Il 24 novembre, nella suggestiva cornice del Castello della Leonessa a Montemiletto, l’attore Adriano Giannini aprirà la quarta edizione di Irpinia Madre Contemporanea. La manifestazione, ideata da Antonia De Mita con la direzione artistica di Antongiulio Onofri, sin dalla prima edizione si pone l’obiettivo di promuovere e valorizzare i bellissimi borghi e castelli d’Irpinia portando in scena alcuni tra i volti noti dello star system italiano.
Scheda di Adriano Giannini
Figlio dell’attore Giancarlo Giannini e della regista Livia Giampalmo, a diciotto anni muove i primi passi nel mondo del cinema come aiuto operatore nel film “Evelina e i suoi figli”, diretto dalla madre. Da qui ha inizio il suo percorso professionale che lo porta a lavorare con registi del calibro di Giuseppe Tornatore e Gabriele Muccino.
Molte anche le sue collaborazioni con registi e attori hollywoodiani come Sylvester Stallone e Jean-Claude Van Damme.
Nel 2001 debutta sul grande schermo come co-protagonista di “Alla rivoluzione sulla due cavalli” di Maurizio Sciarra. Nello stesso anno il regista Guy Ritchie lo sceglie per recitare al fianco di Madonna in “Swept Away” remake di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” di Lina Wertmuller, nel ruolo che era stato del padre Giancarlo.
Nel 2017 insieme a Valeria Golino è protagonista del film “Il colore nascosto delle cose”, diretto da Silvio Soldini.
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Abitarsi. La psicandria delle emozioni
Abitarsi. La psicandria delle emozioni è il quarto del progetto ideato dagli autori che hanno unito la passione della musica alle loro professioni.
Come i precedenti, la musica è lo strumento per svelare a sé stessi e agli altri i mondi che ci abitano e abitiamo. Mentre i primi tre libri esploravano temi sociali, questo e le canzoni che lo accompagnano, partendo da alcune emozioni primarie come la rabbia e la paura, indagano le emozioni secondarie che nascono dall’interazione sociale, come la vergogna e l’invidia, fino a raccontare sentimenti più complessi e nobili come la gratitudine, la gentilezza, il coraggio, la speranza e altri meno salutari come l’odio.
Riconoscere e dare un nome alle proprie emozioni, riuscire a descriverle nei correlati corporei, capirne la funzione all’interno delle relazioni umane, con l’obiettivo di imparare a regolarle internamente, rappresentano competenze fondamentali per il raggiungimento del benessere psicologico.
L’intento degli autori con questo lavoro è stato quello di scrivere canzoni originali che potessero contribuire a raccontare e spiegare le emozioni e i sentimenti, come segnali utili e importanti nella spinta all’azione e nelle interazioni sociali. Brani che vogliono porre l’accento sul variegato mondo interiore, per aiutarci anche a descrivere ciò che sentiamo, riuscendo a dare un nome ad esperienze emotive con l’aiuto della musica.
Cantare le emozioni per dirsi le emozioni. Un libro da leggere e ascoltare. E anche da canticchiare grazie ai QR code presenti nei diversi capitoli.
Un libro per chi professionalmente si prende cura degli altri imparando ad aver cura di se stessi.
Abitarsi. La psicandria delle emozioni: gli autori
Gaspare Palmieri: chi è?
Gaspare Palmieri è psichiatra, psicoterapeuta, dottore di ricerca in psicobiologia dell’uomo, istruttore di mindfulness e cantautore. Svolge attività clinica a Modena e Reggio Emilia. Ha pubblicato tre CD cantautorali e due saggi musicali. È stato finalista al Musicultura Festival (edizione 2009) con il brano “Mio fratello”. Ha collaborato come autore all’ultimo disco di Francesco Guccini.
Cristian Grassilli: biografia
Cristian Grassilli è psicologo, psicoterapeuta, musicoterapeuta, cantautore. Psicologo borsista presso centro ADHD del Dipartimento di Salute Mentale dell’AUSL Bologna. Svolge attività libero professionale presso il Centro Terapia Cognitiva Bologna, di cui è co-fondatore. È tra i vincitori del Musicultura Festival (edizione 2008) con il brano “Sotto i portici di Bologna”. Ha collaborato come autore all’ultimo disco di Francesco Guccini.
Con La Meridiana hanno pubblicato La Psicantria. Manuale di psicopatologia cantata (2011), La Psicantria della vita quotidiana (2014) e La neuropsicantria infantile (2017).
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Trianon Viviani propone due commedie di ieri per ragionare sull’oggi
Il Trianon Viviani dall’8 all’11 luglio ripropone il dittico di successo Viviani per strada, un progetto curato da Nello Mascia che mette in scena i due atti: Porta Capuana e Mmiez’ â Ferrovia.
Il teatro partenopeo non ha mai cessato le proprie attività durante il periodo di emergenza sanitaria, producendo anche spettacoli in streaming e l’ultimo lavoro di Roberto De Simone, Trianon Opera, per Rai Cultura.
Mentre il direttore artistico, Marisa Laurito, si accinge a presentare il cartellone della stagione 2021/’22 nei prossimi giorni, ecco quindi il riallestimento di questi due atti unici del 1918, rappresentati con successo al teatro Umberto all’indomani della disfatta di Caporetto, cioè al tempo della prima devastante pandemia del Novecento: l’influenza spagnola, o più semplicemente “la Spagnola”, la grande influenza che fra il 1918 e il 1920 contagiò quasi mezzo miliardo di persone, ovvero un quarto della popolazione mondiale, facendo registrare quasi 50 milioni di morti.
Nello Mascia spiega così Viviani per strada:
Viviani per strada è nato da una riflessione sul doloroso presente che viviamo, con le disposizioni restrittive sulla pratica teatrale e le limitazioni all’affluenza degli spettatori, certamente legittime, di qui questo progetto di teatro che mette al centro la strada, la naturale fonte di ispirazione delle opere di don Raffaele, dove l’Autore osserva e coglie gli umori più genuini del popolo per poi trasferirli nelle sue composizioni, dove è più intensa e clamorosa si svolge la vita cittadina e la lotta per la sopravvivenza risulta con più drammatica
o anche con più comica chiarezza.Queste due opere di cento anni fa hanno un unico protagonista (il coro, il popolo) e i tipi, già ampiamente sperimentati nel varietà, legati in una trama che impasta il dramma con l’ambiente pittoresco, che ci fanno ragionare su come eravamo e su come il tempo ci ha cambiati, mirando a individuare indizî per affrontare più consapevoli e più forti il prossimo futuro.
Viviani per strada: approfondimento della rappresentazione che andrà in scena al Trianon
Porta Capuana: È la piazza storicamente nota per il suo fantasmagorico mercato all’aperto. Un’umanità variegata, fatta di squallidi venditori al minuto e pescivendoli truffaldini, che esprime il proprio sentimento di solitudine e di rabbia nei confronti del proprio destino di povertà, ma dotata anche di una spiccata autoironia.
Significativa fra gli altri la figura mesta e affamata de ‘o Tammurraro, con i suoi tamburelli in bilico sul capo, che cerca di vendere con molto insuccesso quegli strumenti di balli di canti e di feste a una umanità che non ha nulla da festeggiare. Ma su tutti domina il personaggio di don Ciro ‘o capitalista. Sordido usuraio con l’aria fatale di bellimbusto.
Don Ciro corteggia con insistenza la sie’ Stella, suscitando la gelosia di donna Rosa, «anima nera», sua amante, e sposata a Aitano Pagliuchella, un buffo guappo di cartone. Donna Rosa non perde occasione per sparlare della sua rivale. Le maldicenze giungono alle orecchie di don Vincenzino, marito di Stella. La tensione sale e improvvisamente esplode. Irromperà il Pazzariello che chiude l’atto unico.
Mmiez’â Ferrovia – Questo atto unico vivianesco rappresenta il variopinto mondo che ruota intorno alla piazza. Ci sono i due Strilloni che invitano i passanti, l’uno alla tradizione dell’Opera dei Pupi, l’altro al “Cinemà”, lo spettacolo del futuro. C’è l’avventore del barbiere che perde il treno per i reiterati ritardi di don Luigi. C’è Crispino, il ciabattino-intellettuale vagamente infiammato dalle idee e dagli echi lontani della rivoluzione russa.
C’è il Cantante di pianino un po’ mariuolo. Ma la vicenda ha come protagonista Concettina, che sta per cedere alle lusinghe di don Alberto, uomo senza scrupoli che la porterà alla rovina. Ma la ragazza riuscirà a sottrarsi grazie al tempestivo avvertimento di Nannina (personaggio che presenta sorprendenti somiglianze con alcune eterne figure brechtiane), ormai vinta e rassegnata al suo amore disperato e alla sua vita perduta.
Come sempre fa da corona ai protagonisti un coro di personaggi fra cui emerge quello del Magnetizzatore, una sorta di anticipatore del Sik-Sik eduardiano.
Nei due spettacoli saranno in scena, con lo stesso Nello Mascia che firma anche la regia, Davide Afzal, Maria Basile, Mariano Bellopede, Peppe Celentano, Rosaria De Cicco, Gennaro Di Colandrea, Chiara Di Girolamo, Valentina Elia, Gianni Ferreri, Roberto Giordano, Pierluigi Iorio, Roberto Mascia, Massimo Masiello, Matteo Mauriello, Marianna Mercurio, Ciccio Merolla, Ivano Schiavi e Patrizio Trampetti.
Le elaborazioni musicali sono di Mariano Bellopede e Ciccio Merolla. Le scenografie sono curate da Raffaele Di Florio e i costumi da Anna Verde, con le luci di Gianluca Sacco e il suono di Daniele Chessa.
Completano la locandina Marcello Manzella (aiuto regia), Massimiliano Pinto (direzione dell’allestimento), Costantino Petrone (direttore di scena), Antonio Minichini e Saverio Toppi (elettricisti), Isidoro D’Amato (attrezzista), Stefano Cammarota e Luigi Di Martino (fonici), Rosaria Scognamiglio e Zaira Zigarelli (sarte), Paolo Animato (ufficio stampa e comunicazione), Daniela Riccio (ufficio di produzione) e Francesca Buzzurro (amministrazione).Gli spettacoli si terranno al Trianon Viviani: l’8 luglio, il 9 luglio e l’11 luglio alle ore 19:00.
Nel rispetto della normativa di igiene e sicurezza prescritta per l’emergenza sanitaria, i posti sono contingentati e numerati. All’ingresso, un addetto del teatro rileverà la temperatura degli ospiti e ricorderà l’uso indispensabile della mascherina.
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Morrison Hotel: storia di uno scatto cinquantennale
Gennaio 1970.
Per di qua, ragazzi. Ci siamo quasi…
La band seguiva quel tipo alto, biondo ed occhialuto, il tastierista, tra strade semisconosciute di Venice Beach, quello stesso luogo dove cinque anni prima, sulla spiaggia, era iniziato tutto.
Ray Manzarek lì vi aveva incontrato Jim Morrison, il suo compagno di studi all’UCLA e insieme avevano dato vita a qualcosa di strabiliante; una nuova parentesi musicale che avrebbe abbracciato la filosofia di Nietszche con le poesie di Rimbaud, un libro di Aldous Huxley, Le porte della percezione, con il richiamo obbligato a William Blake: i Doors, signore e signori.
Ora, quasi cinque anni dopo, ormai famosi, eccoli riuniti per un servizio fotografico organizzato all’ultimo minuto.
Perché tanta tempestività?
Da qualche giorno Jim Morrison aveva tagliato la foltissima barba che portava da più di un anno. Questo in seguito a degli scatti promozionali per una rivista patinata, che lo ritraevano di nuovo ben rasato mentre indossava abiti sgargianti e di dubbio gusto, insieme ad altri modelli di bellezza androgina tutti intorno e infine con lei, Pamela Courson, sua compagna e musa, oltre che proprietaria della boutique Themis. Un investimento davvero esagerato, affrontato grazie alle royalties degli album precedenti dei Doors.
Per la sua ragazza Jim Morrison non aveva badato a spese nemmeno per quanto riguardava una casa, con tanto di Porsche parcheggiata nel vialetto, mentre lui viveva senza fissa dimora, saltellando tra un hotel e l’altro, tutti d’infimo ordine.
Aveva fatto crescere la barba innanzitutto per uccidere l’emblema di sex symbol che gli avevano cucito addosso, oltre che per somigliare sempre più al poeta a tempo pieno che desiderava diventare.
In più nell’ultimo anno, in seguito ad un esaurimento nervoso e al forte alcolismo, aveva messo su qualche chilo, situazione che sommata al rifiuto di radersi, infastidiva a dir poco gli altri ragazzi della band, che proprio per questo motivo da tempo si erano rifiutati tutti insieme per una session fotografica. Solo che Jim Morrison, dal suo canto, per Pamela Courson non solo avrebbe tagliato la barba, o sarebbe volato dall’altra parte dell’oceano, ma si sarebbe addirittura esposto di nuovo ai flash, come la rock star intrisa di sesso che era stata tre anni prima.
Accortisi della novità, dunque, gli altri membri dei Doors avevano presto pensato ad un servizio fotografico promozionale per l’album che sarebbe uscito un mese dopo, e bisognava far presto, dunque, prima che la barba ricomparisse di nuovo sul volto del loro cantante dannato.
“Ci siamo” dichiarò Ray Manzarek mentre sostava di fronte a ciò che sembrava l’ingresso di un hotel.
Jim Morrison, Robby Krieger e John Densmore, insieme al fotografo Henry Diltz, sostarono a lungo alle spalle dell’amico dal caschetto biondo, il quale indicava con un sorrisetto ironico e saccente il luogo dove si sarebbe descritta gran parte della storia di quell’anno, dove tutta la filosofia del poco tempo che sarebbe rimasto per le loro creazioni si sarebbe fossilizzata in uno scatto simbolico e decisivo. Una vetrina abbastanza grande sulla sinistra su cui campeggiava la scritta Morrison Hotel, e a destra un ingresso alquanto trionfale, nonostante lo squallore generico che quel luogo terribile ispirava; un albergo che costava due dollari e mezzo e notte, fatiscente e lugubre.
La band però sembrava entusiasta dell’idea e Henry Diltz li immortalò dapprima sotto il piccolo porticato che antecedeva l’ingresso; poi i Doors varcarono la soglia che si aprì con un tintinnio familiare ed entrarono nella hall, subito sulla sinistra, posizionandosi al di sotto della scritta, ognuno prendendo il suo posto, un po’ a caso, mentre il fotografo restava in strada, cercando di ritrarli e valutando le luci della sera che presto sarebbe sopraggiunta, e con essa i riflessi nel vetro dei fanali delle automobili che circolavano. Ma niente da fare. Il titolare dell’albergo, un tipo losco e burbero, senza troppe scuse mandò i ragazzi a farsi un giro: niente foto nel suo hotel, neanche a pensarci, gente.
Tra una scusa e l’altra i nostri intanto perdevano tempo, ordinando magari un drink, sostando nei pressi del luogo agognato, davanti alla vetrina della hall, ma mai allontanandosi.
Il momento propizio avvenne quando il direttore si allontanò un attimo per un impegno improvviso. Ci volle uno sguardo d’intesa tra tutti quegli amici un po’ brilli, e successe tutto in un attimo: Henry Diltz balzò di nuovo in strada, mentre i Doors, con un Jim Morrison volutamente posizionato al centro con camicia bianca che rifletteva il pallore del viso, e uno sguardo vacuo, ripresero lesti i posti che erano stati loro assegnati qualche minuto prima di essere interrotti. Restava poco tempo a disposizione e bisognava far presto: la luce, già scarsa quel pallido giorno d’inverno di cinquant’anni fa, sarebbe del tutto scemata in una manciata di minuti. Inclinato appena sulla sua destra, Robby Krieger è in piedi alle spalle di Jim Morrison, quest’ultimo seduto su un tavolino, mentre Ray Manzarek e John Densmore accomodati in poltrona, ai lati del loro carismatico e quasi sempre alticcio cantante, il primo un po’ più composto e girato di lato mentre guarda l’obiettivo, il secondo in ginocchio sul sedile e gli avambracci posati sulla spalliera, il mento quasi a toccare le mani congiunte. Quando il direttore tornò quei capelloni erano già belli lontani, con un tesoro che avrebbe fatto storia nelle istantanee rock, al sicuro nella macchina fotografica.
L’album che uscì un mese dopo, il 9 febbraio 1970, avrebbero dovuto intitolarlo Hard Rock Cafè, ma fu quello scatto organizzato in pochi minuti, che cambiò i connotati al lavoro. Morrison Hotel vendette in poche settimane mezzo milione di dischi, e quel nome all’album che ricordava senza dubbio il cantante, fu come un omaggio a Jim Morrison, che abbandonata per un attimo la sua crisi esistenziale, si era rimesso di nuovo sul serio a lavoro per la stesura delle nuove canzoni e per affrontare le nuove date.
Esistono delle riprese di quel pallido pomeriggio a Venice Beach, girate dallo stesso Henry Diltz, poco prima di arrivare al Morrison Hotel.
Jim Morrison (che beve da un fiaschetto di non so cosa) e soci passeggiano sulla spiaggia, poi il cantante sale su un’altalena per un giro mozzafiato, infine risale la spiaggia e si ferma davanti ad un muretto su cui campeggia una scritta: ERBA.
Carmine Maffei
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Adriano Giannini apre la IV Edizione della kermesse
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