Oggi spesso si sente parlare di Costituzione ferita soprattutto quando si sminuisce, o si vorrebbe farlo, il senso intrinseco della celebrazione del 25 aprile. Cerchiamo di comprendere perché non si può archiviare e lasciare nel dimenticatoio la Resistenza e l’antifascismo.
La nostra Costituzione esiste e si basa su princìpi, valori, ideali e interessi delle forze che le diedero la vita e che trovarono una condivisa composizione. La nostra Costituzione identifica il nostro ordinamento giuridico ed è dunque immodificabile. Una modifica della Costituzione sarebbe illegittima perché determinerebbe la rottura del sistema costituzionale perché modificando le sue fondamenta perderebbe la propria identità e i suoi prìncipi cardine.
La Corte costituzionale in varie sentenze – fondamentale è la n. 1146 del 1988 – ha confermato che:
La Costituzione italiana contiene alcuni princìpi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale. Non si tratta soltanto dei princìpi esplicitamente posti come limite alla revisione (la forma repubblicana, art. 139), ma anche di quelli, non menzionati, che appartengono all’essenza dei valori supremi su cui si fonda la Costituzione repubblicana: ad esempio la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2), la dignità della persona, il diritto di ricorrere a un giudice; i princìpi di laicità, eguaglianza, solidarietà e altri ancora, taluni già compresi nell’unico limite espresso – la forma repubblicana – sintesi di vari princìpi. Un’importante sentenza (n. 238 del 2014), chiudendo una questione discussa, ha chiarito che le stesse
consuetudini internazionali (cui l’art. 10 conferisce rango costituzionale) si arrestano di fronte al «nucleo inviolabile» che forma una barriera invalicabile al loro ingresso nell’ordinamento italiano. I valori in contrasto, in quel caso, erano la dignità della persona e il diritto alla tutela giurisdizionale.
Dunque, il testo della Carta costituzionale è intriso dello spirito che ha animato la Resistenza, riflettendone i valori che sono il risultato di diverse ideologie, caratteristica imprescindibile in democrazia.
Come diceva Norberto Bobbio, noto filosofo, giurista. politologo e storico italiano:
La nostra Costituzione è il risultato della confluenza dell’ideologia socialista e di quella cristiano-sociale con quella liberale classica che ne costituisce la base perché le forze morali preminenti erano quelle dell’antica tradizione liberale soffocata dalla dittatura e rinata nell’impulso liberatore della Resistenza europea.
È facile comprendere perché quando si rinnega il 25 aprile si parli anche di Costituzione ferita.
Perché si vuole neutralizzare la Resistenza e rimuoverla dalla coscienza e dalla memoria condivisa degli italiani attraverso una delegittimazione impropria?
Il ’68 fu uno scontro generazionale tra i padri della Resistenza e i suoi figli, che accusavano i padri di aver tradito e dimenticato i valori per i quali avevano combattuto. Si iniziò ad usare il termine Resistenza tradita nei movimenti studenteschi del tempo.
Tra i contestatori ricordiamo Gramsci che aveva una scarsa presa e il Pci veniva bollato come revisionista, a volte anche accusato di tradimento del proletario. La contestazione dei sessantottini non voleva respingere la sostanza dell’antifascismo ma voleva sottoporla a verifica per farne emergere quell’aspetto di guerra di classe, che era stato sottaciuto. In breve si crea in quegli anni una divisione netta tra chi aveva fatto la Resistenza, ottenendo una medaglia e quindi ci si poteva permettere tutto e che accusava i contestatori e i giovani, che spesso si dimostrarono ingiusti e superficiali nelle analisi.
La conseguenza fu il voler rappresentare l’antifascismo in un Paese che non era in grado di fare i conti con se stesso e di comprenderne pienamente la totalità. Una sorta mancata piena consapevolezza di ciò che era stata la stagione fascista. Ciò viene descritto e analizzato nel libro Sulla guerra civile. La Resistenza a due voci di Norberto Bobbio e Claudio Pavone (2015), all’interno del testo entrambe riflettono sulla Resistenza, una testimonianza a due voci di moralità nella ricerca. I due in diverse occasioni hanno espresso idee divergenti a riguardo. Questo testo, per chi volesse approfondirlo, include riflessioni che partono dai primi anni’60 e si chiude con la morte di Norberto Bobbio (2004).
Ritornando al discorso della Costituzione ferita si può affermare che i rovistatori della Resistenza volevano e vogliono confondere un giudizio storico e di giudizio morale. La Resistenza ha svolto un ruolo tra passato e futuro, questo non possiamo negarlo, un ruolo raro per la nostra storia.
Gli italiani sono scesi in campo per difendere i valori molto raramente. Nel ’43 nel ’45 lo hanno fatto, una parte di loro. Dunque davanti alle vecchie e alle nuove retoriche riduzioniste e demonizzanti sulla Resistenza e sul 25 aprile occorre avere un’unica consapevolezza: che la difesa della Costituzione repubblicana è la prima barricata su cui non si difende solo una legge ma lo Stato Sociale e l’insieme dei diritti dei cittadini.
Rivendicare la Resistenza antifascista è l’elemento basilare, irrinunciabile della Costituzione e dunque della nostra identità italiana.
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