Il cinema diversamente di Dominique Noguez analizza i fantasmi della quotidianità occidentale del secondo Novecento, la disillusione politica, la paura della morte, la degradazione del tempo, e rapportandoli alle ‘visioni’ del grande schermo, Dominique Noguez cerca di «mostrare il cinema nella sua totalità, nelle sue illuminazioni positive e negative».
Le opere di Godard, Pasolini, Robbe-Grillet, Bergman, Rohmer e di tanti altri grandi cineasti vengono così esaminate lungo pagine dense di humour e di ironia postmoderna, secondo una prospettiva per la quale il cinema diviene la chiave di lettura e «l’immagine che le società occidentali danno di se stesse».
Dominique Noguez: chi è?
Dominique Noguez(1942-2019) È stato professore di Estetica della Letteratura e del Cinema alla Sorbona di Parigi.
Scrittore e critico cinematografico, si è in particolare interessato al cinema di avanguardia (Éloge du cinéma expérimental, 1979) e al cinema underground nordamericano (Une renaissance du cinéma: le cinéma underground américain, 2002).
Tra le sue opere si ricordano: Essais sur le cinéma québécois (1970), Trente ans de cinéma expérimental en France 1950-1980 (1982) e Cinéma & (2010).
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Un Botticelli molto raro all’asta stimato 80 milioni di dollari
Un Botticelli molto raro sarà offerto all’asta il prossimo 21 gennaio. Il dipinto ritrae un giovane uomo con in mano il tondo di un santino. Il quadro è in ottimo stato di conservazione ed è un originale di Sandro Botticelli del XIV secolo.
Il prezzo di partenza si aggira intorno agli 80 milioni di dollari. L’identità del soggetto è sconosciuta ma secondo alcuni potrebbe essere Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici.
Di Sandro Botticelli sono sopravvissuti al passare del tempo solo una decina di ritratti che sono quasi tutti custoditi nei musei.Undici dipinti dell’artista hanno superato il milione di dollari a un’asta e tre di questi sono stati attribuiti alla sua scuola o a suoi seguaci.
Il ritratto del giovane negli anni ’30 apparteneva alla collezione di Lord Newborough. Un suo antenato, Sir Thomas Wynn lo aveva acquistato tre secoli prima durante un soggiorno in Toscana. Successivamente il dipinto a metà degli anni ’30 è stato venduto dal Lord ad un collezionista privato e i suoi eredi lo hanno messo successivamente all’asta nel 1982.
Diversi pareri degli studiosi sul dipinto di Botticelli
Nel 1987 quando il quadro messo all’asta è stato oggetto di studio da parte di Richard Stapleford che dopo un restauro lo attribuì a Botticelli. Per Roberto Longhi e Federico Zeri sono più favorevoli ad attribuire l’opera a Francesco Botticini perché il dipinto è molto simile ad un’altra opera del pittore, custodita nel Palazzo Reale di Stoccolma.
Per Ronald Lightbown lo attribuisce alla scuola di Botticelli.
Il ritratto del giovane uomo sarà messo all’asta come opera di Sandro Botticelli. Il dipinto è raro e particolare soprattutto per il medaglione che ha tra le mani, il cui significato è ancora sconosciuto.
Prima di questo quadro di Botticelli il record per la sua opera è stata quella della Madonna col Bambino e San Giovanni da Christie’s che è stata battuta all’asta per 10, 4 milioni di dollari.
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Cocktail e Cultura al Castello D’Aquino: 5 drink per 5 film internazionali
In collaborazione con il Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda, dopo 5 drink per 5 film italiani, abbiamo deciso di associare altrettanti drink a cinque film internazionali.
La scelta questa volta ci ha condotti verso trame di film che, in qualche modo, sono attinenti al periodo che stiamo trascorrendo: lontani dal nostro concetto di vita normale, libera e lontani dalla cultura condivisa.
I lungometraggi che abbiamo scelto, per gli amanti del cinema, rappresentano sicuramente dei classici che non possono non essere conosciuti perché mostrano diversi modi raccontare, di girare e diverse suggestioni in cui è possibile osservare e conoscere il mondo, anche quello surreale.
Ecco cosa abbiamo scelto insieme a Michelangelo Bruno, bartender del Castello D’Aquino.
Buona scoperta!
5 drink per 5 film internazionali
1. Per L’angelo sterminatore di Luis Buñuel un Daiquiri Heminghway
L’angelo sterminatore di Luis Buñuel (1962) è tratto da un soggetto teatrale di José Bergamin, intitolato Los naufragos. Il film scava nella psicologia umana, soprattutto in quella borghese. Il regista infatti attraverso questo lungometraggio vuole rendere non morale ciò che appare come morale.
Dopo una prima teatrale, una comitiva dell’alta borghesia viene invitata a casa di amici. All’improvviso tutti si accorgono che la servitù improvvisamente si è eclissata. Nessuno riesce ad uscire dall’abitazione, come se qualche forza oscura li stesse trattenendo tra quelle mura. Ciascuno dei presenti si ritrova a piangere sul proprio destino finché la situazione degenera in un sacrificio carnale.
Da un punto di vista psicologico L’angelo sterminatore mette a nudo la pochezza umana, esasperata dall’angoscia e dall’ansia di non poter e di non riuscire a fare ciò che si vuole.
Il film sotto questo aspetto rispecchia in pieno quello che stiamo vivendo, soprattutto dal punto di vista umano non legato al lavoro, a causa della pandemia.
Al film di Luis Buñuel abbiamo abbinato un Daiquiri Heminghway perché è una bevuta complessa che, in apparenza, sembra essere innocua e dai tratti organolettici caraibici ma in realtà è un drink strong non adatto a tutti.
Allo stesso modo L’angelo sterminatore sembra un film fruibile a tutti ma, in realtà, c’è bisogno di una determinata propensione e sensibilità, per poterne godere pienamente così come lo è il drink che abbiamo abbinato.
2. Per L’impero della mente di David Lynch un Canchanchara
L’impero della mente (2006) di David Lynch è un film diverso da quelli cui siamo abituati normalmente perché non ha una trama lineare e comprensibile. Il lungometraggio non segue schemi perché il suo fine non è quello di comunicare o dire nulla ma solo trasmettere sensazioni.
Il film può essere visto come un viaggio intimo che si svolge in mondi paralleli, per chi li ha. Ne L’impero della mente realtà e finzione si mescolano e si fondono, divenendo un’unica cosa.
L’impero della mente, dopo la sua visione, lascia un senso di disorientamento e confusione, ciò che vuole David Lynch, perché ciò che si svolge sullo schermo della TV dei protagonisti diventa parte integrante della vita degli spettatori.
Abbiamo abbinato a questo film un Canchanchara perché è un drink che risale alla metà del ‘700 e rappresenta il primo punto di riferimento della categoria Sour.
Come L’impero della mente è un film che esprime al massimo la potenza onirica di questo genere, allo stesso modo questo drink rappresenta la pietra miliare, per quanto riguarda la storia della miscelazione.
Ciò che lega il film e il cocktail è l’essenzialità senza fronzoli anche se sono di difficile approccio entrambi: per il film c’è bisogno di una determinata predisposizione mentale mentre per il drink la difficoltà risiede nel gusto dell’Aguardiente, un distillato molto diverso dalla sua categoria di appartenenza.
3. Per Fahrenheit 451 di François Truffaut un Campari Shakerato
Fahrenheit 451 (1966) di François Truffaut è un film anticipatore dei nostri giorni. Ci ritroviamo in un mondo in cui leggere libri rappresenta un reato ma anche il solo fatto di leggere rappresenta un’azione vietata dallo Stato.
Le persone sono tutte ammaliate dalle immagini che non portano a nessun tipo di ragionamento ma al semplice subire, inglobando acriticamente ciò che viene mostrato. Lo scopo della demonizzazione dei libri è un chiaro tentativo dei poteri forti di indurre i cittadini a non pensare, a non sviluppare alcun pensiero critico, diventando delle amebe. Un po’ come quello che sta accadendo, da un paio di anni, con il mondo costruito dei social, in cui vengono mostrate immagini divertenti, per certi versi ironiche ma prive di morale o d’insegnamento.
L’editoria sta perdendo sempre più lettori perché sono in molti ad affidarsi alle immagini, preferendole, non contemplando più la lettura, grande nutrimento per la mente, considerata troppo impegnativa.
Abbiamo abbinato a Fahrenheit 451 un Campari Shakerato perché è annoverato tra i grandi classici della miscelazione: la bevuta amara per eccellenza.
L’amarezza del drink è intensa come la forza della trama del film. Come questo lungometraggio è importante per la filmografia internazionale, allo stesso modo risulta essere iconico questo cocktail, sottolineando l’importanza del Bitter Campari all’interno della storia della mixology.
4. Per Tempi moderni di Charlie Chaplin un Dirty Martini
Tempi moderni (1936) di Charlie Chaplin è il secondo lungometraggio del regista ma è il primo che affronta tematiche importanti ed esasperanti per l’epoca in cui è stato girato e per la nostra che stiamo vivendo.
Ciò su cui pone l’accento Charlie Chaplin sono i risvolti e le conseguenze della rivoluzione industriale scandita da ritmi sempre uguali, dal continuo produrre sempre lo stesso pezzo in modo automatico e senza avere il tempo necessario per riposare e distaccarsi dal lavoro.
Tempi moderni è la trasposizione cruda di ciò che stiamo vivendo: esseri umani che hanno diritti civili legati al lavoro ma che sono stati privati completamente della libertà sociale, privata e interpersonale. Le domande che potrebbero scaturire dopo la visione del film potrebbero essere svariate. una di queste potrebbe essere: “A cosa ci porta la globalizzazione? Che senso ha il solo diritto al lavoro se non possiamo essere altro se non la maschera sociale e lavorativa che stiamo indossando da più di un anno?
Abbiamo abbinato a Tempi moderni un Dirty Martini (Martini sporco) perché il classico Martini viene sporcato dalla salamoia delle olive. In questo modo si ottiene a livello organolettico un sapore sapido, salmastro ma molto gradevole. L’aggiunta della salamoia, per assurdo, rende la bevuta fruibile ad un maggior numero di persone, senza togliere la forza intrinseca del drink.
La scelta del Dirty Martino è stata fatta per evidenziare quanto Charlie Chaplin sia riuscito ad alleggerire una disastrosa condizione socio-politica, rendendola meno asfissiante con la sua comicità e la sua grande bravura interpretativa.
5. Per Il posto delle fragole di Ingmar Bergman un Last Word
Il posto delle fragole (1957) di Ingmar Bergman è un road movie esistenziale in cui i sogni-incubi rappresentano una sorta di agnizione per ciò che il gap esistenziale del protagonista. Ciò che permea il film è il cambiamento dettato dalle stagioni della vita e quindi dallo scorrere del tempo che ci appartiene anche a livello biologico in cui un uomo riesce a intaccare la maschera della sua indifferenza poco prima di morire.
Il sogno premonitore dell’orologio fermo e della bara che esce dal carro funebre rappresentano due scene cult del film.
Il posto delle fragole riesce a descrivere il dramma dell’insofferenza emotiva di vivere, scontrandosi ad una certa età con ciò che siamo stati e con le scelte fatte, che non sono altro che una summa di ciò che, storto morto, abbiamo deciso di essere.
Abbiamo abbinato a questo film internazionale un Last Word perché d’impatto lascia senza parole per la sua struttura composta da: gin, Maraschino e Chartreuse verde e lime. È un Sour molto personale e particolare che è l’equivalente del modo di girare di Ingmar Bergman. Questo cocktail non si sceglie per tedio o indecisione così come non si decide con leggerezza di optare per la cinematografia del regista svedese.
Ecco la nostra scelta di 5 drink per cinque film internazionali.
Alla prossima!
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Giornate Rurali di Cinema: storie e visioni di terra
Martedì 27 dicembre si svolgerà a Ginestra Degli Schiavoni l’ultimo appuntamento con le Giornate del Cinema Rurale, l’evento chiude un cartellone di incontri, confronti, workshop, proiezioni, degustazioni nell’entroterra sannita. Dopo i primi due appuntamenti e nonostante il maltempo che ci ha costretto alcuni spostamenti possiamo dirci soddisfatti del lavoro svolto, sia per la partecipazione, sia per gli apprezzamenti verso il connubio proposto tra cinema e ruralità.
Così Umberto Rinaldi saluta questa edizione del cartellone e sottolinea che:
Gli incontri con il pubblico (proiezioni e cene a tema) sono serviti per focalizzare come il cinema italiano ed internazionale ha trattato le tematiche legate all’agricoltura e all’alimentazione. Con grande meraviglia dei partecipanti, attraverso diversi film della storia del cinema, è stato possibile disegnare una narrazione della società e degli sviluppi umani, attraverso il cibo e la campagna. I workshop invece, hanno dato la consapevolezza ai presenti, in stragrande maggioranza giovani o giovanissimi, che il territorio del Sannio ha tante storie da raccontare, con un grande potenziale cinematografico e narrativo. Inoltre, grazie ai suggerimenti degli esperti intervenuti e alla loro guida, a tale consapevolezza è stato possibile aggiungere anche un piccolo bagaglio di conoscenze tecniche per narrare il tutto attraverso le immagini.
L’appuntamento finale del 27 dicembre, riproporrà la formula del workshop, ma soprattutto sarà un momento di riflessione sul cinema rurale e di condivisione dei risultati dei workshop attraverso la visione dei documentari in essi realizzati. Un laboratorio di pasta artigianale che culminerà in una riflessione su Cinema e agroalimentare che vedrà la proiezione del breve documentario realizzato dai partecipanti ai due workshop svolti presso Tenuta Caretti e Torre a Oriente. Gli ospiti della serata, che daranno il loro contributo al dibattito e all’evento e proietteranno uno dei loro lavori sono Alfonso e Damiano Pontillo, ideatori del progetto di serialità web “Growy – Back to nature“, un canale che raccoglie video-storie di persone che hanno scelto di lasciare città per tornare a ritmi e ambienti compatibili con la natura. Sarà presente Maria Elena Napodano, esperta di agroalimentare, sommelier e attiva nelle attività associative di settore. La manifestazione si svolgerà nei locali dell’Ex Asilo di Ginestra degli Schiavoni, ci sarà la mostra pittorica dell’artista di San Marco dei Cavoti, Luigi Fuschetto, che proporrà un percorso di visioni tratto dalla sua mostra Entroterra, spaccati su tela di vita rurale e di paese. La serata proseguirà poi alle 21 alla Tenuta Caretti per l’apericinema, cena con proiezioni a tema sull’agroalimentare.
Giornate di Cinema Rurale vuole essere una riflessione su quanto il mondo rurale è stato in grado di dare alla settima arte, ma si propone anche come laboratorio e fucina di un rapporto rinnovato, consapevole che vede in quello delle immagini il linguaggio più adatto per raccontare un universo fatto di bellezza, passioni e armonia. Oggi più che mai la campagna e il cibo sembrano avere tanti volti e tante storie da mostrare e da raccontare, cose che, messe in relazione con le nuove potenzialità che offre il cinema digitale, possono diventare un nuovo filone di narrazione fondato sul reale. Se le strade e le vie di comunicazione in queste zone sono carenti, le immagini riescono a proporsi come una forma di comunicazione efficace e immediata, in grado di riportare le aree marginali al centro del dibattito. Cinema e ruralità sono un binomio che viene da lontano, tanti sono stati i capolavori che hanno raccontato il mondo rurale e tante sono state le opere filmiche che al loro interno ci hanno mostrato i protagonisti alle prese con il cibo. In alcune opere il cibo è stato specchio delle differenze di classe, sogno irrealizzabile per parti della popolazione, in altre esso ha rappresentato momenti di divertimento, di intimità o di realizzazione individuale. Capolavori come Novecento di Bernardo Bertolucci o L’albero degli zoccoli di ErmannoOlmi invece, ci hanno raccontato cambiamenti epocali della società visti dalla terra o grandi momenti storici di trasformazione nati proprio dal lavoro nei campi, sia in Italia che all’estero (ad esempio Furore di John Ford).
Giornate di Cinema Rurale si è reso possibile grazie all’Associazione di Cultura Cinematografica PERSONA, al supporto di Film Commission Regione Campania e Comune di Ginestra degli Schiavoni e Pro Loco e Forum dei Giovani di San Giorgio la Molara.
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