Occorrerebbe una sana e radicale presa di posizione di fronte all’ormai dilagante abitudine di far propri alcuni termini rendendoli diversi da quello che dovrebbero significare.
Perché, ad esempio, il buonismo è diventato un termine dispregiativo, in uso comune ad una parte politica che ha fatto tesoro di questa attitudine, rendendo ugualmente lontana dal suo significato anche la parola “sovranismo”?
Attaccando questa accezione, concettualmente semplice e che dovrebbe essere connaturata al concetto stesso di Stato, alla ideologia dell’affermazione della Nazione come autonoma, autarchica e staccata dalle decisioni sovranazionali, dall’apparato di politiche economiche e sociali che, nel bene o nel male (e qui non siamo di fronte ad un discorso economico, ma ideologico) reggono la comunità degli Stati.
Chi va contro questa realtà, idealizzando il concetto dello Stato autoritario e che mostra i muscoli più di altre nazioni, rema in direzione contraria alla storia.
Oggi non è più pensabile una Italia che viaggi a schiena dritta per la sua strada, senza tenere conto del fatto che si muove in una comunità di Stati che interagiscono e dialogano, che si coordinano sulle questioni più rilevanti di politica internazionale.
Per i sovranisti tutto questo è un male. Dimenticandosi che sovranità non si esprime con atti di forza e tenendo il timone a barra dritta, senza rendersi conto di andare a sbattere contro uno scoglio.
La sovranità andrebbe espressa con una politica economica e sociale efficace, la sovranità dovrebbe consentire alla nazione di crescere anche nella comunità internazionale, perché non è sbattendo la porta che si acquisisce prestigio.
La teoria del padre padrone è tramontata da anni.
Il sovranismo vuole che si alzi la voce blaterando solo nel salotto di casa propria, quando sarebbe il caso di dialogare ad una platea internazionale che recepisca e rispetti la forza dello Stato, la sua sovranità, appunto. E non si dimentichi che la sovranità, in Italia, appartiene al popolo, come recita l’articolo 1 della Costituzione.
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Dunque chiudere le porte al dialogo significa tappare la bocca proprio al popolo sovrano.
Ecco: sarebbe il caso di cominciare a parlare di un sovranismo diverso, nella sua accezione più reale e più pura.
Il sovranismo lo si lasci alla storia e alla filosofia politica. Chi non comprende questo, parli magari di “sovranesimo”, come di una nuova religione da abbracciare, scegliere e predicare.
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