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Le luci nelle case degli altri di Chiara Gamberale

Le luci nelle case degli altri (2010) di Chiara Gamberale è un romanzo che ci parla del quotidiano e di inclusività, un argomento che negli ultimi tempi è importante affrontare. Giugno, come sappiamo, è il mese che festeggia il Gay Pride e la comunità LGBTQ+ in tutto il mondo.

La scrittrice attraverso lo sguardo smarrito di Mandorla, una delle protagoniste del romanzo, ci insegna a guardare e scoprire il mondo da un altro punto di vista che è molto più umano, semplice da adottare e profondo.

Il lettore in poco tempo sente di abitare all’interno del condominio in cui vive la ragazza e in qualche modo cresce con lei, si smarrisce insieme a lei che cerca suo padre e il senso della sua esistenza.

Le luci nelle case degli altri: recensione

Un romanzo di Chiara Gamberale che parla di inclusività

Le luci nelle case degli altri: la trama

Maria, la madre di Mandorla, muore all’improvviso in un incidente stradale all’età di trent’anni, lasciando la figlia che, al tempo, ne ha solo sei. La bambina, attraverso una lettera, scritta dalla madre per lei, il giorno della sua nascita, scopre qualcosa d’importante: all’interno di quel condominio di cinque piani c’è suo padre. Nessuno dei condomini vuole sottoporsi al test del DNA così decidono di occuparsi tutti insieme di lei.

Il condominio è abitato da diverse personalità che alla fine arricchiscono Mandorla, anche in quei momenti bui, in cui la ragazza cerca disperatamente di scoprire l’identità di suo padre.

Maria, in vita, svolgeva l’attività di amministratrice condominiale anche in quello stesso palazzo in cui c’è il padre di Mandorla. Tutti i suoi amici e conoscenti, come si evince all’interno delle pagine de Le luci nelle case degli altri, la vedono come una donna libera che ha sempre vissuto senza costrizioni sociali. La donna il giorno in cui mette al mondo sua figlia le scrive una lettera che si rivela una sorta di testamento morale perché c’è scritto molto di lei: come vede il mondo, come vorrebbe educarla e cosa lei ritiene giusto per la figlia.

La libertà è ciò che muove Maria nella vita e in tutti i ruoli che ricopre, il significato che lei da a questa parola trasuda da ogni riga che compone il testo. Nonostante gli errori ortografici e grammaticali si può comprendere che l’apertura mentale, gli ideali sani non sono solo il frutto di studio e di cultura ma appartengono alla sensibilità con cui si guarda il mondo, quella capacità umana che non appartiene solo alla qualità e alla quantità di libri che si sono letti durante il corso della propria vita.

La lettera riassume molto il significato del romanzo, per questo motivo la riportiamo integralmente:

25 ottobre 1993

Amore mio.

Ti ho vista solo di sfuggita, poi un’infermiera ti ha portato via. Avevo così tanta tantissima voglia di conoscerti che evidentemente tu l’hai avvertita e sei arrivata con due mesi di anticipo.

Minuscola come una mandorla, dice il dottore.

È per questo che adesso bisognerà tenerti per un po’ in una scatola di vetro: per trasformarti da una mandorla a una bambina vera! Il dottore mi assicura che tutto andrà bene, però in questo letto d’ospedale che ci stò a fare io, se tu non ci sei?

Allora ti scrivo.

Perché non ce la faccio a pensare ad altro che non sei tu.

E perché sono così tante le cose che da qui a sempre vorrei darti, è così grande la paura di non farcela che almeno, se mai un giorno leggerai questa lettera, saprai che ce l’avevo messa tutta ma tutta tutta quanta.

Vorrei averti qui con me adesso, ma questo già te l’ho detto.

Vorrei vorrei vorrei.

Vorrei trovare trovare per te un nome perfetto, di quelli che le persone quando ti chiedono: “Come ti chiami?”, tu gli rispondi:” Mi chiamo così” e loro ti dicono: “Ma ti sta proprio benissimo questo nome! Sembra creato a posta per te!”.

Vorrei vorrei vorrei.

Vorrei aver studiato un po’ più l’italiano e vorrei aver letto tanti bei libri per scriverti una lettera piena delle parole più preziose del mondo: ma a scuola non ci sono andata mai troppo volentieri.

Poi quando sono morti i nonni ho dovuto sbattermi per cercare un lavoro, e addio cultura! per non parlare del lavoro che alla fine ho trovato, allo Studio Amministrazioni Poggio Ameno: sono sempre alle prese con i conti e le tasse che le persone pagano, altro che parole belle! Ma proprio una ragazza che conosco grazie a questo lavoro, che si chiama

Lidia, un giorno mi ha detto una cosa da rifletterci sù: ha detto “Più sai

usare le parole più ti allontani anziché avvicinarti a quello che vuoi

realmente esprimere”. Quindi sai che che ti dico? Sono felice di non saper scrivere bene per dirti quello che vorrei!

Vorrei vorrei vorrei.

Farti mangiare tutto il cioccolato che vuoi senza che ingrassi (è

buonissimo, il mio preferito è quello al latte).

Che se i compagni di classe ti prendono in giro per qualche motivo, tu pensi che sono sbagliati loro, mica tu.

Fare molti viaggi (io non ho nemmeno il passaporto, ma adesso

me lo faccio perché il mondo là fuori è tantissimo e tu dovrai vederlo tutto, dovrai conoscerlo).

Vorrei che non ti ammalerai mai.

Che non ti spuntano i denti del giudizio (toglierli fa davvero male).

Che ti piacciono i cappelli come piacciono a me, così possiamo collezzionarli insieme.

Vorrei che hai tanti amori di quelli scemi, che fanno girare la testa e

ronzare i calabroni in pancia: tutti non fanno che ricordarmi che l’amore

nella vita non è tutto, e certamente hanno ragione. Ma che ti devo dire? I

giorni più felici che ho passato (senza contare oggi, naturalmente) sono stati quelli che ho passato innamorata. Magari di qualcuno che non ne

valeva affatto la pena, ma che fà? Non c’è cosa al mondo più bella di

svegliarsi in un letto dove non avevi mai dormito prima di quella notte, e

pensare: ecco, in questo momento non mi manca niente.

E quindi vorrei che di quel genere di mattine tu ne vivi tante.

Ma naturalmente che poi, a un certo punto, trovi la persona giusta

(giusta per te: intendo). Io non ci sono riuscita ma ancora ci spero. Il

problema è che gli uomini rimangono incantati quando allo zoo vedono

per la prima volta una giraffa: ma poi a casa preferiscono tenere un cagnolino.

È per questo che vorrei che cresci rara come una giraffa in città, ma con l’istinto domestico del cagnolino: dappertutto c’è del bene, dappertutto c’è del male.

Vorrei pensarti sempre più forte di quello che potrà capitarci.

Insegnarti a cucinare.

A riconoscere i nomi delle piante (anche quelle strane).

Vorrei che trovi un amico come per me è Michelangelo, qualcuno che

mentre tutto il resto gira e cambia, rimane fermo.

Che impari almeno una lingua straniera (io non sò nessuna e mi

sento una deficiente).

Vorrei che leggerai questa lettera quando ne avrai bisogno, così potrà

farti bene come oggi stà facendo bene a me a scriverla.

Vorrei che fino a quel momento tu la tieni con te, in una busta, come

una specie di amuleto magico magico che ti protegge da tutto quello che di brutto

stà là fuori.

Vorrei vorrei vorrei.

Che litighiamo quel poco che basta per capire che siamo davvero

importanti l’una per l’altra.

Che ti crescono i capelli lisci (quelli ricci pare che sono una

scocciatura).

Vorrei che tuo papà fosse un astronauta che cammina sulla luna ma

pensa sempre a noi, e non un uomo come tanti, che abita in via Grotta

Perfetta 315 e una sera di marzo, forse per noia forse per curiosità, nell’ex

lavatoio del sesto piano ha fatto l’amore con me.

Vorrei vorrei vorrei.

Che le infermiere ti portano al più presto qui.

Perché so che tutti i giorni che qualcuno nasce, così come purtroppo

qualcuno muore. Ma che ci vuoi fare? Quando tocca a te credi che è la

prima volta che capita, in assoluto. E oggi mi sembra che nessuna donna,

oltre a me, è mai diventata

Chiara Gamberale

Chiara GamberaleMamma

Le luci nelle case degli altri ci mostra un modo di guardare il mondo che è scevro da pregiudizi ma che è anche difficile da attuare. Un genitore dovrebbe rispettare gli ideali e le propensioni di un figlio, come il suo orientamento sessuale ad esempio, rispettando a 360 gradi ciò che pensa.

Un genitore dovrebbe avere la forza di comprendere e rispettare un figlio a prescindere da ciò che individualmente si ritiene giusto perché ogni essere umano è un mondo a parte, un insieme di valori, sensibilità e modo di giudicare il mondo che è soggettivo e personale.

La cosa più importante che emerge dalle pagine del romanzo di Chiara Gamberale è che qualsiasi scelta personale non contiene all’interno il sinonimo di giustizia o normalità perché senza azioni che ledono fisicamente il prossimo tutto è giusto, contemplabile e praticabile.

Questo è il senso profondo dell’inclusione cui dovremmo arrivare socialmente e umanamente.

Il pane perduto di Edith Bruck vince il Premio Strega Giovani 2021

Il pane perduto di Edith Bruck si aggiudica il Premio Strega 2021, per non dimenticare e per non far dimenticare, la scrittrice, a sessant’anni dal suo primo libro e ci conduce in Polonia e nella Germania seminata dai campi di concentramento.

Il primo vero grande spavento lo avevano avvertito tutti quando Judit era tornata a casa dopo essere stata dallo zio Berti, sempre soccorrevole, che abitava vicino alla sua ex scuola, e il maestro Rinkò, che aveva incrociato, con un sorriso beffardo, l’aveva salutata con “Heil Hitler!”.

Con sguardo sconvolto la ascoltavano cone se quello fosse il nome del demonio; la cucina, i muri bianchi si adombrarono, nell’aria aleggiava quel nome come una macchia scura. Né Ditke, né Jonas, né Judit sapevano bene di chi fosse quel nome.

Solo i genitori lo sapevano, ma come dirlo ai figli e cosa dire? Con quel saluto era entrata un’ombra permanente, una nebbia nelle anime che non produceva Nè parole, né illuminazione.

La scrittrice è miracolosamente sopravvissuta con la sorella maggiore, Judit, racconta l’odissea seconda: quella di ricominciare una nuova vita, senza i genitori, verso un futuro che appare estraneo e composto di brandelli sia fisici che emotivi.

Edith Bruck, nelle pagine del suo romanzo, si sofferma sul senso di estraneità del mondo, della poca accoglienza e della mancanza di ascolto e di empatia anche dei suoi stessi familiari che non hanno vissuto il lager e non si rendono conto della situazione vissuta e dello stato di smarrimento in cui si trova la scrittrice nell’affrontare un nuovo inizio.

Il pane perduto: recensione

Il libro vincitore del Premio Strega 2021

Il Pane perduto: la trama

Il pane perduto ci porta nel mondo della scrittrice, che cerca di insediarsi in Israele cercando di costruirsi una nuova vita ma anche in questo luogo le fughe non mancano. In giro per l’Europa al seguito di un corpo di ballo, approda in Italia e finisce per dirigere un centro estetico frequentato dalla Roma bene degli anni ’50. Incontra l’uomo della sua vita, Nelo Risi, con cui condividerà sentimenti e creatività in un amore lungo sessant’anni.

Il romanzo ci conduce sino ai giorni nostri in cui Edith Bruck si sofferma sulla xenofobia attuale che la spinge a scrivere una lettera a Dio, in cui la scrittrice palesa i suoi dubbi, le sue speranze e il desiderio di tramandare alle generazioni futuri un capitolo di storia del ‘900 che bisognerà sempre raccontare e mai dimenticare.

Il pane perduto descrive in modo così dettagliato le situazioni e le atmosfere e allo stesso tempo è accompagnato da una scrittura fluida che scorre leggera. Quello di Edith Bruck è un lavoro di ricostruzione storica, vista e vissuta da una prospettiva che ci conduce oltre la tragedia dei lager perché anche essere sopravvissuti ad un massacro simile è una tragedia a sua volta.

Edith Bruck

Edith Bruck

Se l’essere ancora vivi è una grande vittoria lo è ancor di più trovare la forza e il coraggio per vivere nuovamente, partendo da zero. Edith Bruck ci conduce nei tasselli della propria vita, mostrandoci come è possibile rialzarsi e vivere il mondo con curiosità, anche se quest’ultimo ha mostrato la parte più brutale di cui l’umanità può essere capace.

Il Premio Strega 2021 ha dato un riconoscimento non solo alla storia ma all’umanità, alla conoscenza del dolore e alla forza di vivere e sopravvivere nonostante tutto.

I monologhi della vagina di Eve Ensler

I monologhi della vagina (1996) è un’opera teatrale di Eve Ensler, l’autrice recitava i monologhi che riguardavano le donne e le loro esperienze riguardo la loro vagina, lo faceva con il pubblico.  Il materiale contenuto nel testo è il risultato di 200 interviste fatte a donne sugli argomenti più disparati e su cui si aveva difficoltà nel raccontare e accettare: le loro idee sul sesso, relazioni intime e violenza contro le donne.

L’idea di mettere nero su bianco queste esperienze al femminile prende vita quando la drammaturga si rende conto di vivere in una società violenta e che la difficoltà dell’emancipazione femminile è strettamente connessa alla loro sessualità.

Eva Ensler è una donna e drammaturga statunitense che si è impegnata, e tutt’ora si impegna, nel cambiare il mondo, denunciando non solo gli stereotipi ma cercando una strada comunicativa che sia capace di familiarizzare con tematiche complesse e renderle normali.

Per fare questo tipo di percorso, oltre ad una spiccata sensibilità, c’è bisogno di coraggio perché prima di intraprendere una strada dettata da un’idea controcorrente e per certi versi scomoda, si sa da dove si parte e ma non si sa dove sia il punto di arrivo.

L’autrice non immaginava che il suo spettacolo teatrale potesse essere ripreso in tutto il mondo come, poi, è accaduto. Erano tante le donne che avevano bisogno di liberarsi, parlare e denunciare.

Eve Ensler

Eve Ensler

I monologhi della vagina: temi affrontati

Ecco alcune parole di Eve Ensler sulla messinscena de I monologhi della vagina:

La prima volta che ho messo in scena I monologhi della vagina ero certa che qualcuno mi avrebbe sparato. Perciò quando sono salita sul palco di un piccolo teatro di Manhattan mi sono sentita come se stessi attraversando una barriera invisibile, rompendo un tabù mo0lto profondo. Ma non mi hanno sparato. Alla fine di ogni spettacolo c’erano lunghe code di donne che volevano parlare con me. sulle prime ho pensato che volessero condividere le loro storie di desiderio e appagamento sessuale.

In realtà si mettevano in fila per dirmi come e quando fossero state stuprate o aggredite o picchiate  o molestate. Ero sconvolta al vedere che, una volta rotto il tabù, si liberava un fiume in piena di memorie, rabbia e dolore.

I monologhi della vagina si compone di diversi brani, ciascuno di questi testi affronta diversi temi legati al mondo intimo femminile: sesso, stupro, mutilazione, mestruazioni, mutilazione, nascita, orgasmo e masturbazione. Ciò che a livello tematico preme comunicare al lettore è che la vagina non è semplicemente un organo del corpo ma la rappresentazione di ciascuna individualità.

Ciò di cui non si parla spesso o di cui si fa fatica a pronunciarne anche il solo nome, diventa un segreto e il segreto nasconde in sé sempre quel senso di vergogna e di paura. Questi sentimenti di disagio provocano imbarazzo e limitazione che dal pensiero si trasforma in azione e quindi in privazione.

Familiarizzare con questa sfera, soprattutto intima, aiuta ad avere maggiore consapevolezza di se stesse, di ciò che si è e di quello che si desidera. Partendo da questo presupposto, la sicurezza del proprio corpo e della propria sessualità aprono la mente ad una visione più ampia, appartenente a qualsiasi sfera sociale che riguarda ciascuna donna.

I monologhi della vagina

I monologhi della vagina

Quando si subisce uno stupro, ad esempio, si ha difficoltà nell’accettare ciò che è accaduto non solo per la violenza subìta ma per la vergogna che si prova nel dover comunicare un tipo di abuso intimo. Questo timore e questa vergogna sono frutto anche di una società che ha esaltato la sessualità maschile a discapito di quella femminile, vista sempre come un qualcosa di peccaminoso o di irrilevante.

Il contenuto de  I monologhi della vagina oltre a sfatare tabù atavici, è fondamentale per comprendere il meccanismo perverso che genera chiusura e censura su taluni argomenti e problematiche che possiedono, se liberate, la forza della libertà e dell’indipendenza femminile.

Non t’amo da morire: stop alla violenza di genere

Nel teatro della scuola media “Giovanni Pascoli” di Matera si è tenuto l’incontro sul tema Non t’amo da morire: stop alla violenza di genere.

L’incontro è stato presenziato da Michele Ventrelli, Dirigente Scolastico della Pascoli All’iniziativa hanno partecipato l’onorevole Stefania Ascari, parlamentare italiana e prima firmataria del “Codice Rosso”, la legge del 2019 che tutela donne e soggetti vulnerabili che subiscono violenza; Margherita Perretti, presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Basilicata; il sindaco Domenico Bennardi e Antonella Fontana, presidente dell’associazione “Anna Rosa una di noi”, che ha promosso l’incontro e Tiziana D’Oppido, Assessora alla Cultura e alle Pari Opportunità.

L’appuntamento “Non t’amo da morire” nasce nell’ambito di un progetto, intitolato ‘Piccole grandi donne’, nel quale c’è stata una collaborazione intensa tra la signora Fontana, la cui sorella fu vittima di femminicidio nel 2010, e la scuola Pascoli. In particolare, è la professoressa Grazia Tantalo a proporre da anni progetti tesi a sensibilizzare i giovanissimi sulla piaga della violenza di genere.

A tutto volume: il contest lettario

Graus Edizione lancia un contest letterario

Quest’anno la docente Tantalo, che è anche giornalista, propone un libro scritto a più mani, nel quale i ragazzi di due classi, la 1 H e la 3 E, hanno approfondito il tema da più punti di vista, spaziando dalla ricostruzione storica dell’evoluzione della figura della donna alla violenza di genere, dagli stereotipi al femminicidio, alle disuguaglianze di genere.

Un lavoro complesso, svolto in classe e anche sfruttando i tempi della DAD con ricerche sul web. Il risultato è questo libro, impreziosito dall’intervento prestigioso della criminologa Roberta Bruzzone; verrà presentato venerdì e pubblicato il prossimo settembre dalla casa editrice Graus, di Napoli.

Sarà proprio Pietro Graus, l’editore che ha fortemente creduto in questo progetto, a chiudere la giornata di dibattiti ed incontri, nella quale sono previsti anche degli interventi in remoto di alcuni familiari di donne vittime di femminicidio.

Tematiche come questa hanno bisogno di grande spazio e diffusione. C’è bisogno di una cultura capace di diffondere ed istruire soprattutto le generazioni future.

Castello D’Aquino caffè letterario: nuovo appuntamento con Dante per tutti

Il Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda riapre le sue porte agli eventi culturali, rimasti bloccati per lungo tempo.

Castello D'Aquino caffè letterario a Grottaminarda

Castello D’Aquino caffè letterario a Grottaminarda

Continuano gli appuntamenti con Dante per tutti, siamo arrivati al secondo incontro post pandemia, che si svolgerà domenica 13 giugno alle ore 18:00 nella suggestiva cornice del caffè letterario, previa prenotazione.

Il format letterario, presente ormai da sei anni a Roma, riparte anche al Castello D’Aquino, inaugurando un nuovo ciclo d’incontri che, mai come questo anno, è d’obbligo per festeggiare il settimo centenario dalla morte di Dante Alighieri.

La rassegna di letture dantesche e di leggende medievali è un’iniziativa curata da Luca Maria Spagnuolo, storico dell’arte avellinese, che vuole diffondere e rendere fruibile testi intrisi di simbologia e cultura che non sono di facile approccio.

Gli incontri prevedono la lettura e il commento di un Canto dantesco provenienti da manoscritti e incunaboli non editi o di difficile reperibilità. Ciascun reading, in cui i passi vengono letti nella loro versione originale in volgare italiano, mette le basi per poter discutere e approfondire una determinata tematica di spessore culturale, teatrale o letterario.

Per facilitare la fruizione dei testi, ad ogni incontro vengono proiettati i testi e le opere d’arte cui si fa riferimento.

Castello D'Aquino caffè letterario Grottaminarda

Continuano gli appuntamenti culturali al Castello D’Aquino il caffè letterario di Grottaminarda

Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda: approfondimento del Canto V dell’Inferno

Il Canto dell’Inferno dantesco che verrà approfondito nel prossimo incontro è il V in cui sono presenti Paolo e Francesca. La lettura del testo verrà introdotta dalla leggenda di un demone che cerca di indurre un monaco al peccato e alla lussuria.

Questo Canto dell’Inferno è uno dei più famosi della Divina Commedia: ci troviamo nel secondo cerchio dell’Inferno in cui viene descritta la colpa e la condanna dei lussuriosi. Il Sommo Poeta si sofferma sui personaggi di Paolo e Francesca, figlia di Guido da Polenta, sposò Gianciotto Malatesta, signore di Rimini, zoppo e deforme. La giovane donna si innamora di Paolo, fratello di Gianciotto, detto il bello.

La passione tra i due scoppia durante la lettura della storia di Lancillotto e di come si innamorò di Ginevra, moglie del re Artù. Il loro sentimento viene subitaneamente interrotto dal marito, che sorprendendoli, uccide la moglie.

Amor, ‘al cor gel ratto s’apprende,

prese costui de la bella persona

che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende che a vita ci spense.

Tema portante di questo Canto è l’amore, che rapidamente fa presa e si colloca nei cuori gentili e nobili con la sua intensità, facendo perdere completamente il raziocinio a due amanti. La forza dirompente di questo sentimento condanna Francesca al patimento anche all’Inferno perché l’amore nei confronti di Paolo è così intenso che, così come in vita, anche in morte la rende completamente in balìa dell’amato.

Nel tempo sono state scritte e ipotizzate diverse interpretazioni, riguardo questo canto dantesco, in particolar modo sulla storia d’amore dei due protagonisti. Molti critici, infatti, lo hanno descritto come un canto in cui vengono messe in luce l’amore  la pietà ma sarebbe una lettura troppo univoca del Canto.

Basti pensare allo smarrimento di Dante, al suo venir meno dopo il racconto di Francesca, per comprendere l’esigenza di rendere invece una comprensione più naturale dell’amore. Questo sentimento viene raccontato da Dante come un valore caratterizzato da una forte componente emotiva e non nel senso di un impulso sentimentale fine a se stesso, che percorre un’unica direzione.

Questa interpretazione trova conferma all’interno del Canto perché Dante non riesce a trovare una soluzione a questo dilemma angoscioso sull’amore e sul suo senso razionale perché è un sentimento che, in chi lo prova con la stessa intensità di Paolo e Francesca, risulta essere caratterizzato da ambivalenza e drammaticità.

5 drink per 5 personaggi dell'Inferno dantesco

Un classico drink della miscelazione per un intramontabile intellettuale italiano

Per avere maggiori approfondimenti e suggestioni non vi resta che prenotare al seguente numero: 334 94 74 673 e magari entrare nel mood organolettico della Divina Commedia, scegliendo tra 5 cocktail abbinati a 5 personaggi dell’Inferno.

Il costo del biglietto d’ingresso è di euro 5.

Le Stanze delle donne. Le cose che ci fanno stare bene: presentazione del libro al Teatro Diana

Le stanze delle donne. Le cose che ci fanno stare bene (2020) è un libro scritto da Focus Consulting, edito da Graus Edizioni, che verrà presentato, dopo diversi eventi online, per la prima volta dal vivo. La presentazione si terrà presso il Teatro Diana di Napoli, venerdì 4 giugno alle ore 18:00.

Il libro sarà presentato da Giuseppe Li Volti, CEO & Founder Focus Consulting e da Giovanna d’Elia, HR Business Partner Focus Consulting nonché ideatrice e curatrice del progetto editoriale.

Le stanze delle donne. Le cose che ci fanno stare bene

Le stanze delle donne. Le cose che ci fanno stare bene

Le stanze delle donne. Le cose che ci fanno stare bene: trama

Il libro, trasposizione letteraria di una rubrica originale Focus Consulting nata a marzo 2020 su Linkedin, Facebook e Instagram, con i contributi preziosi di 54 donne professioniste attive in tutta Italia. Nel libro vengono riportate 54 diverse esperienze e prospettive personali e professionali a seguito della pandemia da Covid 19. Una raccolta di emozioni e vita vissuta, che intende soprattutto offrire una nuova visione, nuovi spunti, possibili spiragli, nuovi scenari nel mondo del lavoro, delle donne e non solo.

Le “Stanze” sono quelle di 54 donne co-protagoniste:

  • Cinzia Barba,
  • Eleonora Baroni,
  • Donatella Bernabò Silorata,
  • Veronica Bertollini,
  • Maria Bolignano,
  • Erika Bondonno,
  • Federica Brancaccio,
  • Stefania Brancaccio,
  • Arianna Camaggio,
  • Maria Caputo,
  • Antonella Carlo,
  • Sabrina Carreras,
  • Fiorella Cavaliere,
  • Mariavittoria Cicellin,
  • Isabella Covili Fagioli,
  • Nicoletta D’Addio,
  • Claudia D’Alena,
  • Manuela D’Agostino,
  • Gioia De Simone,
  • Anna Del Sorbo,
  • Valentina della Corte,
  • Giovanna Di Libero,
  • Rita Esposito,
  • Ildegarda Ferraro,
  • Anna Teresa Fiore,
  • Marina Galzignato,
  • Antonella Giglio,
  • Sandra Gnerucci,
  • Alessia Guarnaccia,
  • Chiara Guida,
  • Lucia Landi,
  • Ludovica Landi,
  • Matilde Marandola,
  • Rosanna Marziale,
  • Giuseppina Massaro,
  • Maria Grazia Mattei,
  • Anna Paola Merone,
  • Susanna Moccia,
  • Amalia Palma,
  • Luisa Pogliana,
  • Giovanna Ponzi,
  • Emanuela Pozzi,
  • Adele Renzi,
  • Stefania Rossi,
  • Roxy in the box,
  • Francesca Sepe,
  • Viviana Siciliano,
  • Emmanuela Spedaliere,
  • Benedetta Torre,
  • Laura Valente,
  • Daria Valletta,
  • Caterina Ventura,
  • Giulia Zamagni.

Scrive Jesus Garces Lambert riguardo il libro:

Quando ho letto i racconti e le interviste inserite in questa raccolta ho capito che stavo leggendo un documento che raccontava dall’intern un momento storico che, probabilmente, cambierà le nostre vite. Queste testimonianze mi hanno aperto l’universo intimo di un gruppo di donne coraggiose e sensibili, forti e lucide, responsabili e piene di risorse.

Il contesto della pandemia spesso viene appena accennato e si vive so la reazione ad esso.

Ogni racconto è pieno di sfaccettature, nessuno è mai superfluo o banale: è come se ognuna di queste interviste potesse diventare un manuale per imparare a vivere e a sopravvivere.

Si leggono all’interno de Le stanze delle donne. Le cose che ci fanno stare bene,  storie di resilienza, di felicità, di adattamento, di scoperta di certi affetti e di una nuova normalità non certa priva di problemi ma con soluzioni già in testa. Queste donne sono custodi di una rete di rapporti fondamentale, con il loro ascolto sono in grado di decodificare i segnali che passano dalle loro finestre, nelle loro menti e nei loro corpi, per trovare la forma di creare anticorpi.”

“In un momento unico come quello del lockdown causato dal Coronavirus – conferma Giovanna d’Elia, curatrice del progetto – abbiamo dato voce al vissuto di donne professioniste, spesso anche mamme, che si sono raccontate ed hanno condiviso le emozioni ed il sentire del cambiamento che stavano vivendo, a diverse profondità.

Profili di donne, attive nelle più diverse realtà ed esperienze, si sono “lette” a vicenda ed in qualche modo supportate ed ascoltate, tra Smart Working e nuove dinamiche sociali.

Appuntamento con Finalmente domenica: Antonio Capuano presenta Il buco in testa

Il regista napoletano Antonio Capuano e il suo ultimo film Il buco in testa saranno protagonisti dell’appuntamento di questa settimana con Finalmente domenica.

La rassegna ideata da Zia Lidia Social Club e Cinema Partenio in occasione della riapertura dei cinema, dopo il difficile momento di chiusura totale dovuto alla pandemia. La rassegna ha come scopo principale quello di far tornare il pubblico in sala in sicurezza, scegliendo quest’ultima come punto di fruizione preferito e più adatto alla visione del film.

Zia Lidia Social Club 2021

Zia Lidia Social Club

Il buco in testa, presentato Fuori Concorso all’ultimo Torino Film Festival, durante questa settimana è stato scelto come Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:

Per la vitalità lucida e appassionata che Antonio Capuano infonde in una vicenda di faticosa redenzione umana e difficile riconciliazione storica. L’autore si confronta con una delle pagine più buie del nostro Paese, delineando con sensibilità, passione e vigore il ritratto di una donna in cerca di pace nel suo presente e libertà dal passato che ne ha segnato l’esistenza.

Questo terzo appuntamento domenicale riprenderà la struttura tipica degli incontri de La voce dell’autore, dando la possibilità al pubblico di interagire direttamente con il regista e i protagonisti del film al fine di un interessante dibattito.

Il buco in testa: la trama

Il buco in testa segue le vicende di Maria (Teresa Saponangelo). La donna vive vicino Napoli, ha un lavoro precario e non ha nessuno a parte la madre, praticamente muta. Suo padre, vicebrigadiere di polizia, è stato ucciso durante una manifestazione da un militante di sinistra quando lei aveva appena due mesi. Lo sviluppo della trama è proprio legato a ciò, infatti Maria scopre che l’assassino del padre ha un volto ed è intenzionata ad incontrarlo. Nel cast, oltre alla Saponangelo, ci sono Tommaso Ragno, Francesco Di Leva, Gea Martire, Vincenza Modica, Anita Zagaria, Daria D’Antonio, Bruna Rossi, Alberto Ricci Höiss e Vincenzo Ruggiero.

Oltre ad essere regista del film Capuano scrive anche la sceneggiatura che è liberamente ispirata ad un  fatto di cronaca. Si tratta della vera storia di Antonia Custra che nel 2007 incontrò l’uomo che uccise suo padre, il vicebrigadiere del terzo reparto celere di Milano Antonio Custra, morto il 14 maggio 1977.

Per poter assistere al film è indispensabile la prenotazione.

Per prenotare si prega di scrivere un messaggio Whatsapp al numero 3286730274

Biglietto intero: € 7.

Biglietto soci ZiaLidiaSocialClub: € 6

Philip Roth: la biografia autorizzata che sta facendo discutere

La biografia di Philip Roth, edita da W.W. Norton,  è l’unica autorizzata dallo scrittore prima della morte con queste parole:

Non mi devi riabilitare. Rendimi interessante.

Il libro descrive i vizi e le virtù di uno degli scrittori più importanti e influenti del XX secolo. Questa biografia, da molti, è stata considerata scandalosa perché farebbe trapelare la misoginia dell’autore.

Philip Roth ha concentrato la sua letteratura rivolgendosi su dilemmi riguardo se stesso.

Ecco con quali parole ha descritto i suoi libri lo scrittore, durante delle interviste:

Se i miei libri sono così persuasivi da convincere questi lettori che io abbia fornito loro la vita allo stato puro, senza alcun cambiamento, così com’è vissuta, be’, non è la croce più pesante che uno scrittore abbia dovuto portare. Meglio che se non mi credessero affatto.

Se nel mio lavoro questi lettori non vedono altro che la mia biografia, ciò significa che sono sordi alla finzione, alla personificazione, al ventriloquio, all’ironia, sordi alle migliaia di osservazioni che costituiscono un libro, sordi a tutti gli espedienti di cui si servono i romanzieri per creare l’illusione di una realtà più reale della nostra stessa vita.

Ciò che meno apprezzava del suo lavoro di scrittore era l’inizio di un libro perché ciò che induce l’incipit di un romanzo è cercare una tematica che opponga resistenza, un problema.

Quando si trova il problema di cui parlare ma la scrittura diviene fluida quella non è la strada giusta per scrivere un libro di successo.

Philip Roth: la biografia

l’unica biografia autorizzata è stata pubblicata e già sta facendo discutere

Philip Roth: biografia

Philip Roth (1933-2018) è stato uno degli scrittori più conosciuti e premiati tra quelli della sua generazione.

Nato a Newark, nel New Jersey, era il secondo figlio di Bess e Herman Roth. Nel 1959 pubblica Goodbye, Columbus, una raccolta di racconti che gli è valsa il National Book Award.

Nel 1969 pubblica il Lamento di Portnoy che ha consolidato la sua reputazione di scrittore tra i critici e gli esperti del settore.

Durante la sua vita ha pubblicato 31 libri, compresi quelli del suo alter ego Nathan Zuckerman a cui ha affidato il compito di parlare l’esperienza ebraica americana nel XX e XXI secolo.

Per poter approfondire alcuni aspetti della vita del noto scrittore, non ci resta che attendere la pubblicazione del libro in Italia.

Trofeo RiLL: prorogata la scadenza per partecipare

Il Trofeo Rill arriva alla sua XXVII edizione, per premiare il miglior racconto fantastico. Si tratta di un premio letterario bandito dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare, con il patrocinio del festival internazionale Lucca Comics & Games insieme alla casa editrice Acheron Books.

Per partecipare è necessario scrivere dei racconti che appartengono al genere: fantasy, horror, fantascienza o qualsiasi storia che vada al di là del reale.

Il termine per partecipare al concorso è stato prorogato al 15 aprile 2021.

RiLL: il concorso letterario

Il concorso letterario proroga la scadenza

Premio RiLL: come partecipare

Al concorso letterario possono partecipare tutti gli autori che abbiano una o più opere inedite e in lingua italiana, che siano ambientate o che abbiano personaggi poco attinenti al mondo reale.

Possono partecipare al Trofeo RiLL anche gli italiani residenti all’Estero. I racconti possono essere spediti per posta o in via telematica.

I dieci racconti finalisti saranno pubblicati, senza alcun costo per i rispettivi autori, in un e-book della collana Aspettando Mondi Incantati, curata da RiLL e in uscita a ottobre 2021.

I migliori quattro o cinque racconti tra quelli finalisti saranno pubblicati in forma gratuita nell’antologia del concorso all’interno della collana Mondi Incantati, che sarà presentata al festival internazionale Lucca Comics& Games a novembre 2021.

Il primo classificato del Trofeo RiLL verrà tradotto e pubblicato, sempre gratuitamente, in Spagna sull’antologia Visiones, curata da Pòrtico – Asociatiòn Española de Fantasìa, Ciencia Ficciòn y Terror, in Irlanda sulla rivista letteraria Albedo One e in Sud Africa su PROBE, il magazine dell’associazione Science Fiction and Fantasy South Africa.

Inoltre il vincitore del racconto riceverà un premio di 250 euro.

La selezione dei racconti finalisti sarà svolta in forma anonima, senza che i lettori-selezionatori conoscano il nome dell’autore, dando particolare rilievo all’originalità della storia e alla qualità della scrittura.

La giuria del concorso letterario sceglierà quelli da premiare.

La cerimonia di premiazione avrà luogo a novembre 2021.

Se hai un racconto inedito legato al fantasy, sei ancora in tempo per partecipare!

Premio Strega 2021: i 12 libri candidati al premio letterario

Ecco 12 libri candidati per concorrere all’ambito Premio Strega 2021.

La scelta è stata ardua ma i titoli ufficiali sono i seguenti:

  1. Il libro della case di Andrea Bajani
  2. Il pane perduto di Edith Bruck
  3. Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone
  4. L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito
  5. Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti
  6. Borgo Sud di Donatella di Pietrantonio
  7. Cara Pace di Lisa Ginzburg
  8. Le ripetizioni di Giulio Mozzi
  9. La casa delle madri di Daniele Petruccioli
  10. Due vite di Emanuele Trevi
  11. Adorazione di Alice Urciuolo
  12. L’anno che a Roma fu due volte Natale di Roberto Venturini.
Premio Strega 2021: i 12 libri candidati

I 12 libri che concorreranno al premio letterario italiano.

Premio Strega 2021: qualche curiosità sui primi sei libri candidati

1. Il libro delle case di Andrea Bajani

Il libro delle case: il libro

Uno dei libri candidati al Premio Strega 2021

Il libro delle case (2021) di Andrea Bajani è stato proposto da Concita De Gregorio, per concorrere al Premio Strega 2021. Il romanzo ci descrive lo spazio e l’importanza che hanno le nostre case perché sono luoghi che conservano la memoria di chi le ha vissute.

Le case sanno chi siamo e custodiscono tra le loro mura i nostri segreti. Come una sorta di viaggio onirico in cui sono le abitazioni che ci osservano, ci descrivono e ci danno l’identità che abbiamo per il mondo che viviamo e che ci circonda.

2. Il pane perduto di Edith Bruck

Il pane perduto: il libro

Romanzo candidato al Premio Strega 2021

Il pane perduto (2021) di Edith Bruck è stato proposto da Furio Colombo.

Il romanzo è autobiografico perché la scrittrice fa un salto nel passato e decide di raccontare la sua vita. Edith Bruck, di origini ungheresi, era una bambina povera ed ebrea che ha conosciuto Auschwitz, Kaufering, Landsberg, Dachau, Christiansdadt, Bergen-Belsen e decide di mettere nero su bianco gli orrori vissuti in prima persona.

La scrittrice miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande cerca all’epoca, finito l’orrore della Shoah, di ricominciare a vivere nonostante le macerie reali ed emotive che ha vissuto. Il mondo le sembra estraneo e ha difficoltà ad instaurare rapporti anche con i suoi familiari che, rispetto a lei, non hanno vissuto i lager.

3. Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone

Splendi come vita: il libro

Un libro che è la dichiarazione d’amore di una figlia nei confronti della madre adottiva

Splendi come vita(2021) di Maria Grazia Calandrone è una dichiarazione d’amore.

La scrittrice del suo libro dice:

Splendi come vita è il racconto di una incolpevole caduta nel disamore, dunque di una cacciata, di un paradiso perduto. Non è la storia di un disamore, ma la storia di una perdita.

Chi scrive è una bambina adottata, che ama immensamente la propria madre. oi c’è una ferita primaria e la madre non crede più all’amore della figlia. Frattura su frattura, equivoco su equivoco, si arriva a una distanza siderale fra le due, a un quotidiano dolore, a un quotidiano rifiuto, fino alla catarsi delle ultime pagine.

4. L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito

L'acqua del lago non è mai dolce: il romanzo

Un romanzo ancorato alla nostra realtà

L’acqua del lago non è mai dolce (2021) di Giulia Caminito ha come protagonista Antonia, una donna fiera e onesta, che da sola si occupa di quattro figli e di un marito disabile. La donna crede nel bene comune, non scende a compromessi e vuole insegnare alla sua unica figlia femmina che può e deve contare esclusivamente su se stessa e sulle proprie forze.

Gaia, la figlia di Antonia, impara a non lamentarsi, impara a salire ogni giorno sul regionale per andare a scuola, impara a leggere libri e a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo.

La calma di questa bambina si tramuta all’improvviso quando un giorno, per un torto subìto, reagisce con una incontrollata violenza.

5. Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti

Sembrava bellezza: il libro

Un libro che parla del tempo trascorso

Sembrava bellezza (2021) di Teresa Ciabatti è stato proposto per concorrere al Premio Strega 2021 da Sandro Veronesi che spiega con queste parole la sua motivazione:

È un racconto talmente colmo di menzogne – la prassi della comunicazione tra gli esseri umani, insieme al nascondimento, al malinteso, alla reticenza, alle omissioni – che alla fine rasenta la più intima delle confessioni. È un romanzo straziante, perché è uno strazio ritrovarsi a vivere tutta la vita in un corpo così lontano dal canone condiviso della bellezza; ed è un romanzo esilarante, la cosa più vicina al libri di John Fante che mi sia mai capitato di leggere.

6. Borgo Sud di Donatella di Pietrantonio

Borgo Sud: il libro

Un romanzo che affronta il rapporto madre-figlia

Borgo Sud (2020) di Donatella di Pietrantonio ha come protagonista Adriana, che irrompe nella vita di sua sorella all’improvviso. La donna, un tempo, maledetta dalla madre non riesce mai a perdonarla per i suoi comportamenti e per sua incapacità di amare.

Da ragazzine eravamo inseparabili, poi avevamo imparato a perderci. Lei era capace di lasciarmi senza notizie di sé per mesi, ma mai così a lungo. Sembrava ubbidire a un istinto nomade, quando un posto non le conveniva più, lo abbandonava. Nostra madre glielo diceva, ogni tanto: tu sei una zingara. Anch’io poi lo sono stata in un altro modo.

Il romanzo affronta il tema dei rapporti difficili all’interno di un nucleo familiare, che si sgretolano e si spezzano a causa di eventi e di azioni subìte durante il corso di un’intera vita.

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