Alfonsina Merola

È nato Patria Grande: il portale d’informazione sull’America Latina

Patria Grande è un portale d’informazione nato a causa delle difficoltà che oggi si hanno nel veicolaire un punto diverso sulle vicende latinoamericane. Questo sito d’informazione vuole dare un punto di vista che riesca ad essere altro rispetto a quello filostatunitense.

Patria Grande

Patria Grande

Patria Grande vuole riportare notizie da fonti autorevoli, per aggirare un blocco di comunicazione che limita la diffusione veritiera di alcune notizie e di altre che non vengono diffuse. Nel portale ci sono giornalisti e militanti che, dal Continente e dall’Italia, si spendono per questa causa e per un’informazione che sia il meno possibile plagiata.

Il nome del sito Grande Patria viene dal sogno di Simon Bolivar che scaturisce dall’idea del socialismo moderno.

Come afferma Michela Arricale, avvocato e militante storica della sinistra in Irpinia:

Veniamo da esperienze diverse ma abbiamo deciso di sforzarci per proporre un terreno unitario d’informazione e solidarietà con l’America Latina, che vogliamo sognare come una unica Patria Grande.

All’interno del nuovo sito si troveranno articoli in italiano e in altre lingue, per favorire il contributo di tutti i media alternativi dotati di credibilità politica e professionale nell’ambito latinoamericano.

Candidata Europee 2019

Michela Arricale

Prosegue Michela Arricale nel delucidare meglio le esigenze di Patria Grande:

Crediamo ci sia bisogno di ripristinare informazioni corrette e che trovino spazio le ragioni e le battaglie di chi nei media ufficiali è senza voce. Pensiamo che Patria Grande possa essere un luogo dove tutti i soggetti della solidarietà e tutti gli operatori dell’informazione possano trovare la loro casa.

Dall’inizio del terzo millennio, quando si celebravano i funerali delle ideologie che hanno animato il ‘900, proprio l’America Latina è diventata il paradigma dello scontro tra idealità inconciliabili. Dal golfo del Messico fino al Polo Sud è uno scontro tra due modelli socioeconomici opposti: uno, per molti aspetti ancora dominante, ha nel liberismo monetarista la sua identità, aumenta le ricchezze per pochi e la povertà per molti; l’altro, di orientamento socialista, nel suo governare ha indicato l’idea di crescita economica quale strumento per la riduzione delle disuguaglianze, ridurre la povertà e costruire nel rispetto degli indicatori dell’indice Gini il suo modello di governo.

È uno scontro che riproduce in questa fase storica il conflitto tra capitalismo e socialismo con l’esperienza socialista che viene osteggiata, negata nelle sue ragioni e occultata nel suo sviluppo.

Oggi alle ore 18:oo presso la Libreria Odradek in Via dei Banchi Vecchi 57 a Roma si terrà la presentazione di Patria Grande.

Noi vi facciamo un grosso in bocca al lupo!

Transgender Day of Remembrance: la giornata mondiale per ricordare le vittime dell’odio

Il 20 novembre è la giornata mondiale del Transgender Day of Remembrance, una giornata per ricordare tutte le vittime che sono morte a causa dell’odio e del pregiudizio nei confronti delle persone transgender.

Contro la transfobia

Contro la transfobia

Il Transgender Day of Remembrance è stato introdotto da Gwendolyn Ann Smith, scrittrice e attivista transgender, per ricordare la morte di Rita Hester uccisa a coltellate nel suo appartamento il 28 novembre 1998 a Allston, un quartiere di Boston. Quando i giornali, all’epoca, iniziarono a parlare del caso, si riferivano a Rita parlando di lei al maschile, in pratica cancellarono l’identità femminile di Rita nello stesso modo in cui era stata privata della vita dai suoi assassini.

Molto spesso non ci si rende conto che affrontare un percorso complesso e delicato come quello del cambiamento di sesso, attraverso l’operazione chirurgica, deriva da un non sentirsi bene nel corpo maschile o femminile in cui si è nati. Scegliere di cambiare identità e metterlo in pratica necessita di forza e di determinazione, che scaturiscono da un senso di malessere perché si ha difficoltà a guardarsi nello specchio e a riconescere l’immagine che si vede riflessa.

Ieri ad Avellino abbiamo festeggiato anche noi il Transgender Day of Remembrance insieme a Mara Festa e ad Antonio De Padova dell’associazione Apple Pie perché siamo anche noi vicini alle vittime del pregiudizio e della transfobia.

omossesualità

No alla transfobia

Con Mara Festa ed Antonio De Padova abbiamo parlato della differenza di genere, di rispetto e degli ultimi episodi che hanno visto al centro dell’attenzione Vladimir Luxuria, ingiuriata e bullizzata nel noto salotto dell’informazione della porta accanto, ciò a cui abbiamo assistito è stata la mancanza totale di educazione, di rispetto e di cultura nei confronti di un essere umano.

Vogliamo ricordare che il bagaglio culturale di una persona non è quantificato dalle lauree ottenute o dai libri letti ma dalla sensibilità e dal rispetto con cui ci si rapporta con l’altro.

Abbiamo tutti il dovere di combattere contro le differenze di genere e contro tutti quei pensieri che alimentano discriminazioni di ogni sorta.

La poesia performativa di I AM/You FM

Nello Luciano, in arte I Am/You FM, apre il suo progetto per caso ma con un’idea di fondo che ha come tematica il rapporto dell’essere rispetto al mondo circostante e alla società moderna. Il nome I AM/You FM prende spunto da due concetti chiave: l’Essere in senso ontologico (I Am, io sono) e l’esigenza di comunicare (AM come modulazione di frequenza, minore di quella FM che, invece, ha un legame più lineare tra frequenza e messaggio).

Usando le stesse parole di Nello Luciano:

 Quello dell’Io sono, sottointendendo una prima persona in senso lato, è un concetto che viene obbligatoriamente messo in relazione a quello che viene filosoficamente chiamato mondo sensibile, più accessibile, più accessibile ma non per questo sentito come proprio.

I AM/You FM: video

I AM/You FM

I AM/You FM si avvicina alla poesia performativa nel 2010, quando si imbatte in Poeti in lizza, un torneo nazionale di Torino incentrato sulla poetry slam, un mondo completamente nuovo per lui perché ai tempi non esisteva ancora il suo progetto di poesia performativa.

Nello Luciano si nutre da sempre di classici: da piccolo resta affascinato dall”800 e dal ‘900, con una maggiore propensione per il neorealismo magico ovvero per autori come Italo Calvino, Franz Kafka, Milan Kundera e Dino Buzzati.

Successivamente I AM/You FM  si avvicina alla poesia come lettura. Oggi predilige il surrealismo dal punto di vista delle arti visive in senso lato (musica, cinema e pittura). Dalla fusione delle sue passioni: scrittura e musica nasce il suo progetto di poesia performativa.

Eddie Verso

Nello Luciano

I AM/You FM e la sua poesia performativa

I temi principali di cui parlano le poesie di I AM/You FM sono incentrati principalmente su tematiche filosofiche come l’aderenza dell’Io rispetto al mondo sensibile in epoca moderna con un riferimento velato al saggio La costruzione logica del mondo (1928) di Rudolf Carnap e Martin Heidegger per quanto riguarda le sue teorie sul concetto del nulla.

I AM/You FM è affascinato dalle tematiche che riguardano lo spazio ed il tempo associato al simbolismo e alle diverse strade d’interpretazione sociologica.

Il concetto di spazio ha influenzato molto la sua scrittura perché Nello Luciano è interessato alla riflessione sul rapporto tra uomo e spazio circostante ovvero come e quanto il mondo circostante ci forma e ci plasma.

Ecco un altro estratto di Fulgori, serata dedicata alla poesia performativa, svoltasi a Benevento e organizzata da Fautrix EcoVineria, Francesca Mazzoni e da Vittorio Zollo.

Dal primo ascolto della performance di I Am/You FM: le pause, l’incalzare delle parole pesate, pesanti e pensanti riportano alla mente la recitazione di Emidio Clementi, cantante dei Massimo Volume ma ogni suggestione è soggettiva, dunque a ciascuno la propria.

Buona scoperta!

In fondo alla caverna di Alessandro Perna: un viaggio di sola andata nel mondo penale minorile

In fondo alla caverna (2018), pubblicato da Graus Editore, è il primo romanzo di Alessandro Perna, avvocato penalista specializzato in legislazione penale minorile. Il libro è composto da diciassette storie, che mostrano il mondo penale minorile, fatto di esistenze in bilico tra legale ed illegale, abusi, violenze, vissuti tragici e diversità di ogni sorta.

In fondo alla caverna

In fondo alla caverna

Le vite dei protagonisti delle storie di Alessandro Perna sono legate da un filo indissolubile con il luogo sociale in cui sono cresciuti, dal contesto familiare che li ha segnati, a prescindere dall’estrazione sociale di appartenenza, ma anche dalla difficoltà di non poter vivere liberamente in contesti retrogradi e da cui si sente forte la discriminazione nei confronti della diversità, intesa in senso lato.

In fondo alla caverna non è scritto in forma narrativa: le frasi sono brevi, non c’è spazio per le figure retoriche, ogni storia viene rappresentata attraverso una scelta ponderata delle parole che sono taglienti, crude e non lasciano spazio all’immaginazione.

Per farvi entrare nel mood del romanzo, riportiamo l‘introduzione alle storie di In fondo alla caverna scritta dallo stesso autore:

Sorie.

Istantanee quotidiane.

Racconti di abbandono, ricerca; eccessi di rabbia.

Realtà ingurgitate, riflesse, sul fondo della caverna.

Sguardi disciplinati, allenati, orientati al basso.

Ombre che si riflettono sulle pareti.

Realtà incerte; crepe.

Percorsi tracciati.

Uno devia, si ritrova solo.

Percentuali basse.

Un altro si adagia, rinuncia, si arena.

Mare in perenne tempesta.

Minori; sonnambuli.

Acrobati.

Vertigini.

Fondo.

Vissuti scomodi.

Adepti, manovalanza.

Aspri costrutti d’illegalità, di inerzia; pigrizia.

Ordini chiari, incisi; incisivi.

Morsi sulla pelle.

Fame.

Sete.

Storie di ragazzi dimenticati.

Cortometraggi: immagini di case, finestre aperte, file di bucato,

strade in salita.

Aroma di caffè.

Storie di quartieri densi e affollati.

Luoghi elettrici.

Mille passi, mille volti; sanpietrini.

Disagio.

Storie di opportunità.

Storie di necessità.

Terreno dismesso.

Scelte facili.

Conseguenze amare, pesanti.

Contrappeso sul “bilancino” del fato.

Lo Stato resta estraneo.

Li incontri per strada, li ascolti, li osservi.

Sguardi duri, muscoli tesi, toni alti, scarpe slacciate.

Presenze scomode.

Vuoti banchi.

Cancelli chiusi.

Li trovi lì, in fondo alla caverna, al buio, privati del sonno.

Spettatori di realtà riflesse.

Incatenati a rocce di necessità.

Qualcuno si alza, arranca, chiede aiuto emerge.

Ci sono ragazzi che di notte non sognano

Ci sono ragazzi che vivono nel fondo della caverna.

 

In fondo alla caverna di Alessandro Perna

In fondo alla caverna di Alessandro Perna

In fondo alla caverna: trama

I personaggi principali del libro In fondo alla caverna provengono da Napoli: alcuni ci sono nati, altri ci sono arrivati e altri ancora ci sono morti, senza aver avuto la possibilità di vivere pienamente la città.

I minori di cui scrive Alessandro Perna non sono stati tutti arrestati ma sono tutti collocati in quel baratro infernale dove non c’è spazio per l’amore e, soprattutto, per quella spensieratezza che si dovrebbe vivere in determinate età della vita.

La storia numero cinque racconta di bullismo e di omossesualità. Siamo in una scuola di Napoli e Mattia, il protagonista, è un ragazzo introverso. Un giorno viene pestato a sangue nel bagno della sua scuola perché durante una gita scolastica fatta in Sicilia, giocando al gioco della bottiglia con i suoi compagni, Mattia aveva mostrato interesse nei confronti di Ciro, dandogli, probabilmente, un bacio.

La disapprovazione dei suoi compagni di classe e di Ciro stesso, per l’accaduto, si palesa attraverso un agguato e relativa aggressione a scuola.

I colpi non accennavano ad arrestarsi, né  a diminuire di intensità.

Il suo corpo era ormai una massa innocua, immobile, lasciata all’ira dei suoi aggressori.

Un senso di nausea lo invase quando avvertì la bocca riempirsi di sangue.

Rannicchiato, provava a proteggersi il volto, non avrebbe sopportato di dover dare spiegazioni ai genitori circa gli eventuali segni.

Era abituato al dolore, quello non visibile, quello occultabile.

Ciro si abbassò la lampo dei jeans e, mentre gli altri tre continuavano a colpirlo

Non era per il dolore fisico, a quello ormai ci era abituato.

Era la quarta aggressione negli ultimi due mesi. La più violenta.

Se l’era meritato, a volte se lo diceva, quando restava da solo chiuso nella sua stanza.

Ciò che emerge dalla storia di Mattia è il bullismo e la non accettazione dell’omosessualità, entrambe viste dalla parte della vittima e da quella del carnefice. Ciò che emerge è un quadro dai tratti cupi, fatto di spietata violenza e solitudine. Lo scrittore pone l’attenzione sulle conseguenze interiori che provoca il non sentirsi accettato nel luogo in cui si vive e da quelli che dovrebbero essere i coetanei a cui legarsi, durante il percorso scolastico e poi, si spera, anche nella vita.

Il racconto di Alessandro Perna evidenzia cosa si prova interiormente nel sentirsi diverso nel preferire un sesso a differenza di un altro, e ancora viene messo in risalto il senso di colpa che cerca di dare una giustificazione ad atti di violenza che non contemplati in un mondo umano fatto di libertà di espressione e di uguaglianza come dovrebbe essere quello in cui viviamo ma che, nonostante la modernità, resta ancorato a modi di pensare atavici e retrogradi.

In fondo alla caverna di Alessandro Perna copertina

In fondo alla caverna copertina

Altre storie, come quella numero quindici, ci raccontano di tossicodipenze e di disagi a cui si cerca di non pensare perché provengono da quel luogo da cui non possiamo sottrarci: quello delle mura domestiche e della famiglia.

Il protagonista della prossima storia è figlio di un cardiochirurgo di Napoli, che vive in una famiglia che gli permette un tenore di vita agiato e che lo porta ad eccedere nell’uso di droghe e di alcol.

Il vortice affascina, il vortice cattura.

La tranquillità del suo andare, le onde, cerchi concentrici, spirali sinuose e in fondo il buio, solo il buio.

Nessuna luce con cui confrontarsi, nessuna immagine riflessa.

C’ero così vicino, potevo quasi toccarlo, l’alcool, i debiti, le donne, l’eroina, e ora…

Mi inietto la sostanza nell’interno coscia.

Che vadano a farsi fottere tutti.

La storia di questo ragazzo, potrebbe ricalcare quella dell’immaginario classico del giovane benestante, che sperpera per vizio e perché ha tutto senza sforzo ma, leggendo la sua storia, il lettore scopre i numerosi tradimenti di una madre assente, un padre che si ritrova costretto in un letto e che aspetta solo la morte come liberazione dalla SLA, male sopraggiunto all’improvviso che lo ha relegato nell’immobilità completa.

Le diciassette storie scritte da Alessandro Perna non pretendono di dare una morale, descrivono nelle viscere quel mondo che, molti di noi apprendono dalle news dei telegiornali e che lasciano il tempo che trovano nella consapevolezza a breve termine che scandisce i problemi altrui rispetto ai nostri, spesso, considerati sempre più tragici rispetto a ciò che accade fuori dal nostro microcosmo.

In fondo alla caverna è come un pugno nello stomaco che ci sveglia per un attimo dal mondo patinato in cui ci trastulliamo e riporta vicende delicate che potrebbero accadere nel vissuto di chiunque.

Se siete incuriositi da quella Napoli che esula dall’immaginario della sfogliatella, della pizza e del mandolino, mostrando un mondo più realistico della città, vi consigliamo la lettura de La città insensibile di Carmine Zamprotta: un’istantanea senza filtri su Napoli.

Gennaro Vallifuoco: la simbologia espressa nell’arte visiva

Gennaro Vallifuoco è un pittore, scenografo e illustratore irpino. È autore di numerosi allestimenti scenici tra cui quella de Il Re Bello di Roberto De Simone, in scena al teatro La Pergola di Firenze nel 2004.

L’artista ha realizzato diverse pubblicazioni editoriali come Fiabe Campane e Lo Cunto de li cunti, in cui si trovano le sue opere pittoriche grafiche.

Gennaro Vallifuoco: video

Gennaro Vallifuoco

Gennaro Vallifuoco attualmente lavora come scenografo all’Auditorium Parco della Musica di Roma per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e insegna Scenografia all’Accademia di Belle Arti a Napoli.

Gennaro Vallifuoco dipinto

Gennaro Vallifuoco dipinto

Gennaro Vallifuoco e la sua espressione visiva

L’espressione pittorica e artistica di Gennaro Vallifuoco si caratterizza per un forte legame con la simbologia dei tarocchi, con l’esoterismo e con i miti antichi che si fondono con elementi popolari derivanti dal patrimonio culturale della tradizione mediterranea.

Gerardo Picardo ha definito così la sua arte:

Il segreto di questo pittore dell’anima è conciliare mente e mano, perché la mano è organo secondo la lezione di Giordano Bruno. Un alchimista, Vallifuoco: lavora a specchio con la verità che gli danza nel cuore, mettendo al centro volti, figure e segni… che danzano su spazi smarriti o inquieti, graffiano verità o le hanno perse ai crocicchi delle scelte.

Negli ultimi anni il suo studio si è orientato sulla dea Mefite, divinità legata alle acque ed invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile. Il culto di Mefite si sviluppò maggiormente nella valle d’Ansanto in Irpinia.

Le aree sacre dedicate a questa divintà si trovavano, infatti, vicino ad acque fluviali o lacustri ma anche vicino a percorsi praticati per la transumanza del bestiame.

Gennaro Vallifuoco è affascinato dallo studio delle divinità pagane e della relativa simbologia che scaturisce dai miti. La dea Mefite non è l’unica divinità su cui si è soffermato l’artista.

La dea Mefite di Gennaro Vallifuoco

La dea Mefite di Gennaro Vallifuoco

La dea Mater Matuta, divinità del Mattino e dell’Aurora nonché protettrice degli uomini e delle cose, rappresenta un altro ambito tematico artistico su cui Gennaro Vallifuoco si sta soffermando da tempo.

Da ciò nasce l’appuntamento che si terrà il prossimo 30 novembre a Castel dell’Ovo di Napoli dove l’artista esporrà dei dipinti dedicati alla dea Mater Matuta, insieme ad altre opere di Mario Schifano, che rappresentano l’indagine artistica e i misteri di questa potente figura che rappresenta la forza femminile generante e matrilineare.

I Racconti di Parvana: un film animato sulla differenza di genere prodotto da Angelina Jolie

I Racconti di Parvana ( The Breadwinner) è un film animato di Nora Twomey che si rifà al romanzo Sotto il burqa (2000) di Deborah Ellis. Il lungometraggio mostra la vita di una bambina undicenne, Parvana, che cresce a Kabul sotto il regime talebano.

I Racconti di Parvana

I Racconti di Parvana

Parvana, contrariamente alle sue coetanee occidentali, già all’età di quattro anni non gioca più con le bambole perché deve accudire i suoi fratelli. I problemi della protagonista del film animato sono gli stessi del resto delle bambine afghane e di tutte quelle che purtroppo sono nate in luoghi dove l’oppressione culturale è molto forte.

A sette anni sono delle bambine nell’aspetto ma con movenze adulte: casalinghe esperte, pronte a diventare madri e vicine al matrimonio perché ad undici anni è questo lo scenario che viene presentato loro, nella maggior parte dei casi. Alla loro età diventano adulte e i loro sogni, le loro propensioni vengono ammutolite dal dover svolgere mansioni casalinghe e di ordinaria amministrazione.

I Racconti di Parvana mostra uno scenario sulla mancanza di diritti per l’infanzia e sottolinea la diversità di genere perché la cultura, rappresentata nella maggior parte dei casi dalla possibilità di leggere e scrivere, è rappresentata soprattutto dalla possibilità di vivere liberamente, seguendo le inclinazioni e i sogni legati a ciascuna età.

I Racconti di Parvana

I Racconti di Parvana

I Racconti di Parvana: la trama

Parvana è una ragazzina di undici anni che, all’improvviso, si trova a vivere senza il padre perché viene arrestato dai talebani. Venuta a mancare la figura patriarcale, quella stessa che le stava insegnando la libertà attraverso la lettura e la scrittura, la bambina deve mantenere la sua famiglia. Da subito la bambina si rende conto che anche comprare del riso al mercato diventa complicato perché è una donna.

A Kabul solo gli uomini possono parlare, lavorare, comprare beni di prima necessità e rapportarsi alla comunità. Dunque, sfruttando la sua giovane età, Parvana taglia i suoi lunghi capelli neri e indossa degli abiti maschili, per poter trovare un lavoro che le possa permettere di mantenere la sua famiglia.

La ragazzina, insieme ad una sua amica anche lei travestita da uomo, inizia a lavorare al mercato. Per arrotondare Parvana, alcune volte, impartisce lezioni di lettura e scrittura ad un talebano, che si scopre essere tra i più gentili tra quelli che conosce.

La differenza di genere è una problematica molto delicata che indossa vari abiti e risiede non solo nei luoghi che sono meno sviluppati culturalmente. Purl (2018), un corto animato della Pixar, mostra la differenza di genere negli ambienti di lavoro occidentali.

I Racconti di Parvana è un film prodotto da Angelina Jolie, che uscirà nelle sale italiane il prossimo 25 novembre.

Storie di donne a teatro e al cinema: da Eleonora Duse a Meryl Streep

Eccoci di nuovo con l’appuntamento Un caffè a teatro con Francesco Teselli e Gilda Ciccarelli della compagnia teatrale La Fermata. I due attori, nella puntata precedente, ci avevano parlato di storie di donne a teatro partendo da Eleonora Duse a Elvira Notari, la prima regista donna nata a Salerno.

Oggi proseguiamo su questo argomento, parlando delle figure femminili più importanti che hanno segnato la storia del teatro fino ad arrivare al cinema.

Donne a teatro e al cinema

Donne a teatro e al cinema

Quali sono le protagoniste femminili che hanno cambiato il concetto del teatro, rompendo gli schemi, fino ad arrivare ai nostri giorni? L’elenco completo sarebbe lungo, quindi cercheremo di menzionare le più importanti.

Marta Abba

Marta Abba

Marta Abba

Iniziamo dalla musa ispiratrice, presunta amante, di Luigi Pirandello: Marta Abba (1900-1988) è stata una delle più grandi interpreti del ‘900.

L’attrice inizia a studiare recitazione all’Accademia dei Filodrammatici, esordendo con il dramma Il gabbiano di Anton Pavlovič Čechov. Marta Abba, già in questa occasione, non passò inosservata mostrando il suo talento e la sua indole impetuosa e passionale.

Luigi Pirandello legge la critica di Marco Praga che definisce l’attrice con queste parole:

C’è una tempra di attrice in questa giovane e, aggiungo, di primattrice. La sua bella figura scenica, la sua maschera, la sua voce ch’è di timbro dolcissimo e insieme delle più calde, l’intelligenza di cui ha dato prova in questa parte protagonistica del dramma cecofiano, la sua sicurezza e la sua disinvoltura, la dimostrano nata per la scena, e subitamente matura per affrontare il gran ruolo.

Marta Abba

Marta Abba a teatro

Luigi Pirandello, dopo aver letto ciò, decide di scritturare Marta Abba, che diventa l’interprete fedele delle sue rappresentazioni teatrali e la sua musa ispiratrice. L’incontro tra Luigi Pirandello e Marta Abba è stato descritto dall’attrice in diverse occasioni con queste parole:

Io arrivai a Roma accompagnata da mia madre. Era il primo viaggio verso una Compagnia con la quale avrei dovuto fare una tournèe. Sul palcoscenico vidi alcune persone nel semibuio, e una con i capelli d’argento, il pizzetto bianco, piuttosto curva. Io entrai in palcoscenico e qualcuno disse: “È Marta Abba”. Pirandello allora scattò dalla sua poltrona e mi venne incontro con quella sua splendida vitalità: non pareva certo vecchio! Mi strinse ripetutamente la mano e mi disse: ” Benvenuta signorina; siamo contenti che sia arrivata”.

Con Luigi Piradello si crea, dal primo momento, un rapporto di stima e di profondo affetto, tanto che riguardo a questo legame si è molto discusso e in molti hanno pensato ad una storia d’amore tra i due. Che ci sia stato qualcosa che disattende la semplice amicizia, lo conferma un libro che raccoglie le numerose lettere tra lo scrittore e Marta Abba (Lettere a Marta Abba edito da Mondandori nel 1995).

Da questi carteggi emerge profondo amore e grande devozione tra i due. Ci sono alcune epistole, come quella che lo scrittore invia all’attrice mentre lei era in vacanza, che ne attestano la gelosia e lo sconforto per la mancanza dell’amata.

Ecco un frammento della lettera:

Marta mia, ti mando in questo momento, sono le 10 e 1/2 del mattino, un telegramma con risposta pagata, per avere prima di questa notte Tue notizie. Questa notte sono stato agitatissimo, ho fatto un orribile sogno. E ho bisogno di tranquillarmi! Non puoi immaginarti in quanta preoccupazione io viva. Le cose più folli mi passano per la testa e non trovo un momento di requie… Pensa a me, pensa a me Marta: io sono qua unicamente per Te; non veder chiusa entro limiti angusti la tua vita…

Marta Abba, dopo la morte di Luigi Pirandello, sposa un idustriale e si stabilisce a Cleveland nel 1952, anno stesso del suo divorzio. L’attrice decide di tornare in Italia e di ricalcare le scene fino a metà degli anni Cinquanta. Si ammala di paresi ed è costretta a vivere su una sedia a rotelle e lontana dalle scene fino alla sua morte.

Dacia Maraini

Dacia Maraini

Il teatro femminista di Dacia Maraini

Facciamo un salto negli anni ’70, arrivando alla nascita del Teatro della Maddalena (1973-1980) a Roma, fondato da Dacia Maraini e da Natalia Ginzburg, entrambe sostengono i diritti delle donne e la loro emancipazione sociale e culturale. Il teatro da loro fondato è un teatro impegnato, è uno strumento veicolare per denunciare e svolgere azioni politiche in favore delle donne.

Restando in questi anni non possiamo non parlare di Franca Rame (1929-2013), attrice teatrale e politica italiana nonché moglie di Dario Fo insieme al quale fonda la Compagnia Dario Fo-Franca Rame, che ebbe molto successo.

Franca Rame

Franca Rame

Franca Rame nel 1973 fu costretta a salire su un furgoncino con cinque uomini appartenenti all’estrema destra (neofascismo), ciascuno la stupra a turno e la torturano. L’attrice nel 1981 porta in scena lo spettacolo teatrale Tutta casa, letto e chiesa dove all’interno c’è il monologo Lo stupro, che racconta proprio di questo tragico avvenimento della sua vita.

Franca Rame: monologo Lo Stupro

Questo è solo un accenno ai personaggi femminili di cui ci hanno parlato Gilda Ciccarelli e Francesco Teselli della compagnia teatrale La Fermata, per il resto non vi resta che guardare la puntata di un Caffè al teatro!

L’uomo del labirinto: un thriller psicologico sulla manipolazione mentale

L’uomo del labirinto, tratto dall’omonimo romanzo noir (2017) di Donato Carrisi, conduce lo spettatore all’interno del mondo della manipolazione psichica e della fragilità mentale dell’essere umano.

Il regista parte da un’ambientazione non definita: siamo in Italia e ciò è deducibile dai nomi delle insegne dei negozi, ma possiamo trovarci ovunque. Dall’inizio del film si entra immediatamente nel mondo distorto di Samantha Andretti (Valentina Bellè), una ragazza che è stata rapita quindici anni prima ed è stata drogata dal suo rapitore, per renderle, forse, meno pesante la condizione di cattività cui è stata costretta a vivere.

Per cercare di capire cosa sia successo a Samantha Andretti, viene interpellato il dottor Green (Dustin Hoffman), un profiler che deve entrare nella testa della ragazza, spingendola a ricordare tutto ciò che ha vissuto nei quindici anni di rapimento.

Tutto il suo trascorso di quegli anni, probabilmente, è stato rimosso dalla ragazza sia per le droghe psicotrope che le sono state somministrate e sia per il potere della mente umana, che consiste nel rimuovere o falsare i ricordi strettamente collegati ad episodi traumatici vissuti, con cui è troppo difficile fare i conti.

L'uomo del labirinto: recensione

Toni Servillo interpreta Bruno Genko nell’ultimo film di Donato Carrisi

Al destino di Samantha Andretti s’incrocia un’altra figura, quella di Bruno Genko (Toni Servillo), un uomo che si occupa di recupero crediti e di investigazione.

Bruno Genko era stato convocato, ai tempi del rapimento, dai genitori di Samantha Andretti per aiutarli a ritrovare la figlia ma l’investigatore non aveva adempiuto al suo compito.

Quando l’investigatore apprende, dal telegiornale, il ritrovamento di Samantha Andretti sente di doverle dare una mano, cercando di scoprire l’identità del rapitore.

L'uomo del labirinto

L’uomo del labirinto

Intanto cosa sta scoprendo il dottor Green?

Samantha Andretti gli parla costantemente di un labirinto e di un gioco, cui era costretta a giocare, per poter avere acqua e cibo. I ricordi della ragazza sono molto confusi ma, pian piano, il profiler riesce ad avere un quadro della situazione.

Intanto Bruno Genko, che sta cercando di scoprire il volto del rapitore, si ritrova ad inseguire un uomo con la testa di un coniglio. Bunny è il rapitore di Samantha Andretti, di questo Genko ne è sicuro, ma riuscire a smascherare la sua indentità non è così semplice.

Intanto a questa storia si intreccia la scomparsa di Mila, una poliziotta che lavora all’interno della sezione persone scomparse. La sua sparizione sembra non avere un collegamento con il ritrovamento di Samantha Andretti ma non è proprio così, questo lo scoprirete, forse, solo con la visione de L’uomo del labirinto.

L'uomo del labirinto

L’uomo del labirinto

L’uomo del labirinto: punti di forza

Donato Carrisi, per la trasposizione cinematografica del romanzo, si è avvalso di un cast di tutto rispetto che, già di per sé, rappresenta un punto di forza perché spinge un qualsiasi spettatore, compreso il non appassionato del genere thriller, ad andare al cinema.

Un altro punto di forza è quello di Bunny, l’uomo dalla testa di coniglio che, oltre a riportare alla memoria L’impero della mente (2006) di David Lynch, riesce a trasferire la stessa inquietudine disorientante che avvolge l’essere umano nel momento stesso in cui si rapporta a qualcosa che è diverso da sé.

L’elemento che, però, lo rende un film interessante è il gioco psicologico che il regista induce nello spettatore: quest’ultimo viene, a sua volta manipolato da Donato Carrisi e condotto nello stesso labirinto psicologico della manipolazione mentale.

Alla fine del film ci si accorge di essere stati condotti, inconsapevolmente, verso una verità falsata, attraverso un plagio e ci si rende pienamente conto di come la mente umana possa essere tratta in inganno attraverso manipolazioni esterne.

Napoli: Ermione di Rossini in scena al San Carlo

Ermione è una delle opere più difficili di Gioachino Rossini, il cui intento era quello di portare in scena una proposta teatrale drammatica e caratterizzata da un forte realismo. Dopo ben 31 di assenza, era il il 1988, Ermione ritorna in scena al teatro San Carlo di Napoli.

Il 27 maggio del 1819, sempre al San Carlo di Napoli, ci fu il debutto dell’opera di Rossini, che fu un fiasco per l’eccessiva tragicità dell’opera, cui il pubblico non era abituato. Da quel momento Ermione non venne più ripresa in nessun teatro fino al 1977 quando, sotto forma di concerto, la tragedia venne ripresentata dinnanzi al pubblico nella Chiesa dell’Annunziata a Siena.

Dal 7 al 10 novembre Ermione ritorna a Napoli con la regia di Jacopo Spirei e viene ripresentata in occasione dei 200 anni dalla sua prima assoluta.

Jacopo Spirei

Jacopo Spirei

Come afferma lo stesso Jacopo Spirei:

Ermione è un’opera di scelte: amore, dovere, potere e follia. A che cosa si è disposti a rinunciare pur di ottenere quello che si vuole? Si può sacrificare il bene di una nazione per un interesse privato? E per amore? In quest’opera tutti sacrificano tutto e sono disposti a pagare un prezzo altissimo per le proprie scelte.

Rossini, attraverso Ermione, cerca di mettere in rilievo e interpretare le debolezze dell’uomo, quelle stesse che esasperandolo lo conducono a fare scelte estreme. Protagonista, contrariamente ai classici stereotipi della tragedia classica greca, non è un vincitore ma un perdente sconfitto.

Teatro San Carlo

Teatro San Carlo

Ermione: l’opera teatrale

Troia è stata sconfitta da Pirro, principe degli Achei, che decide di portare con sé alcuni prigionieri troiani tra cui Andromaca, vedova di Ettore, di cui lui è follemente innamorato. Pirro vuole che Andromaca diventi sua moglie anche se, questi, ha promesso di sposare Ermione, figlia di Menelao, che venuta a conoscenza delle intenzioni del suo promesso sposo viene colta da sdegno e implacabile gelosia.

La tragedia è divisa in due atti.

Il primo atto si apre con un coro di prigionieri troiani che lamentano la sconfitta e la distruzione della loro città. Nel coro c’è Andromaca disperata e inconsolabile per la morte del marito Ettore, di cui rivede continuamente il volto. A tormentarla c’è Attalo, confidente di Piro, che continua ad insinuarle le intenzioni amorose del principe che, in cambio del suo amore, le promettere di salvare la vita a suo figlio Astianatte, accettandolo come figlio, qualora dicesse di sì alle nozze. Se Andromaca dovesse accettare le nozze come la prenderebbero gli Achei nel sapere che il successore al trono diventerebbe il figlio di Ettore, acerrimo nemico dei Greci? La possibilità di una nuova guerra, sarebbe un’ipotesi da tenere in considerazione.

Ermione incontra finalmente Pirro, che la umilia e proprio in quello stesso momento viene annunciato l’arrivo di Oreste, capo dei condottieri greci e innamorato di Ermione ma non corrisposto dalla donna, che vuole far ragionare il principe acheo, ricordandogli di rispettare i patti.

Pirro afferma con veemenza le sue intenzioni anche ad Oreste e annuncia il suo matrimonio con Andromaca, che però rifiuta la mano del principe. Pirro infuriato ritorna sui suoi passi, decidendo di sposare Ermione e di consegnare Astianatte ai condottieri greci.

Nel momento stesso in cui Pirro sta per consegnare il bambino, Andromaca gli supplica di darle del tempo per cambiare idea. Pirro si rallegra mentre l’ira pervade Ermione, che ha come unico sentimento quello di vendicarsi dell’affronto subìto.

Il secondo atto si apre con Attalo che comunica a Pirro che Andromaca ha deciso di sposarlo. La notizia giunge anche ad Ermione che, in preda al delirio e alla rabbia, approfittando dell’amore che Oreste nutre per lei gli chiede giustizia per il torto infertole da Pirro. Ermione vuole che Oreste uccida Pirro e che le porti, come prova dell’uccisione, il pugnale intriso del sangue della vittima.

Il giovane innamorato segue alla lettera le parole di Ermione, uccidendo il principe. Pilade, infuriato per la morte di Pirro, minaccia il linciaggio per vendicare l’omicidio. Ermione maledice Oreste mentre viene portato via in preda al delirio.

Ermione: direzione e interpreti

La tragedia che verrà presentata al Teatro San Carlo di Napoli si avvale della seguenti figure direttive:

Direttore: Alessandro De Marchi

Maestro del Coro: Gea Garatti Ansini

Regia: Jacopo Spirei

Scene: Nikolaus Webern

Costumi: Giusi Giustino

Luci: Giuseppe Di Iorio

Assistente alla Regia: João Carvalho Aboim

 

Per quanto concerne l’interpretazione teatrale

Ermione, Angela Meade / Arianna Vendittelli (10 novembre)
Andromaca, Teresa Iervolino
Pirro, John Irvin 
Oreste, Antonino Siragusa
Pilade, Filippo Adami  / Julian Henao (10 novembre)
Fenicio, Guido Loconsolo / Ugo Guagliardo (10 novembre)
Cleone, Gaia Petrone
Cefisa, Chiara Tirotta
Attalo, Cristiano Olivieri

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo.

 

Mario Martone incontra il pubblico a Lioni per parlare de Il Sindaco del rione Sanità

A distanza di pochi mesi Mario Martone, dopo aver ricevuto ad Avellino il Premio Camillo Marino, ritorna in Irpinia per parlare al suo pubblico del Il Sindaco del rione Sanità, il suo ultimo film tratto dall’omonima rappresentazione teatrale di Eduardo De Filippo.

Dopo Capri Revolution (2019), il regista partenopeo torna sul grande schermo con un nuovo lungometraggio che gioca sui valori di bene e male, in cui il significato intrinseco di queste due connotazioni morali assumono un senso completamente soggettivo.

Antonio Barracano (Francesco Di Leva), figlio di pastori, è un uomo che si è fatto strada da solo, manipolando la giustizia e riuscendo a diventare un punto di riferimento nella Napoli criminale e nel suo quartiere.

Tutti lo chiamano il Sindaco, a lui questo nome non piace, perché risolve contenziosi e problemi che attanagliano le persone malavitose o chiunque si rivolga a lui per uscire fuori da situazioni poco felici.

Il sindaco del rione Sanità: trailer

Francesco Di Leva

Il concetto di giustizia di Antonio Barracano è singolare e non segue la logica comune, che discerne bene e male o buono e cattivo, seguendo i parametri cui siamo abituati.

Un esempio, il più paradossale, è quello che riguarda uno dei suoi cani d’attacco, Malavita, che una notte aggredisce quasi a morte sua moglie Armida (Daniela Ioia). Qualsiasi persona di buon senso avrebbe puntato il dito, senza ombra di dubbio, contro il cane.

Per Antonio Barracano la realtà è diversa: per lui è stata la moglie che ha sbagliato, scendendo all’una di notte di casa per recuperare il suo smartphone. Il compito di Malavita è quello di difendere la casa ed i suoi abitanti e, secondo lui, il suo cane ha adempiuto al suo ruolo, difendendo il territorio.

Il Sindaco del rione Sanità: locandina

Il Sindaco del rione Sanità

Il Sindaco del rione Sanità di Mario Martone resta fedele alla rappresentazione teatrale di Eduardo ma, allo stesso temp, il regista adegua esteticamente il personaggio di Antonio Barracano all’immaginario più moderno che noi, oggi, abbiamo del malavitoso.

Il protagonista del lungometraggio non è un uomo over 60, come nella rappresentazione teatrale, ma è un aitante quarantenne dal fisico scolpito che tiene alla propria immagine nello stesso modo in cui tiene alla propria rispettabilità nel quartiere.

Per scoprire il resto non vi resta che guardare il film!

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