un caffè a teatro

Il concerto all’aperto del pianista Alexander Romanovsky, tappa campana del progetto Piano B

Successo straordinario a piazza Vincenzo Calenda a Forcella per il concerto all’aperto del pianista Alexander Romanovsky, tappa campana del progetto Piano B.

Alexander Romanovsky a Napoli

Alexander Romanovsky

Organizzato dal Trianon Viviani, con il suo direttore artistico Marisa Laurito, il musicista si è esibito su un palco ospitato in un rimorchio leggero.

Ha spiegato Alexander Romanovsky:

Il “Piano B” nasce quando il “Piano A”, cioè suonare nelle grandi sala da concerto, non funziona  le sale chiuse nell’ultimo anno e mezzo hanno privato del lavoro gli artisti, ma anche il pubblico del contatto importantissimo con l’Arte e il Bello.

Ho voluto dedicare questo concerto all’Italia. Dal 1° luglio un concerto al giorno. Stiamo andando in posti bellissimi, per far vedere il bello dell’Italia, dal punto di vista culturale e paesaggistico, ma anche per andare a favore delle persone che hanno sofferto un po’ di più nei mesi scorsi, suonando in posti densi dal punto di vista umano, come ospedali, carceri e nella bellissima comunità di San Patrignano.

Alexander è considerato unanimemente uno dei giovani pianisti più talentuosi: nato in Ucraina, trentasettenne, allievo di Leonid Margarius, ha vinto il prestigioso concorso internazionale Ferruccio Busoni nel 2001, due anni dopo l’ingresso nell’Accademia Filarmonica di Bologna (prima di lui solo Mozart e Rossini avevano conseguito il titolo di Accademico a soli 15 anni). Da venti anni è ospite dei maggiori palcoscenici del mondo, dalla Scala di Milano alla Royal Albert Hall di Londra.

Applauditissimo, Alexander Romanovsky ha interpretato di Fryderik Chopin gli Studi n. 1 e 12 dall’opera 10, i Notturni opera 9 n. 2 e 20 opera postuma, i Preludi n. 4 e 8 dall’opera 29 e la Ballata opera 23 n. 1. Quindi lo Studio op. 8 n. 12 in re diesis minore di Aleksandr Skrjabin; lo Studio di Ferenc Liszt sul tema della “Campanella” di Niccolò Paganini e due brani di Sergej Rachmaninov, la Sonata n. 2 e il Preludio op. 23 n. 5.

Alexander Romanovsky si esibirà a Napoli

Alexander Romanovsky vi attende a Napoli il 3 agosto alle ore 21:00 con il suo “Piano B”, un recital tour che prevede tappe in tutta Italia con un palco mobile, costruito su un rimorchio leggero.

L’idea è nata durante la pandemia, periodo in cui all’immobilità forzata c’era bisogno di reagire.

Alexander Romanovsky

Alexander Romanovsky

Alexander Romanovsky spiega con queste parole l’idea di questo tour:

Voglio portare la musica classica sia alle persone che ne sono state private nell’ultimo anno sia a quelle che la conoscono ancora poco e non sanno cosa possa fare per loro.

Non potendo il pubblico spostarsi, sarò io a raggiungerlo per suonare nelle diverse realtà sociali, dalle più difficili alle più agiate, nelle piazze, nei quartieri di periferia, negli ospedali e nelle comunità di accoglienza.

Il pianista eseguirà musiche di Fryderik Chopin, Sergej Rachmaninov e Nicola Campogrande. L’evento è stato organizzato e voluto fortemente da Marisa Laurito, direttore artistico del Trianon Viviani, invitando l’artista ad esibirsi nello spazio antistante al teatro partenopeo.

Alexander Romanovsky: biografia

Alexander Romanovsky, classe ’84, è un giovane pianista di fama internazionale. Sin da piccolo si dedica allo studio del pianoforte, dimostrando uno spiccato talento. A 9 anni suona per la prima volta in un’orchestra.

Nel 1997 viene chiamato in Italia da Leonid Margarius, docente presso l’Accademia Pianistica Internazionale di Imola, per proseguire gli studi con lui.

Per il giovane Alexander Romanovsky e per la sua famiglia, questo invito, rappresenta un salto nel buio e sacrifici da affrontare. Trasferitosi in Italia con sua madre e i suoi fratelli più piccoli, gli anni in Italia sono pieni di sacrifici da affrontare e di duro lavoro, che verranno ampiamente ripagati.

Nel 2001, a 17 anni, il giovane raggiunge l’attenzione internazionale, vincendo il concorso pianistico internazionale Ferruccio Busoni di Bolzano.

Da questo momento, per lui, iniziano i suoi numerosi concerti in giro per il mondo.

Nel 2007 viene invitato ad esibirsi, accompagnato da un’orchestra, davanti il sommo Pontefice Papa Benedetto XVI con musiche di Mozart, in occasione del 110° anniversario del Papa Paolo VI.

Alexander Romanovsky

Alexander Romanovsky

Il 15 novembre 2011 diventa ufficialmente cittadino italiano. Attualmente è docente di Pianoforte principale presso il Conservatorio di Como.

Alexander Romanovsky ammalia il pubblico con la sua ampia conoscenza del pianoforte, riesce a trasmettere tutta la sublimità, l’incanto e la potenza vibrante che solo il repertorio classico riesce a dare. Il pianista regala forti emozioni al suo pubblico e soprattutto agli amanti di questo genere musicale, riproponendo musiche di grandi pianisti come Sergej Rachmaninov, Mozart e Chopin.

Enrico Caruso vive nel racconto di Geppy Gleijeses al Trianon Viviani

“Caruso vive. Vita, morte e miracoli di Enrico Caruso nel centenario della scomparsa e la sua voce come non l’avete mai sentita”.

Questo il titolo della serata/evento che, lunedì 2 agosto, alle 21, si terrà al Trianon Viviani nell’àmbito delle celebrazioni promosse dalla Regione Campania per il centenario della scomparsa del grande
tenore partenopeo.

Proprio cento anni fa, il 2 agosto 1921, in una suite del grand hotel Vesuvio, moriva Enrico Caruso,
registrato all’anagrafe come “Errico”.
Per ricordarlo, Geppy Gleijeses ha curato e diretto un articolato racconto teatrale, che proprio nel teatro di Forcella, diretto artisticamente da Marisa Laurito, assume un significato particolare, essendo il Trianon Viviani prossimo ai luoghi dell’adolescenza e della gioventù del tenore: come l’oratorio di padre Giuseppe Bronzetti, in via Postica Maddalena, e il caffè dei Mannesi, all’angolo di via Duomo, dove
si esibiva come posteggiatore.

Spiega Gleijeses:

Per me che a 5 anni, nel 1960, ogni domenica dopo pranzo ero costretto a casa dei miei nonni paterni, nel “salottino d’ascolto”, insieme a genitori e parenti tutti, a sentire dal grammofono rigorosamente a tromba, su un gracchiante 78 giri, la voce del mito, è il coronamento del sogno di una vita.
Leggerò un testo del giornalista Luciano Giannini, “impressionista”, a pennellate, come ama definirlo, liberamente ispirato a due libri fondamentali su Caruso, Ridi Pagliaccio! di Francesco Canessa e Una vita una leggenda di Pietro Gargano e anche attraverso questa lettura sfateremo la leggenda dei fischi al San Carlo: egli bissò Una furtiva lagrima, altro che fischi! E narreremo le sue gesta, vita, morte e miracoli.

Caruso vive. Vita, morte e miracoli di Enrico Caruso: spettacolo al Trianon

Caruso vive. Vita, morte e miracoli di Enrico Caruso

Il testo rilegge la breve ma intensa parabola terrena di questo «archetipo del tenore pop», la voce più grande del secolo breve, la prima al mondo a superare, con un disco, un milione di copie vendute. Idolatrato dai contemporanei: Caruso fu tenore, ma anche musicista, disegnatore di deliziose caricature, pittore, scultore e poeta.

Precisa Giannini:

Non ho seguìto cadenzate sequenze di tempo e di luogo , ma ho assecondato suggestioni
personali, ispirandomi liberamente alle due migliori biografie in commercio, per ricostruire la figura di un artista e di un uomo che, dalle più umili origini, seppe elevarsi a un’arte eccelsa e, allo stesso tempo, popolare, dando lustro internazionale al melodramma italiano.

La lettura sarà contrappuntata da proiezioni di fotografie del tenore e dall’ascolto della sua voce, grazie al lavoro dei laboratori Abbey Rocchi, che hanno rimasterizzato e restaurato le incisioni originali.

La serata si completerà con la conversazione informale di Gleijeses con Enrico Girardi, critico musicale del Corriere della Sera, e sarà aperta e chiusa dal tenore Gianluca Terranova, protagonista del fortunato biopic su Caruso di Raiuno, che, accompagnato al piano da Sergio La Stella, interpreterà alcuni cavalli di battaglia del repertorio del cantante partenopeo.

Con la produzione di Gitiesse – Artisti riuniti, Caruso vive vede in locandina la direzione tecnica di Franco Grieco, le luci dell’artigiano Luigi Ascione e le forniture acustiche e foniche di Gelato equipment.
Lo spettacolo si terrà nel pieno rispetto di tutte le norme di sicurezza, con il contingentamento dei posti
disponibili.
L’ingresso è gratuito.

Per partecipare (con un massimo di richiesta di due posti) occorre scrivere a: comunicazione@teatrotrianon.org. Seguirà un’email di conferma, fino a esaurimento dei posti disponibili.

Informazioni: tel. 081 2258285, sito istituzionale.

Scètate: il buongiorno musicale quotidiano del Trianon Viviani

In onda, su Radio Rai Live, “Scètate”, l’appuntamento musicale quotidiano sul web del Trianon Viviani con il grande repertorio conservato dall’Archivio storico della Canzone napoletana (Ascn) della Rai.

Da lunedì 12 luglio, alle 8 del mattino, il buongiorno musicale in streaming che Marisa Laurito dedica a tutti gli appassionati della melodia partenopea, sarà trasmesso sulle frequenze di Radio Rai Live, l’emittente radiofonica pubblica tematica che trasmette una programmazione di musica dal vivo e manifestazioni sul territorio.

Frutto dell’accordo di collaborazione tra fondazione Trianon Viviani e Rai Campania (centro dinproduzione tv della Rai di Napoli), Scètate prevede una clip musicale quotidiana, curata dall’Ascn, trasmessa in streaming (gratuito) tutti i giorni, dalle 8 del mattino, sulla web tv del sito istituzionale del teatro della Canzone napoletana. In ogni video, della durata media di quattro minuti, utilizzando i documenti audiovisivi dell’Archivio storico, Gino Aveta, autore di programmi radiotelevisivi, organizzatore musicale e giornalista, introduce all’ascolto di una canzone eseguita da un grande
interprete.

Scètate l'appuntamento sul web Trianon Viviani

Scètate l’appuntamento sul web Trianon Viviani

Per Fabrizio Casinelli, responsabile di Rai Radio Live, «con questo svegliarsi a Napoli, con la sua musica, facciamo in modo che l’ascoltatore, anche se per pochi minuti al giorno, possa trasferirsi idealmente in una città ricca di arte e cultura, dove le tradizioni sono talmente forti da rendere tutto sempre meraviglioso.

Per questo come Rai Radio Live abbiamo sposato l’idea di vivere e rivivere una città e la sua storia, iniziando le nostre giornate con quell’amore, con quel sole, con quella fantasia e quell’ingegno che da sempre fanno di Napoli una città straordinaria».

Marisa Laurito

Marisa Laurito

Esprime soddisfazione Marisa Laurito:

Cosa c’è di meglio che affacciarsi a un nuovo giorno iniziandolo con una nostra melodiosa canzone e magari sorseggiando un buon caffè? La collaborazione del teatro della Canzone napoletana con la Rai si intensifica sempre più e presto annunceremo nuove iniziative congiunte.

Trianon Viviani propone due commedie di ieri per ragionare sull’oggi

Il Trianon Viviani dall’8 all’11 luglio ripropone il dittico di successo Viviani per strada, un progetto curato da Nello Mascia che mette in scena i due atti: Porta Capuana e Mmiez’ â Ferrovia.

Il teatro partenopeo non ha mai cessato le proprie attività durante il periodo di emergenza sanitaria, producendo anche spettacoli in streaming e l’ultimo lavoro di Roberto De Simone, Trianon Opera, per Rai Cultura.

Mentre il direttore artistico, Marisa Laurito, si accinge a presentare il cartellone della stagione 2021/’22 nei prossimi giorni, ecco quindi il riallestimento di questi due atti unici del 1918, rappresentati con successo al teatro Umberto all’indomani della disfatta di Caporetto, cioè al tempo della prima devastante pandemia del Novecento: l’influenza spagnola, o più semplicemente “la Spagnola”, la grande influenza che fra il 1918 e il 1920 contagiò quasi mezzo miliardo di persone, ovvero un quarto della popolazione mondiale, facendo registrare quasi 50 milioni di morti.

Nello Mascia

Nello Mascia

Nello Mascia spiega così Viviani per strada:

Viviani per strada è nato da una riflessione sul doloroso presente che viviamo, con le disposizioni restrittive sulla pratica teatrale e le limitazioni all’affluenza degli spettatori, certamente legittime, di qui questo progetto di teatro che mette al centro la strada, la naturale fonte di ispirazione delle opere di don Raffaele, dove l’Autore osserva e coglie gli umori più genuini del popolo per poi trasferirli nelle sue composizioni, dove è più intensa e clamorosa si svolge la vita cittadina e la lotta per la sopravvivenza risulta con più drammatica
o anche con più comica chiarezza.

Queste due opere di cento anni fa hanno un unico protagonista (il coro, il popolo) e i tipi, già ampiamente sperimentati nel varietà, legati in una trama che impasta il dramma con l’ambiente pittoresco, che ci fanno ragionare su come eravamo e su come il tempo ci ha cambiati, mirando a individuare indizî per affrontare più consapevoli e più forti il prossimo futuro.

Viviani per strada

Viviani per strada

Viviani per strada: approfondimento della rappresentazione che andrà in scena al Trianon

Porta Capuana: È la piazza storicamente nota per il suo fantasmagorico mercato all’aperto. Un’umanità variegata, fatta di squallidi venditori al minuto e pescivendoli truffaldini, che esprime il proprio sentimento di solitudine e di rabbia nei confronti del proprio destino di povertà, ma dotata anche di una spiccata autoironia.

Significativa fra gli altri la figura mesta e affamata de ‘o Tammurraro, con i suoi tamburelli in bilico sul capo, che cerca di vendere con molto insuccesso quegli strumenti di balli di canti e di feste a una umanità che non ha nulla da festeggiare. Ma su tutti domina il personaggio di don Ciro ‘o capitalista. Sordido usuraio con l’aria fatale di bellimbusto.

Don Ciro corteggia con insistenza la sie’ Stella, suscitando la gelosia di donna Rosa, «anima nera», sua amante, e sposata a Aitano Pagliuchella, un buffo guappo di cartone. Donna Rosa non perde occasione per sparlare della sua rivale. Le maldicenze giungono alle orecchie di don Vincenzino, marito di Stella. La tensione sale e improvvisamente esplode. Irromperà il Pazzariello che chiude l’atto unico.

Mmiez’â Ferrovia – Questo atto unico vivianesco rappresenta il variopinto mondo che ruota intorno alla piazza. Ci sono i due Strilloni che invitano i passanti, l’uno alla tradizione dell’Opera dei Pupi, l’altro al “Cinemà”, lo spettacolo del futuro. C’è l’avventore del barbiere che perde il treno per i reiterati ritardi di don Luigi. C’è Crispino, il ciabattino-intellettuale vagamente infiammato dalle idee e dagli echi lontani della rivoluzione russa.

C’è il Cantante di pianino un po’ mariuolo. Ma la vicenda ha come protagonista Concettina, che sta per cedere alle lusinghe di don Alberto, uomo senza scrupoli che la porterà alla rovina. Ma la ragazza riuscirà a sottrarsi grazie al tempestivo avvertimento di Nannina (personaggio che presenta sorprendenti somiglianze con alcune eterne figure brechtiane), ormai vinta e rassegnata al suo amore disperato e alla sua vita perduta.

Come sempre fa da corona ai protagonisti un coro di personaggi fra cui emerge quello del Magnetizzatore, una sorta di anticipatore del Sik-Sik eduardiano.

Viviani per strada

Viviani per strada

Nei due spettacoli saranno in scena, con lo stesso Nello Mascia che firma anche la regia, Davide Afzal, Maria Basile, Mariano Bellopede, Peppe Celentano, Rosaria De Cicco, Gennaro Di Colandrea, Chiara Di Girolamo, Valentina Elia, Gianni Ferreri, Roberto Giordano, Pierluigi Iorio, Roberto Mascia, Massimo Masiello, Matteo Mauriello, Marianna Mercurio, Ciccio Merolla, Ivano Schiavi e Patrizio Trampetti.
Le elaborazioni musicali sono di Mariano Bellopede e Ciccio Merolla. Le scenografie sono curate da Raffaele Di Florio e i costumi da Anna Verde, con le luci di Gianluca Sacco e il suono di Daniele Chessa.
Completano la locandina Marcello Manzella (aiuto regia), Massimiliano Pinto (direzione dell’allestimento), Costantino Petrone (direttore di scena), Antonio Minichini e Saverio Toppi (elettricisti), Isidoro D’Amato (attrezzista), Stefano Cammarota e Luigi Di Martino (fonici), Rosaria Scognamiglio e Zaira Zigarelli (sarte), Paolo Animato (ufficio stampa e comunicazione), Daniela Riccio (ufficio di produzione) e Francesca Buzzurro (amministrazione).

Gli spettacoli si terranno al Trianon Viviani: l’8 luglio, il 9 luglio e l’11 luglio alle ore 19:00.

Nel rispetto della normativa di igiene e sicurezza prescritta per l’emergenza sanitaria, i posti sono contingentati e numerati. All’ingresso, un addetto del teatro rileverà la temperatura degli ospiti e ricorderà l’uso indispensabile della mascherina.

I monologhi della vagina di Eve Ensler

I monologhi della vagina (1996) è un’opera teatrale di Eve Ensler, l’autrice recitava i monologhi che riguardavano le donne e le loro esperienze riguardo la loro vagina, lo faceva con il pubblico.  Il materiale contenuto nel testo è il risultato di 200 interviste fatte a donne sugli argomenti più disparati e su cui si aveva difficoltà nel raccontare e accettare: le loro idee sul sesso, relazioni intime e violenza contro le donne.

L’idea di mettere nero su bianco queste esperienze al femminile prende vita quando la drammaturga si rende conto di vivere in una società violenta e che la difficoltà dell’emancipazione femminile è strettamente connessa alla loro sessualità.

Eva Ensler è una donna e drammaturga statunitense che si è impegnata, e tutt’ora si impegna, nel cambiare il mondo, denunciando non solo gli stereotipi ma cercando una strada comunicativa che sia capace di familiarizzare con tematiche complesse e renderle normali.

Per fare questo tipo di percorso, oltre ad una spiccata sensibilità, c’è bisogno di coraggio perché prima di intraprendere una strada dettata da un’idea controcorrente e per certi versi scomoda, si sa da dove si parte e ma non si sa dove sia il punto di arrivo.

L’autrice non immaginava che il suo spettacolo teatrale potesse essere ripreso in tutto il mondo come, poi, è accaduto. Erano tante le donne che avevano bisogno di liberarsi, parlare e denunciare.

Eve Ensler

Eve Ensler

I monologhi della vagina: temi affrontati

Ecco alcune parole di Eve Ensler sulla messinscena de I monologhi della vagina:

La prima volta che ho messo in scena I monologhi della vagina ero certa che qualcuno mi avrebbe sparato. Perciò quando sono salita sul palco di un piccolo teatro di Manhattan mi sono sentita come se stessi attraversando una barriera invisibile, rompendo un tabù mo0lto profondo. Ma non mi hanno sparato. Alla fine di ogni spettacolo c’erano lunghe code di donne che volevano parlare con me. sulle prime ho pensato che volessero condividere le loro storie di desiderio e appagamento sessuale.

In realtà si mettevano in fila per dirmi come e quando fossero state stuprate o aggredite o picchiate  o molestate. Ero sconvolta al vedere che, una volta rotto il tabù, si liberava un fiume in piena di memorie, rabbia e dolore.

I monologhi della vagina si compone di diversi brani, ciascuno di questi testi affronta diversi temi legati al mondo intimo femminile: sesso, stupro, mutilazione, mestruazioni, mutilazione, nascita, orgasmo e masturbazione. Ciò che a livello tematico preme comunicare al lettore è che la vagina non è semplicemente un organo del corpo ma la rappresentazione di ciascuna individualità.

Ciò di cui non si parla spesso o di cui si fa fatica a pronunciarne anche il solo nome, diventa un segreto e il segreto nasconde in sé sempre quel senso di vergogna e di paura. Questi sentimenti di disagio provocano imbarazzo e limitazione che dal pensiero si trasforma in azione e quindi in privazione.

Familiarizzare con questa sfera, soprattutto intima, aiuta ad avere maggiore consapevolezza di se stesse, di ciò che si è e di quello che si desidera. Partendo da questo presupposto, la sicurezza del proprio corpo e della propria sessualità aprono la mente ad una visione più ampia, appartenente a qualsiasi sfera sociale che riguarda ciascuna donna.

I monologhi della vagina

I monologhi della vagina

Quando si subisce uno stupro, ad esempio, si ha difficoltà nell’accettare ciò che è accaduto non solo per la violenza subìta ma per la vergogna che si prova nel dover comunicare un tipo di abuso intimo. Questo timore e questa vergogna sono frutto anche di una società che ha esaltato la sessualità maschile a discapito di quella femminile, vista sempre come un qualcosa di peccaminoso o di irrilevante.

Il contenuto de  I monologhi della vagina oltre a sfatare tabù atavici, è fondamentale per comprendere il meccanismo perverso che genera chiusura e censura su taluni argomenti e problematiche che possiedono, se liberate, la forza della libertà e dell’indipendenza femminile.

Isa Danieli mette in scena Raccontami una passeggiata devota

Isa Danieli porta in scena Raccontami una passeggiata devota, l’evento conclude il progetto La valorizzazione della millenaria fiera della Croce di Stio che unisce in partenariato i Comuni di: Campora, Orria, Perito, Stio e Valle Dell’angelo con capofila del progetto Gioi.

Isa Danieli

Isa Danieli

L’ultimo appuntamento della Rassegna artisticamente diretta da Lillo De Marco, è con lo spettacolo teatrale di Isa Danieli. Il 13 Giugno alle ore 21:00, nella splendida cornice del Convento di San Francesco a Gioi, l’attrice napoletana mette in scena “Raccontami – una passeggiata devota”, riportando l’attenzione sui comuni riuniti sotto il segno della “Fiera della Croce” ed inseriti nel progetto turistico e di eventi finanziato dalla Regione Campania.

La sindaca di Gioi, Maria Teresa Scarpa, dichiara:

l’evento di Gioi rappresenta la conclusione di un percorso interrotto a causa del Covid che adesso ci consente di avviare quello che è il nostro progetto di destagionalizzazione turistica. Ospitiamo lo spettacolo di Isa Danieli nel giardino del convento di San Francesco, struttura storica che é sede di diversi appuntamenti artistici e culturali.

É un luogo che vogliamo riaprire e offrire ai nostri concittadini e non solo. A causa ancora della pandemia ci saranno delle stringenti regole per l’accesso alla manifestazione infatti è obbligatoria la prenotazione per un numero di posti limitato. Inoltre ai non residente a Gioi è possibile prenotarsi accedendo gratuitamente allo spettacolo teatrale solo se avrà prenotato, e utilizzato nei giorni precedenti o nello stesso giorno, i servizi offerti dalle attività di ristorazione, bar, B&B, commercio e servizi di accoglienza del Comune.

Questa formula sarà utilizzata anche per i prossimi appuntamenti proposti dal Comune per la destagionalizzazione nei mesi di giugno, luglio, settembre e poi per tutto l’autunno. Gioi si propone come una meta turistica da vivere più mesi l’anno.

Lillo De Marco, direttore artistico, dichiara:

Le attività spettacolari messe in campo nell’articolato percorso di valorizzazione del Cilento interno , hanno dato luogo ad un variegato cartellone artistico costituito da rievocazioni storiche, spettacoli musicali, concerti di musica classica, spettacoli teatrali, installazioni artistiche (murales) . Un mix di attività impreziosite dalla presenza di artisti del panorama nazionale tra i quali Enzo Gragnaniello, Gaetano Stella, Espedito De Marino, Sarah Falanga,.

Tantissimo spazio è stato dato agli artisti e alle tante produzioni del territorio. Il crono programma prolungatosi ben oltre i tempi previsti a causa della pandemia è stato prorogato per ben due volte dalla Regione Campania. E’ motivo di orgoglio per il sottoscritto, e per il Comune di Gioi, soggetto promotore dell’iniziativa,  aver prodotto con questi spettacoli numerose giornate lavorative per gli artisti impiegati che, anche grazie ai numerosi eventi del progetto hanno potuto beneficiare  dei “bonus Covid”  messi in campo dal Governo, Regione Campania, Mibact e Nuova Imaie.

Isa Danieli

Isa Danieli

Raccontami una passeggiata devota: lo spettacolo scritto e interpretato da Isa Danieli

Quello dell’attrice partenopea è un percorso di donna e di attrice che ha attraversato e attraversa, i generi più diversi delle forme teatrali esistenti. Dal gradino più basso, quello della sceneggiata, alla tragedia greca di Euripide e di Eschilo, fino ad incarnare le parole di autori contemporanei che hanno scritto per lei. Dalla Wertmuller a Chiti, da Ruccello a Santanelli e poi Moscato, Letizia Russo e Antonio Tarantino, fino al recente Ruggero Cappuccio.
Una tradizione teatrale antichissima “tradita” e amata al tempo stesso. Parole soffiate fino al cuore di chi ascolta, per trattenerle, perché rimbalzino in un’eco mai rassegnata e muta.
Isa Danieli spiega con queste parole il progetto:
Sono contenta di recitare a Gioi per condividere un privilegio specialissimo: quello di aver dato voce come attrice, per un quarto di secolo, ad autori e autrici che hanno scritto per me storie che narravano quegli anni e questi anni: la forza, la fragilità, i vizi e le virtù dei personaggi che ho interpretato, sono imbrigliati nei ricordi e in questa lettura ce n’è una testimonianza che a me fa piacere salutare insieme a voi.

Lo spettacolo è ad ingresso gratuito ma con prenotazione obbligatoria al numero 333/8267216 
Data l’emergenza sanitaria in corso si applicheranno le misure di prevenzione Covid previste dal protocollo vigente per garantire la massima sicurezza.

Carmelo Bene e il teatro

Carmelo Bene è stato una delle figure più importanti per la cultura del ‘900 e non solo perché è stato capace di trasformare il linguaggio teatrale, reinventandolo con uno stile ricercato e barocco. Un artista a 360 gradi, dotato di genialità, irriverenza e immensa cultura letteraria, teatrale e filosofica. La sua battaglia principale per quanto concerne la sfera teatrale è quella di scagliarsi contro il teatro di testo, in favore di un teatro da lui stesso definito scrittura di scena, che dice ma mai del tutto.

Il teatro a cui si ispira Carmelo Bene è quello di Antonin Artaud, che descriveva con queste parole il teatro:

Un teatro che subordini la regia e lo spettacolo, vale a dire tutto ciò che in esso c’è di specificatamente teatrale, al testo, è un teatro di idioti, di pazzi, di invertiti, di pedanti, di droghieri, di antipoeti, di positivisti, in una parola di Occidentali.

Nel 1972 Carmelo Bene, smaltita la sbornia cinematografica, ritorna a teatro. Questo ritorno significa calcare le grandi scene, in cui ci sono le code ai botteghini. Colleziona 25 sold out di fila con Nostra Signora dei Turchi.

Gli anni ’70 sono segnati nel teatro dalla nascita del teatro antropologico: Grotowski, l’Odin Teatret di Eugenio Barba. Di questo panorama Carmelo Bene dice:

Grotowski l’ho intravisto e non mi piace. Ho seguito un seminario di Barba al convegno di Ivrea e mi ha fatto morir dal ridere. Non potendo scavalcare una barriera umana, mi sono pisciato sotto davvero. Nessuna traccia di umorismo e ironia. Problemi personali. Con il pretesto del teatro o altro, mettono su queste comunità spiritate dove ci si può sopportare solo a patto di buttarla sulla comunione-masturbazione mistica.

Per Carmelo Bene questa tipologia di teatro rappresenta la povertà di quest’arte scenica perché non esprime altro la sofferenza cassamutuata.

Il teatro per lui rappresenta il dover dar voce ad un’allucinazione senza testo e senza autore.

L’attore è un vivo che si rivolge ai vivi, ma, in particolare nel repertorio classico, deve cessare di essere tale per apparire come contemporaneo del personaggio, simile a un morto tra i vivi.

Carmelo Bene durante le sue esibizioni teatrali si faceva spesso applicare, prima di salire sul palcoscenico, vistosi cerotti adesivi su tutto il viso perché voleva cancellare il riconoscimento del proprio viso e trasmettere una sorta di effetto invisibile.

Carmelo Bene

Un personaggio controverso e anarchico che ha capovolto il senso del teatro e non solo

La figura di Carmelo Bene è stata spesso oggetto di grandi polemiche: per alcuni è stata una figura geniale mentre per altri un presuntuoso massacratore di testi.

La lotta di Carmelo Bene si dirige contro la drammaturgia borghese che appoggia la classica visione del teatro.

Per l’artista è l’arte dell’attore quella su cui puntare i riflettori perché è l’attore che deve personificare tutto il complesso teatrale.

Carmelo Bene si scaglia contro il teatro di testo che si limita ad un semplice ripetere, imparando a memoria, le parole scritte da altri. Ciò che invece deve fare l’attore, secondo Carmelo Bene, è divenire l’artefice della scena e non un calarsi nel ruolo per intrattenere. Il testo teatrale rappresenta un effetto scenico come possono esserlo la musica o le luci.

Se volessimo descrivere il personaggio di Carmelo Bene lo potremmo definire un anarchico del teatro.

Gilda Ciccarelli ci parla del ruolo della donna nel teatro napoletano

Rieccoci con una nuova puntata di un caffè a teatro con Gilda Ciccarelli della compagnia teatrale La Fermata. Questa è la prima puntata che realizziamo post Covid e abbiamo deciso di parlare di donne nel teatro ma in modo diverso e guardando il ruolo della donna da un’altra prospettiva.

Gilda Ciccarelli: video

La prima attrice della compagnia teatrale La Fermata ci parla delle donne nel teatro napoletano

Con Gilda Ciccarelli avevamo già parlato, in una puntata precedente di un caffè a teatro, di storie di donne a teatro e al cinema passando da Eleonora Duse a Meryl Streep.

Oggi non parleremo soltanto dell’evoluzione storica che hanno avuto le donne all’interno del teatro napoletano ma anche di come si sono evoluti determinati stereotipi femminili nel teatro partenopeo e lo faremo da un punto di vista più femminista, lasciateci passare questo termine.

Quello che andremo ad analizzare con la prima attrice della compagnia teatrale La Fermata è il ruolo della donna in determinati periodi che hanno fatto la storia del teatro napoletano. Ci soffermeremo, soprattutto, su un personaggio abbastanza controverso, per certi aspetti.

La figura femminile di cui stiamo parlando è quella di Filomena Marturano ma procediamo con ordine partendo dal teatro napoletano prima di Eduardo De Filippo.

La donna nel teatro napoletano spiegata da Gilda Ciccarelli

Gilda Ciccarelli della compagnia teatrale La Fermata ci parla del ruolo della donna nel teatro napoletano

Il ruolo della donna nel teatro napoletano spiegato da Gilda Ciccarelli

Il ruolo della donna nel teatro napoletano si è evoluto insieme al ruolo che, in quel periodo, il gentil sesso aveva nella società. Infatti all’inizio, nel primo teatro napoletano, il personaggio femminile non ricopre un ruolo drammaturgicamente rilevante perché era un personaggio che faceva da spalla ai ruoli principali che erano quelli maschili. I ruoli interpretati dalle donne in questo periodo erano quello della moglie, della figlia o della zitella ed erano personaggi che, all’interno del canovaccio, non avevano una crescita o un’evoluzione. I personaggi femminili di questo periodo infatti rappresentano i tre classici stereotipi sociali del tempo e le aspettative che si riponevano in lei.

La donna nasceva come figlia e doveva diventare moglie ma, per diverse ragioni, poteva non avere pretendenti e quindi restare zitella a vita e da qui i personaggi prendevano i classici connotati di moglie tradita, figlia obbligata a sottostare ad imposizioni familiari e così via. In breve quella proposta è una donna derivante da una società e cultura maschilista.

Donne nel teatro napoletano

Le donne nel teatro napoletano

Gilda Ciccarelli afferma:

L’evoluzione della donna nel teatro napoletano la iniziamo a intravedere in alcune commedie, non popolari e quindi meno famose, di Salvatore Di Giacomo in cui la donna inizia a ricoprire un ruolo differente: quello della femmina napoletana portavoce di una società matriarcale.

In realtà questo ruolo, quello matriarcale, è sempre esistito solo che si tendeva a schiacciarlo per dare spazio agli stereotipi della donna succube.

L’evoluzione più grande nel teatro napoletano l’abbiamo con Eduardo De Filippo. Infatti il primo personaggio che viene in mente è quello di Filomena Marturano. Una donna costretta, per necessità, a doversi prostituire.

Filomena Marturano è una donna che lotta per i suoi diritti e lotta rivendicando il suo essere donna ma per scoprire alcuni aspetti di questo personaggio controverso non vi resta che guardare il video in home.

Francesco Teselli interpreta All’amato me stesso di Vladimir Majakovskij

Eccoci con un nuovo appuntamento di un caffé a teatro che, in questi giorni complicati per potersi parlare face to face come un tempo, cambia d’abito ma non di contenuto.

Oggi abbiamo deciso di pubblicare l’interpretazione della poesia All’amato me stesso fatta da Francesco Teselli della Compagnia Teatrale La Fermata.

All’amato me stesso è una poesia di Vladimir Majakovskij (1893-1930), scrittore, poeta, regista teatrale, attore e giornalista sovietico. L’artista da subito ha aderito al Futurismo, corrente artistica e letteraria, che rigettava il classicismo e l’arte di un tempo e che nel linguaggio effettuò una vera e propria rivoluzione lessicale.

Nel 1912 Vladimir Majakovskij insieme a Burljuk, Chlebnikov, Kamenskij e Krucenych firmò il manifesto Schiaffo al gusto del pubblico in cui veniva dichiarata e sottoscritta la volontà di allontanarsi dalle formule poetiche di un tempo, contemplando la libertà artistica in tutte le sue manifestazioni.

Abbiamo posto alcune domande a Francesco Teselli per comprendere qualcosa in più sulla scelta e sul contenuto della poesia.

Vladimir Majakovskij

Vladimir Majakovskij

Francesco Teselli: intervista

1. Perché hai scelto di interpretare All’amato me stesso di Vladimir Majakovskij?

La scelta è legata all’iniziativa che stiamo portando avanti noi della Compagnia Teatrale La Fermata sui Social Network con Teniamoci a Teatro Di Sicurezza, che ha una politica ben precisa, in questo periodo così difficile.

Scopo di questo progetto, infatti, è fare performance in diretta Facebook, per ricreare in noi attori e negli spettatori quello stato emotivo che ci accomuna durante uno spettacolo e, soprattutto, far passare il messaggio importante che bisogna restare a casa senza però rinunciare alla cultura. Scegliere di fare una poesia così complessa, di un autore così semanticamente stratificato, semplicemente girando un video con il cellulare, era una sfida che mi andava di raccogliere.

2. Qual è la tua interpretazione del testo?

Di questa poesia, All’amato me stesso, che si affranca dalla tipica impronta poetica di Vladimir Majakovskij – pur  trattenendone la forza militante – mi affascina molto, da sempre, il contrasto violento, l’incontro feroce tra un’anima immensa e l’essenza percepita dell’inutilità.

È una caporetto, quella del poeta: il suo spirito è troppo grande, alla fine soccomberà trascinando il suo “enorme amore” unicamente in chissà quale “notte delirante e malaticcia” (di dostoevskiana memoria). La ripetizione ossessionante dell’ipotesi d’essenza sono tutte anticlimatiche (s’io fossi piccolo, come il grande oceano; povero come un miliardario; balbuzziente come Dante o Petrarca) è tutto in antitesi: è la dicotomia del mondo.

Francesco Teselli: video

L’attore recita All’amato me stesso

3. Che cosa significa, per te, questa poesia?

All’amato me stesso per me rappresenta esattamente l’opposto. Mi ha convinto proprio questo a farla: un ulteriore contrasto, quello che divide la mia condizione emotiva attuale dall’inesorabile inferno di Vladimir Majakovskij, che lo porterà al suicidio.

D’accordo sui chiaroscuri della vita, ma io adesso sto bene. Pandemia a parte, gira tutto nel verso giusto. E dato che l’attore veramente bravo non mette mai in scena se stesso: ecco a voi il mio contrario, in tutto e per tutto.

All’amato me stesso di Vladimir Majakovskij

Quattro. Pesanti come un colpo.

A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.

Ma uno come me dove potrà ficcarsi?

Dove mi si è apprestata una tana?

 

S’io fossi piccolo come il grande oceano,

mi leverei sulla punta dei piedi delle onde con l’alta marea,

accarezzando la luna.

 

Dove trovare un’amata uguale a me?

Angusto sarebbe il cielo per contenerla!

 

O s’io fossi povero come un miliardario… Che cos’è il denaro per l’anima?

Un ladro insaziabile s’annida in essa:

all’orda sfrenata di tutti i miei desideri

non basta l’oro di tutte le Californie!

 

S’io fossi balbuziente come Dante o Petrarca…

Accendere l’anima per una sola, ordinarle coi versi…

Struggersi in cenere.

E le parole e il mio amore sarebbero un arco di trionfo:

pomposamente senza lasciar traccia vi passerebbero sotto

le amanti di tutti i secoli.

 

S’io fossi silenzioso, umil tuono… Gemerei stringendo

con un brivido l’intrepido eremo della terra…

Seguiterò a squarciagola con la mia voce immensa.

 

Le comete torceranno le braccia fiammeggianti,

gettandosi a capofitto dalla malinconia.

 

Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti

s’io fossi appannato come il sole…

 

Che bisogno ho io d’abbeverare col mio splendore

il grembo dimagrato della terra?

 

Passerò trascinando il mio enorme amore

in quale notte delirante e malaticcia?

 

Da quali Golia fui concepito

così grande,

e così inutile?

 

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