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E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie: la recensione
E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie (2020) è un libro di Giuseppe Culicchia, edito da Feltrinelli Editore, che descrive la società di oggi, basata su fake news, storytelling, ovvietà di un pensiero semplicistico, che mette da parte la costruzione di un pensiero complesso.
Il libro, come si evince anche dal nome, è una sorta di dizionario che analizza alcune parole usate e abusate in tutti i contesti cui fa comodo.
Con ironia lo scrittore descrive il mondo attraverso definizioni che, oltre a dare un significato ad una parola, vengono inglobate automaticamente in un pensiero politico, solo per il semplice fatto di star utilizzando quella parola e non un’altra. In breve, oggi, utilizziamo e ci nascondiamo dietro termini politicamente corretti ma, in fondo, non siamo altro che finti integralisti e ipocriti decodificatori di una realtà, che ci viene comunicata attraverso una strumentalizzazione distorta del linguaggio.
Ad esempio, utilizziamo la parola riforma per definire le misure che, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno limitato e abolito i diritti dei lavoratori. Come si può far passare con il termine riforma l’introduzione del precariato?
Per rendervi più il concetto riporto alcuni termini presenti all’interno di E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie.
E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie: citazioni
CICCIA: Ironizzare per anni su quella di Giuliano Ferrara e di Mario Adinolfi, definendoli ciccioni. Stigmatizzare però gli odiatori del web che fanno lo stesso con Michela Murgia. I chili di troppo sono un altro degli spunti preferiti dagli odiatori dei social, che non perdono occasione per attaccare modelle e attrici e cantanti se per caso hanno messo su qualche etto dall’ultima sfilata o passerella o esibizione canora: sempre servendosi dei nick, ci mancherebbe.
Mina risolse la questione sparendo ben prima dell’avvento dei troll digitali.
Ma per tornare al principio dei due pesi e delle due misure, si staglia su tutti l’esempio impareggiabile del famoso tweet di Asia Argento, che incrociando Giorgia Meloni al ristorante la fotografò e scrisse:
“La schiena lardosa della ricca e svergognata -Make Italy great again – #fascista ritratta al pascolo.”
Vale forse la pena di ricordare che la Meloni era diventata madre da pochi mesi, ma al di là di questo sorprende che la futura (in quel momento storico) paladina del #metoo e del neofemminismo attaccasse una donna proprio a partire dal suo aspetto fisico.
Resta indimenticabile il Bianciardi che, ribellandosi al Miracolo italiano, scriveva ne La vita agra: “Scomparse le diete dimagranti e i pregiudizi estetici, le donne saranno finalmente grasse”.
Oltre a termini e singole parole, nel libro, ci sono slang, slogan e nomi di aziende che rappresentano un determinato mondo ideologico e che, se pronunciate o scritte, rappresentano inevitabilmente ed erroneamente l’identificazione del nostro interlocutore.
AIUTIAMOLI A CASA LORO: Anni fa era uno slogan della destra. Chiunque lo pronunciasse veniva subito etichettato come fascista. Poi le cose sono cambiate: a un certo punto lo ha affermato anche Matteo Renzi. quindi forse per alcuni resta uno slogan della destra. Se lo fanno concretamente i volontari delle ONG recandosi in Africa, tutto bene. Se lo propongono da destra, si tratta invece di razzismo bello e buono. Anzi: brutto e cattivo.
E ancora:
AMAZON: Sfrutta i dipendenti che devono rispettare tempistiche e turni controllati da appositi braccialetti elettronici degni del Frande Fratello, per tacere delle tempistiche cui sono soggetti i correri, e con la sua politica dei prezzi e degli sconti danneggia editori e librai indipendenti.
In veste di scrittori, dire in pubblico che i libri si comprano nelle librerie indipendenti. In privato, ma solo se costretti, ammettere: “Beh, sì, sai, anch’io a volte…”. Della multinazionale e delle sue politiche inerenti al mondo del lavvoro e ai diritti (?) dei lavoratori si è occupata di recente la Cgil del nuovo segretario Landini, ma non il Pd, che in teoria sarebbe l’erede di un partito fondato da un certo Antonio Gramsci ma ha bel altro a cui pensare.
A Torino, significativamente, l’edificio dove viveva e lavorava Gramsci è stato riattato e trasformato in un hotel di superlusso.
Qualche buon motivo per leggere il libro di Giuseppe Culicchia
Se si volesse riassumerlo brevemente, definirei l’opera di Giuseppe Culicchia come un libro dissacrante sulla società contemporanea. Lo scrittore ha trovato il modo di rendere leggero, nella lettura, un libro pesante dal punto di vista contenutistico perché scrivendo e sviluppando l’opera letteraria come fosse un dizionario, riesce a parlare in modo breve, semplice e conciso di problematiche e argomenti non proprio di facile esplicazione e poco strutturati.
Il tono di Giuseppe Culicchia è ironico, dissacrante e così banalmente vero che, un pò, si resta mortificati nel leggere la nostra inconsistenza ideologica che si traspone nel liguaggio.
Ogni parola che utilizziamo trasuda ipocrisia e, a mio avviso, questa falsità nell’antica Grecia e in filosofia la si chiamava dialettica, grande capacità oratoria. Quest’arte, nel caso dovesse essere ancora presente ma dubito, oggi, viene strumentalizzata non per ricercare la verità, come un tempo. Oggi la dialettica è uno strumento atto alla ricerca della ragione, sempre la propria e mai quella altrui.
Il punto dello scrittore non è soltanto quello di sottolineare che si può dire di tutto il suo contrario ma è la finalità e l’ipocrisia sociale e politica con cui si strumentalizza la parola. A prescindere dal fatto che la comunicazione, in fin dei conti, non è altro che uno strumento di cui ci avvaliamo per far comprendere un concetto, un intento, un desiderio o un’idea.
Le parole, come diceva Nanni Moretti in Palombella Rossa, sono importanti e possono essere pesanti come pietre.
La violenza delle parole risiede nell’ipocrisia come i termini politicamente corretti, che utilizziamo, rappresentano l’apologia della falsità dialettica. Ogni parola presente nel nostro vocabolario ha una propria etimologia che dovrebbe aiutarci a comprendere il vero significato, che ha dato origine a quel termine. Probabilmente questa materia che dovremmo approfondire o studiare nelle scuole, a prescindere, se si scelga di fare il Liceo Classico o quello Scientifico (perché ci si imbatte nello studio etimologico dei termini, studiando le lingue morte: il greco e il latino).
Conoscere il vero significato delle parole aiuta ad essere più consapevoli dell’uso dei termini che utilizziamo e ci aiuta a comprendere l’importanza del linguaggio e il rispetto che dobbiamo a questo strumento di comunicazione potente che abbiamo a nostra disposizione.
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Avellino:
live dei Massimo Volume al Teatro PartenioI Massimo Volume, storica band italiana degli anni ’90, dopo Aspettando i barbari (2013) e sei anni di attesa, incidono Il nuotatore. L’album è uscito l’1 febbraio per 42 Records.
La band inizierà il tour il 20 febbraio a Bologna, la loro città, e proseguirà a Roma, Pisa, Milano, Torino fino ad arrivare ad Avellino il 25 marzo al Teatro Partenio.
Il nuotatore, per chi già conosce i Massimo Volume, resta fedele alla linea musicale che li caratterizza da sempre. Il sound non è contaminato da elementi elettronici come lo è in Sorge (2016), progetto musicale di Emidio Clementi e Marco Caldera.
I testi de Il nuotatore raccontano di storie di vita, di viaggi intimi, d’inquietudine e di disillusione.
Il tema ricorrente nell’album è l’acqua, percepita come un elemento indomabile e fluttuante. L’acqua può avere diversi ritmi, può rappresentare un limbo di calma apparente che culla le paure e che c’inganna, assalendoci alle spalle ma, allo stesso tempo, può travolgerci con veemenza, rompendo i falsi schemi di una vita tutt’altro che ordinata. Il nuotatore rappresenta ognuno di noi, fluttuante quotidianamente tra le immagini del presente e del passato. Come individui pensanti riusciamo a definire il traguardo da raggiungere ma la nostra vita, le nostre indecisioni, le nostre paure rendono confuso, labile e talvolta amaro il punto di arrivo.
I Massimo Volume hanno la capacità di graffiare l’anima attraverso i testi, le schitarrate e le brevi pause che fungono da incisione interiore per l’ascoltatore attento.
Amica prudenza: testo
Per farvi entrare nel migliore dei modi nel mood dei Massimo Volume, vi riportiamo il testo di Amica prudenza, presente nel disco Il nuotatore.
Amica prudenza
Sorella dimessa
Tienimi lontano
Dai posti bui
E dalla luce che acceca
Amica prudenza
Avevo dodici anni
E una lunga treccia
Conoscevo la vita dei santi
Non la loro folle incoscienza
E ho imparato a naufragare
Senza perdermi nel mare
E ho scoperto che può annegare
Anche chi rinuncia a navigare
Amica prudenza
Sorella dimessa
Proteggimi dal rischio
E dalla mia bellezza
Amica prudenza
Compagna modesta
Coprimi bene le spalle
Dal freddo
La sera
E ho imparato a naufragare
Senza perdermi nel mare
E ho scoperto che si può annegare
Anche senza navigare
Il concerto dei Massimo Volume è stato organizzato dal Tilt.
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Coma di Bertrand Bonello: il trailer
Coma (2022) di Bertrand Bonello è una lettera a cuore aperto di un padre alla figlia. Un saggio sul cambiamento nell’epoca della frammentazione. Un film suggestivo, onirico, super-pop. Un sorprendente viaggio nella mente della Gen Z.
Che cosa è realmente agli adolescenti condannati all0inoperosità durante il lockdown? Coma inizia con un testo denuncia che commenta l’estinzione di ogni attività a causa del Covid. Il mondo all’improvviso si è bloccato, sospeso in limbo con il tempo scandito in un tempo sospeso, immobile e dilatato.
Anna (Louise Labeque), la protagonista del film, è un adolescente che trascorre il suo tempo, passando dal computer, allo smartphone, dal letto alla sua casa di Barbie che, all’improvviso, inizia a parlare con lei.
Ad interrompere questa routine ci sono le telefonate con le amiche su Zoom e i soliloqui di una influencer che dispensa consiglia. Anna segue Patricia Coma (Julia Faure), dalla quale acquista un misterioso dispositivo chiamato “rivelatore”, che la porterà a chiedersi quanto libero arbitrio abbia effettivamente.
In questo modo il regista cerca di entrare nella testa di un’adolescente rinchiusa e annoiata, privata del suo libero arbitrio, cercando di ricomporre questo caos attraverso immagini plastiche che un po’ci conducono nei mondi di Lynch e un po’ in quelli di Richard Linklater (A Scanner Darkly, per intenderci).
Coma offre allo spettatore numerosi spunti di riflessione sul dopo ovvero sulla nostra apocalisse contemporanea, composta da uno spazio mentale e digitale affollato di un’estetica esasperante, bombardamento mediatico privo, spesso, di contenuti, privo della realtà ma soprattutto della socialità reale.
Il lungometraggio realizzato da Bertrand Bonello non è altro che una metafora del nostro tempo. La pellicola è cupa, potente e forte e allo stesso tempo non consequenziale nelle immagini perché il bombardamento mediatico dei nostri giorni è così: insensato, caotico, costante e disordinato.
Coma di Bertrand Bonello è la trasposizione enigmatica del nostro inconscio collettivo che inevitabilmente ci ha cambiati nel modo di vivere, sentire e percepire tutto ciò che ci circonda.
Un film devastante, veloce e allo stesso tempo analitico e contemporaneo, che descrive con la potenza delle immagini la nostra apocalisse contemporanea.
8 comments on Artigianato,
le creazioni di Annabel
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