Dargen D’Amico, Francesco Gabbani, Mara Sattei, The Kolors, Follya, LDA, Shade e non solo: dal 21 al 30 luglio a Giffoni Valle Piana (Sa), nell’arena di Piazza Fratelli Lumiere, torna il Giffoni Music Concept, la costola musicale del Giffoni Film Festival che vedrà protagonisti 30 artisti e 10 showcase. Tornano dal vivo i talenti più amati del panorama musicale italiano.
Il 21 luglio, alle 19, una coloratissima marcia per la pace coinvolgerà i juror. Dalla Multimedia Valley, i ragazzi sfileranno, attraversando la città per fermarsi all’Arena, accolti dalla musica di Contact Tour DolceVita, si darà inizio a questa nuova edizione nel segno dell’integrazione, del confronto e del dialogo tra i ragazzi. Alla guida dei live, ma anche degli incontri che nel pomeriggio gli artisti faranno con i giurati del Festival, ci saranno Nicolò De Vitiis e Giulia Salemi che racconteranno le serate e accompagneranno i giffoner alla scoperta della musica italiana. La partecipazione per i concerti è gratuita.
Giffoni Music Concept 2022: programma
Si parte il 21 luglio con FRANCESCO GABBANI, e in seguito si alterneranno sul palco:
● 22 luglio LDA e NAPOLEONE
● 23 luglio FASMA e GIORGIO MORETTI
● 24 luglio FOLLYA e GIANMARIA
● 25 luglio MR. RAIN e ALBE
● 26 luglio STREET CLERKS
● 27 luglio MARA SATTEI e CASADILEGO
● 28 luglio DARGEN D’AMICO e MERLOT
● 29 luglio SHADE e FEDERICA CARTA
● 30 luglio THE KOLORS e TECLA
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La banalità del tragico di Raymond Carver a teatro
Simona Fredella, Andrea Palladino e Alessio Sordillo hanno proposto in versione teatrale Una cosa piccola ma buona, un racconto breve di Raymond Carver contenuto all’interno del libro Cattedrale (1983).
La trasposizione teatrale, a mio avviso, è completamente riuscita: la rappresentazione infatti nonostante la tematica angosciante sottolineata dalla scenografia cupa e realistica è stata travolgente e intensa.
La loro scelta è stata coraggiosa perché non è semplice riproporre in versione teatrale un autore particolare e forte come quello che hanno scelto eppure l’impresa è riuscita pienamente. Ancora più da apprezzare è il voler condurre lo spettatore in una tematica così forte e cupa che, oggi, pochi post lockdown stanno proponendo. Troppo distratti dal voler contemplare la vita stiamo dimenticando che la cultura deve portarci a far riflettere, anche rimarcando sensazioni che, ad oggi, cerchiamo di allontanare per ovvie ragioni, legate ai mesi precedentemente trascorsi.
Una cosa piccola ma buona si basa su fraintendimenti vissuti all’interno di un momento tragico e ce ne svela la sua banalità perché in fondo non è il tragico ad essere banale ma siamo noi che decodifichiamo la realtà, la esasperiamo, trascendendo nel banale.
Il racconto di Carver riesce a penetrare nel profondo dell’animo umano, utilizzando la crudeltà della realtà e della vita, sottolineando che siamo miseria ma allo stesso tempo siamo capaci di umanità, di perdono e di vicinanza.
Una cosa piccola ma buona di Raymond Carver: la trama della rappresentazione teatrale
Una cosa piccola ma buona racconta la storia di Scotty, un bambino che è stato investito da un’auto nel giorno del suo compleanno. I sentimenti dei genitori del piccolo sono i protagonisti del racconto. L’altra protagonista è la solitudine del pasticcere.
L’equivoco infatti nasce da una telefonata di quest’ultimo che chiama a casa di Ann e Howard per risentirsi del fatto che nessuno,ormai da tre giorni, si sia recato presso il suo laboratorio dolciario, per ritirare la torta commissionata. Il problema è che all’inizio della telefonata il pasticcere non dice chi sia e i coniugi pensano che sia l’ospedale dove’è ricoverato Scotty che li abbia telefonati per comunicare che lo stato del figlio è peggiorato.
Ann e Howard si precipitano in ospedale, scoprendo che il bambino è stazionario e presi dalla disperazione e dall’angoscia per ciò che stanno vivendo non pensano che a telefonarli sia stato il pasticcere ma qualcuno che vuole beffarsi crudelmente di loro in momento così duro e complicato da affrontare.
L’ansia per via di altre telefonate del pasticcere si tramutano in rabbia nei confronti di questa voce sconosciuta che sta esasperando e mettendo a dura prova i nervi di Ann e del marito.
Purtroppo arriva anche la telefonata dell’ospedale che comunica la notizia che i genitori tanto scongiuravano e poi arriva ancora una volta la voce del pasticcere.
Finalmente la donna comprende che le telefonate sono del pasticcere e i due si precipitano al laboratorio carichi di rabbia e con ilcuore in frantumi.
Proprio quando due oltrepassano la soglia del laboratorio e i tre chiariscono, ognuno la propria situazione, che arriva l’epilogo.
Preobabilmente avete bisogno di mangiare qualcosa- disse il pasticcere. – Spero vogliate assaggiare i miei panini caldi. Dovete mangiare per andare avanti. Mangiare è una cosa piccola ma buona in un momento come questo.
Mangiate, prendete tutti quelli che volete. Ci sono tutti i panini del mondo qui.
…
Ann e Howard lo odorarono, poi lui glielo fece assaggiare. Sapeva di melassa e cereali integrali. Continuarono ad ascoltarlo. Mangiarono tutto quello che poterono. inghiottirono quel pane scuro. Sotto le batterie di luci fluorescenti sembrava giorno. Rimasero lì a parlare fino all’alba, un chiarore pallido e intenso che entrava dalle vetrine, senza che venisse loro in mente di andarsene.
Una cosa piccola ma buona è un crescendo delle esasperazioni emozionali e del sentire umano ma anche dell’insoddisfazione e dell’immensa solitudine di cui siamo intrisi, a prescindere dalle nostre vite, dalle scelte fatte e dai fallimenti accumulati perché basta un nonnulla, un equivoco, un qualcosa a scombussalare i nostri equilibri e la nostra fragilità.
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Frida Kahlo: Sotheby’s vende, Napoli la celebra
Attenzione puntata su Frida Kahlo. La memoria della pittrice messicana vive un momento particolarmente intenso in tutto il mondo e anche Napoli fa la sua parte.
A New York, martedì 16 novembre, Sotheby’s batterà all’asta l’autoritratto Diego y Yo, ad un valore record stimato tra i 30 e i 50 milioni di dollari.
Nelle sale cinematografiche, invece, il 23, 24 e 25 novembre il docufilm evento Frida Kahlo di Ali Ray celebrerà la pittrice con un progetto presentato come il “film definitivo” con uno sguardo sulla vita privata e artistica, ambientato nella celebre dimora messicana di Frida, Casa Azul.
Mentre Napoli coltiva l’omaggio all’amata Frida, con eventi di approfondimento e visite guidate organizzati da Navigare Srl nell’ambito della mostra Il Caos Dentro, in corso a Palazzo Fondi sino al 9 gennaio e visitata già da oltre 20mila persone in meno di 2 mesi.
Dichiara Salvatore Lacagnina, promoter della società Navigare Srl:
Non meraviglia la valutazione da record di Sotheby’s né la realizzazione di un docufilm come quello della serie Art Icons Frida Kahlo è una donna e una artista estremamente complessa, che ha lasciato un segno indelebile nella cultura, nell’arte e nel sentimento delle persone. Anche la nostra esposizione, che conduce il visitatore nell’Universo-Frida, sta contribuendo con successo alla conoscenza di una delle icone del ventesimo secolo più amate al mondo e ne siamo orgogliosi.
La mostra Frida Kahlo – Il Caos Dentro realizzata a Napoli rappresenta una importante occasione per entrare a pieno nella vita e nell’arte di Frida, grazie all’allestimento che unisce opere originali e riproduzioni, come i suggestivi ambienti di Casa Azul proposti in scala reale e arredati nei dettagli, ma anche tecnologie multimediali come quelle adattate ai celebri autoritratti esposti con la sofisticata tecnica di retroilluminazione modlight.
Frida Kahlo – Il Caos Dentro, Palazzo Fondi – Via Medina 24, Napoli, è aperta dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 20.30 e il sabato e la domenica dalle 9.30 alle 21.00. Biglietti in loco e online.
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Qui rido io di Mario Martone: il biopic su Eduardo Scarpetta
Dopo il Sindaco del rione Sanità, Mario Martone ci riconduce nella sua Napoli ma questa volta lo scenario e i personaggi sono diversi. Nella pellicola precedente il regista infatti omaggia e rivisita l’omonima opera teatrale di Eduardo De Filippo, riadattandola ai nostri tempi.
In Qui rido io, Mario Martone, presenta non solo il personaggio di Felice Sciosciammoca ma di Eduardo Scarpetta o meglio di Odoardo Lucio Facisso Vincenzo Scarpetta in persona, con tutti i suoi pregi e con tutti i suoi difetti.
Chi era Eduardo Scarpetta
Eduardo Scarpetta è stato un attore e commediografo che ha creato il teatro dialettale moderno che tra fine ‘800 e inizio ‘900 ha riadattato numerose commedie francesi.
Ha scritto diverse commedie originali tra cui Miseria e nobiltà. Con il suo piglio e la sua originalità è riuscito a mettere in secondo piano la maschera di Pulcinella, inventata nei primi decenni del ‘600 dall’attore Silvio Fiorillo.
Nel 1870 inizia il successo personale con l’interpretazione di Felice Sciosciammocca, personaggio che accompagnava Pulcinella, scritturato da Antonio Petito. Scarpetta era un uomo ambizioso e arrivista che voleva emergere ad ogni costo e ci è riuscito, diventando un capocomico di successo che nato da famiglia modesta arriva a possedere un palazzo in via dei Mille.
Eduardo Scarpetta ha una carriera molto lunga come commediografo che è stata bruscamente interrotta da una causa fattagli da Gabriele D’Annunzio nel 1904.
Nel 1909 deluso e amareggiato si ritira dalle scene, dopo aver partecipato alla parodia La Regina del Mare, composta dal figlio Vincenzo, al quale ha imposto di essere il suo continuatore nel ruolo di Felice Sciosciammocca.
La sua vita privata è stata turbolenta e fedifraga ma rimasta “fedele” all’interno del suo nucleo familiare. Un divoratore di donne, una presenza carismatica e ingombrante per tutti i componenti della famiglia. Un uomo che ha vissuto per il successo perché la sua felicità proveniva esclusivamente da questo.
Sposato con Rosa De Filippo da cui ebbe due figli: Domenico, nato probabilmente da una relazione con re Vittorio Emanuele ma riconosciuto da Scarpetta e Vincenzo. Da una relazione con una maestra di Musica ebbe un’altra figlia: Maria che adottò.
Dalla relazione con Luisa De Filippo, nipote della moglie, ebbe: Annunziata, Eduardo e Giuseppe De Filippo che non ha mai riconosciuto.
Dalla relazione con Anna De Filippo, sorellastra della moglie, ebbe Ernesto, riconosciuto da Vincenzo Murolo, Eduardo e Pasquale.
Qui rido io: la trama
Qui rido io mostra tutte le sfaccettature che hanno caratterizzato il personaggio e la persona che era Eduardo Scarpetta con tutte le contraddizioni in primis come uomo e padre. Durante la visione del film l’uomo e l’attore non si fondono mai del tutto eppure sono complementari: senza Eduardo Scarpetta probabilmente Felice Sciosciammocca non sarebbe stato ciò che è stato ed ha rappresentato per il teatro e per alcuni dei suoi figli.
Attraverso la minuzia dei dettagli e delle inquadrature che contraddistinguono il cinema di Martone, lo spettatore più attento scopre anche il motivo di quello sguardo malinconico e disincantato di Eduardo De Filippo, un figlio riconosciuto solo sul palco come figlio di Felice Sciosciammocca e mai nella vita reale come gli sarebbe spettato. Quest’ultimo infatti rientra tra i figli di Eduardo Scarpetta che non sono stati riconosciuti ma a cui inevitabilmente l’uomo ha trasmesso qualcosa: l’amore per il teatro e la scrittura che ha permesso a lui e ai suoi fratelli di poter diventare ciò che sono diventati in seguito. Eduardo Scarpetta semina figli extraconiugali tra le amate parenti con una cadenza che sembra quasi certosina perché ciascun bambino, durante gli anni, si darà il cambio per poter interpretare il figlio di Sciosciammocca. Una sorta di promiscuità da braccianti perché ciascuno invece che a coltivare campi sarà costretto a salire sul palco, lavorando per lui.
All’interno di questo scenario controverso vediamo una famiglia allargata in cui ciascuna donna ha scelto il proprio luogo e il proprio ruolo di buon grado. Ciascuna donna riversa la propria frustrazione, causata da questo contesto sentimentale malsano, sui propri figli attraverso una devozione materna, a volte, esasperante. Sono tutte donne imparentate tra loro che hanno in comune figli con l’unico uomo della casa, tutte sanno e tutte fanno finta di niente, facendo sembrare normale una situazione palesemente paradossale perché è più importante non patire la fame e la povertà che patire per amore o per vergogna. Eppure in casa Scarpetta le regole della società vanno rispettate ma esclusivamente quelle dettate da lui e che quindi ritiene giuste.
Qui rido io ci catapulta agli inizi del ‘900 periodo di grande fermento culturale caratterizzato da diverse correnti di pensiero, a volte antitetiche, e da grandi personaggi che hanno inevitabilmente fatto la storia di questa epoca. È un periodo in cui il pubblico si divide e crea consensi differenti non solo sul gusto estetico ma sul contenuto di ciò che viene proposto. L’esempio lampante all’interno del lungometraggio ci viene trasferito dalla differenza del teatro popolare e leggero di Scarpetta contro quello intriso di pathos e tormento decadente di Gabriele D’Annunzio e dal diverso modo di comunicare di entrambi attraverso la valutazione artistica reciproca che ciascuno fa dell’altro.
Da una parte abbiamo Scarpetta che vuole mettere in scena una parodia de La figlia di Iorio, snaturando completamente l’elemento tragico di D’Annunzio e dall’altra vediamo il disappunto e la poca flessibilità del noto poeta decadente che accetta il concetto di avanguardia solo se è lui a dettare le leggi del cambiamento.
Eduardo Scarpetta e Gabriele D’Annunzio sono diametralmente opposti artisticamente, culturalmente e socialmente eppure sono così vicini umanamente: entrambi sono dediti al piacere della carne ma in questo caso i ruoli si invertono. Scarpetta diventa conservatore a suo modo, creando un suo personale concetto di famiglia allargata mentre D’Annunzio diventa uno sfacciato adulatore del vizio e dunque di mentalità avanguardista.
Due personaggi antitetici che hanno in comune il proprio egocentrismo lavorativo, creativo e umano.
Mario Martone con questo lavoro cinematografico ci trasferisce la bellezza di un’epoca teatrale di grande valore e dignità, un periodo di grande fermento artistico e culturale ma soprattutto ci mostra uno spaccato sociale e umano che sembra così lontano dal nostro ma che poi così diverso non è perché è solo una questione di priorità sociali, economiche e culturali del tempo.
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