Cultura

Trofeo RiLL: prorogata la scadenza per partecipare

Il Trofeo Rill arriva alla sua XXVII edizione, per premiare il miglior racconto fantastico. Si tratta di un premio letterario bandito dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare, con il patrocinio del festival internazionale Lucca Comics & Games insieme alla casa editrice Acheron Books.

Per partecipare è necessario scrivere dei racconti che appartengono al genere: fantasy, horror, fantascienza o qualsiasi storia che vada al di là del reale.

Il termine per partecipare al concorso è stato prorogato al 15 aprile 2021.

RiLL: il concorso letterario

Il concorso letterario proroga la scadenza

Premio RiLL: come partecipare

Al concorso letterario possono partecipare tutti gli autori che abbiano una o più opere inedite e in lingua italiana, che siano ambientate o che abbiano personaggi poco attinenti al mondo reale.

Possono partecipare al Trofeo RiLL anche gli italiani residenti all’Estero. I racconti possono essere spediti per posta o in via telematica.

I dieci racconti finalisti saranno pubblicati, senza alcun costo per i rispettivi autori, in un e-book della collana Aspettando Mondi Incantati, curata da RiLL e in uscita a ottobre 2021.

I migliori quattro o cinque racconti tra quelli finalisti saranno pubblicati in forma gratuita nell’antologia del concorso all’interno della collana Mondi Incantati, che sarà presentata al festival internazionale Lucca Comics& Games a novembre 2021.

Il primo classificato del Trofeo RiLL verrà tradotto e pubblicato, sempre gratuitamente, in Spagna sull’antologia Visiones, curata da Pòrtico – Asociatiòn Española de Fantasìa, Ciencia Ficciòn y Terror, in Irlanda sulla rivista letteraria Albedo One e in Sud Africa su PROBE, il magazine dell’associazione Science Fiction and Fantasy South Africa.

Inoltre il vincitore del racconto riceverà un premio di 250 euro.

La selezione dei racconti finalisti sarà svolta in forma anonima, senza che i lettori-selezionatori conoscano il nome dell’autore, dando particolare rilievo all’originalità della storia e alla qualità della scrittura.

La giuria del concorso letterario sceglierà quelli da premiare.

La cerimonia di premiazione avrà luogo a novembre 2021.

Se hai un racconto inedito legato al fantasy, sei ancora in tempo per partecipare!

Un anno di pandemia e la sua guerra silenziosa

Ci ritroviamo oggi esattamente come un anno fa: immobili.

Dopo un anno trascorso tra distanziamento, isolamento, paura di essere contagiati e privati di qualsiasi libertà che non sia stata legata all’attività lavorativa di ciascuno, per chi il lavoro lo ha ancora, non vi è nessun cambiamento tangibile e concreto che possa farci pensare ad un cambiamento dello stato di cose attuali, così come lo era ieri.

Restiamo ancora distanziati, ancora privati della nostra libertà individuale, a volte mi chiedo se, quando passerà tutto perché dovrà passare, ci ricorderemo ancora come si decide autonomamente per ciò che sia meglio per noi e se saremo ancora in grado di farlo con la stessa naturalezza di un tempo, quello pre pandemia.

Riusciremo a tornare alla vita e alle nostre attività che all’improvviso ci sono state tolte? Le nostre priorità e i nostri piaceri sono davvero rimasti immutati dopo tutta questa stasi? I nostri valori sociali, il nostro concetto di benessere psicologico è sempre lo stesso o ha subìto dei cambiamenti?

Tutto procede a rilento: i vaccini, i sussidi, le iniziative per poterci risollevare economicamente e la possibilità di potersi incontrare, per vivere una giornata senza dover pensare al distanziamento, senza avere paura di parlare ad una certa distanza, che prima non era altro che una forma di confidenza e di condivisione ma, soprattutto, senza dover avere costantemente lo scorrere del tempo sotto controllo.

Un anno di pandemia: le conseguenze di una guerra silenziosa

La guerra silenziosa del Covid a distanza di un anno

In molti hanno descritto la pandemia e le sue conseguenze come un ritorno alle cose semplici. Un ritorno alla semplicità non è quello di stare chiusi in casa ad impastare pizze o a guardare serie Tv, evitando il resto.

Vivere all’insegna della semplicità significa vivere a cuor leggero, scegliere di trascorrere il proprio tempo con chi si vuole, senza stress. Vivere in modo semplice significa spendere gran parte del proprio tempo lavorando con la certezza che il tempo libero che si ha a disposizione, anche se poco, lo si possa impiegare nel fare qualcosa che ci faccia stare bene davvero e senza compromessi.

Sono ritornati in voga gli sport individuali perché sono gli unici che si possono praticare, per tutelare la nostra salute. Lo sport però è nato come forma aggregativa e sociale. Allo stesso modo sono nate tutte quelle attività culturali e creative che necessitano di collettività, unione, scambio e condivisione.

I nostri sorrisi sono nascosti ancora dietro mascherine che non lasciano trasparire socialità.

Un aspetto, questo, molto importante per il singolo e per la collettività che al momento sembra non interessare nessuno.

Pensiamo per categorie e forse lo abbiamo sempre fatto ma mai per categorie umane. Non c’è ora chi patisce di più e chi meno, non dipende dal tempo che prima abbiamo avuto a disposizione e non dipende soprattutto dall’età biologica di ciascuno.

Non ci sono categorie umane per questa guerra silenziosa se non per avere precedenza per vaccinarsi che, a breve, creerà altre categorie umane per chi potrà decidere di partecipare alla vita perché vaccinato e chi no perché ancora non è arrivato il suo turno.

Questa guerra silenziosa causata dalla pandemia ci tocca tutti allo stesso modo.

Carmelo Bene e il teatro

Carmelo Bene è stato una delle figure più importanti per la cultura del ‘900 e non solo perché è stato capace di trasformare il linguaggio teatrale, reinventandolo con uno stile ricercato e barocco. Un artista a 360 gradi, dotato di genialità, irriverenza e immensa cultura letteraria, teatrale e filosofica. La sua battaglia principale per quanto concerne la sfera teatrale è quella di scagliarsi contro il teatro di testo, in favore di un teatro da lui stesso definito scrittura di scena, che dice ma mai del tutto.

Il teatro a cui si ispira Carmelo Bene è quello di Antonin Artaud, che descriveva con queste parole il teatro:

Un teatro che subordini la regia e lo spettacolo, vale a dire tutto ciò che in esso c’è di specificatamente teatrale, al testo, è un teatro di idioti, di pazzi, di invertiti, di pedanti, di droghieri, di antipoeti, di positivisti, in una parola di Occidentali.

Nel 1972 Carmelo Bene, smaltita la sbornia cinematografica, ritorna a teatro. Questo ritorno significa calcare le grandi scene, in cui ci sono le code ai botteghini. Colleziona 25 sold out di fila con Nostra Signora dei Turchi.

Gli anni ’70 sono segnati nel teatro dalla nascita del teatro antropologico: Grotowski, l’Odin Teatret di Eugenio Barba. Di questo panorama Carmelo Bene dice:

Grotowski l’ho intravisto e non mi piace. Ho seguito un seminario di Barba al convegno di Ivrea e mi ha fatto morir dal ridere. Non potendo scavalcare una barriera umana, mi sono pisciato sotto davvero. Nessuna traccia di umorismo e ironia. Problemi personali. Con il pretesto del teatro o altro, mettono su queste comunità spiritate dove ci si può sopportare solo a patto di buttarla sulla comunione-masturbazione mistica.

Per Carmelo Bene questa tipologia di teatro rappresenta la povertà di quest’arte scenica perché non esprime altro la sofferenza cassamutuata.

Il teatro per lui rappresenta il dover dar voce ad un’allucinazione senza testo e senza autore.

L’attore è un vivo che si rivolge ai vivi, ma, in particolare nel repertorio classico, deve cessare di essere tale per apparire come contemporaneo del personaggio, simile a un morto tra i vivi.

Carmelo Bene durante le sue esibizioni teatrali si faceva spesso applicare, prima di salire sul palcoscenico, vistosi cerotti adesivi su tutto il viso perché voleva cancellare il riconoscimento del proprio viso e trasmettere una sorta di effetto invisibile.

Carmelo Bene

Un personaggio controverso e anarchico che ha capovolto il senso del teatro e non solo

La figura di Carmelo Bene è stata spesso oggetto di grandi polemiche: per alcuni è stata una figura geniale mentre per altri un presuntuoso massacratore di testi.

La lotta di Carmelo Bene si dirige contro la drammaturgia borghese che appoggia la classica visione del teatro.

Per l’artista è l’arte dell’attore quella su cui puntare i riflettori perché è l’attore che deve personificare tutto il complesso teatrale.

Carmelo Bene si scaglia contro il teatro di testo che si limita ad un semplice ripetere, imparando a memoria, le parole scritte da altri. Ciò che invece deve fare l’attore, secondo Carmelo Bene, è divenire l’artefice della scena e non un calarsi nel ruolo per intrattenere. Il testo teatrale rappresenta un effetto scenico come possono esserlo la musica o le luci.

Se volessimo descrivere il personaggio di Carmelo Bene lo potremmo definire un anarchico del teatro.

Due prodotti agroalimentari entrano a far parte dei PAT della Campania

Il cannolo irpino e l’antico bignè di Solofra entrano a far parte dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) della Campania.

Le due specialità tipiche entrano nella lista di quei prodotti artigianali, legati alla tradizione contadina che rappresentano un’eccellenza del territorio campano.

I prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) sono dei prodotti che vengono inclusi in un apposito elenco, istituito dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali con la collaborazione delle Regioni.

Il cannolo irpino e l'antico bigné di Solofra entrano a far parte dei PAT campani

Due prodotti irpini legati alla pasticceria entrano a far parte dei PAT campani

PAT campani

I PAT campani attuali sono 457 e ve ne elenchiamo alcuni tra i più i rinomati:

  • Cioccolato al limoncello
  • Fragolino
  • Liquore al tartufo nero
  • Liquore concerto
  • Liquore crema di limone
  • Liquore di amarene
  • Liquore gelse rosse
  • Liquore di mandarino dei Campi Flegrei
  • Liquore di mirtillo
  • Liquore al finocchietto
  • Liquore nanassino
  • Nespolino
  • Nocillo
  • Sciroppo di arancia bionda
  • Sidro di mela limoncellla
  • Vino cotto
  • Ammugliatielli
  • Braciola di capra di Siano
  • Busecchia-mammella di vacca, busecchia
  • Capicollo
  • Capicollo di Ricigliano
  • Carne bufalina
  • Carne di bovino podolico
  • Carne di suino di razza casertana
  • Carne ovina di Laticauda
  • Cervellatine
  • Cicoli
  • Coniglio di fosso dell’Isola d’Ischia
  • Fegato con la zeppa
  • Filetto di Vairano Patenora
  • Filettone di Vairano Patenora
  • Fiocco di prosciutto
  • Fleppa
  • Gelatina di maiale
  • Mozzariello
  • Nnoglia di maiale
  • Nzogna
  • Orvula
  • Pancetta arrotolata
  • Pancetta tesa
  • Prosciutto di Casaletto
  • Prosciutto di monte
  • Prosciutto di Pietraroja
  • Prosciutto di Rocchetta
  • Prosciutto di Trevico
  • Prosciutto di Venticano
  • Salame Napoli
  • Salame di Mugnano
  • Salsiccia
  • Salsiccia affumicata
  • Salsiccia del Cilento
  • Salsiccia del Vallo di Diano
  • Salsiccia di polmone
  • Salsiccia fresca a punta di coltello
  • Salsiccia r’ ‘poc
  • Salsiccia rossa di Castelpoto
  • Salsiccia sotto strutto
  • Salsiccia sotto strutto di Vairano Patenora
  • Samurchio
  • Soppressata del Cilento
  • Soppressata del Sannio
  • Soppressata del Vallo di Diano
  • Soppressata di Gioi Cilento
  • Soppressata di Ricigliano
  • Soppressata irpina
  • Bebè di Sorrento
  • Bocconcini alla panna di bufala
  • Burrini e burrata di bufala
  • Caciocavallo affumicato
  • Caciocavallo del Matese
  • Caciocavallo di bufala
  • Caciocavallo di Castelfranco
  • Caciocavallo irpino di grotta
  • Caciocavallo podolico
  • Cacioricotta caprino del Cilento
  • Caciotta di capra dei Monti Lattari
  • Caciottina canestrata di Sorrento
  • Caprino conciato del Montemaggiore
  • Caso conzatoù
  • Casomaturo del Matese
  • Csoperuto e marzolino
  • Casuforte di Statigliano, cacioforte, casoforte
  • Casu re pecora del Matese
  • Fiordilatte
  • Formaggio caprino del Cilento
  • Formaggio duro di latte di pecora, capra, vacca
  • Formaggio morbido del matese
  • Juncata
  • Manteca
  • Manteca del Cilento
  • Mozzarella nella mortadella
  • Pecorino del Monte Marzano
  • Pecorino bagnolese
  • Pecorino di Carmasciano
  • Pecorino di Laticauda
  • Pecorino fresco stagionato
  • Pecorino di Pietraroja
  • Pecorino salaprese
  • Provola affumicata
  • Provola affumicata di bufala
  • Provolone
  • Riavulillo
  • Ricotta di fuscella di S. Anastasia
  • Scamorza
  • Scamorza di bufala
  • Scamorzini del Matese
  • Scamosciata
  • Stracciata
  • Stracciata del Matese
  • Treccia
  • Burro di bufala
  • Olio extravergine di oliva Sannio caudino telesino
  • Olio extravergine di oliva Sannio colline beneventane
  • Aglio dell’Ufita
  • Albicocca vesuviana
  • Amarene appassite dei Colli di S. Pietro
  • Arancia di Pagani
  • Arancia di Sorrento
  • Broccolo del Vallo di Diano
  • Broccolo di Paternopoli
  • Broccolo friariello di Napoli

A questa lunga lista si aggiungeranno anche il cannolo irpino e l’antico bignè di Solofra.

Premio Strega 2021: i 12 libri candidati al premio letterario

Ecco 12 libri candidati per concorrere all’ambito Premio Strega 2021.

La scelta è stata ardua ma i titoli ufficiali sono i seguenti:

  1. Il libro della case di Andrea Bajani
  2. Il pane perduto di Edith Bruck
  3. Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone
  4. L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito
  5. Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti
  6. Borgo Sud di Donatella di Pietrantonio
  7. Cara Pace di Lisa Ginzburg
  8. Le ripetizioni di Giulio Mozzi
  9. La casa delle madri di Daniele Petruccioli
  10. Due vite di Emanuele Trevi
  11. Adorazione di Alice Urciuolo
  12. L’anno che a Roma fu due volte Natale di Roberto Venturini.
Premio Strega 2021: i 12 libri candidati

I 12 libri che concorreranno al premio letterario italiano.

Premio Strega 2021: qualche curiosità sui primi sei libri candidati

1. Il libro delle case di Andrea Bajani

Il libro delle case: il libro

Uno dei libri candidati al Premio Strega 2021

Il libro delle case (2021) di Andrea Bajani è stato proposto da Concita De Gregorio, per concorrere al Premio Strega 2021. Il romanzo ci descrive lo spazio e l’importanza che hanno le nostre case perché sono luoghi che conservano la memoria di chi le ha vissute.

Le case sanno chi siamo e custodiscono tra le loro mura i nostri segreti. Come una sorta di viaggio onirico in cui sono le abitazioni che ci osservano, ci descrivono e ci danno l’identità che abbiamo per il mondo che viviamo e che ci circonda.

2. Il pane perduto di Edith Bruck

Il pane perduto: il libro

Romanzo candidato al Premio Strega 2021

Il pane perduto (2021) di Edith Bruck è stato proposto da Furio Colombo.

Il romanzo è autobiografico perché la scrittrice fa un salto nel passato e decide di raccontare la sua vita. Edith Bruck, di origini ungheresi, era una bambina povera ed ebrea che ha conosciuto Auschwitz, Kaufering, Landsberg, Dachau, Christiansdadt, Bergen-Belsen e decide di mettere nero su bianco gli orrori vissuti in prima persona.

La scrittrice miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande cerca all’epoca, finito l’orrore della Shoah, di ricominciare a vivere nonostante le macerie reali ed emotive che ha vissuto. Il mondo le sembra estraneo e ha difficoltà ad instaurare rapporti anche con i suoi familiari che, rispetto a lei, non hanno vissuto i lager.

3. Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone

Splendi come vita: il libro

Un libro che è la dichiarazione d’amore di una figlia nei confronti della madre adottiva

Splendi come vita(2021) di Maria Grazia Calandrone è una dichiarazione d’amore.

La scrittrice del suo libro dice:

Splendi come vita è il racconto di una incolpevole caduta nel disamore, dunque di una cacciata, di un paradiso perduto. Non è la storia di un disamore, ma la storia di una perdita.

Chi scrive è una bambina adottata, che ama immensamente la propria madre. oi c’è una ferita primaria e la madre non crede più all’amore della figlia. Frattura su frattura, equivoco su equivoco, si arriva a una distanza siderale fra le due, a un quotidiano dolore, a un quotidiano rifiuto, fino alla catarsi delle ultime pagine.

4. L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito

L'acqua del lago non è mai dolce: il romanzo

Un romanzo ancorato alla nostra realtà

L’acqua del lago non è mai dolce (2021) di Giulia Caminito ha come protagonista Antonia, una donna fiera e onesta, che da sola si occupa di quattro figli e di un marito disabile. La donna crede nel bene comune, non scende a compromessi e vuole insegnare alla sua unica figlia femmina che può e deve contare esclusivamente su se stessa e sulle proprie forze.

Gaia, la figlia di Antonia, impara a non lamentarsi, impara a salire ogni giorno sul regionale per andare a scuola, impara a leggere libri e a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo.

La calma di questa bambina si tramuta all’improvviso quando un giorno, per un torto subìto, reagisce con una incontrollata violenza.

5. Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti

Sembrava bellezza: il libro

Un libro che parla del tempo trascorso

Sembrava bellezza (2021) di Teresa Ciabatti è stato proposto per concorrere al Premio Strega 2021 da Sandro Veronesi che spiega con queste parole la sua motivazione:

È un racconto talmente colmo di menzogne – la prassi della comunicazione tra gli esseri umani, insieme al nascondimento, al malinteso, alla reticenza, alle omissioni – che alla fine rasenta la più intima delle confessioni. È un romanzo straziante, perché è uno strazio ritrovarsi a vivere tutta la vita in un corpo così lontano dal canone condiviso della bellezza; ed è un romanzo esilarante, la cosa più vicina al libri di John Fante che mi sia mai capitato di leggere.

6. Borgo Sud di Donatella di Pietrantonio

Borgo Sud: il libro

Un romanzo che affronta il rapporto madre-figlia

Borgo Sud (2020) di Donatella di Pietrantonio ha come protagonista Adriana, che irrompe nella vita di sua sorella all’improvviso. La donna, un tempo, maledetta dalla madre non riesce mai a perdonarla per i suoi comportamenti e per sua incapacità di amare.

Da ragazzine eravamo inseparabili, poi avevamo imparato a perderci. Lei era capace di lasciarmi senza notizie di sé per mesi, ma mai così a lungo. Sembrava ubbidire a un istinto nomade, quando un posto non le conveniva più, lo abbandonava. Nostra madre glielo diceva, ogni tanto: tu sei una zingara. Anch’io poi lo sono stata in un altro modo.

Il romanzo affronta il tema dei rapporti difficili all’interno di un nucleo familiare, che si sgretolano e si spezzano a causa di eventi e di azioni subìte durante il corso di un’intera vita.

Cocktail e Cultura al Castello D’Aquino: 5 drink per 5 film italiani

Rieccoci con un nuovo appuntamento di Cocktail e Cultura al Castello D’Aquino.

L’appuntamento di oggi è legato al cinema italiano e alla storia della miscelazione. Insieme a Michelangelo Bruno, bartender del Castello D’Aquino di Grottaminarda, abbiamo associato il sapore e il carattere di alcuni drink all’essenza di alcuni film italiani che hanno fatto la storia del nostro cinema.

Cocktail e cultura al Castello D'Aquino di Grottaminarda

5 drink per 5 classici del cinema italiano

Cocktail e Cultura al Castello: 5 drink abbinati a 5 film italiani

1. Un Aviation per Giulietta e Romeo di Franco Zeffirelli

5 drink per 5 film italiani

Un grande classico del cinema italiano associato ad un grande classico della miscelazione

Giulietta e Romeo (1968) di Franco Zeffirelli si attiene fedelmente alla tragedia shakespeariana.

Il film mostra la storia d’amore intensa e combattuta tra Giulietta e Romeo che, non vedendo un futuro per il coronamento del loro amore puro e passionale a causa dei dissidi familiari delle rispettive famiglie, decidono di togliersi la vita e trasformare un amore che poteva essere idilliaco nel peggiore degli amore possibili e immaginabili.

Sono loro gli artefici del proprio fallimento sentimentale, causato dalla paura di battersi per ciò che provano l’uno per l’altra.

Il film traspone in immagini un classico che, probabilmente, offre l’istantanea di un amore tossico perché poco lucido e senza una giusta compensazione tra elemento razionale e irrazionale che fa sognare i posteri ma, se messo in pratica, non è costruttivo.

Il drink che abbiamo accostato a questa storia d’amore è un Aviation perché è una bevuta che richiama i grandi classici della miscelazione così come lo è Shakespeare ma Zeffirelli riesce a donargli quella spinta italiana attraverso la trasposizione cinematografica che è aiutata anche dall’ambientazione originaria della tragedia.

L’Aviation ha una spinta maggiore organolettica che richiama il sentore floreale della violetta. É una bevuta appassionante come lo è la storia d’amore tra Giulietta e Romeo ma, allo stesso tempo, non va sottovalutata per la sua intensità alcolica e per i risvolti negativi che potrebbe avere dopo molteplici bevute.

2. Un Vesper Martini per Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone

cinque xdrink per cinque film italiani

Un drink storico per un classico di Sergio Leone

Il buono, il brutto e il cattivo (1966) di Sergio Leone è annoverato tra i capolavori del genere western ma noi gli abbiamo dato anche un’altra interpretazione: quella che spesso l’ovvietà e l’irreale possono essere parti concrete del nostro vissuto. Ciò che avrebbe minime prospettive per potersi realizzare, quando meno ce lo aspettiamo, potrebbe diventare forma concreta con molta naturalezza, a prescindere dalla probabilità statistica.

A Il buono, il brutto e il cattivo abbiamo associato un Vesper Martini perché questo drink richiama la grande miscelazione classica e ci riporta ad un grande personaggio cinematografico come James Bond che beveva sempre questo cocktail:

Shakerato e non miscelato.

Il Vesper Martini è una bevuta molto pulita che però richiede una certa preparazione e predisposizione a bere in un determinato modo.

3. Un Trinidad Sour per The Dreamers di Bernardo Bertolucci

Un Trinidad Sour per The Dreamers di Bertolucci

Che cocktail potrebbe rappresentare il film di Bertolucci?

The Dreamers (2003) di Bernardo Bertolucci è un film in cui il regista rivisita il ’68.

I tre protagonisti: due ragazzi e una ragazza esplorano le loro emozioni e pulsioni erotiche in modo libero. La pellicola mostra il mondo borghese di questi anni, in cui appaiono marginalmente anche le rivolte politiche e sessuali del ’68.

Nonostante i protagonisti si professano impegnati politicamente, come vuole il classico stereotipo del tempo, mentre fuori scoppia la rivolta i tre non hanno voglia di scendere in piazza e partecipare come dovrebbero fare. I ragazzi preferiscono trastullarsi in giochi sessuali esplorativi che ritengono più interessanti ed educativi, per scoprire l’essenza del piacere.

L’immagine di The Dreamers non è altro che una grande verità sull’umanità: se c’è da scegliere tra qualcosa che crea piacere individuale e tra ciò che collettivamente e idealmente è giusta, si sceglie e antepone sempre la prima alla seconda tra le due opzioni.

Abbiamo abbinato a The Dreamears il Trinidad Sour perché rappresenta un drink che rivoluziona l’utilizzo dell’angostura, che è la parte alcolica protagonista di questa bevuta.

Al pari del film questo cocktail sconvolge il palato con la sua dolcezza ma mette in discussione gli standard della miscelazione.

4. Un Margarita per La banda degli onesti di Camillo Mastrocinque

La banda degli onesti potrebbe essere un Margarita

Il cocktail che meglio rappresenta La banda degli onesti è il Margarita

La banda degli onesti (1956) di Camillo Mastrocinque è uno dei film più rappresentativi di Totò. La scelta di questo lungometraggio nasce dalla voglia di inserire Totò nella storia della cinematografia internazionale e italiana.

In questo film l’attore affronta tematiche importanti e reali degli anni ’50: la differenza tra classi sociali e la voglia di riscatto sociale anche attraverso comportamenti non proprio leciti.

La banda degli onesti però sempre in modo leggero sottolinea l’importanza di una morale che appartiene agli esseri umani che, spesso, si palesa attraverso la paura di essere scoperti e il senso di pesantezza morale che nasce dalla consapevolezza di sapere che si sta facendo qualcosa di sbagliato.

A La banda degli onesti abbiamo abbinato un Margarita perché è un grande classico della miscelazione in cui il Tequila e il lime vengono stemperati con un alcolico dolce dal sentore di arancia: il Triple Sec.

Il Margarita è una bevuta multisfaccettata, allegra e briosa allo stesso modo del mood della pellicola.

5. Un Mezcal Bloody Mary per Medea di Pier Paolo Pasolini

Cinque cocktail per cinque film italiani

Il drink che meglio potrebbe rappresentare Medea di Pasolini è un Mezcal Bloody Mary

Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini si attiene fedelmente all’interpretazione del classico greco di Euripide che mostra una donna furiosa e combattiva a differenza del classico latino di Seneca.

La pellicola mostra la storia di Medea, una donna colta e grande conoscitrice delle erbe medicamentose e non, che lascia il suo paese per amore e viene considerata una barbara, per la diversità dei suoi usi e costumi.

Medea quando scopre di essere stata ripudiata da Giasone, suo marito, si risente così tanto che decide, accecata da una gelosia senza pari, di inviare un regalo alla futura sposa, un abito da matrimonio avvelenato.

Per eliminare qualsiasi sospetto sulle sue intenzioni, decide di far consegnare il regalo per la futura sposa direttamente dalle mani dei suoi figli, che moriranno avvelenati insieme alla donna.

L’opera letteraria e cinematografica punta su una diversa concezione della donna e della madre che mette al primo posto la propria vendetta, anche a dispetto della vita di innocenti generati da lei stessa.

Alla Medea abbiamo abbinato un Mezcal Bloody Mary perché è una bevuta, non per tutti, che richiama il sapore del sangue per via dell’acidità del pomodoro che viene arricchita e smorzata dal tabasco e dalla salsa Worcester. Questo drink, per chi lo conosce e lo beve, viene considerata una bevuta dell’hangover perché il sapore dell’alcol è poco percettibile se non per la leggera affumicatura del Mezcal.

Il Mezcal Bloody Mary è un cocktail che sembra innocuo al primo e al secondo bicchiere, ma non è una bevuta da sottovalutare perché la presenza alcolica camuffata dal succo di pomodoro può trarre in inganno, così come le intenzioni di Medea hanno provocato la morte della giovane sposa che voleva usurparle il ruolo di moglie.

Gli indifferenti: il film di Leonardo Guerra Seragnoli

Gli indifferenti (2020) di Leonardo Guerra Seragnoli è un film che si rifà all’omonimo romanzo di Alberto Moravia.

Il lungometraggio è una rivisitazione attuale del libro, che descrive e mostra la precarietà del sentire umano mosso, molto spesso, dalla noia e dall’incapacità di provare sentimenti e di riuscire a gestire la propria vita.

Il film ci catapulta all’interno di un mondo che ancora oggi non è cambiato perché i protagonisti si lasciano trasportare inermi dagli eventi anche quelli molto significativi, ciò che vince su tutto quello che è dinamico viene sopraffatto dallo stato di immobilità, cui nessuno riesce a sottrarsi.

Quello che il regista sottolinea è la staticità e la difficoltà che i protagonisti hanno nel prendere in mano le redini della propria vita e quindi della propria volontà. Nel film ogni dinamica si appiattisce, tutto scorre in modo lento e con un tempo che è scandito in modo monotono, apparentemente uguale a se stesso perché non si ha voglia di ascoltare e si è incapaci di riuscire a razionalizzare o semplicemente a rendersi conto del proprio fallimento umano, familiare e sociale.

Gli indifferenti: trailer

Un film che mostra l’egoismo e la precarietà umana

Gli indifferenti: la recensione

Gli indifferenti, a differenza del libro che era un manifesto palese contro la borghesia, ci mostra un ambiente borghese in decadenza fatto di difficoltà economiche e di beni svenduti, in cui chi subisce questo declino a tutto pensa tranne che a rimboccarsi le maniche e trovare un impiego che possa risollevare lo stato delle cose.

I protagonisti sono cinque ed è intorno alle loro dinamiche che si snoda la trama e si svolgono gli eventi.

Mariagrazia (Valeria Bruni Tedeschi) è una vedova che per noia, solitudine e un senso di gratitudine malsano si innamora di Leo (Edoardo Pesce), vecchio amico di famiglia, che elargisce prestiti ma che cova dentro di sé il grande affare: sottrarre il palazzo alla famiglia di cui si sta prendendo cura. I due intraprendono una relazione che non viene vista di buon occhio da Michele (Vincenzo Crea), il figlio maggiore di Mariagrazia, che si accorge dei secondi fini di Leo e cerca di ostacolarlo.

Carla (Beatrice Grannò) è l’altra figlia di Mariagrazia, che sta ultimando le superiori ed ha intrapreso la strada di gamer su YouTube e nella vita ha deciso di fare questo e contribuire economicamente in questo modo.

Il quadro familiare sembra come un quadro ristrutturato male perché i legami affettivi sono inesistenti: ciascuno è preso dal proprio tedio e dal proprio male di vivere. Mariagrazia vorrebbe essere il centro dei propri figli e del proprio uomo ma non può esserlo perché non è un punto saldo neanche per se stessa. Vive come se nulla stesse andando storto e si rifiuta di vedere ciò che caratterizza la realtà che la circonda.

Infine c’è Lisa (Giovanna Mezzogiorno) amica di famiglia ed ex di Leo che vive una relazione capricciosa con Michele che si trastulla con lei per noia e per farsi aiutare nel sabotare Leo.

La maggior parte del film si svolge all’interno delle mura domestiche perché è all’interno di questi spazi intimi che si palesa l’indifferenza e la fragilità algida di ciascun protagonista.

Il lavoro di Leonardo Guerra Seragnoli è ben riuscito perché rende attuale un classico della letteratura italiana e mostra come l’essere umano, nonostante i cambiamenti sociali, economici e politici riesce sempre ad essere fedele a se stesso attraverso la pochezza che, da sempre, lo contraddistingue.

L’ineffabile sapore della dignità di Anna Giancontieri Mele

L’ineffabile sapore della dignità (2021) è un romanzo di Anna Giancontieri Mele, pubblicato da Pegasus Edition, che è stato candidato al Premio Campiello 2021.

La scrittrice commenta cos’ riguardo la candidatura:

Partecipare al Premio Campiello è prestigioso. Arrivare fra i prim cinque sarebbe il riconoscimento della bontà del mio lavoro e dell’egregio supporto dell’Editore che si è fatto, senza risparmio alcuno, parte attiva in prima persona.

L’ineffabile sapore della dignità è un libro che affronta la problematica comune che abbraccia i rapporti sentimentali e coniugali: l’appiattimento che spesso trova come unica soluzione la conoscenza extraconiugale, per ritrovare una parvenza di  equilibrio perduto e il problema di affrontare i pregiudizi di ciascuno.

'ineffabile sapore della dignità: trama

Un romanzo che affronta la problematica dell’appiattimento del rapporto di coppia

L’ineffabile sapore della dignità: trama

Protagonista del romanzo di Anna Giancontieri Mele è Denise, una donna colta e raffinata che divide la sua vita tra la famiglia e la passione per la scrittura. La sua vita procede tranquilla fino a quando Carlo, uno dei suoi due figli, si innamora perdutamente di Maria, donna particolarmente seducente e affascinante.

La famiglia di stampo classico-borghese scopre che Maria è stata un uomo prima, una notizia che in loro crea forte imbarazzo perché non riescono a vedere la normalità di una storia come le altre.

Tema principale de L’ineffabile sapore della dignità è l’omosessualità, il difficile rapporto genitori-figli  e i pregiudizi che, in molti, nascono inevitabilmente davanti a qualcosa che non si conosce.

Spesso i pregiudizi si nascondono dietro la presunzione di voler dare un consiglio quando ciò che si sta facendo, in realtà, è quello di dare un imperativo morale a chi non lo ha mai chiesto. In breve, le storie considerate non convenzionali, per molti, perché si ama una persona dello stesso sesso chiedono di essere accettate al pari di altre, in primis nella propria famiglia. Il sentimento dell’amore è universalmente valido per tutti ed è un sentimento intimo, spesso, difficile da far capire per chi nella vita ha un limite mentale e culturale che non deriva solo da una provenienza sociale e culturale medio-bassa, per intenderci.

La difficoltà di accettare ciò che è diverso da noi, di giudicarlo negativamente e di opporci dipende da diversi fattori che esulano dallo spessore culturale e dal concetto di valori che risulta, mai come oggi, essere completamente soggettivo. La paura nasce da una mancata confidenza con una realtà che socialmente è stata sempre negata, fino a qualche decennio fa, soprattutto se si pensa all’omosessualità e alle battaglie che tutt’ora si fanno per affermare il semplice diritto di essere ciò che si è senza aver paura.

Purtroppo ci sono stati inculcati falsi miti e credenze come la più sempliciotta che è quella che l’uomo debba essere più grande della donna o coetaneo al massimo, per essere considerato un rapporto normale e accettabile socialmente. Questa tipologia di pensiero, in molti, è stanziata ed è un dogma che diventa insuperabile quando all’interno della cerchia affettiva e familiare si disattendono questi pseudo dogmi che sono invece semplicemente preconcetti senza fondamenta e soprattutto privi di senso.

Per rendere più chiaro ciò che abbiamo detto, riportiamo un passo de L’ineffabile sapore della dignità:

I problemi non erano arrivati dal piccolo, Paolo, che ora sembrava voler mettere un punto al suo svolazzare con una ragazza più giovane di lui di dodici anni, ancora studentessa liceale, ma dal nostro primogenito Carlo che, dopo la prima storia d’amore, da noi condivisa, ed altre di minore importanza, si era innamorato di una persona inadeguata, dando un duro colpo al suo e al nostro equilibrio.

Carlo, invece, viveva l’amore più sbagliato che potesse capitargli con una persona più grande di ventitré anni e, pur di n sentirselo ripetere, aveva rinunciato persino a vederci, ergendo fra lui e noi un muro, come se continuare a rispettare i vecchi affetti, ascoltarne i consigli, significasse soggiacere ad insegnamenti cui non voleva più piegarsi.

E ancora:

Non era facile per noi accettare che Carlo, l’orgoglio della casa, l’esempio prezioso per il fratello minore, proponesse di avere al suo fianco una donna più vecchia di lui, una donna della stessa età di sua madre.

Ma non era tutto! La verità, quella tragica, distruttiva, annientante, l’avremmo appresa successivamente: quella donna non era solo più vecchia, era… era un transessuale. Un uomo bugiardo e meschino che non aveva avuto il coraggio di confessare a Carlo il proprio stato.

Quell’uomo, la cui identità avevamo scoperta tramite amici, aveva infinocchiato nostro figlio, facendogli credere di essere femmina.

Con questi pochi passi riportati la scrittrice coglie in pieno l’assurdità dei luoghi comuni e dei pregiudizi verso ciò che non si riconosce come simile. La normalità non segue dettami, se non quelli basici che non consentono comportamenti lesivi o mortali nei confronti di altri. Il resto non lo si può catalogare con la parola normale o con il suo opposto.

Normale è ciò che ci fa stare bene, normale è ciò che per noi è giusto, normale è la modalità con cui si sceglie di vivere la propria vita, l’unica che abbiamo e che per diritto naturale appartiene esclusivamente a noi e alla nostra volontà di agire per come meglio riteniamo per noi stessi.

Per approfondire da un’altra prospettiva questo delicato argomento vi consigliamo la lettura di Senza rosa né celeste. Diario di una madre sulla transessualità della figlia di Mariella Fanfarillo.

Premio Strega 2021: alcune proposte che concorreranno al premio letterario

Tra le proposte presentate per concorrere al Premio Strega 2021 troviamo:

  1. La sirena dei mari freddi di Roberto Michilli, proposto da Francesca Pansa
  2. Al passato si torna da lontano di Claudio Panzavolta, proposto da Enrico Deaglio
  3. Stjepan detto Jesus, il figlio di Maria Rita Parsi, proposto da Gianpiero Gamaleri
  4. La vera storia di Martia Basile di Maurizio Ponticello, proposto da Maria Cristina Donnarumma
  5. Non dipingerai i miei occhi di Grazia Pulvirenti, proposto da Massimo Onofri
Premio Strega 2021: alcune proposte dei libri

Ecco alcune proposte che sono state presentate per il Premio Strega 2021

Premio Strega 2021: alcune delle proposte letterarie che concorreranno

1. La sirena dei mari freddi di Roberto Michilli

La sirena dei mari freddi: la recensione

Un romanzo psicologico intenso e con una sapiente costruzione narrativa

La sirena dei mari freddi (2020) di Roberto Michilli è un romanzo che parla dell’incontro tra una giovane donna sprofondata nella depressione, per alcuni episodi che le sono accaduti durante la sua esistenza, e di un anziano professore che le offre un appoggio materiale e affettivo.

Il romanzo è stato proposto da Francesca Pansa con la seguente motivazione:

La sirena dei mari freddi si impone alla lettura per la sapiente costruzione narrativa che mostra in Roberto Michilli uno scrittore di storie e di armosfere, ben rodato anche dalla rigorosa carriera di traduttore di classici di Lermontov a Flaubert, Mallarmé, Verlaine, Byron, Keats, Goethe, Heine.

L’atmosfera è quella di un racconto dalla forte coloritura psicologica, con nuove comparse a infittire la scena, qualche rivelazione, qualche sorpresa e uno strategico flashback che portano alle pagine finali.

2. Al passato si torna da lontano di Claudio Panzavolta

Al passato si torna da lontano: recensione

La famiglia Castellari è intrisa di vicissitudini sentimentali

Al passato si torna da lontano (2020) di Claudio Panzavolta è una sorta di manifesto della memoria in cui lo scrittore è tornato al suo passato familiare.

Mio babbo è arrivato a casa poco dopo la fine della guerra. Si è fatto tutta la strada da solo, un po’a piedi e un po’ in bicicletta, dalla GErmania al paese. Lo avevano messo in un campo di lavoro. A dormire stavano dentro delle baracche, come in un lager, e di giorno i tedeschi li portavano fuori, per accompagnarli alle fabbriche. Quando me lo sono ritrovato davanti, ci ho messo un po’ prima di riconoscerlo. Dovevi vedere com’era ridotto. Tutti quei chilometri… Non abbiamo mai fatto il conto, ma dovevano essere tanti. Aveva i calzoni che ci mancava mezza gamba, e una camicia sbrindellata; sembrava uno straccione, secco come un chiodo, lordo.

Enrico Deaglio spiega così la sua proposta:

Le zolle di terra sono quelle che Pascoli, Bertolucci e Fellini hanno arato con epica e dolcezza: i campi, e i borghi, della Romagna da cui è passata una Storia violenta. Se si scava ancora si scopre che quella terra non ha prodotto solo bandiere rosse e divise nere, ma anche due sorelle normali (e quindi geniali). Anita e Edda crescono tra madri uccise e padri distrutti; vanno a lavorare in fabbrica e sono felici, come quando vanno al cinema o in bicicletta.

3. Stjepan detto Jesus, il figlio di Maria Rita Parsi

Stjepan detto Jesus, il figlio: la recensione

Un romanzo che racconta di una storia causata dagli stupri durante la guerra nei Balcani

Stjepan detto Jesus, il figlio (2020) di Maria Rita Parsi è un romanzo che ha come protagonista un bambino chiamato Jesus perché è nato a mezzanotte nel giorno di Natale. Lui è il figlio di una violenza di un soldato su una giovane donna durante la guerra dei Balcani. Stjepan è stato abbandonato dalla madre che non sapeva amarlo e non voleva odiarlo e viene affidato alla bisnonna che non gli nasconde la verità. Il bambino scoperto questo sulla sua vita decide di partire in cerca della madre accompagnato dalla sua tartaruga.

Il romanzo si apre con la storica decisione dell’Onu, 23 settembre 2019, in cui stabilisce che la Bosnia dovrà risarcire le donne vittime degli stupri di massa durante la guerra nei Balcani. Una decisione destinata a fare la storia.

4. La vera storia di Martia Basile di Maurizio Ponticello

La vera storia di Martia Basile: recensione

La storia di una sposa bambina

La vera storia di Martia Basile (2020) di Maurizio Ponticello ci conduce all’interno di una Napoli inconsueta tra il ‘500 e il ‘600 dove una donna viene ceduta in moglie a un commerciante.

Martia aveva sollevato il velo sul capo e sorrideva, gli occhi le brillavano per la felicità e spandevano risolini come se fosse ad andar su e giù sopra un’altalena innocente: da sotto la coroncina di fiori innervata con primizie di stagione e tralci d’uva, spartiva occhiate ingenue con lampi di giubilo.

Il viso del padre che l’accompagnava verso l’altare offriva la medesima sensazione di compiacenza: dal momento in cui i suoi traffici erano stati risucchiati dai debiti, quella cerimonia nuziale era la prima boccata d’ossigeno. Il resto non contava, E poi, piazzare una figlia a quele condizioni, e scrollarsela dal groppone delle spese così anzitempo, non erano cose che capitavano ogni giorno della settimana. Aveva pure pensato di fare entrare Martia in un monastero ma, alla fine, questa soluzione l’aveva considerata sterile se non addirittura controproducente per le proprie tasche: belisario Basile aveva investito nella sua piccola, l’aveva affidata alle cure di una suora orsolina che le aveva insegnato a cucire, a leggere e a scrivere, la religione e le buone maniere.

Quella di Martia Basile è una storia struggente e affascinante che è ancora molto attuale ai nostri giorni se pensiamo alle donne vittime di violenza che sono costrette a subire soprusi o che vengono uccise, spesso, per un puro desiderio di possesso o sopraffazione.

5. Non dipingerai i miei occhi di Grazia Pulvirenti

Non dipingerai i miei occhi

Il romanzo sulla modella e compagna di Modigliani

Non dipingerai i miei occhi (2020) di Grazia Pulvirenti ha come protagonista Jeanne, compagna e modella di Modigliani, che si suicidò dopo la morte dell’amato. Una figura che è sempre comparsa in modo marginale tra le diverse biografie dedicate al pittore. Lei era una donna audace, disinibita, ribelle e anticonformista.

Sai tutto di me, Jeanne, delle notti randagie nel silenzio di Parigi, della lotta contro i miei demoni, dello sfinimento della carne, del buio che si popola di cammelli e cariatidi dai mille occhi, di donne nubiane che ancheggiano lascive… dee… chimere… del vuoto nella mia anima.

Non dipingerai i miei occhi ci mostra più da vicino l’identità di una donna affidata da voci che appartengono a quadri anche se le vicende della vita di Jeanne sono fonti documentarie che sono state trascritte in corsivo.

Ecco a voi altre proposte presentate per il Premio Strega 2021. Voi avete letto qualcuno dei libri che sono stati proposti per concorrere al premio letterario?

Sanremo 2021: Il festival è finito con il trionfo dei Maneskin, favoriti della prima ora

Alla fine hanno vinto loro, i Maneskin, che si cancellano di dosso l’etichetta di secondi e salgono sul gradino più alto del podio.

Tornano a casa con la palma sanremese, dopo aver ingoiato amaro ad X Factor, dove avevano, appunto, conquistato l’argento, e dove però avevano trovato un contratto con la major Sony Music, e l’ala protettiva di Manuel Agnelli, che ha contribuito non poco al lancio dei quattro ragazzi che vincono l’indimenticabile (ma solo perché non c’era pubblico in sala) Sanremo 2021 dell’era Covid, e lo fanno copiando se stessi ed assecondando la platea di rockettari improvvisati ed inconsapevoli, quelli dell’ultimissima ora, che partecipano al televoto, che non hanno idea di cosa sia davvero il rock, di quelli che anzi credono che Vasco Rossi ne sia il massimo esponente.

Sanremo 2021: la finale del festival

Vincono i Maneskin la 71esima edizione del festival

Damiano, il leader della band, ha risvegliato gli ormoni di mezza nazione, e questo è il suo merito principale, assieme alla capacità di stare sul palco (indiscutibile) e riuscire a coniugare le lacrime di emozione nel momento della proclamazione, alla durezza (ahahaha) della proposta musicale della sua band.

Una vittoria salvifica, se si considera il podio, dove sono saliti il duo Fedez-Michielin con una canzonetta da villaggio turistico, che ha raccattato i voti sollecitati dalla Ferragni su Instagram, e la solita minestra riscaldata firmata Ermal Meta che, parole sue, ha portato una canzone con due accordi in croce, che però ha vinto il premio come migliore composizione musicale, assegnato dall’orchestra. Andiamo bene. Nello sprint finale, dunque, ha vinto il meno peggio. Come sempre le cose interessanti non ce la fanno.

Arrivano ad un passo dal podio Colapesce e Dimartino, quarti, e Willie Peyote, sesto. Quasi non pervenuto Ghemon, che chiude ventunesimo. La certificazione che a Sanremo o ci vai con un pezzo brutto o non hai speranze.

Ne sa qualcosa Irama, quinto, sfortunato concorrente a distanza a causa del Covid, ma ne sanno qualcosa anche tre regine che avrebbero meritato miglior sorte con le loro canzoni, Annalisa (settima), Noemi e Malika Ayane (quattordicesima e quindicesima).

Basso, bassissimo in graduatoria Max Gazzè (diciassettesimo), che stavolta ha decisamente riscontrato scarso consenso da parte di tutti, pubblico e critica, nonostante si sia presentato nei panni di Clark Kent/Superman per l’ultima esibizione.

Finire dietro a Orietta Berti (nona, dio mio) non deve essere una bella sensazione. A proposito, è stata lei la vera anima rock del festival 2021, con la violazione del coprifuoco, gli inseguimenti della Polizia, l’allagamento della stanza d’albergo, lo storpiamento del nome dei Maneskin in Naziskin, gli
ingioiellamenti che nemmeno il peggior rapper americano. La sua canzone già non ce la ricordiamo più, ma questo è un dettaglio.

D’altronde chi si ricorda le canzoni di Fulminacci (posizione 16), de La Rappresentante di lista (11), di Gio Evan (23), di Random (fanalino di coda, ma se l’è giocata alla grande con Aiello), di Fasma (18), dei Coma Cose (20)? Al limite qualcuno stamattina si è alzato fischiettando il brano degli Extraliscio, che non potevano ambire alla vittoria, ma a modo loro, con l’amico Toffolo, a casa il risultato lo hanno portato eccome, con un onorevole dodicesimo posto. A differenza de Lo Stato Sociale, in graduatoria un gradino più sotto, che nella transizione che sta portando Lodo ad abbandonare il microfono, toppano e non riescono a replicare “Una vita in vacanza” che li portò, tre anni fa, alla ribalta nazionalpopolare.

Dimenticabile la Arisa (10) tatangelizzata dal brano scritto per lei da Gigi D’Alessio, il Bugo (24) stralunato e senza voce, il Francesco Renga (22) che ha deciso di servire la sua parabola discendente al pubblico, come in un reality show. Ci si ricorderà, invece, delle urla del penultimo in classifica Aiello, che ha ispirato più meme di Bernie Sanders, e della bruttissima canzone di Gaia, diciannovesima, che però (ci scommettiamo) passerà in radio da qui alla fine dell’estate (sapete com’è, lei, proprio come i Maneskin e la coppia Fedez-Michielin, è della scuderia Sony, che qualche parola la può spendere in fatto di rotazioni).

E non ci siamo dimenticati di Madame, che ha conquistato l’ottavo posto nella classifica generale, ma ha vinto il premio per il miglior testo, lei che ha solo diciotto anni, che le canzoni se le scrive da sola e che ha qualcosa da dire. Quando le restituiranno anche le ultime sillabe delle frasi sarà una cantante completa.

Enrico Riccio

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