cinema

Avellino: Davide Morganti incontra
il pubblico al Partenio

Caina (2016) è un film di Stefano Amatucci tratto dall’omonimo romanzo di Davide Morganti.

Per il ciclo La voce dell’autore, promosso dallo Zia Lidia Social Club, lo scrittore ed il regista hanno incontrato il pubblico al cinema Partenio, dopo la proiezione del film.

Caina è un film che affronta la tematica dell’immigrazione da un punto di vista diverso e in cui non c’è spazio per la pietà o per la compassione. I protagonisti non crescono umanamente, restando fedeli a loro stessi dall’inizio alla fine perché non ci sono vinti e vincitori. La fotografia è cupa ed essenziale, aderisce perfettamente nel dare quella chiave di lettura lontana dalla catarsi e vicina al distacco emotivo.

La trama di Caina nasce dalla fusione de Il trovacadaveri (2010), un monologo di Davide Morganti e del romanzo sopracitato. L’intento con cui prende vita il lungometraggio non è quello di affrontare il tema dell’immigrazione ma è quello di mostrare lo scontro razziale, evitando il classico cliché narrativo con persecutori e vittime.

Altro tema presente in Caina e molto caro a Davide Morganti è quello religioso: la fede spesso viene vista e percepita come un elemento che supporta il dolore. Nel film, invece, la diversità di orientamento religioso associata all’ignoranza e alla povertà d’animo porta alla diffidenza e alla xenofobia.

Caina: il film

Caina la locandina

Protagonista del film è Caina (Luisa Amatucci), una trovacadaveri, che incarna alla perfezione tutti i luoghi comuni beceri, esistenti nella società di oggi. È una donna che crede di essere sempre nel giusto, non mette mai in discussione il proprio pensiero, restando chiusa nel suo microcosmo fatto di supposizioni infondate e profonda non conoscenza di ciò di cui sta parlando.

Caina rispecchia l’essere umano medio, convinto di sapere e conoscere tutto senza studiare o senza approfondire argomenti di cui intende parlare o per cui intende battersi.

Il film, sotto alcuni aspetti, è disturbante perché scuote senza lasciar spazio alle domande, mostra senza voler essere sovrainterpretato ma semplicemente desidera essere osservato per ciò che è e che sta mostrando in tutta la sua datità.

The cleaners: il docufilm sui “censori digitali”

The cleaners è un docufilm di Hans Bloc e Moritz Riesewieck che ci svela chi decide cosa possiamo vedere o meno sul web.

Ogni minuto 500 ore di video vengono caricate su Youtube, 450mila tweet vengono scritti su Twitter e 2,5 milioni di posts vengono creati su Facebook, la maggior parte di questi possono essere inappropriati perché potrebbero turbare la sensibilità di qualsiasi internauta. Nell’immaginario collettivo si è sempre pensato che la decisione di scegliere, cosa fosse giusto vedere e cosa no, fosse una responsabilità affidata a dei risolutivi e inanimati algoritmi.

La realtà invece è tutt’altra: esistono dei censori digitali umani (the cleaners) che, ogni giorno e continuativamente, visualizzano video ed immagini di ogni sorta, decidendo cosa può passare in rete e cosa no, per garantire la nostra sicurezza virtuale e psichica.

Per riuscire a realizzare questo documentario ci sono voluti mesi di lavoro perché i censori del web sono obbligati a svolgere il loro lavoro nella massima riservatezza, non potendo rivelare a nessuno la loro professione e le motivazioni sono facilmente deducibili.

I cleaners sono assunti da società terze che, attraverso indagini certosine, lavorano per Facebook, Twitter, Google e altri colossi del web.

The cleaners

The cleaners

I cleaners filippini del film (in realtà sono tutti ex cleanears) sono sottoposti a turni lavorativi di dieci ore. Il tempo che ciascuno ha a disposizione per valutare se un contenuto multimediale può essere innocuo o inappropriato è in secondi: il tempo massimo di valutazione è di otto secondi, per intenderci.

Lo spettatore, da una prima visione del trailer, viene catapultato in un mondo che sembra fantascietifico ma non lo è: occhi inebetiti davanti un desk e un loop che oscilla tra le parole delete e ignore.

Guardare ogni giorno immagini pornografiche, di sfruttamenti, di abusi minorili, di decapitazioni dell’Isis, di guerre, di suicidi quali effetti possono avere sulla psiche e sulla capacità di valutazione della vita reale nei cleaners?

Censurare e vietare la diffusione di immagini o video, in senso più ampio, non rappresenta una limitazione di libertà d’espressione? Che effetti possono avere queste decisioni in società non democratiche o politicamente fragili o pseudo dittatoriali?

Poster del docufilm

The cleaners locandina

Per scoprirlo bisognerà aspettare l’uscita di The cleaners prevista il 7 aprile nelle sale italiane.

Appuntamento al Gaveli con Lontano da qui,
film d’essai di Sara Colangelo

Continuano gli appuntamenti al Gaveli multisala con i film d’essai: mercoledì 13 marzo verrà proiettato Lontano da qui (2018) di Sara Colangelo. La rassegna dei film d’autore è stata curata da Velia Giannuzzi e da Donato Cella e permette ai cinefili di avere un approccio meno convenzionale e più impegnato con film considerati di nicchia o che non sono stati distribuiti adeguatamente nei cinema della zona.

Lontano da qui è un lungometraggio che riesce a toccare varie tematiche come quella della disillusione sociale, della speranza perchè c’è sempre qualcuno capace di ovviare i qualunquismi, facendo la differenza.

La pellicola ruota intorno a Lisa Spinelli (Maggie Gyllenhaal), una maestra d’asilo mediocre con la passione per la poesia e dotata di una sensibilità interiore capace di scorgere il talento altrui. La maestra intravede delle potenzialità artistiche in Jimmy Roy (Parker Sevak), un bambino dell’asilo che ogni tanto sembra cadere in una sorta di trance e inizia a recitare poesie.

Lontano da qui di sara Colangelo

Lisa Spinelli e Jimmy Roy in Lontano da qui

Lisa Spinelli decide di spronare la capacità artistica del bambino, cercando di educarlo e in qualche modo di difenderlo da una società troppo superficiale per poter comprendere il suo talento.

Questa lotta ideale di Lisa la condurrà ad oltrepassare i limiti della sua professione e, molto spesso, si ritroverà sola e incompresa.

Cosa si nasconde dietro tutto questo ardore che sfocia in esasperazione e accanimento contro tutti? La disillusione che anima la maestra è nei confronti dell’età adulta o riguarda l’insoddisfazione di una vita personale che lei avrebbe voluto vivere in tutt’altro modo rispetto a ciò che è?

Per scoprirlo bisognerà guardare il film.

Lontano da qui locandina

Lontano da qui locandina

Lontano da qui riesce a mostrare allo spettore sia la speranza che la disperazione di alcune situazioni, senza mai cadere nel patetico o nello scontato.

Il lungometraggio si sofferma sulla poesia, genere letterario che oggi si apprezza sempre meno, perché sembra esserci poco spazio per l’immaginazione o per la sensibilità dell’effimero. È un lavoro cinematografico che vuole dare importanza alle pieghe della vita, analizzando le zone d’ombra e trasformandole in immagini disturbanti e malate.

La solitudine è sempre tempo passato con il mondo?

Sara Colangelo con Lontano da qui ha vinto il Premio per la Miglior Regia al Sundance Film Festival 2018.

Gaveli locandina

Gaveli d’essai locandina

Gaveli d’essai: prossimi appuntamenti

Ippocrate di Thomas Lilti: 2o marzo

L’incredibile viaggio del fachiro di Ken Scott: 27 marzo

La donna elettrica di Benedikt Erlingsson: 3 aprile

Troppa grazia di Gianni Zanasi: 10 aprile

Il complicato mondo di Nathalie di David e Stéphane Foenkinos: 17 aprile

 

Avellino: San Valentino alternativo con le burneshe
al Godot

San Valentino è una ricorrenza amata, odiata, snobbata e su cui si costruiscono opinioni di ogni sorta. Oggi i rapporti sentimentali e interpersonali possono assumere varie forme.

L’amore, oggi, rappresenta un atto di forza, di coraggio e di libertà soprattutto per quelle persone che decidono di amare qualcuno che non è conforme ai gusti della società o a ciò che ci è stato inculcato da un’educazione con retaggi religiosi che,  ad esempio, non contempla relazioni tra individui appartenenti allo stesso sesso. Il significato della parole amore e di tutto il flusso emozionale che ne consegue deve e può essere ribaltato, basta seguire i propri desideri e la propria libertà anche attraverso atti di forza proprio come hanno fatto e continuano a fare le burneshe albanesi.

burnesha

burnesha

Chi sono le burneshe?

Le burneshe, chiamate anche vergini giurate, sono donne che hanno deciso di vivere in libertà la loro vita, fuggendo dagli obblighi morali e dalle aspettative che la società maschilista impone al gentil sesso. Le vergini giurate sono donne che hanno deciso di vivere come uomini, assumendone anche le sembianze attraverso il vestiario. Il loro non è un travestimento ma una scelta e una presa di posizione culturale.

La figura della burnesha è ammessa in Albania e in Kosovo, le vergini giurate sono figure che vengono riconosciute anche legalmente dal Kanun, codice consuetudinario albanese. Inizialmente questa scelta sociale veniva riconosciuta per necessità familiari se, ad esempio, vi era la morte dell’unica figura maschile all’interno del nucleo familiare, non vi erano figli maschi in famiglia o se la donna rifiutava di sposarsi.

Oggi diventare una burnesha è una scelta dettata anche dalla propria volontà di non fare figli e di non sposarsi, sono donne che decidono di appartenere al sistema sociale come uomini, abbandonano la loro femminilità per ottenere libertà sociale e lavorativa oltre alla possibilità di poter fumare e assumere alcolici.

Se avete voglia di approfondire l’argomento e vivere questa ricorrenza in modo diverso, questa sera al Godot Art Bistrot in Via Giacomo Mazas 13 alle ore 20:00 verrà proiettato il documentario Io sono una burnesha e verrà presentato il libro Le vergini giurate in Albania di Eva De Prosperis. L’evento verrà moderato da Rosanna Sirignano.

Un valzer tra gli scaffali a San Valentino nei cinema

Un valzer tra gli scaffali è un film drammatico di Thomas Stuber. La pellicola mostra la vita ripetitiva e grigia di alcuni lavoratori della provincia tedesca, che passano la maggior parte del loro tempo tra gli scaffali di un supermercato. Le giornate scorrono monotone: i dipendenti finiscono di lavorare la sera tardi, hanno il tempo di tornare a casa per riposare qualche ora e riprendere nuovamente il lavoro. Le giornate sono uguali, si ha come l’impressione che il tempo non abbia più senso e che segua un flusso continuo e non scandito.

Quando arriva Christian (Franz Rogowski), un nuovo dipendente del supermercato qualcosa cambia e smuove il grigiore tra gli scaffali. Lui è un tipo introverso, silenzioso e dall’animo sensibile infatti Bruno (Peter Kurth), un altro dipendente si prende cura di lui, trattandolo come un figlio.

Christian per caso incontra lo sguardo di Marion (Sandra Huller), responsabile del reparto dolci ,e tra i due nasce una simpatia e di brevi incontri consumati davanti la macchina automatica di caffè. Marion è una donna a cui piace scherzare e provocare: i due infatti vivono la situazione in modo diverso: lui inizia a provare un sentimento profondo per la donna mentre per Marion, lui, è semplicemente uno svago da suo marito.

La donna, all’improvviso prende dei giorni di congedo dal lavoro per malattia e Christian inizia a sprofondare nella depressione perché non la incontra più a lavoro.

locandina di un valzer tra gli scaffali

locandina di un valzer tra gli scaffali

Come andrà a finire la storia tra Christian e Marion? Per scoprirlo bisognerà aspetteare il 14 febbraio, data d’uscita di Un valzer tra gli scaffali.

 

Il professore cambia scuola di Olivier Ayache-Vidal: il trailer!

Il professore cambia scuola è una commedia di Olivier Ayache-Vidal, in pieno stile francese: è una pellicola che fa sorridere e non ridere sguaiatamente. Il lungometraggio mostra come un professore di lettere, abituato ad insegnare in uno dei più prestigiosi licei di Parigi, si ritrova in una scuola di periferia dove è costretto a rapportarsi ad un altro tipo di alunni che, molto probabilmente, hanno bisogno di assimilare meno regole grammaticali e più nozioni di vita, umanità ed esempi da seguire.

Da una prima visione del trailer notiamo il tono leggero e la sottile ironia che conducono lo spettatore, attraverso il sorriso, a porsi delle domande sulla realtà sociale di alcune periferie. Il professore cambia scuola mostra le diversità sociali di ambienti scolastici ubicati in diverse zone, la differenza sociale vigente e la capacità di adattabilità che deve possedere un professore perché il suo ruolo è quello d’insegnare ma, soprattutto, di donare strumenti conoscitivi reali e non solo nozionistici per poter affrontare il mondo.

Il rapporto tra professore e alunno deve crescere attraverso lo scambio, il confronto e la comprensione reciproca delle parti. Il regista s’interroga sulle contraddizioni che caratterizzano le scuole di oggi e sulla superficialità e la leggerezza con cui alcuni professori etichettano come svantaggiati alcuni alunni piuttosto che ammettere un proprio limite o una mancata professionalità che li caratterizza.

La locandina de Il professore cambia scuola

La locandina de Il professore cambia scuola

Il professore cambia scuolaè uscito nelle sale cinematografiche il 7 febbraio.

La paranza dei bambini diventa un noir di strada firmato Claudio Giovannesi: il trailer

La paranza dei bambini, il romanzo di Roberto Saviano, diventa un film firmato Claudio Giovannesi. Il regista non è nuovo a lavori  di questo tipo sia sul piccolo che sul grande schermo. Tra i suoi lavori ricordiamo la collaborazione per la realizzazione della seconda serie di Gomorra (2016), Fiore (2016) e Alì ha gli occhi azzurri (2012).

Il lungometraggio mostra un gruppo di ragazzini di età compresa tra i 10 e i 15 anni che vogliono crescere troppo in fretta e nel modo sbagliato. Sono bambini animati dalla voglia di avere potere e prendere in mano il comando del loro quartiere, per potersi affermare come nuovo clan malavitoso sono disposti a tutto: uccidere, rubare, sparare e spacciare.

Per diventare bambino ci ho messo 10 anni, per spararti in faccia ci metto un secondo!

Sono ragazzini che non hanno mai avuto nulla di semplice o di normale nella vita, partendo dalla famiglia di appartenenza e arrivando al loro quartiere. Sono ragazzi che hanno vissuto istantanee di vita truci, dove per l’amore o per le speranze che si dovrebbero avere alla loro età ce ne sono ben poche. La cultura come forma di riscatto sociale è un’idea a cui non pensano perché sono cresciuti in un mondo in cui il potere è del malavitoso, che si destreggia tra la violenza e l’illegalità per raggiungere i propri obiettivi.

La paranza dei bambini mostra allo spettatore dei ragazzini che hanno uno sguardo freddo e spietato eppure in qualche dettaglio si nota ancora aleggiare quell’ombra d’infantile che appartiene alla loro età.

locandina de la paranza dei bambini

locandina de la paranza dei bambini

Il film uscirà nelle sale italiane il 13 febbraio!

La favorita di Yorgos Lanthimos: un film d’intrighi al femminile

La favorita è il film firmato Yorgos Lanthimos. La pellicola catapulta lo spettatore nel 18esimo secolo, al cospetto della regina Anna Stuart e della sua corte piena d’intrighi al femminile. La sovrana è molto cagionevole, ha un animo fragile ed insicuro. La vita non è stata molto clemente nei suoi confronti: non è riuscita ad avere eredi al trono e ciò le ha creato non poche frustrazioni. Ad aiutarla nell’andamento pratico del regno c’è Sarah, duchessa di Marlborough, sua intima e fidata amica. Tra le due donne c’è molta intesa e fiducia. Sembra andare tutto per il meglio finché l’arrivo di una terza donna stravolgerà i loro equilibri.

Il film è uscito nelle sale cinematografiche il 24 gennaio. La pellicola è stata premiata al Festival di Venezia, ha vinto un premio ai Golden Globe, ha ottenuto 9 candidature all’Oscar, 10 candidature BAFTA  più altri riconoscimenti. Sceneggiatura e fotografia impeccabili sono solo alcuni dei punti forti del film. Lo spettatore viene come rapito dalle vicissitudini e dall’intricata trama fatta di gelosie, rivalsa e astuzia femminile. Protagoniste indiscusse de La favorita sono le donne, esseri complessi e mutevoli: docili, fragili ma al momento opportuno calcolatrici e fredde manipolatrici, al pari degli uomini.

Yorgos Lanthimos scardina il classico lungometraggio storico in cui, non di rado, ci viene mostrato un mondo maschilista e dove le donne non fanno altro che da cornice imbellettata, utile a smorzare i toni e la pesantezza che riguarda questa tipologia di film.

Possiamo dire che, per alcuni aspetti, La favorita è una rivisitazione in chiave moderna del mondo femminile. Ciò che invece rende il film stereotipato è il personaggio di Abigail Masham, classica donna che farebbe di tutto pur di riscattarsi socialmente ed economicamente.

il film di Yorgos Lanthimos

Immagine tratta dal film La favorita

La favorita: le protagoniste

Per cercare di comprendere meglio il senso de La favorita è necessario conoscere più nel particolare le protagoniste della pellicola.

Anna Stuart (Olivia Colman) ha il potere e la ricchezza derivanti dal suo essere la regina d’Inghilterra e può permettersi qualsiasi cosa, asservimenti e finte lodi comprese. È una donna che non spicca per avvenenza o intelligenza ma per il suo carattere capriccioso, insicuro, mutevole e bisognoso d’affetto. Anna è una donna che ha sofferto molto: ha perso, durante la gravidanza o poco dopo la nascita, 17 figli che ha “sostituito” con 17 coniglietti che vivono nella sua stanza.

A compensare la parte razionale c’è Sarah (Rachel Weisz), sua amica d’infanzia e confidente. Anna si sente così sicura nelle mani della sua amica che, spesso, la delega per la gestione di questioni politiche e delicate. Sarah è una donna affascinante, astuta, cinica, fredda, indipendente e coraggiosa. Le due donne insieme si compensano e sono indistruttibili per la complicità e l’affetto che le lega da anni. Sarah rappresenta il pilastro a cui Anna ha bisogno di aggrapparsi per non sprofondare nell’inquietudine e nella disperazione.

La situazione però inizia a prendere un piega diversa quando Sarah, troppo occupata a risolvere la guerra contro la Francia, trascura Anna che, di conseguenza, si sente abbandonata e ferita dall’amica. Abigail Masham (Emma Stone) approfitta di questa situazione per stringere un legame più intimo con Anna. Le due pian piano stringono un legame intimo tanto che “la favorita” della regina non è più Sarah.

Abigail ha un passato da nobildonna che, per una serie d’infelici circostanze, ha perso. Il suo unico obiettivo non è il bene di Anna ma quello di ritornare ad avere ciò che ha perso: titolo nobiliare, soldi e potere sociale. Anna diventa una pedina nelle sue mani infatti la figura di Sarah all’interno del regno viene messa in discussione.

Riuscirà Abigail ad ottenere ciò che brama? Sarah come reagirà a questo capovolgimento dei ruoli? Per scoprirlo non vi resta che guardare La favorita!

Se resto è perché:
il documentario su chi ha scelto l’Irpinia

Se resto è perché è il titolo del documentario partecipato, diretto da Umberto Rinaldi, che mostra senza preamboli chi ha scelto consapevolmente e per amore di vivere in Irpinia. Il corto è stato presentato durante il festival Corto e a capo, svoltosi a Venticano.  A qualcuno sembrerà pura follia pensare di scegliere consapevolmente di restare in Irpinia, i protagonisti della pellicola, invece, attraverso le loro esperienze di vita riusciranno a far vedere l’altra faccia del nostro territorio.

Per molti l’Irpinia rappresenta il luogo d’origine in cui si ritorna per l’estate, per le vacanze e per salutare i propri cari perché in queste “lande sperdute” non c’è posto per poter lavorare. Questi luoghi vengono visti come terre desolate, in cui il tempo sembra essersi fermato.

Molti hanno abbracciato la frenesia del lavoro metropolitano, guardando questa terra e chi ha deciso di restarci con derisione. C’è qualcuno che ha speculato su questo aspetto, tanto da scriverci libri o creando pagine in cui compaiono odi alla tristezza e al culto della birra Peroni. L’Irpinia non è solo questo e Se resto è perché ce lo mostra in tutta la sua semplicità.

Albero

Albero

Protagonisti del cortometraggio sono persone che hanno scelto d’investire nella terra che li ha messi al mondo, ciascuno ha intrapreso una strada differente per realizzarsi. Ognuno dei protagonisti ha un bagaglio culturale e di esperienze diverso ma tutti hanno abbracciato la stessa causa: sono riusciti a guardare oltre, conquistando il proprio spazio.

Sono storie che, ovviamente, non sono prive di difficoltà ma sono la dimostrazione che decidere di restare non è sempre sinonimo di resa e sconfitta personale. Attraverso queste scelte si abbraccia la croce e la delizia di un territorio che appare come aspro e burbero e che, in realtà, è un autentico portatore di semplicità e di ricchezza. Non vi aspettate storie dallo stile commedia americana perché i problemi ci sono e non riguardano solo il territorio ma anche le dinamiche sociali con cui ci si scontra quotidianamente: la chiusura sociale, l’incuria generale e i disservizi. Non è tutto rose e fiori ma questo non vuol dire che non sia possibile guardare i problemi da un’altra angolazione, trovando una soluzione costruttiva.

Se resto è perché: le storie dei protagonisti

Le voci di Se resto è perché sono svariate ed appartengono a diversi settori lavorativi e culturali. A raccontare le proprie esperienze di vita ci sono giovani e meno giovani, che sono partiti con la voglia di oltrepassare i confini della propria terra ma sono tornati perché ciò che hanno visto era meno dorato e appetitoso, rispetto alla propria immaginazione. Ci sono le storie di persone che hanno appreso i mestieri artigianali di un tempo, hanno costruito una carriera e, attraverso questa riscoperta lavorativa, riescono ad oltrepassare i confini italiani per diffondere la propria cultura. Sono storie particolari, se vogliamo romantiche ma soprattutto di resistenza.

La prima storia che vi raccontiamo è quella di Michela Mancusi, fondatrice e presidente di Zia Lidia Social Club che ha compiuto 16 anni.

Michela Mancusi

Michela Mancusi

Michela ha deciso di restare perché ha creduto in questo progetto culturale, che le ha permesso di volta in volta di conoscere e potersi confrontare con persone diverse, unite dalla passione per la cultura e dalla voglia di condividerla. Lo Zia Lidia Social Club nasce nell’appartamento di Lidia, un’anziana nonché prozia di Michela, che attraverso questo gesto di ospitalità e di aggregazione fa sparire il confine tra spazio pubblico e privato. Questo gesto semplice e generoso consente un’unione generazionale e culturale in cui non esistono differenze o spazi delimitati.

Gaetano Branca

Gaetano Branca

La seconda storia è quella di Gaetano Branca di Carife, maestro artigiano dell’argilla, che ha deciso di restare perché della sua generazione non c’è più nessuno. Gaetano impara l’arte di plasmare l’argilla da Raffaele Clemente, che gli ha tramandato i segreti della sua professione. L’insegnante non voleva che Gaetano ne facesse un mestiere perché doveva studiare e diventare un professionista. Gli anziani, spesso, sperano in un riscatto sociale attraverso i giovani, li vogliono vedere laureati, affermati ed in carriera dietro scrivanie. Questo modo di pensare è controproducente perché parte della nostra cultura e delle nostre radici muore lentamente nella dimenticanza. Gaetano ha disatteso le parole del suo insegnante, dimostrandogli come anche senza una laurea ci si può affermare e girare il mondo, vivendo in Irpinia.

Vito Pagnotta

Vito Pagnotta

La terza storia è quella di Vito Pagnotta che ha deciso di restare in Irpinia perché questa è casa sua ed ha fondato l’azienda agricola Serrocroce, producendo birre irpine. Le loro birre sono fortemente legate all’Irpinia, le materie prime che vengono lavorate appartengono allo stesso territorio dell’azienda. Vito dopo la laurea ed il master parte con la valigia di cartone e si ferma in Belgio dove ha imparato i segreti della birrificazione e li ha trasferiti a Monteverde, in Irpinia. Le birre Serrocroce hanno un legame territoriale indissolubile perché l’azienda non è solo prodotto ma esiste in quanto ragnatela di rapporti umani.

Francesco Savoia

Francesco Savoia

La quarta storia è quella di Francesco Savoia che ha deciso di restare perché, il suo, è un bisogno che sente dentro. Francesco ha deciso di continuare la tradizione casearia dei propri genitori e di non far morire l’Antica Fattoria Savoia. La sua scelta di diventare allevatore inizialmente non è stata approvata dai suoi genitori, che speravano per i propri figli (Francesco e la sorella) un futuro diverso, una vita fatta di meno sacrifici e meno impegni. L’azienda è partita con poche risorse economiche ma con la voglia di farcela. La conoscenza della tradizione familiare, unita all’innovazione e alla voglia di crescere, ha portato l’Antica Fattoria Savoia a migliorarsi, creando prodotti diversi e compatibili con il competitivo mercato moderno. Tra i cavalli di battaglia vi è lattica, un formaggio spalmabile, che per la sua genuinità e sapore permette all’azienda di entrare in ristoranti stellati.

A completare le storie di Se resto è perché ci sono: Carmine IoannaAlberico Iannaccone. Carmine è un musicista noto nonché organizzatore di Accordion Day, un festival che si svolge in Irpinia. Quest’idea nasce con la voglia di unificare più persone attraverso la musica, cercando di allargare gli orizzonti ed i contatti attraverso l’arte.

Alberico Iannaccone, invece, ad un certo punto si è trovato di fronte ad un bivio: se cercare lavoro altrove o creare un’attività che gli permettesse tutte le mattine di svegliarsi e poter guardare le montagne della sua terra. La decisione è stata quella di fondare la cooperativa Il Sorriso, che continua ad esistere, nonostante le numerose difficoltà avute nel tempo.

La pellicola è accompagnata dal brano L’Ignoto ideale degli Ordita Trama, band irpina, che per la scrittura del testo si è ispirata A se mi tornassi questa sera accanto, romanzo, di Carmen Pellegrino.

Se resto è perché vi farà vedere con occhi diversi una terra che, nonostante tutte le problematiche che ha e le appartengono da sempre, è un luogo che nella sua apparente staticità è in fermento.

Chi ha deciso di restare o tornare lo ha fatto con uno scopo ben preciso: ha riconosciuto il valore delle proprie radici ed ha deciso di rendergli onore attraverso l’innovazione e la creatività. Le storie che mostra il documentario devono servire per aggregare altre menti e cercare di migliorare un luogo che ha ancora tanto da dare.

Il Corriere è il nuovo film di Clint Eastwood: il trailer!

Clint Eastwood porta sul grande schermo il film Il Corriere, la trama s’ispira alla vera storia di Leo Sharp, un novantenne, che per “arrotondare” le sue entrare inizia a lavorare come corriere della droga per i Narcos. L’uomo riesce a svolgere l’attività di trafficante della droga per circa 10 anni.

Cosa spinge Leo ad intraprendere questo rischio, vista la sua età avanzata? La velleità economica verso questo mondo pericoloso o l’ebrezza del pericolo non sono il movente, il suo è semplicemente un bisogno economico. La famiglia dell’uomo vive in ristrettezze e la nipote è prossima alle nozze, questi elementi gli bastano per iniziare il suo viaggio nell’illegalità.

Clint Eastwood, come sappiamo, non vuole solo mostrare allo spettatore la storia di un vecchio uomo che, spinto dal bisogno, scende a compromessi lavorativi illegali. C’è una finalità sovversiva e socialmente critica all’interno de Il Cartello. Il regista ama svelare i paradossi umani, politici e culturali della società del nostro tempo, in particolar modo di quella americana.

Il Corriere: poster

Il corriere

Leo Sharp, interpretato da Clint Eastwood, riesce ad eludere per anni i controlli della polizia perché l’ideale del narcotrafficante non si rispecchia certamente in quello di un uomo anziano. La polizia e la collettività in generale sono portati ad immaginare i trafficanti come surrogati di Pablo Escobar.

Il regista, ironicamente e sottilmente, si prende gioco anche degli stereotipi politici: Leo non è un ex hippie estroverso e nostalgico dei suoi tempi andati, è un uomo di poche parole e con la risposta sempre pronta.

Alla fine quando l’uomo si trova a fare i conti con le cose importanti della sua vita, a cui non ha dato il giusto peso, ammette:

Pensavo fosse più importante essere qualcuno da un’altra parte invece del fallimento vero a casa mia. Sono stato un pessimo padre, un pessimo marito. Ho rovinato tutto.

Per scoprire altri dettagli de Il Corriere non vi resta che attendere l’uscita del film, prevista l’8 febbraio!

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