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Appuntamento con Finalmente domenica: Antonio Capuano presenta Il buco in testa

Il regista napoletano Antonio Capuano e il suo ultimo film Il buco in testa saranno protagonisti dell’appuntamento di questa settimana con Finalmente domenica.

La rassegna ideata da Zia Lidia Social Club e Cinema Partenio in occasione della riapertura dei cinema, dopo il difficile momento di chiusura totale dovuto alla pandemia. La rassegna ha come scopo principale quello di far tornare il pubblico in sala in sicurezza, scegliendo quest’ultima come punto di fruizione preferito e più adatto alla visione del film.

Zia Lidia Social Club 2021

Zia Lidia Social Club

Il buco in testa, presentato Fuori Concorso all’ultimo Torino Film Festival, durante questa settimana è stato scelto come Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:

Per la vitalità lucida e appassionata che Antonio Capuano infonde in una vicenda di faticosa redenzione umana e difficile riconciliazione storica. L’autore si confronta con una delle pagine più buie del nostro Paese, delineando con sensibilità, passione e vigore il ritratto di una donna in cerca di pace nel suo presente e libertà dal passato che ne ha segnato l’esistenza.

Questo terzo appuntamento domenicale riprenderà la struttura tipica degli incontri de La voce dell’autore, dando la possibilità al pubblico di interagire direttamente con il regista e i protagonisti del film al fine di un interessante dibattito.

Il buco in testa: la trama

Il buco in testa segue le vicende di Maria (Teresa Saponangelo). La donna vive vicino Napoli, ha un lavoro precario e non ha nessuno a parte la madre, praticamente muta. Suo padre, vicebrigadiere di polizia, è stato ucciso durante una manifestazione da un militante di sinistra quando lei aveva appena due mesi. Lo sviluppo della trama è proprio legato a ciò, infatti Maria scopre che l’assassino del padre ha un volto ed è intenzionata ad incontrarlo. Nel cast, oltre alla Saponangelo, ci sono Tommaso Ragno, Francesco Di Leva, Gea Martire, Vincenza Modica, Anita Zagaria, Daria D’Antonio, Bruna Rossi, Alberto Ricci Höiss e Vincenzo Ruggiero.

Oltre ad essere regista del film Capuano scrive anche la sceneggiatura che è liberamente ispirata ad un  fatto di cronaca. Si tratta della vera storia di Antonia Custra che nel 2007 incontrò l’uomo che uccise suo padre, il vicebrigadiere del terzo reparto celere di Milano Antonio Custra, morto il 14 maggio 1977.

Per poter assistere al film è indispensabile la prenotazione.

Per prenotare si prega di scrivere un messaggio Whatsapp al numero 3286730274

Biglietto intero: € 7.

Biglietto soci ZiaLidiaSocialClub: € 6

Zia Lidia Social Club: riprendono gli appuntamenti sul grande schermo

Si riparte con gli appuntamenti Zia Lidia Social Club che riprende con le proiezioni sul grande schermo al Cinema Partenio di Avellino e al Cinema Carmen di Mirabella Eclano.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Michela Mancusi, presidente di Zia Lidia Social Club, per scoprire non solo i prossimi appuntamenti previsti per questa stagione 2021 ma, soprattutto, per capire come sia cambiata la prospettiva del cinema post pandemia, sia da un punto di vista di produzione che di fruizione.

Nomadland, vincitore di 3 Premi Oscar, ci ha fatto riflettere su come sia cambiato lo spazio intimo di ciascuno che tende a dare maggiore importanza alla propria introspezione e al proprio spazio individuale.

Michela Mancusi: video

Presidente Zia Lidia Social Club

Per Michela Mancusi:

Nomadland è un film che è piaciuto perché ci conte di aprire altri spazi, non confinati nelle nostre abitazioni. Inoltre la pellicola parla di quel nomadismo interiore oltre a quello itinerante in cui ci conduce la protagonista, che decide di abbandonare la propria casa per dedicarsi alla strada per vivere la vita come se fosse un viaggio e, soprattutto, lontana da quegli schemi che sembrano apparentemente imposti.

Il messaggio importante della pellicola è appunto quello di ridisegnare gli spazi, ridisegnare il futuro in base agli spazi. Una prospettiva interessante dopo la crisi che abbiamo vissuto durante la pandemia.

Dopo questo periodo è cambiato anche il modo di vivere gli spazi, come il cinema, che prima davamo per scontati e che ora riviverli, a distanza di quasi un anno, sembra un privilegio. La fruizione sicuramente è cambiata, post pandemia, lasciando qualche traccia.

Zia Lidia Social Club sarà testimone militante di questo cambiamento perché l’obiettivo dell’associazione è quello di tenere vivo il desiderio dell’incontro face to face che appartiene al cinema e al suo senso intrinseco di aggregazione.

Dopo Oro Verde, proiettato la scorsa domenica al Partenio, ci attende un nuovo incontro con Woody Allen al Cinema Carmen di Mirabella Eclano che, dopo tanto tempo, riapre le sue porte al pubblico.

Oro Verde: il film di Cristina Gallego e Ciro Guerra

Oro verde (2018) è un film di Cristina Gallego e Ciro Guerra che mostra come un popolo può disgregarsi, se dimentica le proprie radici e i propri valori. Ci troviamo alla fine degli anni ’70, in Colombia, nella regione settentrionale vivono gli indiani Wayuu, che vivono di agricoltura e pastorizia.

Rapayet è un ragazzo ambizioso che riesce a sposare Zaida ma le sue velleità fuoriescono dagli usi e i costumi del suo villaggio. Il ragazzo, infatti, riesce a convincere i capoclan sulle sue doti imprenditoriali, avviando un commercio fiorente di marijuana verso gli Stati Uniti e alleandosi, per interesse, con una famiglia rivale.

La ricchezza proveniente dal narcotraffico, in poco tempo, modifica lo stile di vita della comunità a tal punto da arrivare ad uno scontro fratricida con gli alleati.

Oro Verde: recensione

Il film di Cristina Gallego e Ciro Guerra

Oro verde inizia mostrando la lentezza e la ciclicità temporale di un popolo che vive seguendo la natura e ciò che può offrirgli. Tutto in questo luogo è scandito da tradizioni e dalla cultura di un popolo semplice. L’andamento temporale cambia di velocità nel momento stesso in cui inizia il progresso economico dovuto al narcotraffico. Da qui il film diventa un gangster movie.

Cristina Gallego e Ciro Guerra mirano a dare valore all’aspetto antropologico di un popolo, alla sua memoria e alle sue tradizioni che non possono cedere il passo al business. Ciò che è in grado di dare valore alle persone sono i valori intrinseci di ognuno.

Oro verde mostra come tutto può cambiare da un momento all’altro quando il Dio denaro arriva a mettere lo zampino, facendo sgretolare anche le più forti credenze e radici di un popolo che basava tutto sulla semplicità.

Il lungometraggio si basa su vicende realmente accadute, le stesse, che hanno dato vita al narcotraffico colombiano. Giocare allo stesso gioco dei conquistatori diventa una condanna inesorabile perché non bisogna mai dimenticare ciò che siamo ma soprattutto da dove veniamo.

Non esiste colpa più grande che tradire la parola, quella del presente ma soprattutto quella del passato perché entrambe costituiscono la nostra memoria e il nostro futuro.

Cocktail e Cultura al Castello D’Aquino: 5 drink per 5 film internazionali

In collaborazione con il Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda, dopo 5 drink per 5 film italiani, abbiamo deciso di associare altrettanti drink a cinque film internazionali.

La scelta questa volta ci ha condotti verso trame di film che, in qualche modo, sono attinenti al periodo che stiamo trascorrendo: lontani dal nostro concetto di vita normale, libera e lontani dalla cultura condivisa.

I lungometraggi che abbiamo scelto, per gli amanti del cinema, rappresentano sicuramente dei classici che non possono non essere conosciuti perché mostrano diversi modi raccontare, di girare e diverse suggestioni in cui è possibile osservare e conoscere il mondo, anche quello surreale.

5 drink per cinque film internazionali

Che sapore avrebbe un film internazionale se fosse un drink?  

Ecco cosa abbiamo scelto insieme a Michelangelo Bruno, bartender del Castello D’Aquino.

Buona scoperta!

5 drink per 5 film internazionali

1. Per L’angelo sterminatore di Luis Buñuel un Daiquiri Heminghway

Un Daiquiri Heminghway per l'Angelo sterminatore di Buñuel

Cocktail e Cultura al Castello: cinque drink per cinque film internazionali

L’angelo sterminatore di Luis Buñuel (1962) è tratto da un soggetto teatrale di José Bergamin, intitolato Los naufragos. Il film scava nella psicologia umana, soprattutto in quella borghese. Il regista infatti attraverso questo lungometraggio vuole rendere non morale ciò che appare come morale.

Dopo una prima teatrale, una comitiva dell’alta borghesia viene invitata a casa di amici. All’improvviso tutti si accorgono che la servitù improvvisamente si è eclissata. Nessuno riesce ad uscire dall’abitazione, come se qualche forza oscura li stesse trattenendo tra quelle mura. Ciascuno dei presenti si ritrova a piangere sul proprio destino finché la situazione degenera in un sacrificio carnale.

Da un punto di vista psicologico L’angelo sterminatore mette a nudo la pochezza umana, esasperata dall’angoscia e dall’ansia di non poter e di non riuscire a fare ciò che si vuole.

Il film sotto questo aspetto rispecchia in pieno quello che stiamo vivendo, soprattutto dal punto di vista umano non legato al lavoro, a causa della pandemia.

Al film di Luis Buñuel abbiamo abbinato un Daiquiri Heminghway perché è una bevuta complessa che, in apparenza, sembra essere innocua e dai tratti organolettici caraibici ma in realtà è un drink strong non adatto a tutti.

Allo stesso modo L’angelo sterminatore sembra un film fruibile a tutti ma, in realtà, c’è bisogno di una determinata propensione e sensibilità, per poterne godere pienamente così come lo è il drink che abbiamo abbinato.

2. Per L’impero della mente di David Lynch un Canchanchara

Cinque drink per cinque film internazionali

Che drink sarebbe L’impero della mente se fosse un cocktail?

L’impero della mente (2006) di David Lynch è un film diverso da quelli cui siamo abituati normalmente perché non ha una trama lineare e comprensibile. Il lungometraggio non segue schemi perché il suo fine non è quello di comunicare o dire nulla ma solo trasmettere sensazioni.

Il film può essere visto come un viaggio intimo che si svolge in mondi paralleli, per chi li ha. Ne L’impero della mente realtà e finzione si mescolano e si fondono, divenendo un’unica cosa.

L’impero della mente, dopo la sua visione, lascia un senso di disorientamento e confusione, ciò che vuole David Lynch, perché ciò che si svolge sullo schermo della TV dei protagonisti diventa parte integrante della vita degli spettatori.

Abbiamo abbinato a questo film un Canchanchara perché è un drink che risale alla metà del ‘700 e rappresenta il primo punto di riferimento della categoria Sour.

Come L’impero della mente è un film che esprime al massimo la potenza onirica di questo genere, allo stesso modo questo drink rappresenta la pietra miliare, per quanto riguarda la storia della miscelazione.

Ciò che lega il film e il cocktail è l’essenzialità senza fronzoli anche se sono di difficile approccio entrambi: per il film c’è bisogno di una determinata predisposizione mentale mentre per il drink la difficoltà risiede nel gusto dell’Aguardiente, un distillato molto diverso dalla sua categoria di appartenenza.

3. Per Fahrenheit 451 di François Truffaut un Campari Shakerato

Cinque drink per cinque film internazionali

Un Campari Shakerato per il film di Truffaut

Fahrenheit 451 (1966) di François Truffaut è un film anticipatore dei nostri giorni. Ci ritroviamo in un mondo in cui leggere libri rappresenta un reato ma anche il solo fatto di leggere rappresenta un’azione vietata dallo Stato.

Le persone sono tutte ammaliate dalle immagini che non portano a nessun tipo di ragionamento ma al semplice subire, inglobando acriticamente ciò che viene mostrato. Lo scopo della demonizzazione dei libri è un chiaro tentativo dei poteri forti di indurre i cittadini a non pensare, a non sviluppare alcun pensiero critico, diventando delle amebe. Un po’ come quello che sta accadendo, da un paio di anni, con il mondo costruito dei social, in cui vengono mostrate immagini divertenti, per certi versi ironiche ma prive di morale o d’insegnamento.

L’editoria sta perdendo sempre più lettori perché sono in molti ad affidarsi alle immagini, preferendole, non contemplando più la lettura, grande nutrimento per la mente, considerata troppo impegnativa.

Abbiamo abbinato a Fahrenheit 451 un Campari Shakerato perché è annoverato tra i grandi classici della miscelazione: la bevuta amara per eccellenza.

L’amarezza del drink è intensa come la forza della trama del film. Come questo lungometraggio è importante per la filmografia internazionale, allo stesso modo risulta essere iconico questo cocktail, sottolineando l’importanza del Bitter Campari all’interno della storia della mixology.

4. Per Tempi moderni di Charlie Chaplin un Dirty Martini

Cinque drink per cinque film internali

Se il film di Charlie Chaplin fosse un drink sarebbe un Dirty Martini

Tempi moderni (1936) di Charlie Chaplin è il secondo lungometraggio del regista ma è il primo che affronta tematiche importanti ed esasperanti per l’epoca in cui è stato girato e per la nostra che stiamo vivendo.

Ciò su cui pone l’accento Charlie Chaplin sono i risvolti e le conseguenze della rivoluzione industriale scandita da ritmi sempre uguali, dal continuo produrre sempre lo stesso pezzo in modo automatico e senza avere il tempo necessario per riposare e distaccarsi dal lavoro.

Tempi moderni è la trasposizione cruda di ciò che stiamo vivendo: esseri umani che hanno diritti civili legati al lavoro ma che sono stati privati completamente della libertà sociale, privata e interpersonale. Le domande che potrebbero scaturire dopo la visione del film potrebbero essere svariate. una di queste potrebbe essere: “A cosa ci porta la globalizzazione? Che senso ha il solo diritto al lavoro se non possiamo essere altro se non la maschera sociale e lavorativa che stiamo indossando da più di un anno?

Abbiamo abbinato a Tempi moderni un Dirty Martini (Martini sporco) perché il classico Martini viene sporcato dalla salamoia delle olive. In questo modo si ottiene a livello organolettico un sapore sapido, salmastro ma molto gradevole. L’aggiunta della salamoia, per assurdo, rende la bevuta fruibile ad un maggior numero di persone, senza togliere la forza intrinseca del drink.

La scelta del Dirty Martino è stata fatta per evidenziare quanto Charlie Chaplin sia riuscito ad alleggerire una disastrosa condizione socio-politica, rendendola meno asfissiante con la sua comicità e la sua grande bravura interpretativa.

5. Per Il posto delle fragole di Ingmar Bergman un Last Word

Cinque drink per cinque film internazionali

Per Il posto delle fragole di Ingmar Bergman un Last Word

Il posto delle fragole (1957) di Ingmar Bergman è un road movie esistenziale in cui i sogni-incubi rappresentano una sorta di agnizione per ciò che il gap esistenziale del protagonista. Ciò che permea il film è il cambiamento dettato dalle stagioni della vita e quindi dallo scorrere del tempo che ci appartiene anche a livello biologico in cui un uomo riesce a intaccare la maschera della sua indifferenza poco prima di morire.

Il sogno premonitore dell’orologio fermo e della bara che esce dal carro funebre rappresentano due scene cult del film.

Il posto delle fragole riesce a descrivere il dramma dell’insofferenza emotiva di vivere, scontrandosi ad una certa età con ciò che siamo stati e con le scelte fatte, che non sono altro che una summa di ciò che, storto morto, abbiamo deciso di essere.

Abbiamo abbinato a questo film internazionale un Last Word perché d’impatto lascia senza parole per la sua struttura composta da: gin, Maraschino e Chartreuse verde e lime. È un Sour molto personale e particolare che è l’equivalente del modo di girare di Ingmar Bergman. Questo cocktail non si sceglie per tedio o indecisione così come non si decide con leggerezza di optare per la cinematografia del regista svedese.

Ecco la nostra scelta di 5 drink per cinque film internazionali.

Alla prossima!

Cocktail e Cultura al Castello D’Aquino: 5 drink per 5 film italiani

Rieccoci con un nuovo appuntamento di Cocktail e Cultura al Castello D’Aquino.

L’appuntamento di oggi è legato al cinema italiano e alla storia della miscelazione. Insieme a Michelangelo Bruno, bartender del Castello D’Aquino di Grottaminarda, abbiamo associato il sapore e il carattere di alcuni drink all’essenza di alcuni film italiani che hanno fatto la storia del nostro cinema.

Cocktail e cultura al Castello D'Aquino di Grottaminarda

5 drink per 5 classici del cinema italiano

Cocktail e Cultura al Castello: 5 drink abbinati a 5 film italiani

1. Un Aviation per Giulietta e Romeo di Franco Zeffirelli

5 drink per 5 film italiani

Un grande classico del cinema italiano associato ad un grande classico della miscelazione

Giulietta e Romeo (1968) di Franco Zeffirelli si attiene fedelmente alla tragedia shakespeariana.

Il film mostra la storia d’amore intensa e combattuta tra Giulietta e Romeo che, non vedendo un futuro per il coronamento del loro amore puro e passionale a causa dei dissidi familiari delle rispettive famiglie, decidono di togliersi la vita e trasformare un amore che poteva essere idilliaco nel peggiore degli amore possibili e immaginabili.

Sono loro gli artefici del proprio fallimento sentimentale, causato dalla paura di battersi per ciò che provano l’uno per l’altra.

Il film traspone in immagini un classico che, probabilmente, offre l’istantanea di un amore tossico perché poco lucido e senza una giusta compensazione tra elemento razionale e irrazionale che fa sognare i posteri ma, se messo in pratica, non è costruttivo.

Il drink che abbiamo accostato a questa storia d’amore è un Aviation perché è una bevuta che richiama i grandi classici della miscelazione così come lo è Shakespeare ma Zeffirelli riesce a donargli quella spinta italiana attraverso la trasposizione cinematografica che è aiutata anche dall’ambientazione originaria della tragedia.

L’Aviation ha una spinta maggiore organolettica che richiama il sentore floreale della violetta. É una bevuta appassionante come lo è la storia d’amore tra Giulietta e Romeo ma, allo stesso tempo, non va sottovalutata per la sua intensità alcolica e per i risvolti negativi che potrebbe avere dopo molteplici bevute.

2. Un Vesper Martini per Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone

cinque xdrink per cinque film italiani

Un drink storico per un classico di Sergio Leone

Il buono, il brutto e il cattivo (1966) di Sergio Leone è annoverato tra i capolavori del genere western ma noi gli abbiamo dato anche un’altra interpretazione: quella che spesso l’ovvietà e l’irreale possono essere parti concrete del nostro vissuto. Ciò che avrebbe minime prospettive per potersi realizzare, quando meno ce lo aspettiamo, potrebbe diventare forma concreta con molta naturalezza, a prescindere dalla probabilità statistica.

A Il buono, il brutto e il cattivo abbiamo associato un Vesper Martini perché questo drink richiama la grande miscelazione classica e ci riporta ad un grande personaggio cinematografico come James Bond che beveva sempre questo cocktail:

Shakerato e non miscelato.

Il Vesper Martini è una bevuta molto pulita che però richiede una certa preparazione e predisposizione a bere in un determinato modo.

3. Un Trinidad Sour per The Dreamers di Bernardo Bertolucci

Un Trinidad Sour per The Dreamers di Bertolucci

Che cocktail potrebbe rappresentare il film di Bertolucci?

The Dreamers (2003) di Bernardo Bertolucci è un film in cui il regista rivisita il ’68.

I tre protagonisti: due ragazzi e una ragazza esplorano le loro emozioni e pulsioni erotiche in modo libero. La pellicola mostra il mondo borghese di questi anni, in cui appaiono marginalmente anche le rivolte politiche e sessuali del ’68.

Nonostante i protagonisti si professano impegnati politicamente, come vuole il classico stereotipo del tempo, mentre fuori scoppia la rivolta i tre non hanno voglia di scendere in piazza e partecipare come dovrebbero fare. I ragazzi preferiscono trastullarsi in giochi sessuali esplorativi che ritengono più interessanti ed educativi, per scoprire l’essenza del piacere.

L’immagine di The Dreamers non è altro che una grande verità sull’umanità: se c’è da scegliere tra qualcosa che crea piacere individuale e tra ciò che collettivamente e idealmente è giusta, si sceglie e antepone sempre la prima alla seconda tra le due opzioni.

Abbiamo abbinato a The Dreamears il Trinidad Sour perché rappresenta un drink che rivoluziona l’utilizzo dell’angostura, che è la parte alcolica protagonista di questa bevuta.

Al pari del film questo cocktail sconvolge il palato con la sua dolcezza ma mette in discussione gli standard della miscelazione.

4. Un Margarita per La banda degli onesti di Camillo Mastrocinque

La banda degli onesti potrebbe essere un Margarita

Il cocktail che meglio rappresenta La banda degli onesti è il Margarita

La banda degli onesti (1956) di Camillo Mastrocinque è uno dei film più rappresentativi di Totò. La scelta di questo lungometraggio nasce dalla voglia di inserire Totò nella storia della cinematografia internazionale e italiana.

In questo film l’attore affronta tematiche importanti e reali degli anni ’50: la differenza tra classi sociali e la voglia di riscatto sociale anche attraverso comportamenti non proprio leciti.

La banda degli onesti però sempre in modo leggero sottolinea l’importanza di una morale che appartiene agli esseri umani che, spesso, si palesa attraverso la paura di essere scoperti e il senso di pesantezza morale che nasce dalla consapevolezza di sapere che si sta facendo qualcosa di sbagliato.

A La banda degli onesti abbiamo abbinato un Margarita perché è un grande classico della miscelazione in cui il Tequila e il lime vengono stemperati con un alcolico dolce dal sentore di arancia: il Triple Sec.

Il Margarita è una bevuta multisfaccettata, allegra e briosa allo stesso modo del mood della pellicola.

5. Un Mezcal Bloody Mary per Medea di Pier Paolo Pasolini

Cinque cocktail per cinque film italiani

Il drink che meglio potrebbe rappresentare Medea di Pasolini è un Mezcal Bloody Mary

Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini si attiene fedelmente all’interpretazione del classico greco di Euripide che mostra una donna furiosa e combattiva a differenza del classico latino di Seneca.

La pellicola mostra la storia di Medea, una donna colta e grande conoscitrice delle erbe medicamentose e non, che lascia il suo paese per amore e viene considerata una barbara, per la diversità dei suoi usi e costumi.

Medea quando scopre di essere stata ripudiata da Giasone, suo marito, si risente così tanto che decide, accecata da una gelosia senza pari, di inviare un regalo alla futura sposa, un abito da matrimonio avvelenato.

Per eliminare qualsiasi sospetto sulle sue intenzioni, decide di far consegnare il regalo per la futura sposa direttamente dalle mani dei suoi figli, che moriranno avvelenati insieme alla donna.

L’opera letteraria e cinematografica punta su una diversa concezione della donna e della madre che mette al primo posto la propria vendetta, anche a dispetto della vita di innocenti generati da lei stessa.

Alla Medea abbiamo abbinato un Mezcal Bloody Mary perché è una bevuta, non per tutti, che richiama il sapore del sangue per via dell’acidità del pomodoro che viene arricchita e smorzata dal tabasco e dalla salsa Worcester. Questo drink, per chi lo conosce e lo beve, viene considerata una bevuta dell’hangover perché il sapore dell’alcol è poco percettibile se non per la leggera affumicatura del Mezcal.

Il Mezcal Bloody Mary è un cocktail che sembra innocuo al primo e al secondo bicchiere, ma non è una bevuta da sottovalutare perché la presenza alcolica camuffata dal succo di pomodoro può trarre in inganno, così come le intenzioni di Medea hanno provocato la morte della giovane sposa che voleva usurparle il ruolo di moglie.

Gli indifferenti: il film di Leonardo Guerra Seragnoli

Gli indifferenti (2020) di Leonardo Guerra Seragnoli è un film che si rifà all’omonimo romanzo di Alberto Moravia.

Il lungometraggio è una rivisitazione attuale del libro, che descrive e mostra la precarietà del sentire umano mosso, molto spesso, dalla noia e dall’incapacità di provare sentimenti e di riuscire a gestire la propria vita.

Il film ci catapulta all’interno di un mondo che ancora oggi non è cambiato perché i protagonisti si lasciano trasportare inermi dagli eventi anche quelli molto significativi, ciò che vince su tutto quello che è dinamico viene sopraffatto dallo stato di immobilità, cui nessuno riesce a sottrarsi.

Quello che il regista sottolinea è la staticità e la difficoltà che i protagonisti hanno nel prendere in mano le redini della propria vita e quindi della propria volontà. Nel film ogni dinamica si appiattisce, tutto scorre in modo lento e con un tempo che è scandito in modo monotono, apparentemente uguale a se stesso perché non si ha voglia di ascoltare e si è incapaci di riuscire a razionalizzare o semplicemente a rendersi conto del proprio fallimento umano, familiare e sociale.

Gli indifferenti: trailer

Un film che mostra l’egoismo e la precarietà umana

Gli indifferenti: la recensione

Gli indifferenti, a differenza del libro che era un manifesto palese contro la borghesia, ci mostra un ambiente borghese in decadenza fatto di difficoltà economiche e di beni svenduti, in cui chi subisce questo declino a tutto pensa tranne che a rimboccarsi le maniche e trovare un impiego che possa risollevare lo stato delle cose.

I protagonisti sono cinque ed è intorno alle loro dinamiche che si snoda la trama e si svolgono gli eventi.

Mariagrazia (Valeria Bruni Tedeschi) è una vedova che per noia, solitudine e un senso di gratitudine malsano si innamora di Leo (Edoardo Pesce), vecchio amico di famiglia, che elargisce prestiti ma che cova dentro di sé il grande affare: sottrarre il palazzo alla famiglia di cui si sta prendendo cura. I due intraprendono una relazione che non viene vista di buon occhio da Michele (Vincenzo Crea), il figlio maggiore di Mariagrazia, che si accorge dei secondi fini di Leo e cerca di ostacolarlo.

Carla (Beatrice Grannò) è l’altra figlia di Mariagrazia, che sta ultimando le superiori ed ha intrapreso la strada di gamer su YouTube e nella vita ha deciso di fare questo e contribuire economicamente in questo modo.

Il quadro familiare sembra come un quadro ristrutturato male perché i legami affettivi sono inesistenti: ciascuno è preso dal proprio tedio e dal proprio male di vivere. Mariagrazia vorrebbe essere il centro dei propri figli e del proprio uomo ma non può esserlo perché non è un punto saldo neanche per se stessa. Vive come se nulla stesse andando storto e si rifiuta di vedere ciò che caratterizza la realtà che la circonda.

Infine c’è Lisa (Giovanna Mezzogiorno) amica di famiglia ed ex di Leo che vive una relazione capricciosa con Michele che si trastulla con lei per noia e per farsi aiutare nel sabotare Leo.

La maggior parte del film si svolge all’interno delle mura domestiche perché è all’interno di questi spazi intimi che si palesa l’indifferenza e la fragilità algida di ciascun protagonista.

Il lavoro di Leonardo Guerra Seragnoli è ben riuscito perché rende attuale un classico della letteratura italiana e mostra come l’essere umano, nonostante i cambiamenti sociali, economici e politici riesce sempre ad essere fedele a se stesso attraverso la pochezza che, da sempre, lo contraddistingue.

Respect di Liesl Tommy: il biopic su Aretha Franklin

Respect è il titolo del biopic su Aretha Franklin diretto da Liesl Tommy. Ad interpretare l’icona della musica soul è Jennifer Hudson.

Il lungometraggio vuole raccontare e mostrare la vita di un’artista e di una donna che ha avuto una carriera musicale molto intensa fatta di picchi e di discese.

La vita sentimentale di Arheta Franklin non è stata facile ma il suo talento artistico straordinario l’ha aiutata a superare tutte le difficoltà che si è ritrovata a vivere, diventando anche una paladina dei diritti civili.

Respect è un progetto cinematografico che ha preso vita nel 2018, lo stesso anno in cui è morta la cantante, quando è stata la stessa Aretha Franklin a scegliere Jennifer Hudson.

Respect: trailer

Il biopic su Aretha Franklin

Aretha Franklin: vita

Aretha Franklin (1942-2018), soprannominata la Regina del Soul o Lady Soul,  è stata nel 1987 la prima donna ad entrare a far parte della Rock and Roll Hall of Fame.

Figlia di un predicatore battista e di una cantante gospel comprende da piccola l’incoerenza di alcuni valori che caratterizzano la sua educazione. I suoi genitori si separano e la madre va via di casa quando Aretha ha appena 6 anni.

A 14 anni segue il padre in un viaggio di predicazione ed ha l’occasione di sfoggiare il proprio repertorio gospel. Negli anni ’50 riesce quasi a firmare un contratto con la RCA ma poi la cantante si orienta verso la Columbia. All’inizio infatti Aretha Franklin incide 5 dischi che però riscuotono uno scarso successo.

Nel 1967 inizia ad esplodere il suo successo che la consacrano come Regina del Soul. Nello stesso anno raggiunge una fama internazionale che è motivo di orgoglio per le minoranze afroamericane, soprattutto, con il brano Respect di Otis Redding, che è diventato un inno dei movimenti femministi e per i diritti civili.

Nel 1969 divorzia dal marito Ted White, uomo violento e dai comportamenti equivoci, che per lei rappresenta una relazione infelice che la conduce verso l’alcolismo.

La vita artistica della cantante la si può dividere in due periodi: l’esordio e il secondo periodo, agli inizi degli anni’80, che sancisce un cambiamento di stile causato dai danni che il fumo provoca alla sua voce.

Respect ci conduce nel mondo della Regina del Soul, mostrandoci l’intimità di una donna fragile che, allo stesso tempo, con grinta e tenacia si afferma nel mondo musicale, realizzando il suo sogno.

La verità negata è il docufilm su Angelo Vassallo

La verità negata è un docufilm su Angelo Vassallo che è, attualmente, in fase di scrittura.

Angelo Vassallo è morto nel 2010 in un attentato. Era il Sindaco di Pollica, soprannominato il Sindaco pescatore perchè si distingueva politicamente per un marcato ambientalismo e per un attaccamento alle proprie radici.

A dieci anni trascorsi dall’assassinio e da quei nove colpi di pistola che si sono trasformati in dibattiti nelle scuole e in un’intensa attività divulgativa mirata a scoprire le omertà e i silenzi che provengono da una illegalità che si vede, si conosce e di cui si ha paura di parlare. Da questi dieci anni trascorsi nasce l’idea di trasporre in immagini la vita di Angelo Vassallo attraverso un docufilm.

Ettore Bassi interpreterà il Sindaco pescatore di Pollica

Un docufilm sulla vita e la storia umana di Angelo Vassallo

Ettore Bassi interpreterà Angelo Vassallo ne La verità negata

Il docufilm è stato promosso dalla Fondazione Vassallo che, attraverso la realizzazione de La verità negata, intende non solo mantenere accesi i riflettori sull’assassinio del Sindaco Pescatore e sulla vicenda giudiziaria che è ancora irrisolta ma ha come scopo quello di diffondere la cultura e i principi della legalità.

Per intepretare Angelo Vassallo è stato scelto l’attore Ettore Bassi che, parlando di La verità negata afferma:

Insieme creeremo questo mare di legalità, di bellezza, di giustizia. Goccia dopo goccia. Perché tutti insieme crediamo che questo Paese possa migliorare ancora e diventare una nazione bella, dove poter vivere.

Intrecci politici e cronache giudiziarie: tutto questo sarà raccontato nel docufilm La verità negata.

È un progetto importantissimo, nato dalla volontà della Fondazione Vassallo e tante persone che hanno conosciuto Angelo, che hanno lavorato con lui, che lo hanno frequentato. Un progetto che vogliamo assolutamente portare a casa, ma per questo abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti.

La verità negata ha bisogno di fondi e per poter dare un contributo basta fare un piccolo versamento su Gofundme, per poter partecipare attivamente alla realizzazione di questo progetto, trasponendo in immagini la storia umana e amministrativa di Angelo Vassallo.

Ettore Bassi parla del docufilm

Ettore Bassi spiega così La verità negata:

Siamo in fase di scrittura, il progetto è iniziato da poco, mettiamo insieme tutte le forze che abbiamo, ciascuno con la propria personalità. Siamo un gruppo di persone estremamente preparate e credo che il progetto nasca sotto una buona stella.

Quando vai a raccontare una storia come questa, non puoi non pensare alla violenza. La paura è normale, appartiene ad ognuno di noi: l’importante, come testimoniava Angelo, è il messaggio che trasmetti e perseguire ciò che è giusto nella vita.

Se siete incuriositi dal mondo a cui alcuni come Angelo Vassallo si sono opposti sacrificando la propria vita, vi consigliamo la lettura de La città insensibile di Carmine Zamprotta per conoscere meglio alcuni aspetti senza filtri delle nuove frontiere della criminalità organizzata.

Neo Kosmo: un corto sul rapporto uomo e tecnologia

Neo Kosmo è un cortometraggio di Adelmo Togliani che mostra il rapporto tra uomo e tecnologia.

La realtà virtuale rischia di minare la reale comunicazione tra le persone? Si parla sempre più spesso del rapporto che la tecnologia ha sulle nuove generazioni ma allo stesso tempo non si sta facendo molto per limitare i danni di un abuso della tecnologia e della realtà virtuale.

Mentre si parla di realtà immersiva, noi dove ci stiamo dirigendo?

Neo Kosmo: trailer

Neo Kosmo di Adelmo Togliani

Neo Kosmo vuole rappresentare un grido d’allarme qualora la tecnologia e l’utilizzo dei social dovesse travolgerci completamente. Come sarebbe una società in cui gli androidi sostituiscono azioni che oggi sono prettamente dell’essere umano? Il cortometraggio cerca di farci riflettere proprio su questo aspetto.

Se tutto ciò che è un nostro prodotto sta andando avanti, l’uomo, inteso come essere umano, dove sta andando? Mentre la tecnologia avanza l’uomo regredisce. Ci stiamo richiudendo in noi stessi e ciò non è altro che un circolo vizioso da cui sarà difficile uscire.

Neo Kosmo: trailer

Il cortometraggio di Adelmo Togliani

Neo Kosmo: la trama

Lo spettatore viene catapultato direttamente in un futuro prossimo in cui le persone non comunicano più come siamo abituati a pensare oggi. Tutte le persone d Neo Kosmo comunicano all’interno di una realtà virtuale.

Protagonista del cortometraggio è una famiglia borghese completamente dissociata dalla realtà. Alesia (colei che aiuta) è l’androide che si prende cura della famiglia e cerca di proteggere il neonato della famiglia perché non è ancora pronto per affrontare la nuova dimensione in cui vivono gli altri componenti della famiglia.

Alesia ha la stessa consapevolezza e responsabilità degli esseri umani ma nata per aiutare l’uomo, nel tempo lo prevalica, sostituendolo completamente nelle sue funzioni e prendendo il sopravvento sia a livello emotivo che pratico.

L’androide, all’interno di Neo Kosmo, si rende conto che è il momento di intervenire e proteggere la nuova generazione.

Per scoprire altri dettagli non vi resta che guardare il cortometraggio di Adelmo Togliani.

Le assaggiatrici di Rosella Postorino diventa un film di Comencini

Le assaggiatrici di Rosella Postorino (2018), edito da Feltrinelli, tradotto in 32 lingue, diventato un bestseller nonché vincitore del Premio Campiello 2018 diventa un film di Cristina Comencini.

Queste le parole della regista che motivano la scelta di trasporre in immagini il romanzo:

Il romanzo tratto da una storia vera, racconta forse per la prima volta di come ogni guerra passi sul corpo delle donne. Rossella Postorino ha scritto il romanzo a partire dalla testimonianza di una donna anziana, che ha rivelato prima di morire una storia sconosciuta a tutti. Sono molto felice di fare il film e onorare il suo coraggio.

Il film è prodotto da Lumière and Co e sarà distribuito da Vision Distribution.

Le assaggiatrici diventa un film di Cristina Comencini

Le assaggiatrici copertina

Le assaggiatrici: la trama del libro

Siamo nel ’43 e Rosa è  appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoi suoceri mentre il marito combatte sul fronte russo. Rosa diventa una delle assaggiatrici del Führer, che hanno il compito di assaggiare i pasti e devono restare, un’ora dopo aver mangiato, sotto osservazione per scoprire se il cibo è avvelenato.

Fra le pareti bianche della mensa, quel giorno diventai un’assaggiatrice di Hitler.

Era l’autunno del ’43, avevo ventisei anni, cinquanta ore di viaggio, settecento chilometri addosso. Da Berlino ero venuta nella Prussia orientale, il luogo dove era nato Gregor, e Gregor non c’era. Per sfuggire alla guerra, da una settimana mi ero trasferita a Gross-Partsch.

Lavorare per Hitler, sacrifica la vita per lui: non era quello che facevano tutti i tedeschi? Ma che potessi ingerire cibo avvelenato e morire così, senza nemmeno uno sparo di fucile, senza un’esplosione, Joseph non lo accettava. Una morte in sordina, fuori scena. Una morte da topi, non da eroi.

Le donne non muoiono da eroi.

Nell’ambiente chiuso della mensa Rosa e le altre giovani donne assaggiatrici creano alleanze, amicizie ma anche rivalità. Rosa nel gruppo viene considerata la straniera e quindi ha più difficoltà a integrarsi e ad ottenere una sorta di benevolenza.

Rossella Postorino attraverso le assaggiatrici trova un modo per mostrare come si può restare umani nonostante un passato vissuto in un clima intriso di male, odio e terrore in cui la propria vita vale meno di zero.

Il romanzo mostra come il terrore, se vissuto ogni giorno, può diventare banale e monotono da non fare più paura. Il film riuscirà a rendere giustizia al libro? Considerando la bravura di Cristina Comencini la nostra risposta è affermativa ma non ci resta che aspettare di poter vedere il lavoro finito.

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