È partito ufficialmente il countdown per la 7a edizione dell’Ariano International Film Festival, che si terrà dal 29 luglio al 4 agosto. Proiezioni, incontri, workshop, conferenze, eventi speciali e naturalmente tanti ospiti e tanto cinema di qualità invaderanno il Tricolle per l’evento presentato anche quest’anno dall’attore Franco Oppini.
Spazio anche per gli emergenti irpini tra cui spicca Francesco Musto, regista di Pratola Serra, selezionato tra i finalisti del concorso nella sezione cortometraggi con la sua opera prima “Essere Diversi”.
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L’uomo del labirinto: un thriller psicologico sulla manipolazione mentale
L’uomo del labirinto, tratto dall’omonimo romanzo noir (2017) di Donato Carrisi, conduce lo spettatore all’interno del mondo della manipolazione psichica e della fragilità mentale dell’essere umano.
Il regista parte da un’ambientazione non definita: siamo in Italia e ciò è deducibile dai nomi delle insegne dei negozi, ma possiamo trovarci ovunque. Dall’inizio del film si entra immediatamente nel mondo distorto di Samantha Andretti (Valentina Bellè), una ragazza che è stata rapita quindici anni prima ed è stata drogata dal suo rapitore, per renderle, forse, meno pesante la condizione di cattività cui è stata costretta a vivere.
Per cercare di capire cosa sia successo a Samantha Andretti, viene interpellato il dottor Green (Dustin Hoffman), un profiler che deve entrare nella testa della ragazza, spingendola a ricordare tutto ciò che ha vissuto nei quindici anni di rapimento.
Tutto il suo trascorso di quegli anni, probabilmente, è stato rimosso dalla ragazza sia per le droghe psicotrope che le sono state somministrate e sia per il potere della mente umana, che consiste nel rimuovere o falsare i ricordi strettamente collegati ad episodi traumatici vissuti, con cui è troppo difficile fare i conti.
Al destino di Samantha Andretti s’incrocia un’altra figura, quella di Bruno Genko (Toni Servillo), un uomo che si occupa di recupero crediti e di investigazione.
Bruno Genko era stato convocato, ai tempi del rapimento, dai genitori di Samantha Andretti per aiutarli a ritrovare la figlia ma l’investigatore non aveva adempiuto al suo compito.
Quando l’investigatore apprende, dal telegiornale, il ritrovamento di Samantha Andretti sente di doverle dare una mano, cercando di scoprire l’identità del rapitore.
Intanto cosa sta scoprendo il dottor Green?
Samantha Andretti gli parla costantemente di un labirinto e di un gioco, cui era costretta a giocare, per poter avere acqua e cibo. I ricordi della ragazza sono molto confusi ma, pian piano, il profiler riesce ad avere un quadro della situazione.
Intanto Bruno Genko, che sta cercando di scoprire il volto del rapitore, si ritrova ad inseguire un uomo con la testa di un coniglio. Bunny è il rapitore di Samantha Andretti, di questo Genko ne è sicuro, ma riuscire a smascherare la sua indentità non è così semplice.
Intanto a questa storia si intreccia la scomparsa di Mila, una poliziotta che lavora all’interno della sezione persone scomparse. La sua sparizione sembra non avere un collegamento con il ritrovamento di Samantha Andretti ma non è proprio così, questo lo scoprirete, forse, solo con la visione de L’uomo del labirinto.
L’uomo del labirinto: punti di forza
Donato Carrisi, per la trasposizione cinematografica del romanzo, si è avvalso di un cast di tutto rispetto che, già di per sé, rappresenta un punto di forza perché spinge un qualsiasi spettatore, compreso il non appassionato del genere thriller, ad andare al cinema.
Un altro punto di forza è quello di Bunny, l’uomo dalla testa di coniglio che, oltre a riportare alla memoria L’impero della mente (2006) di David Lynch, riesce a trasferire la stessa inquietudine disorientante che avvolge l’essere umano nel momento stesso in cui si rapporta a qualcosa che è diverso da sé.
L’elemento che, però, lo rende un film interessante è il gioco psicologico che il regista induce nello spettatore: quest’ultimo viene, a sua volta manipolato da Donato Carrisi e condotto nello stesso labirinto psicologico della manipolazione mentale.
Alla fine del film ci si accorge di essere stati condotti, inconsapevolmente, verso una verità falsata, attraverso un plagio e ci si rende pienamente conto di come la mente umana possa essere tratta in inganno attraverso manipolazioni esterne.
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“Avanti un altro”,
il valletto grottese gela BonolisL’imprenditore ufitano, Marino Moscaritolo, valletto per un giorno ad “Avanti un altro”, non nasconde il suo gradimento per la trasmissione della Rai “l’Eredità”, diretta concorrente di quella condotta da Bonolis su Mediaset.
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Luna Piena è il nuovo singolo di Martina Difonte
Ritorno discografico per Martina che con “Luna piena” lancia un singolo estivo ricco di speranza e positività.
Martina Difonte, attrice di cinema e teatro con collaborazioni nazionali e internazionali, sale alla ribalta nel circuito musicale dopo aver vinto nel 2018 Area Sanremo, il Premio Mia Martini e pubblicato i singoli “Di te” (2016), “Tu che ne sai” (dicembre 2021) e “Giù da me” (agosto 2021).La cantante pugliese torna con un nuovo singolo dalle sonorità urban-pop prodotto da Francesco Bellomo per la Virginy l’isola trovata e distribuito dalla label FUMO (TheRivati, LDO, Achex, Endly) mentre l’autore è Roberto Strano con le basi di CocoBeatz (già a lavoro per GionniScandal, Clementino, Don Sid).
Una nuova Martina in “Luna Piena” nella quale esprime una consapevolezza, e maturità, artistica più definita che rispecchia la sua sincera personalità mettendosi a nudo in un testo quasi autobiografico.Afferma Martina Difonte:
Sono una ragazza del Sud andata via di casa molto presto, e non è stato sempre facile, ma <<non sono mica fragile, quando non so più come fare sono tranquilla se vedo il mare>>; il mare per me sono gli occhi dei miei genitori a cui devo tutto perché se oggi sono una Donna felice e libera è solo merito loro.
In Luna Piena mi mostro senza filtri tanto fragile ma a volte indistruttibile, la gente è stanca delle apparenze, di vedere un’immagine della perfezione che non esiste, abbiamo bisogno di verità, di concretezza.Martina Difonte: biografia
Martina Difonte nasce in Puglia e sin da bambina si mostra interessata al canto. Crescendo inizia a studiare con diversi maestri del settore come Mario Rosini, Roberta Faccani, Fabrizio Palma, Maria Grazia Fontana. Il suo genere è il pop, ma spazia anche nel rock e nel gospel. Tra i suoi brani ricordiamo: “Di te”, “Tu che ne sai”, “Giù da me”.
In teatro ha preso parte ad alcune importanti produzioni come “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello con Gianfranco Jannuzzo, “Parlami d’amore Mariù” con Paolo Conticini e Rocio Morales diretti da Francesco Bellomo, “Fiori d’acciaio” con Tosca D’Aquino, Rocio Morales per la regia di Michela Andreozzi.
Per il cinema ricordiamo “Tommaso” con Willem Dafoe, regia Abel Ferrara, “La guerra del Salento” (coprotagonista) con Marco Leonardi, Pino Ammendola, per la regia di Marco Pollini.
“Non tutto è perduto” (coprotagonista) regia Francesco Bellomo con Brenno Placido, Gioele Dix, Paolo Calissano, Maurizio Micheli che uscirà nelle sale il prossimo autunno.
10 comments on Conto alla rovescia per l’Ariano Film Festival,
“Essere diversi” del regista Musto tra i finalisti
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