Cultura

Se resto è perché:
il documentario su chi ha scelto l’Irpinia

Se resto è perché è il titolo del documentario partecipato, diretto da Umberto Rinaldi, che mostra senza preamboli chi ha scelto consapevolmente e per amore di vivere in Irpinia. Il corto è stato presentato durante il festival Corto e a capo, svoltosi a Venticano.  A qualcuno sembrerà pura follia pensare di scegliere consapevolmente di restare in Irpinia, i protagonisti della pellicola, invece, attraverso le loro esperienze di vita riusciranno a far vedere l’altra faccia del nostro territorio.

Per molti l’Irpinia rappresenta il luogo d’origine in cui si ritorna per l’estate, per le vacanze e per salutare i propri cari perché in queste “lande sperdute” non c’è posto per poter lavorare. Questi luoghi vengono visti come terre desolate, in cui il tempo sembra essersi fermato.

Molti hanno abbracciato la frenesia del lavoro metropolitano, guardando questa terra e chi ha deciso di restarci con derisione. C’è qualcuno che ha speculato su questo aspetto, tanto da scriverci libri o creando pagine in cui compaiono odi alla tristezza e al culto della birra Peroni. L’Irpinia non è solo questo e Se resto è perché ce lo mostra in tutta la sua semplicità.

Albero

Albero

Protagonisti del cortometraggio sono persone che hanno scelto d’investire nella terra che li ha messi al mondo, ciascuno ha intrapreso una strada differente per realizzarsi. Ognuno dei protagonisti ha un bagaglio culturale e di esperienze diverso ma tutti hanno abbracciato la stessa causa: sono riusciti a guardare oltre, conquistando il proprio spazio.

Sono storie che, ovviamente, non sono prive di difficoltà ma sono la dimostrazione che decidere di restare non è sempre sinonimo di resa e sconfitta personale. Attraverso queste scelte si abbraccia la croce e la delizia di un territorio che appare come aspro e burbero e che, in realtà, è un autentico portatore di semplicità e di ricchezza. Non vi aspettate storie dallo stile commedia americana perché i problemi ci sono e non riguardano solo il territorio ma anche le dinamiche sociali con cui ci si scontra quotidianamente: la chiusura sociale, l’incuria generale e i disservizi. Non è tutto rose e fiori ma questo non vuol dire che non sia possibile guardare i problemi da un’altra angolazione, trovando una soluzione costruttiva.

Se resto è perché: le storie dei protagonisti

Le voci di Se resto è perché sono svariate ed appartengono a diversi settori lavorativi e culturali. A raccontare le proprie esperienze di vita ci sono giovani e meno giovani, che sono partiti con la voglia di oltrepassare i confini della propria terra ma sono tornati perché ciò che hanno visto era meno dorato e appetitoso, rispetto alla propria immaginazione. Ci sono le storie di persone che hanno appreso i mestieri artigianali di un tempo, hanno costruito una carriera e, attraverso questa riscoperta lavorativa, riescono ad oltrepassare i confini italiani per diffondere la propria cultura. Sono storie particolari, se vogliamo romantiche ma soprattutto di resistenza.

La prima storia che vi raccontiamo è quella di Michela Mancusi, fondatrice e presidente di Zia Lidia Social Club che ha compiuto 16 anni.

Michela Mancusi

Michela Mancusi

Michela ha deciso di restare perché ha creduto in questo progetto culturale, che le ha permesso di volta in volta di conoscere e potersi confrontare con persone diverse, unite dalla passione per la cultura e dalla voglia di condividerla. Lo Zia Lidia Social Club nasce nell’appartamento di Lidia, un’anziana nonché prozia di Michela, che attraverso questo gesto di ospitalità e di aggregazione fa sparire il confine tra spazio pubblico e privato. Questo gesto semplice e generoso consente un’unione generazionale e culturale in cui non esistono differenze o spazi delimitati.

Gaetano Branca

Gaetano Branca

La seconda storia è quella di Gaetano Branca di Carife, maestro artigiano dell’argilla, che ha deciso di restare perché della sua generazione non c’è più nessuno. Gaetano impara l’arte di plasmare l’argilla da Raffaele Clemente, che gli ha tramandato i segreti della sua professione. L’insegnante non voleva che Gaetano ne facesse un mestiere perché doveva studiare e diventare un professionista. Gli anziani, spesso, sperano in un riscatto sociale attraverso i giovani, li vogliono vedere laureati, affermati ed in carriera dietro scrivanie. Questo modo di pensare è controproducente perché parte della nostra cultura e delle nostre radici muore lentamente nella dimenticanza. Gaetano ha disatteso le parole del suo insegnante, dimostrandogli come anche senza una laurea ci si può affermare e girare il mondo, vivendo in Irpinia.

Vito Pagnotta

Vito Pagnotta

La terza storia è quella di Vito Pagnotta che ha deciso di restare in Irpinia perché questa è casa sua ed ha fondato l’azienda agricola Serrocroce, producendo birre irpine. Le loro birre sono fortemente legate all’Irpinia, le materie prime che vengono lavorate appartengono allo stesso territorio dell’azienda. Vito dopo la laurea ed il master parte con la valigia di cartone e si ferma in Belgio dove ha imparato i segreti della birrificazione e li ha trasferiti a Monteverde, in Irpinia. Le birre Serrocroce hanno un legame territoriale indissolubile perché l’azienda non è solo prodotto ma esiste in quanto ragnatela di rapporti umani.

Francesco Savoia

Francesco Savoia

La quarta storia è quella di Francesco Savoia che ha deciso di restare perché, il suo, è un bisogno che sente dentro. Francesco ha deciso di continuare la tradizione casearia dei propri genitori e di non far morire l’Antica Fattoria Savoia. La sua scelta di diventare allevatore inizialmente non è stata approvata dai suoi genitori, che speravano per i propri figli (Francesco e la sorella) un futuro diverso, una vita fatta di meno sacrifici e meno impegni. L’azienda è partita con poche risorse economiche ma con la voglia di farcela. La conoscenza della tradizione familiare, unita all’innovazione e alla voglia di crescere, ha portato l’Antica Fattoria Savoia a migliorarsi, creando prodotti diversi e compatibili con il competitivo mercato moderno. Tra i cavalli di battaglia vi è lattica, un formaggio spalmabile, che per la sua genuinità e sapore permette all’azienda di entrare in ristoranti stellati.

A completare le storie di Se resto è perché ci sono: Carmine IoannaAlberico Iannaccone. Carmine è un musicista noto nonché organizzatore di Accordion Day, un festival che si svolge in Irpinia. Quest’idea nasce con la voglia di unificare più persone attraverso la musica, cercando di allargare gli orizzonti ed i contatti attraverso l’arte.

Alberico Iannaccone, invece, ad un certo punto si è trovato di fronte ad un bivio: se cercare lavoro altrove o creare un’attività che gli permettesse tutte le mattine di svegliarsi e poter guardare le montagne della sua terra. La decisione è stata quella di fondare la cooperativa Il Sorriso, che continua ad esistere, nonostante le numerose difficoltà avute nel tempo.

La pellicola è accompagnata dal brano L’Ignoto ideale degli Ordita Trama, band irpina, che per la scrittura del testo si è ispirata A se mi tornassi questa sera accanto, romanzo, di Carmen Pellegrino.

Se resto è perché vi farà vedere con occhi diversi una terra che, nonostante tutte le problematiche che ha e le appartengono da sempre, è un luogo che nella sua apparente staticità è in fermento.

Chi ha deciso di restare o tornare lo ha fatto con uno scopo ben preciso: ha riconosciuto il valore delle proprie radici ed ha deciso di rendergli onore attraverso l’innovazione e la creatività. Le storie che mostra il documentario devono servire per aggregare altre menti e cercare di migliorare un luogo che ha ancora tanto da dare.

Il Corriere è il nuovo film di Clint Eastwood: il trailer!

Clint Eastwood porta sul grande schermo il film Il Corriere, la trama s’ispira alla vera storia di Leo Sharp, un novantenne, che per “arrotondare” le sue entrare inizia a lavorare come corriere della droga per i Narcos. L’uomo riesce a svolgere l’attività di trafficante della droga per circa 10 anni.

Cosa spinge Leo ad intraprendere questo rischio, vista la sua età avanzata? La velleità economica verso questo mondo pericoloso o l’ebrezza del pericolo non sono il movente, il suo è semplicemente un bisogno economico. La famiglia dell’uomo vive in ristrettezze e la nipote è prossima alle nozze, questi elementi gli bastano per iniziare il suo viaggio nell’illegalità.

Clint Eastwood, come sappiamo, non vuole solo mostrare allo spettatore la storia di un vecchio uomo che, spinto dal bisogno, scende a compromessi lavorativi illegali. C’è una finalità sovversiva e socialmente critica all’interno de Il Cartello. Il regista ama svelare i paradossi umani, politici e culturali della società del nostro tempo, in particolar modo di quella americana.

Il Corriere: poster

Il corriere

Leo Sharp, interpretato da Clint Eastwood, riesce ad eludere per anni i controlli della polizia perché l’ideale del narcotrafficante non si rispecchia certamente in quello di un uomo anziano. La polizia e la collettività in generale sono portati ad immaginare i trafficanti come surrogati di Pablo Escobar.

Il regista, ironicamente e sottilmente, si prende gioco anche degli stereotipi politici: Leo non è un ex hippie estroverso e nostalgico dei suoi tempi andati, è un uomo di poche parole e con la risposta sempre pronta.

Alla fine quando l’uomo si trova a fare i conti con le cose importanti della sua vita, a cui non ha dato il giusto peso, ammette:

Pensavo fosse più importante essere qualcuno da un’altra parte invece del fallimento vero a casa mia. Sono stato un pessimo padre, un pessimo marito. Ho rovinato tutto.

Per scoprire altri dettagli de Il Corriere non vi resta che attendere l’uscita del film, prevista l’8 febbraio!

I Villeggianti di Valeria Bruni Tedeschi a febbraio nelle sale: il trailer

  1. Valeria Bruni Tedeschi, dopo Un castello in Italia (2013), ritorna dietro la macchina da presa con il film I Villeggianti, che uscirà nelle sale italiane il prossimo 28 febbraio. Il lungometraggio è stato presentato alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia, nella categoria dei film fuori concorso. Gli esperti del settore si sono divisi tra chi ha apprezzato la delicatezza autobiografica e chi ha stroncato la pellicola, considerandola un flop.

L’attrice attraverso la realizzazione de I Villeggianti mostra al pubblico una parte di sé intima e privata: la trama è autobiografica e racconta i momenti cruciali più significativi della sua sfera privata. Il lungometraggio trasuda di cinismo e di malinconia, sentimenti che non abbracciano solo i rapporti d’amore finiti male ma anche quelli più intimi e familiari.

L’idea cinematografica di Valeria Bruni Tedeschi è quella di parlare di vita vissuta, per poter trasmettere quel senso umano di universalità e di fragilità, che appartiene a tutti noi.

L'attrice durante una scena de I Villeggianti

Valeria Golino

I Villeggianti: la trama

I Villeggianti si svolge all’interno di una villa isolata sulla Costa Azzurra, è un luogo senza tempo quasi surreale. Anna (Valeria Bruni Tedeschi) decide di trascorrere nella casa qualche giorno di vacanza insieme alla figlia, per svagarsi e riflettere. La donna ha bisogno di tranquillità per poter pensare alla fine del suo matrimonio, cercare di concentrarsi per la scrittura del suo prossimo film ed elaborare la morte del fratello.

Elena (Valeria Golino), la sorella, le farà compagnia in questo percorso ma, ciascuna a suo modo, dovrà fare i conti con la propria alienazione ed i propri problemi esistenziali.

Protagonista principale del film è la solitudine, che ci accompagna tutti: non basta avere una vita impegnata e sociale gratificante per eludere questa condizione.  Ogni essere umano ha un proprio microcosmo con cui è costretto a fare i conti.

Altro punto focale della pellicola è l’universalità del sentire umano che, in qualche modo, ovatta il nostro isolamento. Le tragedie esistenziali di ogni essere umano, per quanto uniche e singolari, ci connettono tra noi: il dolore, la paura di guardarsi dentro e di non riuscire a superare qualcosa che, si pensa, possa essere più grande di noi. Questi meccanismi sono universalmente validi per tutti.

Se avete voglia di intraprendere questo viaggio intimo ed introspettivo, non vi resta che aspettare l’uscita del film nelle sale.

Lo Zia Lidia Social Club
compie 16 anni di attività

Michela Mancusi, presidente dell’associazione cinematografica, presenta il programma dell’edizione 2019.

M.I.A. La cattiva ragazza della musica è il docufilm di Stephen Loveridge: il trailer

M.I.A. La cattiva ragazza della musica è un documentario firmato Stephen Loveridge, la pellicola è uscita nelle sale italiane il 20 gennaio. Il docufilm mostra il vero volto che caratterizza l’animo ribelle, le canzoni provocatorie e crude di M.I.A. (Mathangi Maya Arulpragasam), pop star controversa e tra le artiste più interessanti del panorama musicale contemporaneo.

La sua è una storia particolare: M.I.A. nasce a Londra il 18 luglio del 1975,  a sei mesi ritorna nello Sri Lanka. Arul Pragasam, suo padre, è un attivista Tamil (un movimento sovversivo che si batte per l’indipendenza della parte settentrionale  e orientale dello Sri Lanka). Con l’inasprirsi della guerra civile ed il pericolo annesso, M.I.A. ottiene il permesso di tornare a Londra come rifugiata. Questa esperienza unita alla sua passione per la musica le permette di esprimersi, diventando la star internazionale che la maggior parte di noi conosce.

Usando le sue parole:

Dovevo affrontare il fatto di essere diversa, ero un’immigrata. Nello Sri Lanka eravamo circondati dalla guerra civile e la musica era la mia medicina.

La maggior parte dei testi delle sue canzoni racconta della sua gente, di ciò che succede e che non si dice, della sua esperienza da rifugiata. M.I.A. La cattiva ragazza della musica è il titolo italiano del documentario ed è preso in prestito da una sua canzone: Bad Girls del 2012.

Chi sono le cattive ragazze? Da una lettura del testo si comprende che le bad girls sono donne indipendenti e forti, che vivono la vita per come vogliono e non per come gli altri si aspettano da loro. Sono ragazze che non hanno paura di cogliere l’attimo, vivendolo senza paura.

 

La locandina del documentario

M.I.A. La cattiva ragazza della musica non segue un continuum temporale perché lo spettatore, attraverso queste interruzioni, deve poter comprendere d’impatto la difficoltà che ha avuto la cantante nel mantenere un legame con la sua terra e le proprie radici. La particolarità e la bellezza che contraddistinguono il lungometraggio è il distaccarsi dallo scenario del classico docufilm musicale. Se vi aspettate un approfondimento della pop star attraverso la visione di video o immagini inedite dei suoi live, ne resterete delusi.

La pellicola mostra immagini truci sulle conseguenze che porta con sé la guerra, sinonimo di violenza e di disumanità. M.I.A. La cattiva ragazza della musica rivela la forza di una giovane donna che, in realtà, di bad girl ha ben poco, se non il fatto di voler raccontare senza metafore una condizione politica e sociale che di patinato ha ben poco.

Per darvi un’idea della musica di M.I.A. e di ciò che abbiamo detto a riguardo, vi mostriamo il video di Borders, singolo del 2015.

Se siete interessanti al tema immigrazione e accoglienza Dove bisogna stare, un altro documentario, potrà darvi molti spunti di riflessione a riguardo.

Buona visione!

Mercalli: intervista alla band di Una casa stregata

I Mercalli: Igor Grassi (voce e tastiere), Enrico Riccio (chitarra) e Fortunato Sebastiano (basso) nascono nel 2013, ad unirli è la passione che nutrono per la musica e la voglia di suonare insieme. Nel 2016 l’incontro con Francesco Margherita (batterista), crea le basi che li porta alla finalizzazione del progetto iniziale e alla realizzazione del loro primo disco: Una casa stregata, co-prodotto con Francesco Tedesco per I Make Records, uscito il 7 gennaio 2019.

Dopo aver ascoltato e apprezzato l’album che oscilla tra amore, decadenza e pop rock abbiamo deciso di scambiare un paio di chiacchiere con loro, per conoscerli meglio: ecco l’intervista!

Come nascono i Mercalli?

In realtà abbiamo sempre suonato insieme. Nel 2013, avevamo una stanza dedicata alla musica, che avevamo allestito nella casa in campagna di Fortunato. Ci siamo ritrovati in questo modo, mettendo in piedi una formazione che fosse capace di arrangiare i pezzi che stavamo scrivendo e di suonarli dal vivo: è così che nascono i Mercalli. L’incontro con Francesco Margherita è stato decisivo per l’impostazione a quattro, finalizzata all’esibizione live e per arrangiare i pezzi.

Avete definito i vostri brani come canzoni d’amore senza cuore: perché?

Questa definizione nasce per gioco, rappresenta uno spunto di riflessione riguardo l’esistenza di molte canzoni d’amore che, sostanzialmente, non parlano di quell’amore che fa rima con cuore. I testi di Umberto Palazzo o CCCP ne sono un esempio. I nostri brani parlano d’amore ma, questo, è un sentimento che trattiamo con disillusione e un diverso approccio emotivo, più realistico.

Secondo voi a trionfare è soltanto chi è capace di amare?

No, secondo noi a trionfare è solo chi è capace di guardare il mondo con occhi mutevoli, chi è in grado di comprendere e percepire l’amore dalle angolazioni più disparate. A trionfare è chi è disposto a mettere in gioco i propri sentimenti senza avere paura del rischio che si corre. L’umanità, secondo noi, è un bestiario universale di sentimenti: provare emozioni non deve indurre nella paura di ciò che ne può conseguire o far pensare di essere perdenti. A trionfare non è solo chi è capace di amare ma chi è capace di esporsi senza competere, chi è capace di mostrare tutto ciò che è, che rappresenta e che sente.

Che cos’è l’amore: un affetto, una maledizione o un posto per nascondersi?

Sarebbe semplice la risposta, citando Un posto per nascondersi, il titolo di un nostro brano, e in parte lo è. L’amore è un posto per nascondersi e per manifestarsi.

Copertina dell’album

Da quale esigenza nasce Una casa stregata?

Il nostro album nasce dal desiderio di riuscire a raccontare delle storie e dalla voglia di semplificare il nostro modo di fare musica. Una casa stregata nasce dall’esigenza di raccontare storie abbastanza universali, spiandole dal buco di una serratura. I nostri testi si caratterizzano per la loro semplicità e immediatezza, ciò non vuol dire che non siano profondi o non costruiti, spesso li abbiamo creati al momento perché ognuno di noi portava una sua storia o un’idea. Queste immagini, lavorandoci insieme, sono diventate le nostre canzoni. Ogni testo racconta qualcosa di noi e Una casa stregata è una sorta di adolescenza condivisa.

Chi è L’uomo senza ricordi, a cui avete dedicato una canzone nel vostro album?

L’uomo senza ricordi è una persona che sa dimenticare le difficoltà, i problemi, le litigate e che, ad un certo punto, riesce ad apprezzare le cose semplici. È una persona che riesce a ricordare qualcosa anche dimenticandola perché gli appartiene non in quanto oggetto dato dalla memoria ma dal suo sentire privo di sovrastrutture. L’uomo senza ricordi è colui che sa riscoprire il peso della gravità, l’elemento più semplice e costante che abbiamo letteralmente addosso, senza dargli un significato più articolato e complesso di ciò che sente.

Qual è il leitmotiv di Una casa stregata?

In realtà il leitmotiv lo abbiamo scoperto dopo aver prodotto l’album, ci piace definirlo un concept album postumo perché abbiamo scritto le canzoni e solo alla fine ci siamo accorti che c’era un filo conduttore che le legava. Nei testi c’è un richiamo alle stanze, ai mobili, ai soprammobili e alle porte: sono tutti elementi che si sono manifestati inconsapevolmente, durante il loro divenire, e di cui ci siamo resi conto soltanto dopo. Il brano intitolato La stessa stanza, che chiude Una casa stregata, è stato composto molto prima che decidessimo di fare l’album e paradossalmente il titolo già faceva riferimento ad un ambiente. Dunque il leitmotiv sono gli ambienti visti come luoghi che mostrano e che privano.

La sedia in bilico oscilla tra?

La sedia in bilico oscilla tra il pavimento e la sedia, se cade. È un movimento simile al volersi aggrappare a qualcuno ma con la consapevolezza di stare cadendo all’indietro, senza potersi riparare dall’impatto immediato con il suolo. Questo oscillare rappresenta la metafora di quando, ad esempio, ci si sveglia una mattina e la persona con cui credi di trascorrere la vita ti dice, all’improvviso, che non c’è più per come l’avevi immaginata. Questo equilibrio instabile è una condizione esistenziale che appartiene a tutti noi, quando decidiamo di amare. La sedia in bilico è anche il primo singolo estratto da Una casa stregata. Il videoclip che lo accompagna è scritto e interpretato da Alessia Rollo, fotografa concettuale anche autrice dell’immagine di copertina del disco. Alessia ha lavorato ad un suo vecchio soggetto, che ci aveva colpito per le coincidenze che lo avvicinavano al brano, adattandolo: ha trasformato una sua esigenza privata in pubblica, donandole un senso nuovo.

Mercalli

Se volete approfondire l’ascolto di Una casa stregata non vi resta che acquistare l’album o ascoltarlo su Spotify.

Dove bisogna stare è un docufilm sull’accoglienza firmato Gaglianone e Collizzolli: il trailer

Daniele Gaglianone e Stefano Collizzolli portano sul grande schermo Dove bisogna stare, un docufilm che ha come protagoniste quattro donne impegnate nell’accoglienza volontaria. Il lungometraggio mostra in modo molto diretto l’altra faccia della medaglia sul tema dell’immigrazione.

L’immigrazione e la consequenziale accoglienza sono argomenti che, spesso, vengono trattati in modo superficiale, senza approfondire realmente la questione umanitaria che spinge uomini, donne e bambini ad intraprendere viaggi, spesso fatali, per poter respirare la libertà o almeno per assaporarla. Che cos’è la libertà? Vi ponete mai questa domanda? La maggior parte di noi la dà per scontata ma, purtroppo, non è per tutti così.

Dove bisogna stare affronta il tema dell’immigrazione e dell’accoglienza, conducendo lo spettatore nei centri sociali e nei rifugi provvisori, per mostrare la realtà e sfatare alcuni miti sulla questione.

Quali sono le problematiche burocratiche a cui ogni giorno devono far fronte gli operatori e i mediatori culturali per poter garantire la minima accoglienza a persone che non hanno più nulla? Cosa spinge un essere umano a diventare profugo, avventurandosi oltre i propri confini, rischiando tutto? Sicuramente non è il “benessere economico” che i mass media cercano di far credere.

Scena tratta dal film

Dove bisogna stare il documentario

Sull’argomento immigrazione e accoglienza si sono costruiti stereotipi e generalizzazioni che hanno e stanno, tutt’ora, generando insofferenza verso l’argomento. All’interno di queste dinamiche o “emergenze” ci sono interessi politici ed economici che non hanno come beneficiari diretti gli immigrati.

Dove bisogna stare non cerca di muovere le corde della pietà e della compassione ma vuole mostrare come si svolge, davvero, la realtà all’interno di queste situazioni umanamente precarie. Nella maggior parte dei casi l’Italia funge da “terra di passaggio” per andare in altri luoghi.

Un’altra  particolarità del docufilm è che i protagonisti sono due categorie che, per motivi diversi, hanno non poche discriminazioni sociali: gli immigrati e le donne.

Dove bisogna andare: protagonisti

Lorena, una pensionata di Pordenone, aiuta dei rifugiati pakistani e ci mostra come sia difficile vivere in condizioni così precarie, resistendo al freddo e non riuscendo ad avere assistenza medica.

Per lei:

Guardare un rifugiato negli occhi è un gesto politico, è un modo per ridargli il valore per metterlo al mondo

Elena, invece, vive in un piccolo paese vicino alla Val di Susa e ospita a casa sua un ragazzo che ha attraversato la frontiera, a piedi scalzi e con la neve, rischiando l’amputazione degli arti. Jessica è un’attivista ed è tra i responsabili del centro sociale Rialzo di Cosenza infine c’è Elena che vive a Como e cerca di dare informazioni pratiche ai profughi che ne hanno bisogno.

Foto tratta dal docufilm Dove bisogna stare

Tutte e quattro le protagoniste del documentario hanno in comune la forza e la determinazione che le spingono a combattere quotidianamente con situazioni complesse. Sono donne libere da preconcetti, motivate esclusivamente dalla voglia di aiutare chi cerca di riappropriarsi della propria vita. Il film porta a riflettere sul vero significato e valore che hanno le parole: accoglienza, solidarietà e pregiudizio razziale.

Dove bisogna stare verrà proiettato nelle sale il 17 gennaio.

Buona visione!

“Avanti un altro”,
il valletto grottese gela Bonolis

L’imprenditore ufitano, Marino Moscaritolo, valletto per un giorno ad “Avanti un altro”, non nasconde il suo gradimento per la trasmissione della Rai “l’Eredità”, diretta concorrente di quella condotta da Bonolis su Mediaset.

Teora, tutto pronto per lo Squacqualacchiun

Stefano Farina, sindaco di Teora, presenta le iniziative che si terranno nel borgo altirpino.

I lati opposti dell’amore,
la poesia di Romano

Il singolo del cantautore di Cervinara, estratto dall’album “L’arte e la musica”.

Scroll to top