidana, classico della tradizione marinara campana, portato alla fama dalla immensa voce di Concetta Barra. Matarrese grottesca, favola popolare musicata, tra gli altri, da Antonio Infantino e i Tarantati di Tricarico. Matajola, brano della tradizione calabrese. La ninna nanna di Carpino (FG), opera dei Cantori riscoperti da Bennato, Surfarara e Canti dei Salinai, libere reinterpretazioni di canti dei lavoratori delle saline e delle miniere siciliane, registrate da Alan Lomax nel corso del suo viaggio in Sud Italia negli anni ’50, impreziosite dal tamburo di Alfio Antico, massimo esponente dello strumento.Il progetto di rielaborazione in chiave vocale delle melodie popolari in Ra di spina ha suscitato anche il beneplacito di Eugenio Bennato. Il disco è stato infatti prodotto con la sua etichetta “Sponda Sud” con la “Bulbart” di Andrea Saladino (produttore esecutivo dell’Ep).
Biografia degli artisti
Laura Cuomo: cantante e ricercatrice vocale dalla formazione eterogenea che spazia dalla musica soprattutto corale/vocale, alla psicofonia di M.-L. Aucher, agli studi etnomusicologici e alla pratica dello Yoga nella tradizione di T.Krishnamacharia e Desikachar. Laureata in Etnomusicologia (La Sapienza di Roma) con una tesi sulla voce nel XX secolo tra terapia e musica, ha da sempre coltivato il canto in diverse formazioni vocali di musica popolare e antica accrescendo la sua passione per la voce e le voci che cantano insieme in una pratica corale continua e costante. Studia la psicofonia, una disciplina basata sul canto e sull’armonizzazione psico-corporea attraverso la voce. Conduce laboratori espressivo – musicali sulla voce. Attualmente collabora con Eugenio Bennato & Taranta Power (progetto “Le Voci del Sud”), con cui ha inciso il disco “Qualcuno sulla terra” nel 2020 (solista nel brano Ballata di una madre). Si è esibita a Piazza del Plebiscito in occasione del ventennale di Taranta Power, al Kaulonia Tarantella Festival, in luoghi di prestigio come la Basilica di Sant’Ambrogio (Milano) con “Qualcuno sulla terra” (in onda da settembre 2021 sul canale Sky Classica). Collabora come interprete in spettacoli di teatro canzone liberamente ispirati alla musica di Fabrizio De André e Rino Gaetano (Sul sentiero dei cantautori: omaggio a Fabrizio De Andrè ; omaggio a Rino Gaetano). Ha da poco collaborato con il compositore Rocco De Rosa partecipando alla colonna sonora di “Dante” di Pupi Avati.
Sonia Totaro: è originaria di Monte Sant’Angelo, un piccolo paese sul Gargano, promontorio ricco di antiche tradizioni popolari. A Bologna consegue la laurea in Sociologia della Comunicazione presso l’Alma Mater Studiorum. Decisivo è stato l’incontro con Eugenio Bennato che la riporta, attraverso la sua innovazione, ai suoni della sua terra. Collabora con il musicista napoletano prestando la sua voce nei progetti discografici come Sponda Sud (2007), Grande Sud (2008) Questione Meridionale (2011), Canzoni di Contrabbando (2016), Da che sud è sud (2017). Lo accompagna nelle maggiori tournée in Italia e all’estero: (Angola, Mozambico, Corea del Sud, Thailandia, America del Sud, Libano, Giordania), nei Festival Italiani (Sanremo, Festival dei Due Mondi di Spoleto, Notte della Taranta, Primo Maggio di Roma, Carpino Folk Festival, Kaulonia Tarantella Festival). Ha tenuto stage sulla tarantella del Gargano e sulla pizzica salentina in Italia, ma soprattutto all’estero: da Manila a Bangkok, da Innsbruck a Madrid. Attualmente continua le sua collaborazione con Taranta Power.Francesco Luongo: cantante , attore e regista, laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Salerno, inizia gli studi teatrali sotto la guida di Michele Monetta, allievo di Etienne Decroux, all’”I.C.R.A. Project” Centro Internazionale di Ricerca sull’Attore dove si diploma in Mimo Corporeo.Studia Canto lirico prima con il M° Sergio Voccia e poi al Conservatorio “Martucci” di Salerno. Il suo esordio teatrale è con Gianfranco e Massimiliano Gallo in “Piedigrotta futurista”. Nel campo musicale è cantante dell’ ensemble vocale “Le Voci del Sud” diretto da Eugenio Bennato. Nel 2020 esce il disco “Qualcuno sulla terra”, in cui è solista dei brani “Kifaya” e “Fiat Lux”. Lavora come Aiuto regia di Armando Pugliese nello spettacolo “Teresa Sorrentino” interpretato da Lalla Esposito. Assistente alla regia negli spettacoli “Celeste” (Premio Cervi 2021) e “A. D. E.” di Fabio Pisano ( premio Hystrio 2019). Come regista mette in scena un Omaggio a Fabrizio De André e un omaggio a Rino Gaetano. Partecipa ai videoclip de “Il mondo cambierà” di James Senese e “Maskerate” di Eduardo Bennato. Come attore ha partecipato a “Un posto al sole” e a teatro ha lavorato con Bruno Garofalo, Antonio Casagrande, Velia Magno, Federico Salvatore, Massimo Masiello.
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