Primo passo falso di Gino Cusano, unico consigliere comunale della Lega ad Ariano Irpino, che si accoda agli 11 di Domenico Gambacorta a dispetto della volontà dei suoi elettori e lascia il Consiglio comunale prima della terza votazione valida per l’elezione del presidente dell’assise.
Paradossale la scelta di un capo-bastone del vecchio sistema irpino, un uomo di “gestione”, da parte di una forza giovane e di rottura come la Lega.
Una scelta tuttavia rivelatasi giusta e vincente fino a ieri in quanto il 9% conquistato dal Carroccio sul Tricolle è risultato determinante per far saltare gli schemi e le gerarchie consiliari.
La sconfitta del sindaco uscente Domenico Gambacorta e del sistema di potere cristallizzato che rappresentava porta anche la firma di Gino Cusano, lo storico luogotenente di Cosimo Sibilia, da sempre alfiere anti-gambacortiano nell’arianese.
Candidarsi a presidente del Consiglio comunale o restare a guardare.
Ecco la scelta che il dato elettorale avrebbe suggerito a Cusano: nè con Franza nè con Gambacorta. E stop ad accordi al di fuori del luogo deputato al confronto: il Consiglio comunale.
Qualcuno dica a Cusano che la Lega non è Forza Italia e che ci sono ragazzi, gli stessi che ritroverà nel fine settimana a Montella, alla festa dei Giovani della Lega, che sono determinati a far saltare il sistema baronale arianese, non a fornirgli una terza gamba.
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Il peso dello scatolone
Le amministrative ad Avellino e in altri 50 comuni della provincia sono sempre più vicine e già partono le grandi manovre all’interno delle comunità irpine.
Tralasciando le elezioni con doppio turno che interesseranno Avellino, Ariano Irpino e Montoro e che di sicuro vedranno la presenza dei partiti, negli altri comuni della provincia di Avellino lo scenario che si prospetta è quello del civismo.
È così, c’è poco da discutere.
Il voto nei Comuni è un voto dato alla persona, non al partito. Le elezioni amministrative o, meglio, civiche, non possono essere paragonate a quelle nazionali o regionali. Le amministrative premiano non il partito ma le singole persone candidate in questa o quella lista; non il programma e l’ideale alto di questo o quel candidato sindaco, ma il radicamento e la popolarità del singolo candidato consigliere.
Sulle liste delle politiche nazionali non compare il nome del familiare, del vicino di casa, dell’amico o del collega, ma un simbolo. Al governo nazionale si chiede trasparenza. Al governo regionale si chiede professionalità. All’amministratore comunale si chiede la risoluzione dei problemi.
In questo contesto caratterizzato da rapporti personali e amicali costanti è nato un tipo di candidato per il quale un elettore non è più una persona, ma un voto. Una lista non è più la sintesi delle idee e proposte dei singoli membri della squadra sui vari settori che regolano la vita della comunità, ma la somma di un calcolo demografico unito a un’accurata indagine di mercato sui gusti e le preferenze politiche del bacino elettorale di riferimento.
A questo si aggiunge che la struttura comunitaria irpina è refrattaria ai cambiamenti e legata da una stretta rete di tradizioni, anche politiche, a cui tutti si conformano acriticamente. Il sentimento di indignazione viene sostituito dalla tolleranza. Le incompetenze tecniche e linguistiche sono compensate dal consenso conquistato col baratto e la disponibilità all’ascolto e alla collaborazione.
Nelle piccole comunità si costruisce un rapporto amicale tra amministratori e amministrati che crea un’illusione di ampia partecipazione al processo decisionale ma che in realtà ostacola quello democratico, portando il comune cittadino ad allontanarsi dai temi politici ed elettorali resi sempre più complessi e contorti dai professionisti del settore al fine di creare apatia politica.
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Gino Cusano è la memoria storica di Ariano
“Gino Cusano, la Lega, non ha mai, e voglio sottolineare la parola mai, pensato di allearsi con il Partito Democratico. Però Gino Cusano, che è il rappresentante della Lega, nella tornata del ballottaggio ha deciso di utilizzare un percorso”.
Parte così l’appassionato intervento di Gino Cusano in Consiglio comunale per replicare agli attacchi di Giovanni La Vita, espressione del Pd, che puntava a fare emergere le contraddizioni interne alla Giunta del sindaco Franza, avallata anche dal Carroccio.
Gino Cusano conosce molto bene la storia di Ariano e ricorda a tutti che solo qualche anno fa i dirigenti di Forza Italia (il suo sguardo è rivolto a Domenico Gambarcorta, vice segretario regionale di Forza Italia) proposero la candidatura a sindaco di Gaetano Bevere (all’epoca segretario del Pd sul Tricolle).
L’intervento di Cusano mette in imbarazzo più di un consigliere del Pd e di Forza Italia, espressioni di un patto del Nazareno che qui in Irpinia è ancora d’attualità.
“È la prima volta – continua Cusano- ed io faccio politica da oltre venti anni, che sento parlare di affetto per le questioni ideologiche in Consiglio comunale”.
Ed ha ragione Gino perché i consiglieri comunali li eleggono i cittadini, non i dirigenti di partito. Il voto nei Comuni, anche in quelli medio-grandi come Ariano, è un voto dato alla persona non al partito. Le elezioni amministrative o, meglio, civiche, non possono essere paragonate a quelle nazionali o regionali. Le amministrative premiano non il partito ma le singole persone candidate in questa o quella lista; non il programma e l’ideale alto di questa o quella coalizione, ma il radicamento e la popolarità del singolo candidato.
E Gino ad Ariano Irpino è popolare ed amato. Ed è giusta, quindi, partendo da queste dovute premesse, anche l’autonomia rivendicata da Cusano nella sua azione amministrativa.
“Io -conclude il buon Gino- sono di centrodestra. Ho preso l’impegno di formare questo governo e lo porto fino in fondo. Io ho preso un impegno anche con la Lega e lo rispetto, ma prima della Lega viene il popolo, viene Ariano”.
Bravo Gino, bene Ariano. Tutto il resto sta tra il castello in aria e l’agitazione per l’agitazione, destinata se mai ad accrescere, a breve e lunga scadenza, le frustrazioni degli sconfitti.
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La disobbedienza civile
Ad iniziare l’anno in bellezza, in un Paese nel quale nessuno si preoccupa più di svolgere le proprie funzioni, ma tutti si sentono in dovere di esprimere giudizi su vicende che escono dalle proprie competenze, ci hanno pensato in maniera egregia Leoluca Orlando e la variopinta armata di Sindaci che, a lui accodatisi, hanno annunciato l’intenzione di non applicare la parte del D.L. Sicurezza relativa ai migranti.A condannare con sicura severità democratica, invece, le perplessità di quanti avevano immediatamente giudicato almeno come anomala l’annunciata decisione da parte dei già ribattezzati sindaci ribelli, di non applicare una legge dello Stato, ci ha pensato solerte l’intero mondo dell’informazione omologata, col conforto dell’onnipresente Associazione Nazionale Partigiani e di altre rappresentativissime quanto necessarie sigle associative, che, con fiero richiamo al principio della disobbedienza civile, tosto ha consacrato, nelle scorse 48 ore, i vari Orlando, De Magistris e compagnia cantante, quali italici Ghandi e Luther King.Per quanto suggestivo tale richiamo possa apparire, vorremmo però sommessamente far notare a questi signori Sindaci ed a quanti hanno corso a celebrarne le gesta, che l’uscita di Leoluca & C. sta al concetto di disobbedienza civile, come i proverbiali cavoli a merenda.L’espressione disobbedienza civile (Civil disobedience) proviene dal titolo del famoso saggio del 1849 dell’americano Henry David Thoreau, nel quale l’autore descrive la sua scelta di rifiutare di pagare le tasse, ed il suo conseguente arresto, come forma di protesta contro lo schiavismo praticato negli stati del Sud e la guerra di conquista in Messico, tenuta ai tempi dal governo del suo Paese.Nel suo scritto Thoreau teorizza che è ammissibile non rispettare le leggi quando queste vadano in direzione contraria alla coscienza ed ai diritti dell’uomo, gettando così le basi di quei principi di resistenza non violenta destinati a caratterizzare tante tra le più importanti lotte politiche del secolo scorso.Da allora in poi, non a caso, il termine disobbedienza civile viene utilizzato per indicare tutte le azioni che prevedono la consapevole e plateale violazione di una data norma di legge, considerata particolarmente iniqua, da parte di un singolo, o più spesso, da parte di un gruppo di persone, finalizzata a rendere immediatamente visibili ed operative le sanzioni previste dalla legge per i trasgressori della stessa.Un tipico esempio di questa forma di lotta politica era rappresentata, ad esempio, nel secolo scorso da tutti gli antimilitaristi che si facevano arrestare come renitenti alla leva, non presentandosi alla chiamata militare.Il concetto quindi può riassumersi nella scelta da parte di un individuo, di essere sanzionato personalmente, trasgredendo una norma, per una finalità dimostrativa.Si tratta dunque di un singolo che sceglie di compiere un’azione individuale (anche se contemporaneamente ad un gruppo di altre persone) e di pagarne in maniera pubblica le conseguenze.Quando un sindaco, che è, per definizione, l’organo monocratico a capo del governo di un comune, ordina ad i propri uffici di non applicare una legge dello Stato, non sta compiendo un atto di disobbedienza civile: al contrario si sta avvalendo del principio di autorità derivante dalla propria carica nei confronti dei propri sottoposti per mettere in discussione un altro principio di autorità a lui superiore.Nel caso specifico non c’è un cittadino che disobbedisce alla norma per protestare, ma c’è un’istituzione che si oppone ad un’altra gerarchicamente superiore mettendo in discussione l’ordinamento.Più che ai principi di democrazia richiamati in questi giorni, riteniamo quindi che l’uscita di Orlando possa iscriversi più tranquillamente alla lunga tradizione di insofferenza nei confronti dell’ordinamento democratico, che, atavicamente caratterizza la sinistra di questo Paese, in omaggio all’antico adagio secondo il quale la democrazia ed il suo ordinamento sono sacri solo quando a governare siamo noi.Sabino Morano
6 comments on Gino rifletti,
la Lega non è Forza Italia
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