Irpinia Mood non è solo buon cibo ma è anche arte e musica: il 28 giugno si esibirà Morgan, in arte Marco Castodi, con il suo spettacolo Piano Solo che ripercorre i passaggi fondamentali della sua carriera artistica.
Ad accompagnare l’intrattenimento musicale di Morgan ci saranno altri artisti del nostro territorio come Simone Vignola, noto bassista e cantante avellinese.
Irpinia Mood, durante questa nuova edizione, presenta un nuovo spazio: Casa Irpinia, una moderna struttura in legno, dove si terranno talk di approfondimento e laboratori, per approfondire l’aspetto culturale e sociale che ruoto intorno alla filiera agroalimentare.
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Gli appuntamenti con l’Associazione ArTeatro
La giovanissima associazione ArTeatro, nata dalla fusione della Galleria Alfonso Grassi con la passione e la divulgazione del teatro, ha fin dall’inizio attivato tra la sua comunità uno stimolo molto entusiasmante per aiutare nella comprensione di un’arte che viene sì concepita per far parte del pubblico, ma anche per specchiarsi con esso, e farsi sentire parte integrante.
L’idea ed il merito vanno innanzitutto al suo ideatore Alfonso Grassi Jr, nipote del pittore Alfonso Grassi, artista che vanta l’esposizione delle sue opere in musei illustri come la Galleria degli Uffizi, oltre che l’amicizia e la stima sempre enormemente palesata del grande Giorgio De Chirico.
Alfonso Grassi Jr mi accoglie cordialmente nella sede di ArTeatro, durante un sabato mattina fin troppo rumoroso, e nel frattempo l’ingresso in un’atmosfera in cui regna invece il quasi timorato desiderio di un silenzio ricco di vibrazioni positive mi fa inoltrare in un mondo che trasmette la pace e allo stesso tempo la severa dottrina di artisti di un altro tempo. Le opere pittoriche che ci circondano appartengono ad artisti per lo più di scuola napoletana ed abbracciano quel fecondo periodo che va tra fine Ottocento e l’inizio del Novecento.
La voglia di continuare il percorso della Galleria, che ha avuto sede per circa venticinque anni in piazza San Michele, cuore del Centro Storico di Solofra, ora continua in questo spazio molto più grande ed accogliente, e molto più amicale. La grossa sede, ancora immersa nella penombra che lascia però filtrare quel tanto di luce che basta per comprendere la vastità delle opere circostanti, paesaggi e ritratti che scrutano insieme a noi la costruzione di un sogno: le sedie della platea sono dirette verso un palco ancora per poco al buio. Quella sera ci sarebbe stato uno spettacolo molto particolare, e l’attesa sembra voglia rendermi partecipe dell’entusiasmo di Alfonso Grassi, che nonostante il suo carisma poco pronunciato, come ogni bravo attore sa mascherare al momento giusto, non lascia certo nascosto un luccichio negli occhi da cui si enuncia una forte emozione.
Mi spiega Alfonso Grassi:
Le iniziative programmate dall’Associazione rispondono al bisogno di approfondimento espresso da una cittadinanza in attesa di un’educazione all’arte.
Si guarda compiaciuto intorno e poi continua:
L’opera non è solo qualcosa da esporre, si attiva e comincia a vivere nel confronto con chi la osserva. Arte e Teatro si fondono in una visione interdisciplinare della comunicazione e delle relazioni umane, promuovendo il protagonismo della Comunità, quella di cui siamo parte e attraverso la quale ci distinguiamo in un mondo che ci vuole omologati.
ArTeatro: programmazione 2019/2020
Poi mi espone il programma della stagione culturale 2019/2020, che ha come titolo INCONTRI, intrigante nome che fa capire quanto per lui sia importante la coesione tra la società e l’arte del Teatro. Tutto è cominciato con una miscellanea di proposte davvero allettanti per tutti gli associati (essendo un’associazione tutti i partecipanti sono tenuti a tesserarsi e nel frattempo a valutare un vantaggioso abbonamento per tutti gli appuntamenti) come quando si è vista la partecipazione di Teatro 99 Posti Co.Ci.S, che ha aperto la stagione con “Storie di Terra, di Suoni e di Rumori”, con Paolo Capozzo e Maurizio Picariello con la regia di Gianni Di Nardo, un’opera che commenta attraverso lo sguardo ingenuo di due “compari” le tragedie del secolo scorso come le guerre mondiali, ma anche il terremoto del 1980, il tutto esposto in un dialetto in cui traspare la vicinanza all’Irpinia.
La stagione ha continuato con uno degli spettacoli più entusiasmanti e particolari, Jennifer, tratto da Le cinque rose di Jennifer di Annibale Ruccello, con la regia di Antonello De Rosa, che figura anche come attore protagonista.
Jennifer è un personaggio androgino che soffre dell’ingratitudine altrui, perché bollato come diverso, solo perché è combattuto dal suo essere uomo e donna contemporaneamente. L’incontro però con l’unica persona che lo comprenderà farà catapultare tutto l’immaginario.
Il prossimo 16 febbraio, invece, lo spettacolo Umoristicamente della compagnia tatrale di ArTeatro, diretto dallo stesso Alfonso Grassi, è invece dedicato a tutti gli appassionati della commedia di Eduardo De Filippo, trattandosi infatti di riprese di vari lavori del genio napoletano, una scelta nel far sentire il pubblico come in un’atmosfera domestica, in cui i dialoghi tendono a far parte di chi ascolta, rendendolo partecipe nella consuetudine di un tempo che si ripete nelle abitudini di oggigiorno.
L’avventura edoardiana prosegue senza sosta anche il 21 e il 22 febbraio con L’Ultimo Bottone, con la Compagnia dell’Eclissi e con la regia di Marcello Andria.
Il 14 e il 15 marzo si dà spazio alla musica con gli AcCorDian, band che ricalca gli anni d’oro dello swing, con lo spettacolo musicale Swing Italiano.
Questo ambizioso progetto del gallerista, attore e regista Alfonso Grassi svolgerà senza dubbio con orgoglio la conquista della fiducia di un pubblico che vuole sentirsi partecipe in uno spazio dedicato alla comunione di passioni travolgenti, nella luce soffusa di un luogo tempestato di piccole e grandi realtà, di qua vive e pulsanti su un palco, e tutt’intorno racchiuse nelle pesanti cornici agganciate ai muri, da cui sguardi ora indiscreti ora sinistri ci scrutano, testimoni della loro epoca e dell’ammiccante presente che ripropone le loro gesta nella consapevolezza degli attori contemporanei.
Carmine Maffei
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Antonio Roma presenta il suo primo libro
L’autore, attore e regista Antonio Roma presenta il suo primo romanzo Festa del Perdono, edito da Infinito Edizioni(Collana Sound Ciak) e in uscita nelle librerie (fisiche e digitali) dal 19 maggio.
Un racconto vibrante, appassionato e poetico, che ben rappresenta una generazione, ma in cui tutti possono ritrovarsi e che porta a delle profonde riflessioni sia sociali che individuali.
L’autore descrive così il suo libro:
Festa del Perdono, mio romanzo d’esordio e prima pubblicazione con una casa editrice importante, affonda le radici in una presa di coscienza. Mi spiego meglio: durante il lockdown mi sono trovato a rileggere, dopo anni,” Ask The Dust (Chiedi alla polvere)” di John Fante e non ho potuto non trovare delle analogie tra il suo Arturo Bandini e un Arturo, il mio, che stavo in quel momento soltanto abbozzando per una sceneggiatura teatrale, diventata poi altro ovvero questo romanzo. C’è dunque un legame, un filo sottile e trasparente agli occhi degli altri, che unisce l’Arturo di Fante ed il mio, entrambi protagonisti procrastinatori di una vita filtrata da un abito di scontentezza, una vita nella quale la Testimonianza non ha modo di prescindere dalla scrittura.
Prosegue Antonio Roma:
Ma le analogie mi piace pensare ci siano anche tra Fante e me. John era figlio di Nicola Fante, un immigrato italiano originario di Torricella Peligna o come lo chiamavano a Denver (in Colorado) “a fucking italian man” e Antonio Roma, mio nonno che, arrivato a Torino nel secondo dopoguerra da Montegiordano, trovava solo cartelli con scritto “non si affitta ai meridionali”. I meridionali a cui non affittare casa sono poi diventati gli albanesi prima, gente con un colore della pelle e/o un credo diverso dal nostro poi.
Il protagonista di Festa del Perdono si confronta con questo sostrato, nel quale ha le radici, ma vive nella Milano e nell’Italia di oggi, dove abitare costa troppo e se di mestiere fai l’insegnante del liceo a tempo determinato ti chiamano supplente e lo stipendio non sai quando te lo danno. Il protagonista di Festa del Perdono appartiene ad una generazione, la mia, che, spaesata ma resiliente, insegue Utopie, con la speranza si facciano concrete, ma con il timore che se ciò avvenisse troppo presto questa Italia sarebbe inadeguata ad accoglierle e ne spezzerebbe i petali.
Festa del perdono: trama
Milano, Festa del Perdono, una mattina d’inverno. Un sole lento mitiga il freddo. Arturo, insegnante precario di Lettere, siede in un bar frequentato da studenti e, caffè alla
mano, legge le poche pagine scritte con la stilografica di un libro che da anni abita solo nel suo stomaco. Conosce Ambra, poi s’imbatte casualmente in Aiša, persa anni prima. Due incontri che si snodano in 48 ore e che del tempo si prendono gioco, in un dialogo intimo con l’alterità e con il sé, il solo capace di dare corpo all’identità, individuale e collettiva, di una generazione spaesata e resiliente.
Antonio Roma: chi è?
Antonio Roma è autore, attore e regista di Teatro Civile. È laureato in Scienze sociali per la globalizzazione e in Lettere. Convinto dell’urgenza in questo momento storico di un lessico inedito, che affondi le radici nel legame tra le parole Testimonianza e Umanità, le sole capaci di portare Autenticità, il 7 gennaio 2019 ha fondato Educare alla Bellezza APS, della quale è presidente.
È autore di un’opera poetica, “Tra le corde di un’altalena”, con prefazione di Emanuele Fiano, e voce di un podcast, “Markale – Voci da Sarajevo”, scritto con Alice Ponti. Ha un blog, ‘Na tazzulella ‘e café, e diverse Utopie…
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Il pittore delle aree interne Fernando Alfonso Mangone racconta il cambiamento climatico
Un artista visionario, le cui opere sono un’emozione continua di vibrazioni di luci e di colori. Fernando Mangone, in arte Alfonso, nasce nel 1958 ad Altavilla Silentina, un paese da lui definito “dionisiaco”, tra forti odori, grida gioiose di bambini e animali che convivevano con gli uomini. Stregato dalla musica Rock e dai caldi colori dei pittori fiamminghi che ama studiare, intraprende da bambino, cinquant’anni or sono, il suo percorso di artista e da Napoli a Firenze, fino all’Olanda, acquista fama anche lavorando con grandi marchi.
Si autoproclama “un randagio”, ribelle a qualsiasi tentativo di imbrigliarne la creatività, seppur animato da una delicatezza nell’approccio col prossimo che lo ha reso amico sincero con mezzo mondo.
Afferma Fernando Alfonso Mangone:
Sono un disubbidiente, uno che stravolge le regole. Come si può insegnare l’arte, la follia? Perché non servono le parole, perché la pittura stessa parla. È testimonianza.
I quattro elementi, l’acqua, la terra, il fuoco, l’aria vengono trasformati attraverso la passione che il Maestro Alfonso Mangone interpreta con i suoi colori psichedelici.
Un innamorato del Rinascimento che, ammirando i grandi del passato, trasfigura la loro lezione nel tripudio di colori che sono la gioia della vita, attraverso la sua esperienza sullo studio del mito e l’emozione del Rock. Le sue opere sono l’espressione di una persona semplice, umile, i colori solari e caldi trasmettono serenità.
L’arte, un messaggio all’umanità per narrare la bellezza del creato.
Racconta così la sua arte, il pittore salernitano mentre apre ad un pubblico di esperti d’arte, curiosi e giornalisti, il suo museo privato sito nell’antica Tenuta Forcella a Buccino, dove ha realizzato in una performance live di vernice a colori fluorescenti e fosforescenti, a suon di musica disco, un murale dedicato ai cambiamenti climatici “Lo scioglimento dei ghiacciai e il triste destino dell’orso polare”.
La visita nella galleria d’arte allestita nel museo M.A.M. dal maestro Mangone, è un vero e proprio viaggio nella storia, nella musica, nello sport e nella cultura degli Stati di tutto il mondo, dove la pittura racconta storia e bellezza.
I suoi dipinti seguono la narrazione dei luoghi dove è stato e dove ha vissuto da nomade: Berlino, Rotterdam, Parigi, Londra, Amsterdam. E ancora Venezia, Milano, Roma, per poi tornare a casa, ad Altavilla Silentino, nel Parco del Cilento.
Mito e futurismo si incrociano. David Bowie dialoga con Michelangelo, mentre il Sommo Poeta Dante rivive in versioni molto più simili alla pop art. Gli archetipi del racconto mitologico, i grandi ritrovamenti dell’antica Volcei, il Tuffatore di Paestum che si trasforma in una “Tuffatrice”, i grandi incendi dei boschi che distruggono al vita, i miti della contemporaneità come Diego Armando Maradona. E ancora Caravaggio, Giotto, Leonardo, Andy Wharol, Masaccio in una celebrazione espressionistica astratta, in cui contemporary art, urban e street style si contaminano. A dominare lo sguardo, sempre, è il colore, che avvolge e trasuda dalle pareti del M.A.M.
Conclude Fernando Alfonso Mangone:
Tutto è arte. Anche lo spettatore diventa arte, fulcro della prospettiva. “Perché un museo tra gli Alburni? Perchè ho vissuto alla grande La vita è piena di energia, è rock emozionale. Ora voglio mettere a sistema questa vita sregolata e farla diventare visiva, oltre la follia. È la mia grande scommessa rock’n’roll.
Bellezza. Dobbiamo creare bellezza, positività, andare avanti. Il passato è passato. Io vado avanti.
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