Il 13 gennaio Eramo Nubi torna in radio e sulle piattaforme digitali con “Icaro”, singolo che segna l’avvio di un suo nuovo ciclo artistico, evolvendo da sonorità urban a nuove immagini di estrazione jazz e a suggestioni provenienti dalla black music. “Icaro”, brano dall’impronta intensa e sensuale, è stato prodotto dalla label indipendente MIND e sarà distribuito da ADA Music Italy.
L’artista siciliano matura quindi una nuova cifra stilistica, imboccando la strada dell’hip hop contromano e arricchendo i colori del proprio sound con una penna particolarmente affine al cantautorato. Il risultato è un brano dal forte groove, capace di creare delle immagini accattivanti e di permettere all’ascoltatore di riconoscersi nel mito di Icaro e Dedalo.
Racconta Eramo Nubi:
Icaro è lo specchio della condizione umana contemporanea, privata ed universale perciò ho cercato di costruirgli intorno un labirinto di versi in grado di dilatarsi e contrarsi. Il testo è scandito da un ritmo serrato, che analizza la dinamica di sofferenza e liberazione che unisce padre e figlio. La scelta della cassa dritta, invece, è una metafora dell’unica mossa possibile per i due protagonisti, che vedo come moderni pedoni degli scacchi, con un passo a disposizione alla volta.
Eramo Nubi: biografia
Gaetano Vicari, in arte Eramo Nubi, nasce ad Enna nel 1991. Respira musica fin da bambino, studiando pianoforte e, parallelamente, cominciando ad approcciarsi alla scrittura e alla composizione. A 13 anni si avvicina all’hip hop, affascinato dalla libertà d’espressione del genere e dal suo essere al di fuori dei canoni.
Dopo aver collaborato con la scena urban siciliana e belga, nel 2019 entra nei Jack In The Box, esplorando la possibilità di fondere i colori del jazz, del blues e del funk con versi mutuati dal rap. Nel 2021 pubblica il suo primo album da solista, “Dherma”, mentre l’anno seguente entra a far parte del roster dell’etichetta indipendente MIND, con la quale sta lavorando al suo prossimo Ep.
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Se resto è perché:
il documentario su chi ha scelto l’IrpiniaSe resto è perché è il titolo del documentario partecipato, diretto da Umberto Rinaldi, che mostra senza preamboli chi ha scelto consapevolmente e per amore di vivere in Irpinia. Il corto è stato presentato durante il festival Corto e a capo, svoltosi a Venticano. A qualcuno sembrerà pura follia pensare di scegliere consapevolmente di restare in Irpinia, i protagonisti della pellicola, invece, attraverso le loro esperienze di vita riusciranno a far vedere l’altra faccia del nostro territorio.
Per molti l’Irpinia rappresenta il luogo d’origine in cui si ritorna per l’estate, per le vacanze e per salutare i propri cari perché in queste “lande sperdute” non c’è posto per poter lavorare. Questi luoghi vengono visti come terre desolate, in cui il tempo sembra essersi fermato.
Molti hanno abbracciato la frenesia del lavoro metropolitano, guardando questa terra e chi ha deciso di restarci con derisione. C’è qualcuno che ha speculato su questo aspetto, tanto da scriverci libri o creando pagine in cui compaiono odi alla tristezza e al culto della birra Peroni. L’Irpinia non è solo questo e Se resto è perché ce lo mostra in tutta la sua semplicità.
Protagonisti del cortometraggio sono persone che hanno scelto d’investire nella terra che li ha messi al mondo, ciascuno ha intrapreso una strada differente per realizzarsi. Ognuno dei protagonisti ha un bagaglio culturale e di esperienze diverso ma tutti hanno abbracciato la stessa causa: sono riusciti a guardare oltre, conquistando il proprio spazio.
Sono storie che, ovviamente, non sono prive di difficoltà ma sono la dimostrazione che decidere di restare non è sempre sinonimo di resa e sconfitta personale. Attraverso queste scelte si abbraccia la croce e la delizia di un territorio che appare come aspro e burbero e che, in realtà, è un autentico portatore di semplicità e di ricchezza. Non vi aspettate storie dallo stile commedia americana perché i problemi ci sono e non riguardano solo il territorio ma anche le dinamiche sociali con cui ci si scontra quotidianamente: la chiusura sociale, l’incuria generale e i disservizi. Non è tutto rose e fiori ma questo non vuol dire che non sia possibile guardare i problemi da un’altra angolazione, trovando una soluzione costruttiva.
Se resto è perché: le storie dei protagonisti
Le voci di Se resto è perché sono svariate ed appartengono a diversi settori lavorativi e culturali. A raccontare le proprie esperienze di vita ci sono giovani e meno giovani, che sono partiti con la voglia di oltrepassare i confini della propria terra ma sono tornati perché ciò che hanno visto era meno dorato e appetitoso, rispetto alla propria immaginazione. Ci sono le storie di persone che hanno appreso i mestieri artigianali di un tempo, hanno costruito una carriera e, attraverso questa riscoperta lavorativa, riescono ad oltrepassare i confini italiani per diffondere la propria cultura. Sono storie particolari, se vogliamo romantiche ma soprattutto di resistenza.
La prima storia che vi raccontiamo è quella di Michela Mancusi, fondatrice e presidente di Zia Lidia Social Club che ha compiuto 16 anni.
Michela ha deciso di restare perché ha creduto in questo progetto culturale, che le ha permesso di volta in volta di conoscere e potersi confrontare con persone diverse, unite dalla passione per la cultura e dalla voglia di condividerla. Lo Zia Lidia Social Club nasce nell’appartamento di Lidia, un’anziana nonché prozia di Michela, che attraverso questo gesto di ospitalità e di aggregazione fa sparire il confine tra spazio pubblico e privato. Questo gesto semplice e generoso consente un’unione generazionale e culturale in cui non esistono differenze o spazi delimitati.
La seconda storia è quella di Gaetano Branca di Carife, maestro artigiano dell’argilla, che ha deciso di restare perché della sua generazione non c’è più nessuno. Gaetano impara l’arte di plasmare l’argilla da Raffaele Clemente, che gli ha tramandato i segreti della sua professione. L’insegnante non voleva che Gaetano ne facesse un mestiere perché doveva studiare e diventare un professionista. Gli anziani, spesso, sperano in un riscatto sociale attraverso i giovani, li vogliono vedere laureati, affermati ed in carriera dietro scrivanie. Questo modo di pensare è controproducente perché parte della nostra cultura e delle nostre radici muore lentamente nella dimenticanza. Gaetano ha disatteso le parole del suo insegnante, dimostrandogli come anche senza una laurea ci si può affermare e girare il mondo, vivendo in Irpinia.
La terza storia è quella di Vito Pagnotta che ha deciso di restare in Irpinia perché questa è casa sua ed ha fondato l’azienda agricola Serrocroce, producendo birre irpine. Le loro birre sono fortemente legate all’Irpinia, le materie prime che vengono lavorate appartengono allo stesso territorio dell’azienda. Vito dopo la laurea ed il master parte con la valigia di cartone e si ferma in Belgio dove ha imparato i segreti della birrificazione e li ha trasferiti a Monteverde, in Irpinia. Le birre Serrocroce hanno un legame territoriale indissolubile perché l’azienda non è solo prodotto ma esiste in quanto ragnatela di rapporti umani.
La quarta storia è quella di Francesco Savoia che ha deciso di restare perché, il suo, è un bisogno che sente dentro. Francesco ha deciso di continuare la tradizione casearia dei propri genitori e di non far morire l’Antica Fattoria Savoia. La sua scelta di diventare allevatore inizialmente non è stata approvata dai suoi genitori, che speravano per i propri figli (Francesco e la sorella) un futuro diverso, una vita fatta di meno sacrifici e meno impegni. L’azienda è partita con poche risorse economiche ma con la voglia di farcela. La conoscenza della tradizione familiare, unita all’innovazione e alla voglia di crescere, ha portato l’Antica Fattoria Savoia a migliorarsi, creando prodotti diversi e compatibili con il competitivo mercato moderno. Tra i cavalli di battaglia vi è lattica, un formaggio spalmabile, che per la sua genuinità e sapore permette all’azienda di entrare in ristoranti stellati.
A completare le storie di Se resto è perché ci sono: Carmine Ioanna e Alberico Iannaccone. Carmine è un musicista noto nonché organizzatore di Accordion Day, un festival che si svolge in Irpinia. Quest’idea nasce con la voglia di unificare più persone attraverso la musica, cercando di allargare gli orizzonti ed i contatti attraverso l’arte.
Alberico Iannaccone, invece, ad un certo punto si è trovato di fronte ad un bivio: se cercare lavoro altrove o creare un’attività che gli permettesse tutte le mattine di svegliarsi e poter guardare le montagne della sua terra. La decisione è stata quella di fondare la cooperativa Il Sorriso, che continua ad esistere, nonostante le numerose difficoltà avute nel tempo.
La pellicola è accompagnata dal brano L’Ignoto ideale degli Ordita Trama, band irpina, che per la scrittura del testo si è ispirata A se mi tornassi questa sera accanto, romanzo, di Carmen Pellegrino.
Se resto è perché vi farà vedere con occhi diversi una terra che, nonostante tutte le problematiche che ha e le appartengono da sempre, è un luogo che nella sua apparente staticità è in fermento.
Chi ha deciso di restare o tornare lo ha fatto con uno scopo ben preciso: ha riconosciuto il valore delle proprie radici ed ha deciso di rendergli onore attraverso l’innovazione e la creatività. Le storie che mostra il documentario devono servire per aggregare altre menti e cercare di migliorare un luogo che ha ancora tanto da dare.
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Parco del Partenio, Comune e Pro Loco di Mercogliano in campo per una Candelora eco-friendly
Rispetto dei diritti universale.
Quest’anno una Candelora “amica dell’ambiente”, per ricordare quanto sia importante anche la tutela della natura che ci circonda. Parco regionale del Partenio, Comune e Pro Loco di Mercogliano fanno rete per l’ennesima volta e scendono in campo per un 2 febbraio eco-friendly.
Mercoledì, in coincidenza con il flusso di pellegrini che salirà con la Funicolare (aperta per l’occasione dalle 8 alle 15) a Montevergine per rendere omaggio alla Madonna, volontari del Parco e della Pro Loco distribuiranno, fin dalla mattina nel piazzale antistante la Funicolare stessa, materiale informativo per ricordare, con uno slogan originale e incisivo, che quella 2022 è una “Cande’ cor”, ovvero che i “diritti civili, diritti umani, diritti della natura ci stanno a cuore”.
Diritti di tutti che devono stare a cuore di tutti. Il volantino, dunque, metterà in evidenza che i rifiuti vanno smaltiti negli appositi contenitori e che non bisogna lasciare incustoditi nell’ambiente mascherine, guanti e contenitori vuoti di disinfettante.
Sottolinea il presidente del Parco del Partenio Franco Iovino:
Insomma non deve accadere quello che, purtroppo, capita spesso. Non tolleriamo che Montevergine venga deturpata, non vogliamo più ammettere inciviltà e mancanza di rispetto nei confronti dell’ambiente. Ovviamente è un discorso generale che non riguarda solo la Candelora. Ma noi vogliamo partire con questa campagna proprio nel giorno del rispetto dei diritti di tutti. Venga rispettato, dunque, anche il diritto della montagna a sopravvivere. Ringrazio per la fattiva collaborazione il sindaco di Mercogliano Vittorio D’Alessio, l’amministrazione comunale, la Pro Loco tutta presieduta da Stefania Porraro. Sono certo che continueremo a collaborare, perché la tutela delle nostre montagne ci sta particolarmente a cuore, giusto per restare in tema.
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Duel n. 35 – David & Golia di Riccardo Gaffuri ispirata a Falcone e Borsellino
L’artista poliedrico Riccardo Gaffuri, alias @rigaff1, autore dei già conosciuti “Duels” (duelli) sparsi qua e là per Milano, torna con un’opera ricca di valore sociale in un punto estremamente emblematico della città.
Esattamente alle spalle del Palazzo di Giustizia che si affaccia su C.so di Porta Vittoria, è comparso un nuovo “duello” dedicato proprio a quel senso si legalità ed eguaglianza che questo palazzo dovrebbe custodire e proteggere.
Posizionata sul muro d’angolo tra Via Pace e Via Barnaba, quasi a sorvegliare l’illustre palazzo, si staglia una nuova opera dal titolo “Duel n. 35 – David & Golia” nella quale le riconoscibilissime figure di Falcone e Borsellino, nonostante mimetizzate da abiti e pose non usuali, si mostrano a noi in tutta la loro forza ma anche leggerezza ed ironia.
Il duello, come racconta proprio Riccardo Gaffuri, vuole essere in primis un omaggio alle figure eroiche di Falcone e Borsellino, due uomini che credendo nei valori di giustizia ed eguaglianza, sono arrivati a sacrificare la loro vita proprio per la continuità di questi valori; l’opera è anche una rilettura in chiave contemporanea dei concetti descritti pocanzi, una sorta di “macchina del tempo” che ha riportato questi due uomini in mezzo a noi, dandogli nuove vesti, attuali e giovani.
Due sfrontati street artists che non temono la resistenza del male, non si piegano al sistema ormai corrotto e pervasivo, al contrario con le loro armi fatte di colore ed arte disegnano un grandissimo NO !
Come David, strumento di Dio, sconfisse la malvagità del gigante Golia, allo stesso modo Falcone e Borsellino con il loro sacrificio innescarono un meccanismo di rivolta verso la monumentalità della mafia.
Anche se oggi esistono nuovi meccanismi, nuove leve, nuove fronde d’illegalità e sopraffazione il senso di coraggio e rispetto per la legge di questi due straordinari servitori dello stato rimarrà per sempre ad esempio.
Bisogna precisare che Riccardo non è nuovo ad interventi di sticky art con tematiche sociali quali la lotta alla mafia, infatti sia a Milano che a Catania, come una sorta di ponte ideologico e culturale tra i due capi della penisola, è presente l’opera dal titolo “Duel n. 31 – Courage & Cowardice”, dedicata al Magistrato Giovanni Falcone ed al ricordo della strage di Capaci.
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