Primo passo falso di Gino Cusano, unico consigliere comunale della Lega ad Ariano Irpino, che si accoda agli 11 di Domenico Gambacorta a dispetto della volontà dei suoi elettori e lascia il Consiglio comunale prima della terza votazione valida per l’elezione del presidente dell’assise.
Paradossale la scelta di un capo-bastone del vecchio sistema irpino, un uomo di “gestione”, da parte di una forza giovane e di rottura come la Lega.
Una scelta tuttavia rivelatasi giusta e vincente fino a ieri in quanto il 9% conquistato dal Carroccio sul Tricolle è risultato determinante per far saltare gli schemi e le gerarchie consiliari.
La sconfitta del sindaco uscente Domenico Gambacorta e del sistema di potere cristallizzato che rappresentava porta anche la firma di Gino Cusano, lo storico luogotenente di Cosimo Sibilia, da sempre alfiere anti-gambacortiano nell’arianese.
Candidarsi a presidente del Consiglio comunale o restare a guardare.
Ecco la scelta che il dato elettorale avrebbe suggerito a Cusano: nè con Franza nè con Gambacorta. E stop ad accordi al di fuori del luogo deputato al confronto: il Consiglio comunale.
Qualcuno dica a Cusano che la Lega non è Forza Italia e che ci sono ragazzi, gli stessi che ritroverà nel fine settimana a Montella, alla festa dei Giovani della Lega, che sono determinati a far saltare il sistema baronale arianese, non a fornirgli una terza gamba.
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Gino Cusano è la memoria storica di Ariano
“Gino Cusano, la Lega, non ha mai, e voglio sottolineare la parola mai, pensato di allearsi con il Partito Democratico. Però Gino Cusano, che è il rappresentante della Lega, nella tornata del ballottaggio ha deciso di utilizzare un percorso”.
Parte così l’appassionato intervento di Gino Cusano in Consiglio comunale per replicare agli attacchi di Giovanni La Vita, espressione del Pd, che puntava a fare emergere le contraddizioni interne alla Giunta del sindaco Franza, avallata anche dal Carroccio.
Gino Cusano conosce molto bene la storia di Ariano e ricorda a tutti che solo qualche anno fa i dirigenti di Forza Italia (il suo sguardo è rivolto a Domenico Gambarcorta, vice segretario regionale di Forza Italia) proposero la candidatura a sindaco di Gaetano Bevere (all’epoca segretario del Pd sul Tricolle).
L’intervento di Cusano mette in imbarazzo più di un consigliere del Pd e di Forza Italia, espressioni di un patto del Nazareno che qui in Irpinia è ancora d’attualità.
“È la prima volta – continua Cusano- ed io faccio politica da oltre venti anni, che sento parlare di affetto per le questioni ideologiche in Consiglio comunale”.
Ed ha ragione Gino perché i consiglieri comunali li eleggono i cittadini, non i dirigenti di partito. Il voto nei Comuni, anche in quelli medio-grandi come Ariano, è un voto dato alla persona non al partito. Le elezioni amministrative o, meglio, civiche, non possono essere paragonate a quelle nazionali o regionali. Le amministrative premiano non il partito ma le singole persone candidate in questa o quella lista; non il programma e l’ideale alto di questa o quella coalizione, ma il radicamento e la popolarità del singolo candidato.
E Gino ad Ariano Irpino è popolare ed amato. Ed è giusta, quindi, partendo da queste dovute premesse, anche l’autonomia rivendicata da Cusano nella sua azione amministrativa.
“Io -conclude il buon Gino- sono di centrodestra. Ho preso l’impegno di formare questo governo e lo porto fino in fondo. Io ho preso un impegno anche con la Lega e lo rispetto, ma prima della Lega viene il popolo, viene Ariano”.
Bravo Gino, bene Ariano. Tutto il resto sta tra il castello in aria e l’agitazione per l’agitazione, destinata se mai ad accrescere, a breve e lunga scadenza, le frustrazioni degli sconfitti.
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Matteo Salvini ad Ariano Irpino: la pseudodemocrazia dei giorni nostri
Prima di addentrarmi nel pieno della questione e dei problemi che si sono palesati oggi mi sembra doveroso e opportuno scrivere e spiegare l’uso proprio di tre parole che spesso usiamo e abusiamo e di cui strumentializzamo il loro significato, dimenticandoci l’originale.
Le parole in questione sono tre: democrazia, libertà di pensiero e manifestazione. Queste elencate, oltre ad essere parole presenti nel nostro vocabolario comune, sono termini che hanno valenza giuridica perché sanciti dalla nostra Costituzione.
Il Principio di democrazia lo troviamo nell’articolo 1 della Costituzione che come molti sapranno serve a stabilire che l’Italia è una Repubblica democratica in cui la sovranità appartiene al popolo. Vivere in uno Stato democratico significa che in un determinato Paese deve essere ed è garantita l’uguaglianza e dove vengono garantiti i diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo. Questi diritti devono essere garantiti al cittadino in quanto singolo e all’interno di manifestazioni sociali, come quelle politiche o di associazioni.
La libertà del cittadino viene sancita sempre all’interno della Costituzione italiana negli articoli 13-54 e precedentemente sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Tra i diritti fondamentali più importanti c’è il diritto alla vita e alla salute, la libertà di pensiero, di parola e di stampa e quella di poter praticare liberamente la propria fede religiosa e politica. La Costituzione prevede dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale che vengono rappresentati in libertà riconosciute a patto che non si trasformino in egoismo dei più forti a danno dei più deboli.
All’interno dell’articolo 17 e 21 della Costituzione si parla della libertà di pensiero e della libertà e del diritto di poter manifestare.
L’articolo 17 della Costituzione afferma:
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
L’articolo 21 invece stabilisce:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
…
Detto e stabilito questo, non da me ma dalla nostra Costituzione, andiamo ad analizzare l’episodio di oggi.
Partendo dal presupposto che ci troviamo in Irpinia che tra i diversi problemi “vanta” quello dello spopolamento. Stamattina in previsione dell’arrivo di Matteo Salvini sono stati chiusi alcuni accessi pubblici e limitata di conseguenza la viabilità cittadina probabilmente per la paura che potesse svolgersi un’insurrezione popolare con quattro anime presenti (circa 200) o che volassero pomodori come è successo a Torre del Greco dove il leader leghista è stato costretto a risalire in auto e annullare il comizio.
Altro elemento sconcertante e surreale è stata la presenza della Polizia di Stato in numero proporzionale maggiore rispetto ai presenti.
Vi mostriamo una foto di stamattina, scattata da un manifestante, per farvi comprendere visivamente lo stato delle cose che si sono verificate. Questa puntualizzazione non significa che la presenza delle Forze dell’Ordine non doveva esserci a tutela dell’ordine pubblico in primis ma sembra un’esagerazione che purtroppo a mio avviso è la conseguenza della pseudodemocrazia dei nostri giorni.
Mi spiego meglio, partendo dal presupposto che la violenza umana che sia fisica o verbale non trova giustificazione dal mio punto di vista e soprattutto non la inglobo in un colore politico specifico o ideologia specifica. Dunque che comportamenti poco tolleranti possano sfociare in altro richiede la presenza di chi ha le competenze per poter gestire eventuali disordini è d’obbligo.
Detto ciò da qui a schierarsi impedendo un movimento di manifestazione mobile lo trovo vergognoso, ridicolo ed esagerato tanto è vero che non si è creato alcun disordine e non sono volati né pomodori né si sono verificati episodi spiacevoli.
Mi sembra doveroso fare un’altra precisazione il diritto di manifestare non implica e non deve contenere in sé la voglia di tappare la bocca all’altro perché diventa un atteggiamento antidemocratico, qualora lo scendere in piazza porti con sé questo intento.
Manifestare significa palesare un dissenso, un diverso pensiero e non limitare la parola altrui. Nelle manifestazioni ci siamo sempre trovati di fronte e a chi era a favore di determinate ideologie e a chi era contro ma è normale e giusto che sia così.
La pseudodemocrazia di oggi sembra aver perso di vista il limite esistente per legge tra la propria libertà e quella altrui e la presunzione di avere ragione ha preso il posto del confronto critico che non include assenso e necessariamente condivisione.
Matteo Salvini rappresenta la pseudodemocrazia e ci mostra uno spaccato sociale di come siamo, a prescindere da questo singolo evento. Siamo disabituati al confronto, disabituati al ragionamento costruttivo, nichilisti socialmente e ideologicamente, troppo presi dal nostro mondo virtuale e quando ci scontriamo con la realtà reale diventiamo disadattati sociali.
Questo è quello che è accaduto oggi al leader leghista.
Troppo preso Matteo Salvini dalla sua propaganda social si ritrova ad avere difficoltà nel confrontarsi e relazionarsi con chi la pensa in modo diverso dal suo. Il leader leghista per poter fare il politico e non il politicante social dovrebbe confrontarsi anche e, soprattutto, con chi la pensa diversamente.
Accettare e mostrare ai suoi seguaci che non riceve solo consensi invece di bloccare forme di espressioni sociali che sono diritti inalienabili sarebbe un grande atto di normalità perché le informazioni politiche e i dissensi occultati palesano poca professionalità e serietà.
Un politico che si rispetti dovrebbe tenere in maggior considerazione chi non è d’accordo col proprio pensiero perché potrebbe e rappresenta uno sprone per capire quali sono le reali necessità di un popolo e magari creare più consensi e non popolarità social come fanno le influencer.
Altro aspetto non meno importante è l’importanza del gesto del manifestare che deve essere tramandato di generazione in generazione come lo è stato per noi e come è stato fatto con noi.
La nuova generazione deve comprendere e avere la libertà e la possibilità di manifestare in strada e non scrivendo un commento o lasciando una emoticon sui social.
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Un anno de Il Plurale
È trascorso un anno dalla nascita de Il Plurale…
12 mesi che possono considerarsi relativamente pochi ma che sono stati ricchi di eventi, cambiamenti, scontri, uscite, entrate e molto altro.
Ciascuna situazione verificatasi in positivo o in negativo ci ha portati ad essere ciò che siamo ora e ad arricchirci, per poterci migliorare domani. Questo editoriale non vuole essere un’autocelebrazione o tantomeno un decalogo dei propositi per questo nuovo anno ma vuole essere semplicemente un bilancio di ciò che siamo oggi e di ciò che abbiamo scoperto in Irpinia, entrando in contatto con diverse realtà.
Il Plurale quando è nato voleva essere una web tv irpina con un focus incentrato prevalentemente sulla politica. Lavorando e visitando vari luoghi ci siamo resi conto che non è questo il cuore pulsante delle nostre zone, anzi in alcuni casi è la parte più incancrenita che, spesso, copre ciò che dona luce o ha il potenziale della luminosità nella nostra realtà rurale. Un esempio potrebbe essere rappresentato da quello che è successo in un paese irpino, in cui un evento culturale si è trasformato in un modo basso per prendere, probabilmente, dei fondi che non sono stati utilizzati per ciò per cui erano stati elargiti.
Ho partecipato ad eventi culturali in cui si confondeva il termine femminicidio scambiandolo con quello di femminismo e dove l’essenza ed il significato delle parole utilizzate prendeva la strada della perdita cosmica del significante. Ho partecipato ad alcuni eventi enologici creati per valorizzare un nostro punto di forza economica, in cui non erano presenti esperti del settore, come in altri casi in cui c’era spessore e competenza riguardo questa tematica.
Insomma, durante questo breve anno, ho visto un’ampia carrellata di umanità sconnessa e connessa, è dipeso dai casi.
Ho scoperto un’ Irpinia composta da persone che si discostano dal classico disfattismo irpino, sono poche ma ci sono; sono persone che amano la propria terra e cercano di renderla migliore, creando situazioni culturali ed eventi aggregativi che però ancora non trovano il giusto merito all’interno della nostra comunità perché è più facile lamentarsi e dire che non abbiamo nulla invece di cercare e di scoprire che ci sono iniziative, poco più lontane dal nostro naso, che ricordano quelle delle grandi città.
Durante quest’anno ho sentito parlare molti politici, candidati alle Amministrative, che sfoderavano come uno stendardo la mancanza di cultura in Irpinia e la voglia di diffonderla, dando spazio ai giovani.
Cosa ho visto?
Ho visto persone che hanno organizzato eventi culturali, mi riferisco in modo particolare alla 44esima edizione del Laceno D’oro, una rassegna cinematografica su corti e lungometraggi indipendenti del panorama nazionale ed internazionale, organizzata da persone giovani e meno giovani, che hanno voglia non solo di condividere la loro passione per il cinema ma anche di trasferirla agli altri. Durante questa settimana di full immersion, di quei politici che tanto parlavano sul palco della diffusione della cultura nelle nostre zone, non ho visto nemmeno un’apparizione fugace o un invito alla cittadinanza a partecipare all’evento, per giunta gratuito.
Ho visto la non partecipazione di figure politiche, mi riferisco al semplice sostegno che si può dare attraverso la partecipazione, ad eventi come quello ad Atripalda dell’Abellinum Pride, che, a differenza di come credono in molti, non è una carnevalata della stranezza ma un voler vedere riconosciuti i diritti umani. Questo invito a pensare lo si crea attraverso una festa che inneggia all’unione, a prescindere dal proprio orientamento sessuale o politico.
Ho scoperto che in Irpinia il termine di aggregazione viene abusato nei discorsi e contemporaneamente ne viene privato del suo significato nella pratica.
Ho scoperto però che esiste un’Irpinia che resiste davanti a questo nichilismo, mascherato da finta propositività; ho scoperto spazi creati da persone che davvero hanno voglia di fare rete. Un esempio potrebbe essere l’ambiente del poetry slam irpino o ancora le Guide Percettive di Vittorio Zollo e Toi Giordani, due poeti: uno irpino e l’altro bolognese che fanno ben sperare nella non morte culturale delle nostre zone e palesano la forza e la speranza nel cambiamento.
Ho scoperto la voglia di educare i più piccoli con un approccio moderno, diverso da quello della ludoteca o dei giochi gonfiabili presenti nelle feste di paese, partecipando ad un laboratorio per bambini su Andy Warhol organizzato da Zigarte. Potrei continuare a fare esempi ma sarebbe troppo dispersivo.
Cosa c’entra Il Plurale con tutta questa carrellata di esempi?
Ciò che ho mostrato fino ad ora dovrebbe servire come manifesto delle nostre intenzioni, per spiegare perché ci interessiamo ad un evento minore rispetto ad un altro più popolare e del perché potreste, spesso, imbattervi in argomentazioni come quella del poliamore invece del video virale del “soggetto di paese di turno” o del perché scriviamo la recensione di Se c’è un aldilà sono fottuto piuttosto che dell’ultimo film di Zalone.
Il nostro intento è quello di portare alla luce ciò che potrebbe brillare per contenuti e capacità ma che non ha la forza sufficiente per farlo. Il Plurale vorrebbe essere un luogo in cui non si scrive di banalità o argomentazioni scontate, poi sicuramente ne avremmo anche scritto e continueremo a farlo perché ciascuno ha il proprio metro per reputare ciò che è interessante e ciò che lo è meno, sono semplicemente punti vista.
Il Plurale vuole essere un luogo virtuale, composto da persone reali che amano il confronto e la scoperta di novità, in cui tutti quelli che credono in un progetto e che arrivano a concretizzarlo possono avere uno spazio per poterne parlare e per diffonderlo al resto della comunità.
Il nostro intento è quello di creare uno spazio in cui è possibile fare rete, in cui è possibile aggregarsi e in cui è possibile lasciarsi stupire.
6 comments on Gino rifletti,
la Lega non è Forza Italia
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