Annunciati 4 Nuovi Soci Onorari dell’Associazione Musica contro le mafie: Rose Villain, Roberta Rei, Gianni Maroccolo e Roberto Lipari.
Oggi vengono nominati 4 nuovi soci onorari che hanno dimostrato vicinanza e condivisione alle tematiche e agli obiettivi dell’associazione presieduta da Gennaro de Rosa e sono: Roberto Lipari, comico vincitore e poi co–conduttore del talent “Eccezionale veramente” su La7, comico di “Colorado”, inviato e conduttore di “Striscia la Notizia” e sceneggiatore e protagonista del film “TuttAPPosto”; Roberta Rei, giornalista, storica inviata e conduttrice di punta de “Le Iene”; Rose Villain, pseudonimo di Rosa Luini, una delle più interessanti e attuali cantanti e rapper italiane. Disco di Platino con Salmo e quadruplo disco di platino con Gué Pequeno e Luchè; Gianni Maroccolo, musicista e produttore discografico italiano. Carriera quarantennale, ha suonato e collaborato con svariati artisti del panorama italiano ed internazionale, come produttore artistico e scopritore di talenti.
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Dove bisogna stare è un docufilm sull’accoglienza firmato Gaglianone e Collizzolli: il trailer
Daniele Gaglianone e Stefano Collizzolli portano sul grande schermo Dove bisogna stare, un docufilm che ha come protagoniste quattro donne impegnate nell’accoglienza volontaria. Il lungometraggio mostra in modo molto diretto l’altra faccia della medaglia sul tema dell’immigrazione.
L’immigrazione e la consequenziale accoglienza sono argomenti che, spesso, vengono trattati in modo superficiale, senza approfondire realmente la questione umanitaria che spinge uomini, donne e bambini ad intraprendere viaggi, spesso fatali, per poter respirare la libertà o almeno per assaporarla. Che cos’è la libertà? Vi ponete mai questa domanda? La maggior parte di noi la dà per scontata ma, purtroppo, non è per tutti così.
Dove bisogna stare affronta il tema dell’immigrazione e dell’accoglienza, conducendo lo spettatore nei centri sociali e nei rifugi provvisori, per mostrare la realtà e sfatare alcuni miti sulla questione.
Quali sono le problematiche burocratiche a cui ogni giorno devono far fronte gli operatori e i mediatori culturali per poter garantire la minima accoglienza a persone che non hanno più nulla? Cosa spinge un essere umano a diventare profugo, avventurandosi oltre i propri confini, rischiando tutto? Sicuramente non è il “benessere economico” che i mass media cercano di far credere.
Sull’argomento immigrazione e accoglienza si sono costruiti stereotipi e generalizzazioni che hanno e stanno, tutt’ora, generando insofferenza verso l’argomento. All’interno di queste dinamiche o “emergenze” ci sono interessi politici ed economici che non hanno come beneficiari diretti gli immigrati.
Dove bisogna stare non cerca di muovere le corde della pietà e della compassione ma vuole mostrare come si svolge, davvero, la realtà all’interno di queste situazioni umanamente precarie. Nella maggior parte dei casi l’Italia funge da “terra di passaggio” per andare in altri luoghi.
Un’altra particolarità del docufilm è che i protagonisti sono due categorie che, per motivi diversi, hanno non poche discriminazioni sociali: gli immigrati e le donne.
Dove bisogna andare: protagonisti
Lorena, una pensionata di Pordenone, aiuta dei rifugiati pakistani e ci mostra come sia difficile vivere in condizioni così precarie, resistendo al freddo e non riuscendo ad avere assistenza medica.
Per lei:
Guardare un rifugiato negli occhi è un gesto politico, è un modo per ridargli il valore per metterlo al mondo
Elena, invece, vive in un piccolo paese vicino alla Val di Susa e ospita a casa sua un ragazzo che ha attraversato la frontiera, a piedi scalzi e con la neve, rischiando l’amputazione degli arti. Jessica è un’attivista ed è tra i responsabili del centro sociale Rialzo di Cosenza infine c’è Elena che vive a Como e cerca di dare informazioni pratiche ai profughi che ne hanno bisogno.
Tutte e quattro le protagoniste del documentario hanno in comune la forza e la determinazione che le spingono a combattere quotidianamente con situazioni complesse. Sono donne libere da preconcetti, motivate esclusivamente dalla voglia di aiutare chi cerca di riappropriarsi della propria vita. Il film porta a riflettere sul vero significato e valore che hanno le parole: accoglienza, solidarietà e pregiudizio razziale.
Dove bisogna stare verrà proiettato nelle sale il 17 gennaio.
Buona visione!
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Hi My Name Is Planet Earth And I Will Kill You All di White Ear ispirato alle vicende delle conferenze mondiali sul clima
Disponibile su YouTube il videoclip ufficiale di Hi My Name Is Planet Earth And I Will Kill You All, ultimo singolo del producer pugliese di stanza a Bologna White Ear insieme a Lapè e Fausto Dee estratto dall’album d’esordio “Right Here” uscito il 24 febbraio per Last Floor Studio. Il brano rappresenta un grido di allarme in prima persona del Pianeta Terra contro la superficialità dell’Umanità.
Questo video è chiaramente ispirato alle vicende legate alle conferenze mondiali sul clima. White Ear, dietro un tavolo con sintetizzatori e drum machine, inizia a cantare, ma dalla proiezione dietro di sé capiamo che non si tratta di un concerto quando compare la scritta “Green Wash Convention 2023”, una conferenza per ripulire la reputazione di governi e multinazionali sul tema dell’ambiente, in due parole il noto ‘green washing’, ma su larga scala. L’accostamento appare già ambiguo ascoltando il testo cantato al microfono, in cui a parlare è la Terra in prima persona che minaccia un genocidio della razza umana se questa non cambia il suo stile di vita distruttivo nei suoi confronti. Il protagonista dovrebbe rappresentare un potente senza scrupoli mentre invece il suo discorso sembra essere dalla parte dell’ambiente. Ma allora è un personaggio positivo o negativo? L’intento è proprio quello di confondere i “buoni” coi “cattivi” perché i primi dovrebbero essere coloro che pongono dei limiti ai secondi, ovvero ai giganti del petrolio, ma nella realtà sono le stesse persone. Nell’ultima COP27 la maggioranza dei delegati erano lobbisti del petrolio, e la conferenza in programma per quest’anno sarà presieduta proprio dall’AD di una grossa compagnia petrolifera. Non stupisce quindi che gli obiettivi di riduzione delle emissioni siano sempre più deludenti.
Ad un certo punto nella proiezione compare in collegamento il primo featuring del brano, Lapè, che ci dice che è troppo tardi per piangere e che conoscevamo le conseguenze, ma lo fa in modo spensierato e disinteressato. Ci si rende conto così che la scritta in sovrimpressione “Who cares for the planet” non sta per “Chi si prende cura dell’ambiente” ma piuttosto per “Chi se ne frega dell’ambiente”. Who cares?
Ogni tanto compare un ragazzo incappucciato che sembra voler “hackerare” i sistemi video della conferenza, e infatti lo vediamo ad un certo punto sostituirsi al collegamento video cantando parole molto dirette sul tema. È il secondo featuring (in senso cronologico) del brano, il rapper Fausto Dee, unico personaggio del video ad essere realmente contro il sistema, e lo capiamo quando White Ear prova con le sue macchine ad interrompere il collegamento dell’hacker.Verso la fine la Terra inizia davvero a “parlare” con il suo linguaggio, scatenando delle scosse di avvertimento, ma ancora una volta il fenomeno è ambiguo, perché sembra che proprio White Ear con le sue macchine stia scatenando lo stesso terremoto che lo sbatterà a terra. Come a precisare che sono proprio le persone a capo delle conferenze sul clima a distruggere il pianeta, ma che anche loro ne subiranno le conseguenze.
Una volta uscito il nostro conferenziere, sentiamo un jet che spicca il volo, altra citazione della realtà che sottolinea la beffa oltre il danno: è vero infatti che molti dei partecipanti alla convention usano come mezzo di trasporto dei jet privati, il modo meno ecologico per potersi spostare.
Il video realizzato da Sophie Bémol, regista di tutti i video del progetto White Ear, può fare inizialmente sorridere per l’ironia che ne scaturisce, ma alla fine lascia un profondo senso di rabbia e inquietudine per chi ha a cuore il tema.White Ear: biografia
White Ear è un live-set di strumenti elettronici ed acustici. Suoni e beat sono generati e manipolati in tempo reale in un flusso di brani che si susseguono come in un dj-set, con lente sovrapposizioni e variazioni di velocità.
Le griglie ritmiche e i paesaggi sonori sono spesso suggeriti da campioni tagliati sul momento o frammenti di registrazioni ambientali. Il filo che unisce i diversi momenti della performance è il dialogo tra beat graffianti e giochi di consonanze e dissonanze nati dall’imprevedibilità dei campionamenti. Diversi collaboratori hanno partecipato al disco in uscita “Right here” (Last Floor Studio, CNI Compagnia Nuove Indye) e prendono parte alle esibizioni live. Tra gli ospiti troviamo Vinx Scorza, Giorgia Faraone (alias Femmina), Meike Clarelli e Vincenzo Destradis.
Davide Fasulo, nome all’anagrafe di White Ear, è un polistrumentista e producer brindisino, trasferito a Bologna nel 2001, attualmente impegnato con il quartetto elettro-acustico Dueventi e varie produzioni in contesti diversi come installazioni, performance, sonorizzazione video e incisioni in studio.Dopo gli studi classici, studia jazz con i maestri Nico Menci, Teo Ciavarella e Fabrizio Puglisi. Come compositore di colonne sonore e musicista di scena ha collaborato con diverse realtà teatrali tra cui Oscar De Summa, Teatro dei Gatti, Opificio d’Arte Scenica, Ivano Marescotti, Teatrino Giullare, Teatro Sotterraneo. Tra le attività teatrali più recenti “il Barone Rampante” (2023, regia Riccardo Frati, Piccolo Teatro Milano) e “Lingua Madre” (2021/22, regia Lola Arias, produzione ERT), in questo momento in tour europeo. Durante la sua carriera ha condiviso il palco con artisti di varia estrazione stilistica, tra cui Vinicio Capossela, Mika, Giorgia, Malika Ayane, Fiorella Mannoia, Pasquale Mirra, Ares Tavolazzi, Massimo Manzi, Piero Odorici, Linley Hamilton, David Lyttle, Daniele Di Gregorio, Mirko Guerrini, Marco Tamburini, Christophe Rocher e tanti altri.
Tra il 2004 e il 2009 conduce un ensemble di 10 elementi, la Pan Gea Orchestra, suonando dal vivo per spettacoli teatrali e proiezioni cinematografiche con brani di propria composizione. Tra gli eventi più rilevanti, “Omaggio a Ravel”, una rivisitazione del celebre Bolero che debutta al teatro Astra di Vicenza nel 2007, e la sonorizzazione dal vivo di un medio-metraggio di Charlie Chaplin al festival Strade del Cinema (Torino, 2009).
Nel 2017 ha composto la sigla e alcuni jingle per la trasmissione “Facciamo che io ero” (Raidue, con Virginia Raffaele) al fianco del maestro Teo Ciavarella.
Da sempre coltiva la passione per la musica elettronica, con un’attenzione particolare verso la manipolazione istantanea dei suoni, l’imprevedibilità di fattori random, la ricerca di quegli errori che giocano in contrasto con la severa regolarità delle macchine.
Il 24 febbraio 2023 è uscito l’album d’esordio “Right Here” per Last Floor Studio / CNI Compagnia Nuove Indye. -
Escher – Viaggio nell’infinito a breve nelle sale italiane: il trailer
Maurits Cornelis Escher (1898 – 1972) è stato un disegnatore olandese geniale, all’interno delle sue opere troviamo un’estetica psichedelica, formule matematiche e geometriche.
Per citare una sua celebre frase:
Le leggi della matematica non sono soltanto delle invenzioni o creazioni umane. Esse semplicemente sono: esistono in modo abbastanza indipendente dall’intelletto umano. Il massimo che chiunque possa fare è scoprire che stanno lì e prendere coscienza di esse.
Escher – Viaggio nell’infinito è un docu-film diretto da Robin Lutz, prodotto da Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema, la pellicola verrà proiettata nelle sale italiane il prossimo 16 dicembre.
Il lungometraggio racconta l’artista olandese attraverso i suoi stessi occhi, mostrando allo spettatore non solo la parte geniale che lo rende immortale artisticamente ma si sofferma sull’uomo e la sfera privata della sua vita, che non tutti conoscono.
Dal film emerge un quadro completo dell’artista che è riuscito a sovvertire le regole dello spazio attraverso un’espressione artistica bidimensionale e prospettive estreme, al limite del confine reale. Le sue opere hanno come tratto distintivo quello della distorsione che si unisce e si fonde ad immagini interiori ed esperienziali.
Escher – Viaggio nell’infinito ci conduce nei luoghi che sono stati fonte d’ispirazione per lui e grazie ad alcune interviste inedite fatte ai figli dell’artista ne riusciremo pienamente a cogliere il genio, cercando di osservare il mondo attraverso i suoi occhi.
La maggior parte del materiale raccolto proviene dalla Fondazione Escher, proprietaria di tutti i diritti e delle opere dell’autore.
13 comments on Fuori ora la Compilation Tape di Music for Change #21
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