Oh No! è il disco d’esordio di Leyla El Abiri. Ricchi di immagini poetiche, i testi descrivono lo stupore, la malinconia, l’angoscia, la serenità e la noia che si prova quando ci si sveglia quasi adulti.
Nascono da una raccolta di pensieri e poesie scritti da Leyla in adolescenza che successivamente ha deciso di trasformare in canzoni.
Il disco è composto da 6 brani caratterizzati da atmosfere molto diverse fra loro: dal sound anni ‘60 di “Bigiotteria“, dove il mellotron e le spazzole la fanno da padroni, passando per i temi orientali e le percussioni granitiche di “Fuoco e fiamme” fino ad arrivare alle sonorità elettroniche di “Coltelli“.
Racconta Leyla:
Oh No! è una raccolta di brani che sono stati scritti tra i 17 e 19 anni e descrivono la solitudine di chi si sente sempre nel posto sbagliato, sia tra le mura della propria stanza che in un posto affollato. I testi sono ricchi di immagini poetiche che esaltano il contrasto tra la dolcezza e innocenza dell’adolescenza e l’angoscia di un’insoddisfazione cronica.
Il titolo dell’EP è un’esclamazione che riassume lo stupore dello svegliarsi grandi, con tutte le responsabilità e ansie che ne derivano, senza esserlo davvero. È la ricerca di un “luogo sicuro” all’interno della propria testa ma anche la paura di non trovarlo mai.
Leyla El Abiri: chi è?
Leyla El Abiri, classe 1999, è nata a Genova.
Nel 2018 pubblica il suo primo singolo “Caffè” e dà il via al suo progetto. Partecipa al Rock Contest Controradio 2019 e arriva tra i 6 finalisti su oltre 600 partecipanti.
Si esibisce al GoaBoa Festival 2019 e nel 2020 come opening act per Calcutta, Mecna, Giovanni
Truppi e Motta.
Nel 2021 pubblica i singoli “Bigiotteria” e “Fuoco e fiamme”, due brani presenti nel disco di esordio di Leyla (prod. Fulvio Masini presso Unbox Studio).
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Sciarada di Orlando Del Don e Annalina Molteni
È disponibile in libreria e negli store digitali “Sciarada” (Morellini), scritto a quattro mani dall’affermato medico e psichiatra Orlando Del Don e da Annalina Molteni, già autrice di romanzi ispirati al Risorgimento e alla Mitteleuropa di fine Ottocento. È un viaggio fisico, e soprattutto psicologico, pieno di suspence, in un turbine di colpi di scena e misteri che non lascia mai prendere fiato al lettore.
Come in un gioco di scatole cinesi il protagonista sarà, infatti, invischiato in un dialogo a distanza con interlocutori che fanno fatica a svelarsi, ma che in realtà gli si riveleranno molto vicini.
Sfondo della vicenda buona parte dell’Europa, ma si va anche oltre continente quando un importante diario viene sottratto al protagonista da parte di un’agenzia federale americana all’interno del progetto MK-ultra, “interessata allo studio e al controllo delle potenzialità dell’anima umana”.
Dalla piovosa e umida Irlanda, fino alla Svizzera italiana, passando per Boston e l’Italia, diversi sono quindi i paesaggi che Oliver McQueen, il tormentato protagonista della vicenda, dovrà attraversare per sciogliere l’intrigo che lo vede coinvolto, tra lettere e una tensione crescente.
Come una falena attirata dalla luce, McQueen non troverà così pace fino a quando non avrà dissipato ogni ombra intorno al suo misterioso coinvolgimento.
Il rischio però è quello di rimanerne troppo coinvolto e riaprire ferite e vicende del proprio passato che lo stimato psichiatra pensava ormai di avere superato ed essersi messo da parte.
Si aggiunge al catalogo della narrativa Morellini, quindi, un thriller psicologico che, alla perizia da specialista con cui ci si addentra nelle cavità della mente umana, associa la capacità di sostenere ritmo narrativo e cambi di paesaggi.
Sciarada: trama
Oliver McQueen è un solitario, introverso e geniale psichiatra irlandese. Un giorno riceve una busta sospetta da un mittente sconosciuto che propone un inquietante enigma al quale egli non vuole né può sottrarsi: una diagnosi a distanza. La sua vita non sarà più quella di prima: la soluzione dell’enigma incontrerà il riaffiorare del suo doloroso passato e gli imporrà di affrontare il suo destino.
In questa sfida, un’inesorabile “fuga in avanti” che attraversa l’Europa – dalla Svizzera, all’Italia fino all’Irlanda – egli rischia tutto, la sua esistenza, i pochi rapporti personali rimasti, l’equilibrio mentale, la trama della sua stessa identità. Ma come una falena che avvicina la luce che la ucciderà, la sua attrazione magnetica per il potere creativo della mente e della follia porterà al dipanarsi di realtà e verità indicibili.
Orlando Del Don: biografia
Classe ’56, il dr. Del Don è un affermato medico psichiatra e psicanalista che vive e lavora a Bellinzona, nella Svizzera italiana. Autore di Ascensore dall’inferno (2018), Un nuovo inizio ci aspetta (2019) e Nel regno dei sogni e della follia (2019), il suo nome appare anche in altre pubblicazioni saggistiche per le quali ha collaborato. I grandi temi che ruotano attorno al mondo della psiche umana lo appassionano da sempre, spingendolo a addentrarsi sempre audacemente nei meandri della mente.
Annalina Molteni: biografia
Da La stagione del gufo dorato (Ed. Paoline) a Concerto a Fes (Ed. Flamingo) e L’ombra dei walser, Annalina Molteni è autrice di romanzi ispirati alla natura (Il guado della maltinta, Il palio del labirinto, Falsa staffa, Una volta c’era un cavallo, Hotel brughiera) e alla storia del Risorgimento italiano e della Mitteleuropa fine 800 (Domani sarà battaglia, Due donne una bandiera, Il walser dell’imperatore, L’astuccio delle ambre).
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Antonio D’Alessio: il sogno kafkiano dell’Holden irpino
È possibile che in età adolescenziale potremmo iniziare ad accusare molta più coerenza, molta più personalità.
La fase delicatissima che chiude l’infanzia fa risuonare in noi volontà che spesso superano le capacità; oltretutto ciò che incredibilmente salta fuori dal nostro rimuginare è un pensiero che si discosta, innanzitutto dalla culla familiare, proprio lì dove avevamo le nostre certezze racchiuse dalle coerenze domestiche; successivamente anche dalla bolgia che incontriamo proprio oltre quell’uscio che credevamo ci appartenesse. Acquistiamo capacità di pensiero che ci allontana dai familismi, dalla globalizzazione standardizzata che caratterizza gli adulti, quegli esseri che ci circondano a capo chino, pensierosi e concentrati nelle mansioni che svolgono per inerzia, per sopravvivenza.
Succede, inoltre, che ragazzi particolarmente dotati riescano a descrivere bene quel senso di disagio che li opprime; che riescano a scrivere le condizioni che li interessano o che non li interessano affatto: in poesie,in canzoni, in frasi e in diari.
Così fu il caso di Antonio D’Alessio, poeta e musicista irpino scomparso il 9 settembre 2008 all’età di trentadue anni, undici anni fa.
La raccolta di poesie La Sede dell’Estro, Edizioni G.C.F.Guarini, fu pubblicata nel 2009 e al decimo anno di età conserva sempre il fascino immortale delle parole che caratterizzarono questo ragazzo dalla fortissima indole artistica, dalla coerenza e dalla forte personalità che risaltavano nelle sue movenze, nel porsi al prossimo e ai bisognosi, che acquistavano saggezza nel momento in cui ponevano basi nell’interesse dell’ambiente e nella conservazione e nella divulgazione delle tradizioni delle proprie origini. Figlio del poeta solofrano Vincenzo D’Alessio, Antonio era cresciuto con la passione incontrollata per tutto ciò che riguarda un pensiero filosofico; aveva sviluppato già in tenera età la voglia di esprimersi con la musica, trasmessa dal padre, riuscivano a sbalordire le sue capacità nell’esprimere concetti delicati e spesso controversi, sempre con un sorriso amorevole potenziato dalla luce dei suoi occhi chiari.
La Sede dell’Estro è una silloge che fu ritrovata e pubblicata in seguito alla scomparsa causata da un male incurabile. Un’antologia di pensiero che interessa, soprattutto, la sua fase adolescenziale, scritta quindi molto tempo prima che diventasse adulto, ma che si caratterizza nella sonante capacità di espressioni che racchiudono un’adultità che nel senso comune del termine interessa davvero poco gli individui che la stanno vivendo a pieno.
Antonio D’Alessio lo si vedeva in giro per la città con i jeans stretti e strappati ancor prima che questa discutibile moda divagasse tra coloro che non lo interessavano affatto; le sue magliette volutamente stinte e i suoi scarponi vissuti, il viso contratto e lo sguardo basso, la chitarra o il basso sempre a tracolla gli donavano un’aura da romantico ottenebrato che si addiceva davvero poco a ciò che lo circondava, che sovente lo additavano come un diverso, anziché un diversivo.
Da piccolo cercavo calore;
oggi ho capito che il fuoco
è dentro di me.
Non si tradisce Antonio D’Alessio mentre scrive, non si espelle però nemmeno dalla società, come erroneamente qualcuno potrebbe pensare. Lui della società si definiva un curatore: i suoi versi avrebbero potuto ribaltare le sensazioni astratte e distratte che impregnavano le menti altrui.
Come si diceva all’inizio, l’adolescenza può donare facoltà di pensiero che non avrebbero nulla a che fare con gli anni che saranno travolti dalle mansioni primarie (necessarie?), plastiche che oscurano anfratti molto più interessanti, dai cui pertugi fuoriuscirebbero condizioni di vita migliori.
Mi ritrovo da solo nei miei
stretti pantaloni
cercando un
mondo di gente,
diversa
(da quella che…).
La conferma che questo ragazzo stesse cercando non la solitudine, ma il conforto di chi lo avrebbe compreso, è chiara; la saggezza che si enuncia ha la capacità poetica di sensibilizzare chi, forse, potrebbe davvero soffermarsi, chiudere l’uscio dietro di sé e sostare a pensare limpide gioie nascoste dal brillante disagio. Freud sosteneva che l’incomprensione maggiore di sé stessi avviene nel momento in cui raggiungiamo livelli che poi saranno riconosciuti e premiati. Sarebbe stato possibile che Antonio D’Alessio, se avesse avuto più sostegno dai lettori, avrebbe potuto alimentare la sua misura di gelo tra sé e il resto del mondo che non gli apparteneva?
Raggiungeremo
l’universo stellato
questa sera
tramite quel letto
color denaro,
e incideremo
il nome dell’uomo
sulle terre conquistate
da noi viaggiatori.
Il senso di libertà che si potrebbe enunciare dal trotterellare svelto di un piccolo randagio, trarrebbe in inganno, perché un animaletto solo e sporco che attraversa una strada solcata dalle suole traslucide indifferenti, in realtà, emarginato dal branco per il suo essere, viaggia nella pazzia che lo rende sempre più fragile, farebbe immaginare quel romanzo di Bulgakov intriso di incoerenza umana e coerenza animale, istintiva.
Il sogno kafkiano che caratterizza Antonio D’Alessio lo smuove dalla sua sensazione adolescenziale di sentirsi come Gregor Samsa, un mostro che non si smuove dalla sua stanza ( la sua indole) per la paura del confronto, per non essere ammazzato. O, al contrario, come quando nel racconto Di Notte, lo stesso autore praghese è circondato da persone dormienti, ma lui resta vigile e attento alle conseguenze del placido sonno che interessa gli altri.
Difatti:
Chi vuol raggiungere
quella porta laggiù, con me
raggiunga me in un altro pianeta,
lo raggiungerà
tramite
l’esercito della confusione,
raggiungeremo quella porta
e l’apriremo con la mente
che porterà nell’Infinito
Sapere.
Musicista nella band progressive Notturno Concertante, Antonio D’Alessio sul basso esprimeva bravura, studio e libertà di espressione allo stesso tempo; era uno di quegli artisti che non fanno pesare il ruolo che sarebbero riusciti a raggiungere se avessero avuto più convinzione e orgoglio.
La cura per la precisione stilistica, in combutta con la distratta cura del suo vestiario, proveniva dal background domestico; l’ascolto del magnifico prog italiano anni Settanta, l’amore per Le Orme.
Infatti c’è quella canzone della band di Tagliapietra, Amico di ieri, che sembra abbia gettato le basi per l’ascolto che Antonio poneva verso il vento, fenomeno non solo naturale, ma unione continuativa tra glorie del passato, presente e incertezza del futuro, così come similmente Da Vinci sosteneva col flusso dell’acqua nel letto di un fiume. Dal vento non ci si ripara, esso è un amico e un conoscente che trasporta i pensieri e li offre lungo la strada, e occorre comprendere la sua rabbia:
Quando è incazzato fa rumore e disastri
ma sa essere dolce e calmo
il vento
soffre e gioisce con l’uomo
e le sue situazioni
il vento è vivo
vive anche lui le sue situazioni disastrate ma…
s’incazza.
(…)
perché i suoi problemi sono
i problemi dell’uomo.
Un Giovane Holden irpino, Antonio D’Alessio in questa raccolta di poesie.
Come il protagonista del romanzo più importante di Salinger, egli si aggrappa alla speranza adolescenziale, ancora quasi infantile, di poter salvaguardare il pensiero coerente ma delicato racchiuso in una corazza che lo tenga protetto dai colpi inferti dalla società classista, dove l’individualismo prende piede, e dove la coesione di pensiero si fa viva soltanto lì dove sono gli interessi. Antonio dà senso al suo disagio e alla sua rabbia e ne fa tesoro ragionato da inoltrare probabilmente solo a se stesso, senza pretese, ma con la potenzialità d’espressione da lasciare viva ai posteri la sua memoria.
Per volere del padre Vincenzo, della madre Annamaria e dei fratelli Nicolino e Peppe, i proventi della vendita de La Sede dell’Estro furono devoluti per la ricerca al Centro Ricerca Tumori di Avellino, e la volontà di Antonio, attraverso i suoi cari e anche in sua assenza, divenne ancora una volta espressione di solidarietà e vicinanza nei confronti dei bisognosi.
Ancora una volta la parola vinse.
Carmine Maffei
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Revman, il poliziotto rapper, torna con A Rozzano legalità
“La mafia uccide, il silenzio pure” (Peppino Impastato) è senza dubbio una delle frasi più iconiche alla lotta contro la criminalità organizzata, un motto a cui il rapper poliziotto palermitano di stanza a Milano Revman continua a dedicare la sua vita, tra Forze dell’Ordine e Musica. Colpire la mafia è difficile, ma ogni qualvolta se ne parla, diffondendo i valori della legalità, si fa sempre centro.
Revman, il poliziotto rapper lo fa ancora, e dopo aver conquistato pubblico e critica per le sue battaglie alla civiltà ed il suo costante impegno nel tradurre in barre concetti quali l’amore incondizionato oltre le barriere geografiche, culturali e di genere parlando la lingua dei giovani, torna nei digital store con “A Rozzano legalità”, brano scritto e inciso con gli alunni delle classi quinte dell’Istituto Elisa Barozzi Beltrami della periferia meneghina.
Nato dal LABORATORIO RAP organizzato con la Onlus FARE X BENE, che si occupa di promuovere la cultura della legalità e dei diritti alla cittadinanza alle nuove generazioni mediante percorsi e progetti di prevenzione e lotta ad ogni forma di discriminazione e violenza di genere e tra pari, come bullismo e cyberbullismo, l’artista ha seguito in prima persona una fase di formazione e sensibilizzazione, trasformando con assoluta delicatezza un momento ludico e creativo in un’opportunità per gli uomini e le donne di domani di riflettere sulla legalità, il bullismo e il cyberbullismo, attraverso la potenza comunicativa e l’immediatezza del rap.
La Dottoressa in Psicologia Marta Mereghetti, che ha affiancato Revman durante il laboratorio, ha dichiarato:
Siamo rimasti piacevolmente colpiti dall’entusiasmo dimostrato dai ragazzi nel poter partecipare attivamente alla realizzazione di un intero brano musicale. Stimolarli ad un pensiero critico in questa fascia d’età, permette loro di poter allenare la propria mente ad una rielaborazione continua e costante di realtà spesso già date per assodate, ma ancora malleabili ad innumerevoli traguardi alternativi.
Attraverso una serie di incontri settimanali, orientati all’apprendimento del valore della legalità in un’ottica di condivisione e libertà d’espressione senza giudizio, ragazzi e ragazze delle classi quinte si sono avvicinati ad una sensibilizzazione pratico-formativa sulla violenza tra pari, a partire da un’attività laboratoriale finalizzata alla creazione di un vero e proprio brano musicale prodotto ed inciso dagli stessi studenti, che sono stati coinvolti in ogni fase realizzativa del progetto, dalla stesura al prodotto finito.
Il primo ciclo di incontri si è focalizzato sulle nozioni teoriche della musica e del liricismo rap, conducendo le classi a riflettere sui messaggi e sul lessico utilizzato e, soprattutto, sulla grande responsabilità che può e dovrebbe avere un artista nell’essere o meno un modello imitativo per ascoltatori e pari.
Nel secondo incontro, sono state trasmesse agli studenti importanti nozioni sulla creazione delle barre musicali in rima per la stesura di un brano in metrica e, nel terzo ed ultimo appuntamento, grazie alla strumentazione fornita alla scuola dallo stesso Revman, il rapper e gli studenti hanno inciso il ritornello del pezzo, evidenziando quanto il rap possa rappresentare un importante veicolo comunicativo a sostegno di legalità e benessere collettivo.
L’unione dei contenuti informativi, psicologici e musicali, sorretti dalla presenza dell’artista-agente, ha consentito un naturale avvicinamento di realtà apparentemente distanti, mettendo in luce quanto ciò che spesso etichettiamo agli antipodi, possa dar origine a nuovi orizzonti innovativi e ben coesi tra loro.
Il riscontro degli studenti è stato positivo oltre le aspettative previste dagli stessi esperti: un buon clima di lavoro ha infatti permesso l’esplorazione autentica del pensiero e delle emozioni di ogni singolo alunno, al fine di sperimentare una dimensione ludico-educativa collettiva ben riuscita e strutturata nel suo insieme. Sono gli stessi studenti ad aver colto l’intero senso del progetto, confermando la possibilità di poter far musica trasmettendo messaggi positivi e corretti ed utilizzando un lessico adeguato auspicando ad una diffusione di nuova e rinnovata consapevolezza, partendo proprio dallo stesso tessuto sociale periferico che ogni giorno chiede loro una dura prova di realtà.
Inoltre, il prossimo 7 Febbraio, in occasione della Giornata Internazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo, l’artista e gli oltre 200 alunni dell’Istituto Comprensivo Elisa Barozzi Beltrami, accompagnati dai loro insegnanti, presenzieranno all’evento di rendicontazione del progetto presso la Sala Consiliare del Comune di Rozzano a partire dalle ore 09.30 e, con il patrocinio del Comune di Rozzano e la partecipazione del sindaco Giovanni Ferretti de Luca, della presidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili del Comune di Milano e Politiche Sociali Città Metropolitana Milano Diana de Marchi e della presidente dell’associazione FARE X BENE Onlus Giusy Laganà, presenteranno il brano dal vivo, avvalorando l’accezione di unione e cooperazione che ha corroborato tutto il LABORATORIO RAP.
Con una carriera professionale iniziata proprio nei bordi della città ambrosiana, che gli ha consentito di venire immediatamente in contatto con le problematiche dell’hinterland, Revman pone al centro della sua missione il ritorno nelle periferie, questa volta, utilizzando uno strumento diverso e vicinissimo ai giovani, il rap, dimostrando così che la musica può essere la miglior arma per colpire e prevenire criminalità e discriminazione.
Con “A Rozzano legalità”, accompagnato dal videoclip ufficiale girato e diretto in collaborazione con gli studenti, il cantautore in divisa trasforma ancora una volta la percezione di uno stile musicale ancora troppo spesso equiparato all’illegalità, sottraendolo alla sottocultura criminale che lo utilizza a proprio appannaggio esclusivo, rispondendo con fermezza e positività ai colleghi che incitano sempre di più i ragazzi a combattere contro le istituzioni e le divise, riconfermando la sua urgenza espressiva in una battaglia culturale prima ancora che musicale.
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