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Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali di Salvatore Pignataro

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali (2020) è l’ultimo libro di Salvatore Pignataro. Il tema del libro è incentrato sulle diverse modalità di approccio relative alle attività investigative, pratica esistente tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 che si è evoluta e modificata fino ai giorni nostri.

Investigare, infatti, significa seguire una strada che porta alla verità. Per poter seguire una determinata strada c’è una ricerca certosina per giungere al percorso più idoneo e rilevatore. Investigare richiede non solo conoscenza giuridica ma una predisposizione intuitiva personale che sia idonea a tracciare un quadro di una qualsiasi situazione in cui sembra difficile trovare una quadra.

Nel libro, oltre ad essere spiegati in modo minuzioso e dettagliato tutte le parti di cui si compone la materia inerente all’investigazione, viene analizzato tutto ciò che corolla il lavoro in questione e come si compone, ad esempio, la nuova struttura dei servizi, per accedere a documentazioni inerenti la sicurezza interna ed esterna.

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali

Gli strumenti dell’investigazione

Per poter predisporre un’indagine nel modo più idoneo ci sono strumenti investigativi, previsti dall’ordinamento giuridico e si dividono in tipici e atipici.

I tipici osservano le normative mentre gli atipici sono frutto dell’esperienza e della creatività dell’investigatore quindi non seguono uno schema definito.

Il sopralluogo è un altro elemento importante: l’esame della scena del delitto è fondamentale perché è proprio in questo luogo che si possono cogliere le sfumature più nascoste.

I rilievi tecnici, sono affidati alla polizia scientifica che dovrebbe instaurare un rapporto di collaborazione con gli investigatori, e si basano sull’osservazione, descrizione e acquisizione di dati ed elementi privi di elaborazione o valutazione tecnica uniti ad un accertamento tecnico relativo alle attività di approfondimento e di giudizio tecnico scientifico.

La Teoria dell’interscambio è l’interconnessione tra: reo, vittima e ambiente/scenario.

Le azioni investigative cercano di far emergere chi è una persona: la professione che svolge, la sua fedina penale e poi le sue qualità.

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali analizza nello specifico i vari settori in cui agisce, tenendo per ciascun campo la normativa vigente perché in base alle disposizioni può variare il metodo di approccio.

Un argomento che ci ha molto colpito è quello relativo ai crimini informatici.

Salvatore Pignataro

Salvatore Pignataro

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali: i crimini informatici

I crimini informatici sono reati che vedono nella rete telematica il mezzo per poter commettere attività illecite come truffe, cyberbullismo, stalking attraverso i social o accessi abusivi a sistemi informatici.

Il virus, ad esempio, è un programma che in maniera indesiderata si inserisce all’interno del pc dell’utente, nella maggior parte dei casi sono innocui e non danneggiano il sistema altre volte vole invece no.

Questo è un campo nuovo che si barcamena su normative e modi di agire meno consolidati, vista la giovane età del diritto informatico.

Come scrive Salvatore Pignataro:

Agli inizi degli anni ’90 si manifestò l’esigenza di disciplinare la materia, successivamente all’espandersi di crimini commessi attraverso l’uso della tecnologia. La rete internet però mal si presta a rigide regolamentazioni a causa della sua particolare struttura sempre in continua evoluzione. Inoltre gli autori tendono ad avvalersi delle asimmetrie tra i diversi sistemi nazionali non ancora adeguatamente coordinati.

Ad esempio, il reato di illecita intrusione in un sistema informatico o telematico si contraddistingue per l’elevata potenzialità offensiva che potrebbe arrecare danni patrimoniali alla parte offesa.

Generalmente la parte lesa si affida alla Polizia Giudiziaria che può concludere le indagini in modo soddisfacente.

Negli ultimi tempi è cambiata anche la finalità dell’hacking perché, inizialmente, l’approccio non si manifestava con azioni dannose ma le finalità erano artistiche e politiche. Alla fine degli anni ’80 i crimini informatici sono stati divisi in due tipi: lista minima e lista facoltativa.

Nella lista minima i reati sono relativi a:

  • Frode informatica
  • Falso in documenti
  • Danneggiamento di dati e programmi
  • Sabotaggio informatico
  • Accesso abusivo e la violazione delle misure di sicurezza del sistema
  • Intercettazione non autorizzata

Nella lista facoltativa invece sono inclusi:

  • Alterazione di dati
  • Spionaggio informatico
  • Utilizzo di un programma informatico protetto

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali di Salvatore Pignataro non è solo un saggio per gli addetti al settore ma può essere illuminante anche per gli amanti di questo complesso settore.

E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie: la recensione

E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie (2020) è un libro di Giuseppe Culicchia, edito da Feltrinelli Editore, che descrive la società di oggi, basata su fake news, storytelling, ovvietà di un pensiero semplicistico, che mette da parte la costruzione di un pensiero complesso.

Il libro, come si evince anche dal nome, è una sorta di dizionario che analizza alcune parole usate e abusate in tutti i contesti cui fa comodo.

Con ironia lo scrittore descrive il mondo attraverso definizioni che, oltre a dare un significato ad una parola, vengono inglobate automaticamente in un pensiero politico, solo per il semplice fatto di star utilizzando quella parola e non un’altra. In breve, oggi, utilizziamo e ci nascondiamo dietro termini politicamente corretti ma, in fondo, non siamo altro che finti integralisti e ipocriti decodificatori di una realtà, che ci viene comunicata attraverso una strumentalizzazione distorta del linguaggio.

Ad esempio, utilizziamo la parola riforma per definire le misure che, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno limitato e abolito i diritti dei lavoratori. Come si può far passare con il termine riforma l’introduzione del precariato?

Per rendervi più il concetto riporto alcuni termini presenti all’interno di E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie.

E finsero tutti felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie: recensione

E finsero tutti felici e contenti: dizionario delle nostre ipocrisie di Giuseppe Culicchia

E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie: citazioni

CICCIA: Ironizzare per anni su quella di Giuliano Ferrara e di Mario Adinolfi, definendoli ciccioni. Stigmatizzare però gli odiatori del web che fanno lo stesso con Michela Murgia. I chili di troppo sono un altro degli spunti preferiti dagli odiatori dei social, che non perdono occasione per attaccare modelle e attrici e cantanti se per caso hanno messo su qualche etto dall’ultima sfilata o passerella o esibizione canora: sempre servendosi dei nick, ci mancherebbe.

Mina risolse la questione sparendo ben prima dell’avvento dei troll digitali.

Ma per tornare al principio dei due pesi e delle due misure, si staglia su tutti l’esempio impareggiabile del famoso tweet di Asia Argento, che incrociando Giorgia Meloni al ristorante la fotografò e scrisse:

“La schiena lardosa della ricca e svergognata -Make Italy great again – #fascista ritratta al pascolo.”

Vale forse la pena di ricordare che la Meloni era diventata madre da pochi mesi, ma al di là di questo sorprende che la futura (in quel momento storico) paladina del #metoo e del neofemminismo attaccasse una donna proprio a partire dal suo aspetto fisico.

Resta indimenticabile il Bianciardi che, ribellandosi al Miracolo italiano, scriveva ne La vita agra: “Scomparse le diete dimagranti e i pregiudizi estetici, le donne saranno finalmente grasse”.

Oltre a termini  e singole parole, nel libro, ci sono slang, slogan e nomi di aziende che rappresentano un determinato mondo ideologico e che, se pronunciate o scritte, rappresentano inevitabilmente ed erroneamente l’identificazione del nostro interlocutore.

AIUTIAMOLI A CASA LORO: Anni fa era uno slogan della destra. Chiunque lo pronunciasse veniva subito etichettato come fascista. Poi le cose sono cambiate: a un certo punto lo ha affermato anche Matteo Renzi. quindi forse per alcuni resta uno slogan della destra. Se lo fanno concretamente i volontari delle ONG recandosi in Africa, tutto bene. Se lo propongono da destra, si tratta invece di razzismo bello e buono. Anzi: brutto e cattivo.

E ancora:

AMAZON: Sfrutta i dipendenti che devono rispettare tempistiche e turni controllati da appositi braccialetti elettronici degni del Frande Fratello, per tacere delle tempistiche cui sono soggetti i correri, e con la sua politica dei prezzi e degli sconti danneggia editori e librai indipendenti.

In veste di scrittori, dire in pubblico che i libri si comprano nelle librerie indipendenti. In privato, ma solo se costretti, ammettere: “Beh, sì, sai, anch’io a volte…”. Della multinazionale e delle sue politiche inerenti al mondo del lavvoro e ai diritti (?) dei lavoratori si è occupata di recente la Cgil del nuovo segretario Landini, ma non il Pd, che in teoria sarebbe l’erede di un partito fondato da un certo Antonio Gramsci ma ha bel altro a cui pensare.

A Torino, significativamente, l’edificio dove viveva e lavorava Gramsci è stato riattato e trasformato in un hotel di superlusso.Il libro di Giuseppe Culicchia

Qualche buon motivo per leggere il libro di Giuseppe Culicchia

Se si volesse riassumerlo brevemente, definirei l’opera di Giuseppe Culicchia come un libro dissacrante sulla società contemporanea. Lo scrittore ha trovato il modo di rendere leggero, nella lettura, un libro pesante dal punto di vista contenutistico perché scrivendo e sviluppando l’opera letteraria come fosse un dizionario, riesce a parlare in modo breve, semplice e conciso di problematiche e argomenti non proprio di facile esplicazione e poco strutturati.

Il tono di Giuseppe Culicchia è ironico, dissacrante e così banalmente vero che, un pò, si resta mortificati nel leggere la nostra inconsistenza ideologica che si traspone nel liguaggio.

Ogni parola che utilizziamo trasuda ipocrisia e, a mio avviso, questa falsità nell’antica Grecia e in filosofia la si chiamava dialettica, grande capacità oratoria. Quest’arte, nel caso dovesse essere ancora presente ma dubito, oggi,  viene strumentalizzata non per ricercare la verità, come un tempo. Oggi la dialettica è uno strumento atto alla ricerca della ragione, sempre la propria e mai quella altrui.

Il punto dello scrittore non è soltanto quello di sottolineare che si può dire di tutto il suo contrario ma è la finalità e l’ipocrisia sociale e politica con cui si strumentalizza la parola. A prescindere dal fatto che la comunicazione, in fin dei conti, non è altro che uno strumento di cui ci avvaliamo per far comprendere un concetto, un intento, un desiderio o un’idea.

Le parole, come diceva Nanni Moretti in Palombella Rossa, sono importanti e possono essere pesanti come pietre.

La violenza delle parole risiede nell’ipocrisia come i termini politicamente corretti, che utilizziamo, rappresentano l’apologia della falsità dialettica. Ogni parola presente nel nostro vocabolario ha una propria etimologia che dovrebbe aiutarci a comprendere il vero significato, che ha dato origine a quel termine. Probabilmente questa materia che dovremmo approfondire o studiare nelle scuole, a prescindere, se si scelga di fare il Liceo Classico o quello Scientifico (perché ci si imbatte nello studio etimologico dei termini, studiando le lingue morte: il greco e il latino).

Conoscere il vero significato delle parole aiuta ad essere più consapevoli dell’uso dei termini che utilizziamo e ci aiuta a comprendere l’importanza del linguaggio e il rispetto che dobbiamo a questo strumento di comunicazione potente che abbiamo a nostra disposizione.

Itaca deserta ruggine di Francesco Randazzo rivisita in chiave moderna il mito di Odisseo

Itaca deserta ruggine (2020) di Francesco Randazzo è un poemetto drammatico che rielabora il mito di Odisseo, rendendolo più contemporaneo.

Odisseo è un uomo dei nostri tempi, senza meta e senza punti di riferimento che approda ad Itaca, una piattaforma petrolifera abbandonata. In questo posto da solo, l’uomo, si ritrova a fare i conti con se stesso, con il suo passato e la memoria che vacilla.

Itaca deserta ruggine si divide in tre parti: Itaca deserta ruggine che ci presenta e descrive Odisseo e le peripezie che lo hanno condotto sino a Itaca, la seconda parte Nell’Ade liquido e la terza e ultima parte Ἀρέθουσα che è un frammento dialogico del mito di Aretusa.

Piove ad Itaca, dal mio arrivo. Le onde dabbasso

si frangono in spruzzi, dall’alto si schiantano

gocce

rabbiosamente tristi, risuonano sul metallo e

sembra

che la rugine si sciolga in sangue velenoso.

corrosivo.

Tutto è rimpianto, eppure niente mi sembra mio

quanto

questo simulacro di casa, questa tomba di famiglia.

Da qui trivellavo le profondità marine, io furbo,

imprenditore, manager intraprendente: petrolio o

gas

-dicevo- Superata l’acqua c’è il fondo, e sotto la

ricchezza,

da qui estrarrò potenza, energia e denaro! Questo

è il mio Regno.

 

Quanta solitudine, nel potere e nel denaro, mi

aggiravo rabbioso.

Perché nulla poteva bastarmi, nulla aveva senso e

la vita soltanto

accumulo ottuso. Guardavo il mare con lo

sconcerto e il panico

che avrebbe potuto spazzarmi via in un momento,

e di me niente

sarebbe rimasto, se non la menzogna di un’esistenza

vana.

Itaca deserta ruggine di Francesco Randazzo

Itaca deserta ruggine di Francesco Randazzo

L’Odisseo di Francesco Randazzo

Odisseo è un imprenditore che per troppa bramosìa di denaro ha perso tutto e la sua Itaca, che un tempo era rigogliosa di risorse petrolifere, ora non è altro che il ricordo sbiadito tra resti di ciò che prima risplendeva: ora è solo polvere e bulloni sparsi e arrugginiti dal tempo e dall’incuria.

Per l’imprenditore non restano solo che ricordi di un tempo che non è più, di viaggi in città dove ha trovato una seconda casa ma che ora gli hanno chiuso le porte. La memoria degli amori passati e di tutte le promesse tradite fatte alle amanti, oggi, gli lasciano solo l’amaro in bocca.

Penelope ha un ruolo diverso non è la donna mansueta, innamorata, a prescindere da tutto del suo Odisseo, è una donna che ha goduto della ricchezza di un tempo e che, ora caduta in miseria, si piange addosso per aver scelto l’uomo sbagliato.

Odisseo ricorda così la sua Penelope:

Sento, nel ferro che vibra, la voce arrochita di

mia moglie,

nel rollio dei pilastri, mi appare il suo passo

ondeggiante,

troppi mojito, troppi shot, Penelope aveva sempre

in mano

un bicchiere, camminava dritta ma ondulava

sinuosa,

sensuale panterona ubriaca, la guardavo come si

guarda

un film con Rita Hayworth, con la nostalgia

eterna del sesso.

Le toglievo i vestiti, ma lei rimaneva col bicchiere

in mano,

e con la bocca beveva da me, beveva cocktail,

beveva tutto.

E ridevamo di tutto, io e Penelope, sorditi e

felici, immemori,

sbronzi, danzatori ignudi, strappandoci fino alla

pelle il piacere.

Ma eri davvero tu, Penelope? Ero davvero io,

Odisseo? Noi, noi?

Non ha importanza, era vero tutto ciò che

credevamo d’essere.

Itaca deserta di Francesco Randazzo

Itaca deserta di Francesco Randazzo

Perché leggere Itaca deserta ruggine?

Itaca deserta ruggine di Francesco Randazzo è un’opera che non solo rivisita in chiave moderna il mito di Odisseo con coraggio ma riesce a farlo con la giusta ironia non dissacrante ma ha il solo compito di ripetere un viaggio con personaggi, che hanno lo stesso nome ma caratteristiche diverse che, in qualche modo, ci rispecchiano e in cui ci possiamo rivedere.

Il tema del viaggio nel passato di ciascuno ha sempre qualche traccia di rimpianto e di rimorso, dettato dal senno del poi e che, probabilmente, si scontra con il presente, generando una malinconia che potrebbe essere costruttiva solo nel momento in cui ci si rende conto delle proprie falle e, in qualche modo, si decide di porre rimedio nel presente.

La strada di quel viaggio che non abbiamo scelto, a vantaggio di un’altra, ci avrebbe potuti condurre ugualmente al rimpianto e alla malinconia fine a se stessa.

Itaca deserta ruggine edito da Fara Editore ha vinto il premio letterario Narrapoetando e ve ne consigliamo vivamente la lettura per sorridere amaramente sul mondo di oggi e sulla nostra società contemporanea.

Se siete amanti del mondo greco e delle rivisitazioni in chiave moderna vi consigliamo le poesie di Sinan Gudžević, il poeta che ironizza osservando il mondo in distici elegiaci.

Senza è l’ultimo romanzo di Massimo Cracco

Senza (2020) è il titolo dell’ultimo romanzo di Massimo Cracco, pubblicato da Autori Riuniti.

Il protagonista del romanzo è Paolo, un ragazzino, che non comprende ancora pienamente tutte le dinamiche del mondo. Lui vuole carpire e conoscere solo quella parte positiva della vita e invece un giorno resta sconvolto da quanto possa essere violento quel mondo in cui vive.

Paolo resta colpito da una storia di cronaca: Chloe Jennings, una donna americana, è affetta da B.I.I.D. (Body Integrity Indentity Disorder) ed è sempre più insofferente di sentire le sue gambe tanto che ha deciso di farsi recidere il midollo spinale per non sentirle più.

Dopo questa drastica scelta la donna è felice di continuare a vivere la sua vita.

In breve se il raziocinio non trova logiche di adattamento allora è il corpo che trova una risposta autonoma.

Paolo inizia a pensare, dal caso Chloe Jennings che anche lui, rinunciando alle sue di gambe, eviterebbe il contagio con questo mondo così aberrante e di cui ha paura.

Negli anni cresce molesta in lui questo desiderio di farsi amputare le gambe. Per scoprire cosa farà Paolo non vi resta leggere il romanzo!

Senza Massimo Cracco

Senza Massimo Cracco

Senza: curiosità sul romanzo

Senza è diviso in quattro parti e ciascuna si apre con un aforisma di Emil Cioran, noto filosofo cinico che ha parlato e vissuto la vita con distacco e senza moti d’animo.

Senza spiegato con questa premessa sembra un horror o una storia fine a se stessa ma non è così.

Massimo Cracco attraverso questa trama parla di rifiuto rivendicato dal corpo.

Paolo è un perdente e sa di esserlo così rinuncia di competere, rigettando l’inferno della competizione, della sopravvivenza, dell’accettazione del pensiero collettivo e delle regole tramandate dalla società attraverso la mutilazione del suo corpo.

Senza è candidato al Premio Comisso, Premio città di Como, Premio Carver e Premio Cultura.

Massimo Cracco: biografia

Massimo Cracco è nato a Verona nel 1965. Dopo aver conseguito la maturità classica si laurea in matematica e in Ingegneria.

Nel 2015 pubblica Restare senza un lavoro non è per sempre, il suo primo romanzo breve per Scripta.

Nel 2017 pubblica Mimma, il suo secondo romanzo, edito da Perrone Editore.

Lockdown Heroes: la testimonianza in immagini di Milo Manara

Lockdown Heroes è il titolo della raccolta di illustrazioni di Milo Manara, edito da Feltrinelli Comics, che uscirà nelle librerie il prossimo 30 luglio.

Il libro non è nato da un progetto a monte: è nato tutto dopo che il celebre illustratore erotico ha dipinto la prima immagine. Milo Manara è stato travolto, come tutti, dall’arrivo improvviso del Covid-19 ed ha deciso di ricordare questo tragico momento che rimarrà indelebile nella memoria di ciascuno.

Lo sbigottimento e l’angosciosa incredulità per la catastrofe che si stava profilando mi rendeva impossibile continuare il mio lavoro di routine: impossibile concentrarsi, dove l’attenzione e la serenità necessarie.

Mi sono chiesto come avrei potuto essere vagamente utile, da disegnatore, e come avrei potuto esprimere gratitudine e incoraggiamento. Dopo più di cinquant’anni passati a celebrare la bellezza e la seduzione delle donne, è stato del tutto naturale celebrarne anche le virtù.ù

Lockdown Heroes immortala tutte le figure femminili che hanno continuato a svolgere il proprio lavoro, esponendosi al pericolo del contagio. Il libro di illustrazioni nasce come un ricordo angoscioso e di incredulità per la catastrofe, da ricordare un giorno quando sarà tutto finito.

Illustrazione di Milo M anara

Covid-19 in un libro di illustrazioni

Lockdown Heroes: curiosità

Lockdown Heroes è composto da 21 tavole. Dalle copie vendute del libro Milo Manara e Feltrinelli Comics supporteranno l’Ospedale Luigi Sacco di Milano, il Policlinico Universitario di Padova e l’Ospedale Cotugno di Napoli.

Le 21 tavole originali di cui si compone il libro sono state vendue all’asta dal 9 al 24 giugno e ogni acquerello è stimato 2mila euro.

Sound of salame: uno spaccato della società contemporanea

Sound of salame è il romanzo d’esordio di Mattia Bortesi pubblicato nel 2019 da Arkadia Editore.

Il protagonista del romanzo è un ragazzo che vive a Porotto, una frazione di Ferrara. Dalle pagine del libro non conosciamo il nome perché Sound of salame è scritto in prima persona, è una sorta di diario del ragazzo.

Dalle prime pagine del libro oltre a comprendere uno spaccato sociale tipico delle periferie, in cui ci viene descritta la posta di Porotto rimasta ferma agli ’80, capiamo subito cosa vuole fare il protagonista del romanzo.

La sua grande ambizione è quella di diventare una grande pop star. Oltre alla passione per la musica, al protagonista del romanzo, piace scommettere e giocare al bingo.

Mattia Bortesi riesce a descrivere con minuzia e garbo lo squallore e la tristezza che si respira in questi posti, facendo un ritratto minuzioso del ludopatico.

Un rumore di monetine inserite scandiva sia il trascorrere del tempo che passava, sia la pensione di queste persone che spariva. Puff! Puff! Puff! Ogni tanto qualcuno vinceva il superpremio e allora partivano lucine epilettiche, raggi laser e suoni acutissimi. Il rumore di una cascata di due euro monopolizzava lo stanzone, ma chi di solito vinceva aveva ormai perso tutti i soldi guadagnati in una vita, quindi c’era ben poco da sorridere.

Così il fortunato zombi non faceva altro che raccogliere le monete meccanicamente, con una spaventosa assenza di emozioni.

Difficilmente Dante, se fosse vissuto ai nostri tempi, avrebbe escluso questo ambiente dalla sua discesa. C’era tutto quel che bastava.

Il primo romanzo dello scrittore italiano

Il primo romanzo di Mattia Bortesi

Sound of salame: qualche accenno sulla trama

Quando il protagonista di Sound of salame è un pò giù e ha voglia di staccare la spina si reca nel suo bar di una vita, quello che si trova a 300 metri da casa sua. È un piccolo bar a gestione familiare, losco, umido e fatiscente che ci ricorda quelli delle nostre periferie.

I suoi amici e frequentatori assidui del bar hanno tutti almeno quindi anni più di lui e le uniche imprese di una vita che sono capaci di raccontare sono quelle legate ai numerosi incidenti o risse mai scaturite per una loro colèpa dirretta.

Io li ascoltavo, in silenzio. Li osservavo: c’era un piacevole rischio di contagio nel frequentare quelle auree da rockstar decadute. E anche se in cuor mio li amavo, sapevo benissimo che dovevo guardarmi bene dal diventare come loro.

La vita del protagonista procede ad un ritmo costante che oscilla tra il fastidio nell’osservare ciò che gli succede intorno e la comfort zone in cui si rifugia, per sentirsi una persona migliore di quello che probabilmente è.

Un giorno farà un incontro inaspettato, quello con la bibliotecaria Margherita che probabilmente riuscirà a cambiargli la vita o forse a dargli quella scossa di cui ha bisogno.

Per scoprirlo, non vi resta che leggere Sound of salame di Mattia Bortesi!

Mattia Bortesi: chi è?

Mattia Bortesi si è laureato in Lettere con una laurea in Italianistica, presso l’Università Alma Mater di Bologna. Ha curato per diversi anni, presso associazioni culturali, una sua personale Lectura Dantis, soffermandosi in modo particolare sull’Inferno dantesco.

Oggi insegna italiano alle scuole medie in provincia di Mantova e, come il protagonista del suo romanzo d’esordio, ama la musica. Infatti l’insegnante suona la chitarra ed ha iniziato un progetto cantautorale che si chiama Matija. Ama il cinema ed i suoi registi preferisti sono David Lynch e Nanni Moretti.

Senza rosa né celeste. Diario di una madre sulla transessualità della figlia di Mariella Fanfarillo

Senza rosa né celeste. Diario di di una madre sulla transessualità di una figlia (2019) edito da Villaggio Maori è il libro di Mariella Fanfarillo. Già dal titolo non è molto difficile comprendere la tematica affrontata nel testo: si parla da un punto di vista intimo del percorso personale che una madre ha deciso di vivere mano nella mano con la propria figlia.

Quello di Mariella Fanfarillo è un viaggio che la donna ha compiuto insieme a sua figlia Esther, transessuale coraggiosa. Lei è la seconda ad aver ottenuto l’autorizzazione al cambio anagrafico di sesso senza l’obbligo dell’operazione e soprattutto quando era ancora minorenne.

Dalle pagine di Senza rosa né celeste. Diario di una madre sulla transessualità di una figlia oltre al percorso genitoriale e all’importanza fondamendale che i genitori ricoprono nell’accompagnare i propri figli in questi percorsi difficili, si evince anche l’immagine di un Paese che ha difficoltà sia burocratica che di cultura nel riuscire a garantire l’uguaglianza e la parità di diritti a tutti i cittadini.

L'autrice incontra il pubblico online

Un libro che spiega la transessualità da un punto di vista diverso

Rendere i diritti universalmente validi per tutti, a prescindere dal sesso o dall’orientamento sessuale, significa dare dignità a ciascun essere umano e significa, soprattutto, non discriminare le scelte di terzi di cui alla legge e alla società, tra l’altro, non dovrebbero importare e non dovrebbero generare giudizio ma semplicemente dovrebbero rappresentare una normalità che, purtroppo, non esiste.

Ciò si intravede dalle leggi, dalla burocrazia e dai problemi sociali cui stiamo assistendo negli ultimi anni.

Ho imparato a mie spese la differenza tra vedere e guardare: ora so che da sempre io vedevo mio figlio ma guardavo mia figlia.

Per scoprire qualcosa in più del libro o per interagire virtualmente con l’autrice non vi resta che collegarvi su zoom, connettersi attraverso il codice di identità del meeting: 830 22 66 19 22.

L’incontro, organizzato dall’associazione Apple Pie in collaborazione con Laika project, Brother&Sisterlgbt e Oltre le nuvole e l’arcobaleno, è previsto martedì 16 giugno alle ore 20:40.

Crisi di civiltà. Pandemia e capitalismo di Noam Chomsky oggi in anteprima

Noam Chomsky, maggior linguista, filosofo, scienziato cognitivista e teorico della comunicazione vivente nonché punto di riferimento della sinistra radicale, pubblica un nuovo libro dove affronta le varie declinazioni della pandemia, la crisi della civiltà e i risvolti che ora stiamo intravedendo.

Il nuovo libro di Noam Chomsky

Crisi di civiltà. Pandemia e capitalismo di Noam Chomsky

Crisi di civiltà. Pandemia e capitalismo di Noam Chomsky, uscito in anteprima il 21 maggio in ebook, è formato da tutte le interviste che, il filosofo, ha rilasciato in questi mesi. Ciò su cui pone l’accento il linguista è come questa pandemia, arrivata all’improvviso, non ha fatto altro che mettere in luce tutte le crepe, i problemi e i controsensi del modello di una società fondata sul capitalismo e una visione politica mondiale che, messa alle strette per cause di forza maggiore, ha rivelato la sua precaria stabilità.

Una stabilità apparente attraverso le parole ma che nei fatti ha mostrato non solo una crisi sanitaria ma storica, economica, sociale ed ecologica.

Cosa abbiamo scoperto e cosa ha visto Noam Chomsky?

Il Covid-19 ha colto il mondo impreparato, e si prevede che le conseguenze economiche, sociali e politiche della pandemia saranno drammatiche, nonostante la promessa, fatta di recente dai leader del G20, di iniettare cinque bilioni di dollari nell’economia mondiale per stimolare la ripresa.

Quali insegnamenti possiamo trarre da questa pandemia?

La crisi generata dal coronavirus porterà a una nuova forma di organizzazione della società, con un ordinamento sociale e politico in cui il profitto non sia al di sopra delle persone?

È stato palese constatare che i potenti che muovono i fili degli interessi mondiali hanno messo in secondo piano la sopravvivenza dell’umanità a favore del capitalismo e dei meri interessi economici, favorendo una piccola élite.

Partendo da un’analisi sulla situazione che, a causa della pandemia, si è verificata negli Stati Uniti si intravede come il neoliberismo ha distrutto il compito principale della politica, trasformandola in uno strumento che ha prospettato l’illusione di una supremazia inconsistente e di un’autonomia di mercato che, unita all’incompetenza e alla malafede, ci sta conducendo verso un disastro enorme.

Crisi di Civiltà. Pandemia e capitalismo di Noam Chomsky

Il nuovo libri di Noam Chomsky

Come afferma il Noam Chomsky:

Il male affonda le radici in un colossale fallimento del mercato, esacerbato dal capitalismo dell’era neoliberista; sussistono poi degli elementi specifici degli Stati Uniti, che vanno dal disastroso sistema sanitario e la debole tenuta della giustizia sociale – gli Stati Uniti sono agli ultimi posti nella classifica dell’OCSE – a quella macchina demolitrice che si è impossesata del governo federale.

Decameron: tra pandemie, Pasolini e Napoli

Eppure qualcosa ne verrà fuori.

Sapremo presto se questa costrizione domestica ci abbia fatto migliorare, in termini umanistici o peggio, ci abbia fatto accelerare la folle corsa verso l’agognato e utopico traguardo che ci siamo prefissati a discapito del prossimo. La vista all’orizzonte di un tracollo economico, di un abbattimento morale per tutte quelle donne e quegli uomini morti in solitudine, di una paura collettiva non potranno certo farci rialzare con un certo orgoglio, certamente, tenendo conto che ognuno dovrà vedersela con le proprie perdite, in primis valutando anche la scomparsa dei propri cari, o comunque di tutti coloro che hanno pagato con la vita.

Successe qualcosa di analogo nel Decameron, la raccolta di cento novelle scritta da Giovanni Boccaccio tra il 1349, l’anno successivo alla peste nera che si abbatté sull’Europa, e il 1353.

Fu proprio la peste nera, che allora si dichiarò come una pandemia, che provocò quasi venti milioni di vittime, dai nobili alla povera gente, quest’ultima di certo non pronta a eventuali motivi di difesa, né a possibilità di fuga, data la situazione di estrema miseria.

Giovanni Boccaccio, nell’introduzione del Decameron, descrisse gli effetti della pandemia, orrido cominciamento, e ne offre una spiegazione in termini di stravolgimento dei costumi, senza tralasciare la scarsa influenza delle leggi, l’esaltazione del sesso come materia di fuga e frutto di ogni freno inibitore, sconvolgendo il comportamento del genere umano, che inizia ad avere un contatto più diretto con la morte. La fine dell’esistenza non è che una parte dell’esistenza stessa, e le sepolture iniziano a susseguirsi a ritmi incredibili, fino a che pèrdono dell’anche possibile sacralità del rito stesso, e i defunti vengono ancorché umiliati con le sepolture di massa, con le fosse comuni.

Giovanni Boccaccio scrive:

…ma per ciò che, qual fosse la cagione per che le cose che appresso si leggeranno avvenissero, non si poteva senza questa ramemorazion dimostrare, quasi da necessità costretto a scrivere mi conduco.

Nel Decameron esiste però anche una giustificazione ad una reazione più intellettualmente sensata.

La peste viene raggirata da un gruppo di dieci giovani, sette donne e tre uomini, tutti di elevato spessore sociale, che pensano ad una soluzione: affrontare una quarantena insieme e ritirarsi in campagna, offrendosi ognuno come narratore, e nel cui contesto vengono raccontate le cento novelle che fanno parte dell’opera.

Racconti che spesso contengono visioni di una materia sessuale vista come un ritorno alla natura umana, più che ad una provocazione, e anche se c’è comunque da dire che il sesso non è l’unico argomento trattato nelle novelle, il Decameron fu soggetto a critiche e a censure.

L’incredibile freschezza morale che contiene quest’opera del ‘300 è, innanzitutto, l’affermazione della libertà sessuale delle donne, che viene descritta al pari di quella degli uomini, e dove alle donne viene concessa la completa libertà delle parole, quindi il loro valore espresso a pieno anche in maniera verbale, dato che, come lo stesso Giovanni Boccaccio ritiene, alle donne il molto parlar si disdice.

Giovanni Boccaccio includerà nell’opera vari riferimenti alla sua città più amata per eccellenza, Napoli, che gli ricorderà sempre i trascorsi in cui incrementò la passione per la letteratura, a dispetto della professione del padre, mercante fiorentino, che voleva un ovvio erede per i suoi commerci.

Il Decameron è forse l’opera letteraria con più trasposizioni cinematografiche in assoluto, e basta citarne qualcuna, per averne un’idea chiara: dal più recente Maraviglioso Boccaccio (2015) dei fratelli Taviani, partendo dal Boccaccio (1940) di Marcello Albani, passando per Notti del Decamerone (1953) di Hugo Fregonese, e tutto ciò solo per nomenclarne alcuni, la cui origine su pellicola prende spunto forse dal primo film tematico in assoluto, ossia un muto, Il Decamerone (1921).

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini e Napoli

Non si esclude, certo, che l’adattamento più celebre in assoluto fu Il Decameron (1971), trasportato al cinema da Pier Paolo Pasolini, e che ebbe, forse  a maggior ragione, più effetto perché fu interamente girato con dialoghi in dialetto napoletano, e questo dice molto, ma di sicuro ancora non tutto.

Napoli, città amata sia dal regista, poeta e scrittore friulano che da Giovanni Boccaccio, fu la protagonista dell’intera pellicola, e esattamente nel 1970, cinquant’anni fa, iniziarono lì le riprese per il film che avrebbe visto la luce soltanto l’anno dopo, e che sarebbe stato soggetto a continue modifiche e tagli, che avrebbero ridotto la durata, in principio pensata intorno alle tre ore.

La gestazione e la presentazione al pubblico de Il Decameron ebbero una storia lunga.

Dapprincipio, almeno all’estero, il film ottenne un successo strepitoso, ottenendo l’Orso d’Argento al Festival del Cinema di Berlino, mentre in Italia fu soggetto a sequestro per oscenità, accusa che però decadde dopo poco tempo, con molta probabilità proprio grazie al prestigioso premio ottenuto.

Con Il Decameron si aprirà la cosiddetta trilogia della vita di Pier Paolo Pasolini, che continuerà con I Racconti di Canterbury (1972), e Il Fiore delle Mille e una Notte (1974), finendo poi con l’apoteosi di un cinema che farà della mercificazione del sesso la filosofia di una vita consumistica malata e corrotta, ossia Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975).

Il Decameron, invece, illustra una sessualità innocente, del tutto naturale e spontanea, così come viene illustrata nell’opera di Giovanni Boccaccio, e sarà soltanto l’inizio di un percorso che mirerà ad uno scopo: colpevolizzare la società moderna nella scelta di utilizzare la materia sessuale come ritratto proprio di ossessione e contrapposizione ad un’età sì arcaica, ma a suo tempo ricca di valori persi con l’incedere del forte ritratto dell’influenza dei media, come la televisione, che hanno generato una sorta di genocidio culturale, quest’ultimo tema frequente nella filosofia di Pier Paolo Pasolini.

Tornando alla realizzazione, perché la scelta di questa trasposizione cadde proprio su una location particolare come la città di Napoli? E perché la lingua parlata dai suoi protagonisti è quasi sempre il dialetto napoletano?

Come accennavo poc’anzi, la città a cui Giovanni Boccaccio rimase affezionato per sempre fu proprio Napoli, che grazie ai suoi primi amori (Fiammetta, che trovò posto tra i protagonisti del Decameron), ai suoi sbocchi culturali, riuscì a donare allo scrittore fiorentino la giusta aspirazione per le sue passioni, che lo allontanarono dalle ambizioni paterne, dedite al commercio, impegno che per eredità sarebbe stato inoltrato a lui.

Non si discosta la scelta di Pier Paolo Pasolini, seppur per altri ovvi motivi: all’inizio combattuto per le varie ambientazioni che avrebbe considerato per dirigere le varie parti che avrebbero illustrato le novelle boccacciane, si decise infine su Napoli, e su essa soltanto. Per comprendere meglio le motivazioni, eccovi una sua spiegazione:

I napoletani sono l’ultimo momento autenticamente popolare che posso trovare in questo periodo in Italia. Perché ho scelto Napoli? Per una serie di selezioni e di esclusioni. Nel momento in cui ho pensato di fare un film profondamente popolare, nel senso proprio tipico, classico di questa parola, ho dovuto escludere pian piano tutti gli altri possibili ambienti. Mi è rimasto Napoli, fatalmente, perché Napoli, proprio fatalmente, storicamente, oggi, è la città d’Italia, luogo d’Italia, dove il popolo è rimasto più autenticamente sé stesso, simile a quello che era nell’Ottocento, nel Settecento, nel Medioevo.

Murales di Pier Paolo Pasolini

Murales di Pier Paolo Pasolini

Lo stesso Pier Paolo Pasolini rivestirà il ruolo di un attore, l’allievo di Giotto, che si reca in Santa Chiara per realizzare un affresco, e la scelta non sembra casuale, a questo punto, perché il regista pare voglia, in qualche modo, accentuare il ruolo pittorico che ha voluto apportare ad un film essenzialmente colorato dalle varie scene ed ambientazioni popolari del Medioevo a Napoli.

Carmine Maffei

Crisi da Covid-19: il 70% degli editori verso la cassa integrazione

L’Italia, lo sappiamo, rientra tra quei Paesi in cui la lettura è una virtù poco praticata dalla maggior parte della popolazione.

Questo aspetto culturale e di abitudine intellettuale ha sempre fatto camminare su un filo precario il mondo dell’editoria nostrana. L’emergenza Covid-19 ha dato la stoccata finale a questo settore, che già se la passava malaccio.

Crisi nel mondo del libro

Crisi nel mondo del libro

Il 70% degli editori sta programmando la cassa integrazione, per cercare di limitare i danni economici che si fanno già sentire.

Molti editori, infatti, stanno bloccando le novità 12.500 in uscita, che sono pari a 44,5 milioni di copie che non saranno stampate.

Il futuro, post quarantena da Covid-19 come già preannunciato da molti, non si prospetta dei più rosei per l’intera economia italiana e, soprattutto, per quei settori che già arrancavano prima di questa devastante emergenza pandemica.

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