Dichiara Giuseppe Spagnuolo, Sindaco di Atripalda:
Una giornata dedicata alla cultura, tra l’altro incorniciata da un bellissimo sole, presso l’area archeologica dell’antica Abellinum. Continua così la collaborazione triennale con l’Università degli Studi di Salerno, la Soprintendenza ed il Comune di Atripalda con la finalità di valorizzare il nostro parco archeologico soprattutto dal punto di vista delle attività didattiche e formative e, più in generale, come polo culturale della nostra Città. Oggi, ad esempio, a lezione di archeologia con un nutrito gruppo di alunni delle scuole superiori che hanno seguito con interesse le informazioni e le tante curiosità che gli sono state fornite dal professor Alfonso Santoriello, docente del Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università di Salerno, che è il responsabile tecnico-scientifico di questo progetto, e dal suo team.

Atripalda
Continua Spagnuolo:
Abellinum resta in cima alle nostre priorità dal punto di vista culturale perché ne comprendiamo il valore storico, è l’area fulcro da cui è nata e si è sviluppata la storia del nostro territorio in un’ottica non solo atripaldese ma direi di comprensorio. Ma accanto a questo c’è l’intenzione di arricchirne la fruizione anche sotto il versante turistico. Sono in corso contatti con operatori del settore proprio per studiare una formula che metta insieme un’offerta complessiva, che vada dalla cultura all’enogastronomia, da orientare verso quel turismo esperienziale oggi sempre più in via di diffusione.
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Napoli come il Messico per El dia de los Muertos
Palazzo Fondi a Napoli come Casa Azul a Città del Messico. Nell’ambito delle iniziative promosse da Navigare Srl, società organizzatrice della mostra Frida Kahlo – Il Caos Dentro, in corso nel monumentale palazzo partenopeo, martedì 2 novembre alle ore 18.00 gli ammiratori della pittrice messicana potranno vivere l’esperienza culturale, folcloristica e religiosa che ogni anno si ripete a Città del Messico e nella casa museo di Frida, in occasione della celebre e iconica festività di El dia de los Muertos, riconosciuta Patrimonio mondiale immateriale dall’Unesco (2008).
Casa Azul ogni 2 novembre diventa luogo di pellegrinaggio e meta di ritrovo per messicani e turisti che rendono omaggio alla amata artista, anche con doni di vario genere, in una delle giornate più coinvolgenti, emozionanti e vivaci della cultura messicana.
A Napoli i visitatori dell’esposizione avranno la stessa possibilità: festeggiare la donna e l’artista scomparsa 67 anni fa, ma mai dimenticata, grazie ad una speciale serata organizzata dalla comunità del Messico a Napoli.
I visitatori di Frida Kahlo – Il Caos Dentro, infatti, saranno coinvolti in un allegro e suggestivo happening con musica e con le note maschere delle Catrine, rappresentate da un teschio particolarmente colorato e con motivi floreali.
El dia de los Muertos
La festa El día de los Muertos, che si tiene in genere tra il 28 ottobre e il 2 novembre, commemora i defunti per tipo di morte: il 28 ottobre alcune comunità celebrano i morti per incidente e suicidio, il 31 ottobre è uso rendere omaggio ai bambini, mentre i primi due giorni di novembre sono invece dedicati agli altri scomparsi. La festa viene celebrata con musica, fiori variopinti, bevande e cibi tradizionali dai colori vivi, combinati a numerose rappresentazioni caricaturali della morte.
Lo scorso anno anche lo stilista Jean-Paul Gaultier ha reso omaggio alla pittrice e a tanti artisti vittime di diverse pandemie, con una installazione in Casa Azul in cui spicca il teschio sorridente di Frida tra carni e fiori di calendula.
All’evento del 2 novembre a Napoli si potrà partecipare prenotando on line tramite etes.it oppure direttamente in mostra fino ad esaurimento posti.
A conclusione del percorso della mostra, che ha già registrato oltre 20mila ingressi, i visitatori troveranno un happy hour con buffet ricco di specialità messicane che suggellerà il gemellaggio tra il Messico e Napoli.
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Mariangela Merola e Luigi Pergamo: due candidati delle Regionali Campania a confronto
Mariangela Merola e Luigi Pergamo sono entrambi candidati alle prossime Regionali in Campania, per la circoscrizione di Caserta e Provincia, all’interno del Partito Repubblicano Italiano che ha deciso di appoggiare Vincenzo De Luca.
Mariangela Merola e Luigi Pergamo
Ai candidati abbiamo posto domande differenti per poter rendere in modo ampio ed esaustivo i motivi che animano Mariangela Merola e Luigi Pergamo perché riteniamo sia importante conoscere in modo approfondito ciascuna persona che ha abbracciato il medesimo percorso politico.
La politica, infatti, si compone di persone che hanno sì un intento comune ma ciascun candidato vede il mondo, il territorio e le problematiche in essere secondo il proprio personale punto di vista e da questi elementi ne consegue una modalità diversa d’intervento, di finalità e di obiettivi.
L’aver messo a confronto i due candidati è un modo che riteniamo possa condurre l’elettore ad una scelta consapevole e soprattutto critica perché un voto non vale l’altro e le scelte sono importanti.
Siamo abituati a scegliere il partito che ideologicamente ci è più congeniale in base alle ideologie racchiuse all’interno di un simbolo o di uno statuto partitico ma, nella maggior parte dei casi, una vera e propria ideologia partitica oggi non esiste più.
Se ci soffermiamo ad ascoltare le parole dei candidati e dei politici, a prescindere dal colore politico, ci rendiamo conto che tutti professano gli stessi intenti e gli stessi ideali e da ciò nasce la grande sfiducia politica che oggi ci abbraccia tutti.
Attraverso questa intervista fatta a Mariangela Merola e Luigi Pergamo vi abbiamo voluto dimostrare che se ci sono ideali e reali intenti è possibile ascoltare parole diverse all’interno di uno stesso partito.
Altro scopo di questa intervista è quello di dare dignità e lo spazio che realmente meritano le donne perché ci sono candidate che non vengono scelte per l’obbligo imposto dalle quote rosa e quindi non per fare numero e presenza ma perché hanno realmente qualcosa da dire com’è il caso di Mariangela Merola.
Mariangela Merola candidata alle Regionali in Campania con De Luca
Mariangela Merola: progetto politico e problematiche territoriali
Il progetto politico di Mariangela Merola è quello di rivalutare il territorio casertano perché ha alte potenzialità nel turismo, nel terzo settore, nell’ambito sanitario ma ha bisogno di sostegno da parte delle istituzioni politiche nazionali, europee e regionali in base al principio di territorialità previsto e stabilito dalla nostra Costituzione. Questo principio prevede la vicinanza delle istituzioni per quanto concerne problemi legati al territorio.
Per la candidatac’è una scarsa attenzione al turismo e all’ambiente da parte delle istituzioni politiche regionali che invece sono i beni primari che vanno maggiormente tutelati e potenziati.
Per quanto riguarda le infrastrutture in Campania, queste secondo Mariangela Merola, presentano delle gravi criticità soprattutto se si guarda al trasporto pubblico e allo scarso collegamento tra i vari Comuni presenti sull’intero territorio campano.
Il presidente nazionale di Lega per la Campania
Luigi Pergamo: punti di forza di Caserta
Per Luigi Pergamo il casertano ha numerose potenzialità, basti pensare al patrimonio cultare e storico del territorio di cui la perla è rappresentata dalla Reggia di Caserta. Altre risorse, per il candidato, sono rappresentate dal litorale casertano e dal settore terziario industriale. Ciò che nota Luigi Pergamo è che molti opifici sono chiusi o dismessi, il suo intento è quello di riaprirli perché costruirne di nuovi quando vi sono strutture esistenti e abbandonate a se stesse rappresenta un grave danno perpetrato nei confronti della natura e dell’ambiente.
I punti deboli del territorio campano sono legati, secondo Luigi Pergamo, ad una mancanza di cultura perché la nostra zona ha tutte le carte in regola per poter ripartire con dignità senza aspettare un aiuto esterno. Siamo noi campani che dobbiamo creare partendo da noi stessi e fare in modo che i giovani non siano spinti a cercare lavoro oltre il proprio luogo di appartenenza.
Bisogna creare oppurtunità di lavoro concrete e abbiamo tutti i presupposti per poterlo fare se iniziamo a fare scelte consapevoli e non dettate dai classici meccanismi clientelari che ci hanno portati a vivere in questa situazione di affanno.
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Quarant’anni dal terremoto dell’Irpinia: lettera aperta di Raffaele Lieto
Raffaele Lieto, segretario generale Cgil Avellino e segretario Cgil Campana scrive una lettera aperta per ricordare il terremoto dell’Irpinia di quarant’anni fa e fare delle considerazioni attuali sulla condizione territoriale di queste zone.
Sono passati 40 anni dal terremoto del 23 novembre 1980: un tempo lungo che ha cambiato la società e gli uomini. Chi era giovane, come me, oggi ha un’età avanzata. In tutto questo tempo sono avvenute tante cose e tante discussioni, spesso inutili e fuorvianti sono state fatte, fino alla noia. Eppure non si è riusciti e non si è nemmeno voluto, mettere dei punti fermi, sulle cose avvenute, sui ritardi, sugli errori, sulle cose positive, sarebbe stato utile e necessario per delineare un futuro, una prospettiva che in qualche modo facesse tesoro di quanto avvenuto, e servisse a costruire un modello credibile di sviluppo, con politiche utili a mantenere e sviluppare quello che c’è, e a innovare l’intero territorio, oltre le poche isole felici. Ho avuto la possibilità, purtroppo di vivere i momenti fondamentali, di quanto accaduto.
Dai primi giorni di soccorso e di aiuto, prima disorganizzati e spontanei o poi via via, diretto e gestito dalle tante organizzazioni e associazioni intervenute, e poi dalle istituzioni. Lo Stato dimostrò tutta l’impreparazione, e le falle, che nel Mezzogiorno avevano caratteristiche ancora più gravi. Lo sforzo di migliaia di volontari e gli aiuti arrivati da ogni luogo non trovavano una realtà pronta ad accoglierli efficientemente. Ho vissuto in prima persona con tanti compagni e volontari irpini e di ogni regione d’Italia, la necessità dopo qualche mese, di salvaguardare ciò che arrivava sotto forma di aiuti, che non si era in grado di utilizzare razionalmente. Le strutture del PCI, della Cgil, ma anche di Cisl e Uil, Alleanza contadini, Confesercenti, Arci, Legacoop e tante altre associazioni locali e territoriali, convogliarono nelle aree del terremoto migliaia di tonnellate di aiuti di ogni tipo.
Ma i troppi tentativi di appropriazione indebita e le inefficienze erano un problema serio, in qualche modo, ridimensionati in parte dai sacrifici di tanti (non tutti) amministratori e cittadini dei comuni colpiti e si allestirono allora luoghi di raccolta e di distribuzione nei comuni che salvaguardarono almeno in gran parte molte risorse. Ciò fu possibile per il sacrificio e l’impegno di centinaia di volontari di ogni regione d’Italia e irpini. Dopo alcuni mesi, solo in seguito a forti richieste e pressioni, riuscimmo a consegnare all’esercito diverse decine di camion di aiuti, che andavano ancora utilizzati.
Questo il periodo dell’emergenza, che dopo decenni non sembra aver lasciato ancora una cultura dell’uso serio della ricchezza frutto di solidarietà. Abbiamo sì una protezione civile efficiente e tante organizzazioni locali di volontariato all’epoca esistenti. Ma ciò non ha ancora prodotto una riflessione compiuta su ciò che è avvenuto dopo nel corso di anni.
L’assenza di tale approfondita consapevolezza non favorisce un’idea collettiva e condivisa dell’azione solidale.
Faccio qualche esempio, uno riguarda, anche noi, le organizzazioni di massa. Si decide di avviare un processo di industrializzazione, delle aree interne di Campania e Basilicata. In provincia di Avellino, per risibile motivi di campanile e di prestigio di qualche barone del tempo si individuarono 8 aree industriali.
In una provincia come la nostra, con problemi di viabilità, trasporti su ferro, e di reti, e di energia si provvide a sbancare milioni di metri cubi di suolo, per finanziare progetti di qualità (pochi) e tanti imbroglioni che ogni mattina, come avviene ancora oggi, si alzano per fiutare l’affare del momento.
Siccome non sembra esserci ancora la serenità per discutere degli errori nella genesi e nella gestione di questi processi, non è ancora il caso di evitare annunci, spot elettorali, propaganda di basso profilo.
E definire invece cosa serve in termini di servizi di reti, di trasporti per utilizzare le strutture create e mai poco utilizzate, per favorire e attrarre nuove e innovative?
Si potrebbe intanto partire dal fatto che una curatela fallimentare non può durare decenni e produrre solo macerie. In Irpinia nelle aree industriali della 219, e nel nucleo storico di Solofra, più tanti altri diffusi nel territorio sono decine le strutture, in degrado per interminabili processi fallimentari. Fu faticoso in particolare per me e la Cgil irpina giungere all’accordo per il contratto di area, peraltro nato non da un’iniziativa delle parti, ma generato da una legge finanziaria dello Stato, che avrebbe voluto favorire l’utilizzazione dei fondi della 219 che poi è avvenuta ma che ha percorso anche tante strade sbagliate. Negli anni il sindacato e la sinistra politica hanno più volte sollevato questi temi ma i processi economici anche quelli truffaldini hanno sempre o quasi vinto.
Quarant’anni dal terremoto dell’Irpinia
L’Irpinia oggi in quali condizioni versa secondo Raffaele Lieto?
Oggi abbiamo realtà vive e importanti, tante inutili cattedrali, tante macerie e tante strutture inutilizzate quando si avvierà seriamente un’idea di sviluppo che fra le altre opportunità utilizzi anche questa?
Ma dobbiamo riconoscere che poi in uno schema che ha visto le organizzazioni sindacali, sollecitare discussioni e denunciare limiti ed errori, esse non sono immuni da errori. Ricorderò per sempre come hanno fatto Cgil, Cisl, Uil e gli altri che sommariamente ho elencato prima, in termini di aiuti. Ricordo centinaia di quadri sindacali, operai e consigli di fabbrica, che per mesi hanno consegnato aiuti di ogni tipo e hanno fisicamente lavorato nei comuni dell’Irpinia, in totale autosufficienza per non pesare sulla tragica situazione organizzativa. Sono stati raccolti miliardi di lire, che in gran parte sono andati a organizzazioni, enti e associazioni oltre che ai Comuni delle aree terremotate.
Una parte delle risorse si decise con una buona intuizione e con una idea innovativa di dedicarli alla costruzione dei centri sociali in molti comuni. Strutture che dovevano servire ad aiutare forme di socializzazione e servizi per i cittadini. In Irpinia la scelta di Comuni, fu anche in questo caso, come per le aree industriali decisa in base a municipalismi e piccoli interessi politici delle organizzazioni risultato: a parte la parziale utilizzazione di alcuni (Avellino, Solofra) il tentativo è miseramente fallito.
Cattedrali nel deserto, che dopo alcuni anni sono stati consegnati ai Comuni che spesso li lasciano deperire, anche per la cronica mancanza di risorse, ma l’obiettivo è andato perduto. Ecco tutti dovremmo avere la capacità di ripartire dai limiti e dagli errori, per parlare non di nostalgiche, lamentazioni su cosa avvenne, ma di cosa servirebbe far avvenire nei prossimi anni, che per tanti motivi si annunciano difficili. Seppure lentamente, alcuni progetti si realizzano. L’Alta capacità Napoli-Bari, con la stazione Hirpina, il completamento di alcuni assi viari, la elettrificazione della Benevento – Avellino – Salerno, forse propedeutica ad un utilizzo vero di questa linea.
Sono alcune cose importanti. ma il progetto complessivo? energia, acqua, sistemi integrati di depurazione, fibra e reti. C’è un luogo dove si rende finalmente possibile, una discussione seria e produttiva? Mi sembra invece che a prevalere è ancora l’antica logica della richiesta di sussidi e fondi per tanti progetti senza però indicare un chiaro disegno di sviluppo.
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