Conto alla rovescia per gli eventi che si terranno nel Mandamento e nella Valle Irno Solofrana.
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Pasqua: la sorpresa delle uova nella tradizione
Non c’è Pasqua senza uova, come dice un classico proverbio popolare. Le uova che erano andate ad accumularsi nella dispensa durante la Quaresima avevano quel grato sapore delle cose a lungo desiderate.
Le uova, di gallina naturalmente, sode si facevano belle e venivano addobbate con vivaci colori. Il guscio si colorava di rosso per rievocare il sangue di Cristo e la sua veste che simboleggiava la speranza.
Le uova venivano immerse nell’acqua bollente insieme alle rape rosse o insieme alla cocciniglia, potevano anche essere colorate di viola, immergendo le viole mammole, di giallo colore che veniva trasmesso dalla fuliggine o di verde con il prezzemolo o con l’ortica. Generalmente oltre ad essere colorato veniva anche decorato con disegni di croci o un rametto di ulivo per essere ancora più augurale.
L’usanza di tingere le uova si perde nel tempo ma Plinio rivela che, quest’usanza era d’uso anche tra i Romani. Nel tempo la decorazione delle uova si è impreziosita con decorazioni d’oro, d’avorio e di marmo, diventando vere e proprie opere di oreficeria, pensiamo a quelli di Fabergé. Famose all’epoca erano quelle di Luigi XV e XVI in Francia o degli zar di Russia.
Si aprivano come forzieri, rivelando sorprese preziose e insolite.
Esiste anche un aneddoto a riguardo: si tramanda che un’artista parigina ne ricevette due che contenevano all’interno delle perle. Non avendone capito il pregio la donna scrisse un biglietto che diceva all’uomo :
Vi son grata delle uova che mi avete donato.
Sono molto carine! Ma vi avverto che per le feste pasquali si sogliono dare delle uova di gallina e non di colomba.
Il donatore mandò a ritirare le due perle e le sostituì con una più grande, accompagnando la sostituzione con un biglietto in cui c’era scritto:
La mia cuoca mi ha assicurato che in due uova di colomba c’è il giusto contenuto di un uovo di gallina.
Uova di Pasqua di cioccolato: come nascono
Nel XVI secolo si inizia a produrre le uova di cioccolato con delle sorprese all’interno, giustificando ciò con la motivazione che in natura l’uovo contiene il seme della vita futura. Mangiarle e regalarle, soprattutto ai bambini, è un ripetere la misteriosa magia portafortuna.
L’usanza di dipingerle in casa si inia a perdere da questo periodo ed è stato un peccato perdere questa tradizione perché incentivava alla creatività i più piccoli oltre a rappresentare un atto d’amore nei confronti di chi si ama.
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Angélique Cavallari è la coprotagonista del film Dark Matter di Stefano Odoardi
Angélique Cavallari è la coprotagonista del film Dark Matter di Stefano Odoardi che uscirà al cinema il 4 Maggio (distribuito da Superotto Film Production). Un film tra sogno e realtà, degno di un thriller alla David Fincher.
Ormai siamo abituati a vedere l’artista italo-francese in ruoli sempre diversi. Con Elena, la protagonista femminile di questo appassionante thriller, Angélique è di nuovo messa alla prova con un lavoro attoriale fine e profondo.
Non solo la trasformazione psicologica è intensa ed accurata, ma anche quella fisica è ancora una volta notevole, rendendola a tratti irriconoscibile o comunque molto diversa dalla sua vera natura. Irrobustita e spesso estenuata in viso, anche grazie al trucco di scena, notiamo in primo piano non la bellezza ma il cambio repentino di sguardi ed emozioni perfettamente incarnate dall’attrice, che lascia il posto integralmente al suo personaggio.
Elena è una donna che sembra carnefice, ma in realtà è anche (e soprattutto) vittima. La sua storia la scopriamo con lo svolgersi del film ed è scioccante, tanto da obbligare lo spettatore ad abbandonare ogni giudizio superficiale. Questa donna nasconde dei segreti che le spezzano il cuore, dei traumi forse insormontabili e, nonostante tutto, conserva in sé una parte infantile che traspare sottilmente. È una donna rotta, che agisce con un istinto quasi animalesco, ma che ha dentro anche molta grazia e luce.
Un bel contrasto da far coesistere in un unico personaggio.Dichiara Angélique:
Mi sono ispirata un po’ a Charlize Theron nel film “Monster”. Il regista Stefano Odoardi mi ha dato dei riferimenti molto particolari per questo ruolo, a partire dalla simbologia del nome Elena (che è luce). Abbiamo lavorato insieme alla costruzione psicologica, all’acconciatura, fino alla scelta dei vestiti di scena. Poi ho avuto degli ottimi partner di lavoro (con i quali Elena si relaziona) come Thierry Toscan e il piccolo Giulio Cecchettini.
Il finale da spazio a più interpretazioni, Elena può diventare altro ancora nell’immaginario dello spettatore. Il regista lascia aperte più strade tra sogno e realtà, che si scoprono andando a vedere il film.Angélique Cavallari: chi è?
Ricordiamo che Angélique Cavallari non è solo un’attrice bensì un’artista a tutto tondo che ama esplorare sempre nuovi territori, tra musica, arte e poesia.
Sul fronte musicale, dopo i brani originali di “Collection A” (la compilation di musica poetico-elettronica composta e scritta in collaborazione con Alexis Bret) la sua produzione continua questa volta con un singolo dal titolo “Trying to stay”, scritto e cantato da Angélique e composto con un nuovo collaboratore ovvero Fabio Costa, con il quale forma un nuovo gruppo chiamato Nine Velvet.
Se in “Collection A” troviamo un mondo sonoro liquido, fatto di atmosfere fluide, crepuscolari e sintetiche, tra ambient music e sperimentazione, in “Trying to stay” dei Nine Velvet viene conservata un’atmosfera nottura e sognante che evoca un genere molto amato dal grande pubblico ovvero il trip-hop (quello, per intenderci, di gruppi come Portishead e Massive Attack).
“Trying to stay” è già su Youtube, ma presto arriverà anche su Spotify, Bandcamp e tutte le piattaforme di musica streaming (dove potrete trovare anche i brani di “Collection A”).
Angélique Cavallari ha anche dato vita al progetto “Il Podcast d’Angélique”, in cui legge dei poemi da lei scelti e principalmente scritti da poetesse non viventi, pacifiste militanti del mondo intero non sempre conosciute. Il suo desiderio è infatti quello di rendere omaggio e dare voce a queste poetesse che hanno dato luce e sublimato situazioni spesso inenarrabili. I podcast sono postati a cadenza regolare e alternati tra la lingua francese e l’italiano, alcuni poemi sono in dialetto, altri saranno letti in lingua originale. È un progetto in costante divenire, che potete seguire su YouTube ma presto anche su Spotify e altre piattaforme streaming.
A proposito di poesia: Angélique sta continuando a scrivere e presto pubblicherà la sua nuova raccolta poetica e, dopo il successo del suo ultimo reading “Poesia nuda e cruda” al Cineteatro Farina di Foggia, è in fase di organizzazione un suo tour di “Lettura poetica” in tutta Italia.
Angélique continua ad aprirsi senza limiti nella creazione e nella sperimentazione.
Afferma e, dopo la sua performance “Phoenix – Poetics Acts”, tra sogno e surrealismo, svolta per le strade di Parigi, con il reperto video proiettato nelle gallerie del mondo intero durante l’Iper Festival (l’evento phygital nato dal Museo delle Periferie di Roma) si è immersa nell’universo della pittura:
La visione poetica e creativa è rinascita, libertà e coraggio.
Dipinge opere di diverso formato e con gli acquerelli ha ultimato una serie di “Velieri e Paesaggi Onirici”. Sta sperimentando la china con la quale ha iniziato una serie che si chiama “Strappi e Paesaggi Liquidi” e sta approfondendo la pittura ad olio con la quale ha ultimato una serie astratta de “I Paesaggi Interiori”, ma con la quale sta approfondendo anche lo studio di ritratti, visi e sguardi.
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Un anno di pandemia e la sua guerra silenziosa
Ci ritroviamo oggi esattamente come un anno fa: immobili.
Dopo un anno trascorso tra distanziamento, isolamento, paura di essere contagiati e privati di qualsiasi libertà che non sia stata legata all’attività lavorativa di ciascuno, per chi il lavoro lo ha ancora, non vi è nessun cambiamento tangibile e concreto che possa farci pensare ad un cambiamento dello stato di cose attuali, così come lo era ieri.
Restiamo ancora distanziati, ancora privati della nostra libertà individuale, a volte mi chiedo se, quando passerà tutto perché dovrà passare, ci ricorderemo ancora come si decide autonomamente per ciò che sia meglio per noi e se saremo ancora in grado di farlo con la stessa naturalezza di un tempo, quello pre pandemia.
Riusciremo a tornare alla vita e alle nostre attività che all’improvviso ci sono state tolte? Le nostre priorità e i nostri piaceri sono davvero rimasti immutati dopo tutta questa stasi? I nostri valori sociali, il nostro concetto di benessere psicologico è sempre lo stesso o ha subìto dei cambiamenti?
Tutto procede a rilento: i vaccini, i sussidi, le iniziative per poterci risollevare economicamente e la possibilità di potersi incontrare, per vivere una giornata senza dover pensare al distanziamento, senza avere paura di parlare ad una certa distanza, che prima non era altro che una forma di confidenza e di condivisione ma, soprattutto, senza dover avere costantemente lo scorrere del tempo sotto controllo.
In molti hanno descritto la pandemia e le sue conseguenze come un ritorno alle cose semplici. Un ritorno alla semplicità non è quello di stare chiusi in casa ad impastare pizze o a guardare serie Tv, evitando il resto.
Vivere all’insegna della semplicità significa vivere a cuor leggero, scegliere di trascorrere il proprio tempo con chi si vuole, senza stress. Vivere in modo semplice significa spendere gran parte del proprio tempo lavorando con la certezza che il tempo libero che si ha a disposizione, anche se poco, lo si possa impiegare nel fare qualcosa che ci faccia stare bene davvero e senza compromessi.
Sono ritornati in voga gli sport individuali perché sono gli unici che si possono praticare, per tutelare la nostra salute. Lo sport però è nato come forma aggregativa e sociale. Allo stesso modo sono nate tutte quelle attività culturali e creative che necessitano di collettività, unione, scambio e condivisione.
I nostri sorrisi sono nascosti ancora dietro mascherine che non lasciano trasparire socialità.
Un aspetto, questo, molto importante per il singolo e per la collettività che al momento sembra non interessare nessuno.
Pensiamo per categorie e forse lo abbiamo sempre fatto ma mai per categorie umane. Non c’è ora chi patisce di più e chi meno, non dipende dal tempo che prima abbiamo avuto a disposizione e non dipende soprattutto dall’età biologica di ciascuno.
Non ci sono categorie umane per questa guerra silenziosa se non per avere precedenza per vaccinarsi che, a breve, creerà altre categorie umane per chi potrà decidere di partecipare alla vita perché vaccinato e chi no perché ancora non è arrivato il suo turno.
Questa guerra silenziosa causata dalla pandemia ci tocca tutti allo stesso modo.
8 comments on Le «focare» di Quindici e Montoro
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