Herzog incontra Gorbaciov è un docufilm diretto dal Werner Herzog e Andre Singer. Il lungometraggio vuole ricostruire l’immagine dell’ex presidente dell’Unione Sovietica, sottolineando il suo impegno verso il disarmo e l’uscita dall’era della Guerra fredda.
L’approccio di Werner Herzog non è completamente super partes perché da tedesco, il regista, sente forte il senso di colpa per le perdite umane subìte dai russi durante la Seconda guerra mondiale mentre dall’altra prova riconoscenza per Gorbaciov per aver riunificato la Germania Est con quella dell’Ovest.
Herzog incontra Gorbaciov si sviluppa attraverso un dialogo costante ed empatico, evitando riferimenti all’attualità oligarchica. La finalità di questo lavoro cinematografico ha come scopo quello di delineare uno sguardo inedito sulla storia del ‘900.
La figura di Gorbaciov, se in Occidente viene valutata positivamente, in Russia risplende di una luce più cupa perché gli si attribuisce la responsabilità di alcune iniziative che hanno generato gravi ripercussioni economiche, ai danni di alcuni strati sociali della popolazione russa.
Tra le iniziative che vengono condannate all’ex presidente dell’Unione Sovietica rientra la Campagna anti-alcol, proclamata nel 1987, che estirpò circa il 25% dei vigneti, per limitare la produzione di vodka. Ciò ebbe delle gravi ripercussioni economiche nel settore della produzione di alcolici e che, a sua volta, ebbe come reazione la produzione clandestina e del mercato nero dunque della criminalità organizzata.
Herzog incontra Gorbaciov uscirà nelle sale italiane il prossimo 19 gennaio.
You Might also like
-
Passaggi di proprietà di Salvatore Enrico Anselmi
Tra le novità librarie c’è Passaggi di proprietà dello storico dell’arte, docente e scrittore Salvatore Enrico Anselmi (Linea edizioni, Padova 2021).
Dopo due anni dall’uscita di Exitus (GB Editoria, Roma 2019), che ha suscitato apprezzamenti di critica e pubblico, segnalato dalla Società Dante Alighieri e in concorso al Premio letterario Mastercard 2020, l’autore torna a dialogare con i lettori con questo nuovo romanzo che può essere considerato l’originale biografia di un dipinto.
Il tracciato narrativo del libro attraversa un ampio lasso cronologico, dalla genesi di un’opera pittorica, – un’Annunciazione eseguita nel primo Cinquecento da un giovane artista della Maniera, che ne costituisce il legante tenace – alle vicende che hanno come oggetto le peregrinazioni nel corso del tempo, per l’appunto i relativi passaggi di proprietà.
Gli avvenimenti pertengono a furti, recuperi, restauri, vendite. Ascese e cadute in disgrazia, affermazioni e contraddittorie negazioni delle stesse, ispirazione creativa e prosaica mercificazione, unità familiari e sociali al collasso, derive morali e gracilità dell’indole costituiscono il contesto nel quale operano tutti coloro che, a vario titolo, sono parte integrante o collaterale della narrazione: artisti, mecenati, collezionisti, eredi della famiglia aristocratica che commissiona l’opera e la conserva nella sua quadreria, restauratori, nuovi acquirenti, studiosi d’arte.
Lo sviluppo diacronico che scandisce la lunga “vita” dell’Annunciazione si conclude in un contesto futuribile nel quale le dinamiche sociali e la presenza umana rispondono a circostanze distopiche di ribaltamento.
Il romanzo, pertanto, è segnato da una sorprendente e inaspettata svolta che imprime un abbrivio destabilizzante. L’originalità di Passaggi di proprietà consiste anche nell’aprire margini di riflessione, quanto mai attuali, sul valore di civiltà del patrimonio artistico e sulla sua trasmissione alle generazioni future.
Indicativo, in tal senso, è l’incipit del romanzo, dove il protagonista parla di sé in prima persona e ravvisa il particolarissimo valore attribuito alla sua stessa esistenza.
Ho vissuto come un essere umano.
Ho avuto una nascita, un’esistenza e una morte. Qualcuno mi ha creato e qualcosa ha deciso per me. Accade così anche per l’uomo.
Un evento ineludibile, a un certo tratto del suo cammino, che l’uomo stesso non può stabilire se non dandosi la morte, decide affinché il percorso si interrompa.
Ho avuto una lunga storia, una lunga vita delle quali vado fiero, perché ogni luogo che mi ha ospitato, ogni persona che ho incontrato, ha osservato la mia pelle, i miei tratti, e ne è rimasto segnato, come di fronte a una rivelazione ha intrattenuto con me un rapporto che non lo ha restituito alla sua più comune giornata nella stessa condizione antecedente all’incontro.
Dalla lettura sistematica e sequenziale dei capitoli è possibile ricondurre a unità l’articolata e appassionante vicenda costituita da un prologo, da uno svolgimento e da un epilogo secondo eventi caratterizzati da corrispondenze, rivolgimenti e colpi di scena inattesi.
Il titolo di fatto pertiene, in ragione dei rapporti che intercorrono tra i personaggi, anche all’affermazione del presunto diritto, considerato tale da alcuni protagonisti, di imporre un marchio di proprietà, di ribadire un possesso sugli altri, tentando di indirizzarne gli esiti di vita.
Il contesto storico di riferimento costituisce lo scorcio, il profilo sociale sul quale si staglia l’azione di ogni capitolo. Al servizio dell’impostazione diacronica è stata scelta un’opzione stilistica di adeguamento della lingua e della forma al periodo nel quale si consuma l’azione interna alle diverse sezioni narrative, comunque nella coerenza complessiva che rimanda a un’iconografia scelta e tenuta costante. È stata compiuta pertanto una consapevole operazione meta-linguistica e meta-letteraria che costituisce uno dei collanti del testo.
Per ogni capitolo l’epilogo è repentino e rapido, e in questo senso, l’intento è stato quello di contemperare la tradizione novellistica con il ricorso all’atto conclusivo e fulmineo che caratterizza certa prosa del Novecento in Europa e in America. Forse le analogie più pressanti, in tal senso, riguardano John Cheever e Charles Bukowski autori di racconti. Il clima che qualifica Passaggi di proprietà, anche in considerazione di tali argomentazioni, coniuga per altro, prospettive variate, atmosfere liriche e introspettive, il cinismo ironico, partecipato o asettico, con una presa evidente di posizione dell’io narrante.
Il raggiungimento ultimo potrebbe essere dunque quello, pur nell’originalità, di raccontare una storia che si compone di storie, un romanzo di romanzi caratterizzato da moventi, echi e memorie che il lettore solido e curioso non stenta a riconoscere pur nel loro carattere inedito.
Qualche ulteriore dettaglio utile può essere ricavato dai titoli dei singoli capitoli che innescano una consequenziale trama di corrispondenze e di rimandi reciproci.
Salvatore Enrico Anselmi: biografia
Salvatore Enrico Anselmi, docente, storico e critico d’arte, ha collaborato con il Centro Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma (Atlante del Barocco in Italia, Roma 2014) e ha tenuto corsi di Storia dell’arte moderna presso alcuni atenei italiani. Ha pubblicato monografie dedicate alle vicende di committenza nobiliare di età moderna in area centro-italiana con particolare riguardo ai Giustiniani, ai Farnese, e ai Maidalchini-Pamphilj. Suoi contributi sono apparsi in riviste e atti di convegno.
Alle attività di ricerca affianca la scrittura con particolare dedizione per la narrativa d’introspezione. Il suo romanzo d’esordio, Exitus (Roma 2019), è stato segnalato dalla Società Dante Alighieri e inserito tra le opere in concorso al Premio Mastercard 2020.
Alcuni suoi racconti e testi poetici sono stati pubblicati in Rapsodia. A magazine of art and literature e in Critica Impura. Ha curato la rubrica “Marginalia” per Yawp: giornale di letterature e filosofie. Ha preso parte, tra l’altro, alle edizioni 2021 della Fiera Italiana dello Scrittore, alla rassegna Arte e Cultura nella città del Conclave e al Concorso Caffè letterario Moak attestandosi tra i vincitori.
-
Andi Kacziba ha inaugurato a Milano “Prendi il mio cuore” curata da Raffaella De Chirico
L’artista Andi Kacziba in occasione della Giornata Internazionale della Donna ha inaugurato a Milano “Prendi il mio cuore” curata da Raffaella De Chirico.
La mostra rimarrà aperta alla Galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea di Via Farini 2 a Milano fino al 25 marzo. È possibile fissare un appuntamento in galleria per incontrare l’Artista che, attraverso una serie di sculture e performance, vuole dare voce alle donne sulla violenza di genere e la gender gap.
Prendi il mio cuore. Ma anche il mio fegato, i miei reni; prendi i miei organi, a condizione che abbiano ancora un valore, beninteso.
Mutuato dalla celebre poesia di Saffo, Prendi il mio cuore e portalo lontano, l’artista ungherese Andi Kacziba (1974) invita provocatoriamente dall’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, al 25 alla Galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea in via Farini, 2 di Milano ad appropriarsi dei suoi organi vitali. Cosa può offrire alla società una donna che alla soglia dei cinquant’anni ha compiuto delle scelte non convenzionali e non completamente accettate dalla società?
Superato parzialmente lo stigma della mancata maternità (si stima che il 22,5% delle donne italiane nate a fine anni Settanta concluderanno il ciclo riproduttivo senza figli), la richiesta è quella dell’affermazione personale attraverso la carriera ed il lavoro, ambito nel quale non è stata comunque raggiunta una parità di genere; le donne guadagnano meno dei loro colleghi maschi e la probabilità che (anche senza figli) ottengano incarichi meglio retribuiti, è comunque inferiore del 30% rispetto agli uomini. Cosa accade dunque se una donna non è riuscita o non desidera affermarsi almeno professionalmente? Andi Kacziba ha realizzato una serie di polaroid in cui l’artista offre se stessa e i propri organi al visitatore come azione/gesto sacrale.
Gli organi rappresentati sulle polaroid si concretizzano nel percorso della mostra, assumendo forme tridimensionali di seducenti sculture, realizzate con ceramiche e corde.
La mostra curata da Raffaella De Chirico si apre e si conclude con uno zerbino situato all’ingresso della galleria, sul quale Kacziba ha impresso la propria immagine supina: l’artista viene dunque calpestata dai visitatori, atto performativo e metafora di un’azione piuttosto comune. È una donna zerbino è la definizione con cui si indica una donna che permette al prossimo, spesso di sesso maschile, di farle del male, di schiacciarne la personalità e la sensibilità, di calpestarne appunto, la dignità.
Andi Kacziba: cenni biografici e ricerca artistica
Giunge in Italia nel 1997 come modella ed indossatrice, si dedica successivamente alla fotografia. I suoi primi cicli di lavori esprimono, attraverso la faticosa tessitura manuale della corda, la forza, la tenacia e la capacità di sopportazione della donna che, illusa dai movimenti femministi degli ‘60 e ‘70 di aver finalmente ottenuto quella parità di diritti e quella dignità che le spetta e per cui aveva ardentemente combattuto, si ritrova oggi, nella società contemporanea occidentale, trasformata in un semplice status symbol, accessorio ed attributo della vanità maschile. Il fare artistico diviene così metafora della lotta quotidiana che ogni donna deve ancora oggi, nel XXI secolo, affrontare.
2014: Vìola, Milano, Museo Francesco Messina. Nella sua prima personale, l’artista ha presentato, oltre alle sculture e bassorilievi in corda, il suo primo lavoro con l’utilizzo degli specchi, strumenti interattivi per portare il visitatore all’autoanalisi.
2015: Mater, Parma, Palazzo del Governatore. Indaga, anche attraverso la scultura Altare della sterilità, una riflessione personale e universale sulla maternità mancata.
2018: Turning (G) old, Torino, Raffaella De Chirico Arte Contemporanea, l’artista presenta la mostra Turning (G)old, e indaga la percezione da parte della società alle donne ormai non più giovane, belle, ma con i segni del tempo. Il titolo è una provocazione: Old o/è Gold? L’artista riempie le sue rughe del viso con oro (oro 24 carati in polvere mischiato con vinavil), per ribaltare il valore: “più rughe sono, più oro le contengono, e con il passare del tempo varrò sempre di più”. Andi documenta l’intervento sul suo corpo tramite una serie di polaroid, espone in scatole le rughe d’oro strappate dal viso, riproduce le rughe incidendo su specchi antichi, e incoraggia il pubblico ad esperimentare i segni del tempo altrui sul proprio riflesso.
2019: La cicogna non passa di qui, una serie di polaroid nelle quali è il corpo stesso dell’Artista e il suo “degenerarsi” nel tempo a farsi denuncia della difficile posizione della donna contemporanea nella società. L’artista imita il suo grembo materno con un’anguria, e la svuota con un coltello da cucina. Ogni scatto realizzato da performance ha un titolo singolo, il quale narra una microstoria della maternità mancata.
La galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea
La prima sede della Raffaella De Chirico Arte Contemporanea è stata aperta a Torino nel 2011 e, dieci anni dopo, la galleria è approdata anche a Milano. Raffaella De Chirico ha da sempre ha focalizzato il suo programma espositivo sulla produzione e realizzazione di progetti per la quasi totalità inediti sul territorio nazionale, privilegiando artisti di età inferiore ai 40 anni che si fossero già distinti per la ricerca e la proposta artistica fuori dal territorio italiano. Lo stesso principio è applicato agli artisti storicizzati trattati dalla galleria, con particolare riguardo a coloro la cui ricerca si distinse negli Anni ’60, ‘70 e ‘80, sviluppando pertanto una parte del lavoro dedicato all’advisoring per investimento e alla costruzione di collezioni maggiormente focalizzate sull’arte moderna.
-
Angélique Cavallari è la coprotagonista del film Dark Matter di Stefano Odoardi
Angélique Cavallari è la coprotagonista del film Dark Matter di Stefano Odoardi che uscirà al cinema il 4 Maggio (distribuito da Superotto Film Production). Un film tra sogno e realtà, degno di un thriller alla David Fincher.
Ormai siamo abituati a vedere l’artista italo-francese in ruoli sempre diversi. Con Elena, la protagonista femminile di questo appassionante thriller, Angélique è di nuovo messa alla prova con un lavoro attoriale fine e profondo.
Non solo la trasformazione psicologica è intensa ed accurata, ma anche quella fisica è ancora una volta notevole, rendendola a tratti irriconoscibile o comunque molto diversa dalla sua vera natura. Irrobustita e spesso estenuata in viso, anche grazie al trucco di scena, notiamo in primo piano non la bellezza ma il cambio repentino di sguardi ed emozioni perfettamente incarnate dall’attrice, che lascia il posto integralmente al suo personaggio.
Elena è una donna che sembra carnefice, ma in realtà è anche (e soprattutto) vittima. La sua storia la scopriamo con lo svolgersi del film ed è scioccante, tanto da obbligare lo spettatore ad abbandonare ogni giudizio superficiale. Questa donna nasconde dei segreti che le spezzano il cuore, dei traumi forse insormontabili e, nonostante tutto, conserva in sé una parte infantile che traspare sottilmente. È una donna rotta, che agisce con un istinto quasi animalesco, ma che ha dentro anche molta grazia e luce.
Un bel contrasto da far coesistere in un unico personaggio.Dichiara Angélique:
Mi sono ispirata un po’ a Charlize Theron nel film “Monster”. Il regista Stefano Odoardi mi ha dato dei riferimenti molto particolari per questo ruolo, a partire dalla simbologia del nome Elena (che è luce). Abbiamo lavorato insieme alla costruzione psicologica, all’acconciatura, fino alla scelta dei vestiti di scena. Poi ho avuto degli ottimi partner di lavoro (con i quali Elena si relaziona) come Thierry Toscan e il piccolo Giulio Cecchettini.
Il finale da spazio a più interpretazioni, Elena può diventare altro ancora nell’immaginario dello spettatore. Il regista lascia aperte più strade tra sogno e realtà, che si scoprono andando a vedere il film.Angélique Cavallari: chi è?
Ricordiamo che Angélique Cavallari non è solo un’attrice bensì un’artista a tutto tondo che ama esplorare sempre nuovi territori, tra musica, arte e poesia.
Sul fronte musicale, dopo i brani originali di “Collection A” (la compilation di musica poetico-elettronica composta e scritta in collaborazione con Alexis Bret) la sua produzione continua questa volta con un singolo dal titolo “Trying to stay”, scritto e cantato da Angélique e composto con un nuovo collaboratore ovvero Fabio Costa, con il quale forma un nuovo gruppo chiamato Nine Velvet.
Se in “Collection A” troviamo un mondo sonoro liquido, fatto di atmosfere fluide, crepuscolari e sintetiche, tra ambient music e sperimentazione, in “Trying to stay” dei Nine Velvet viene conservata un’atmosfera nottura e sognante che evoca un genere molto amato dal grande pubblico ovvero il trip-hop (quello, per intenderci, di gruppi come Portishead e Massive Attack).
“Trying to stay” è già su Youtube, ma presto arriverà anche su Spotify, Bandcamp e tutte le piattaforme di musica streaming (dove potrete trovare anche i brani di “Collection A”).
Angélique Cavallari ha anche dato vita al progetto “Il Podcast d’Angélique”, in cui legge dei poemi da lei scelti e principalmente scritti da poetesse non viventi, pacifiste militanti del mondo intero non sempre conosciute. Il suo desiderio è infatti quello di rendere omaggio e dare voce a queste poetesse che hanno dato luce e sublimato situazioni spesso inenarrabili. I podcast sono postati a cadenza regolare e alternati tra la lingua francese e l’italiano, alcuni poemi sono in dialetto, altri saranno letti in lingua originale. È un progetto in costante divenire, che potete seguire su YouTube ma presto anche su Spotify e altre piattaforme streaming.
A proposito di poesia: Angélique sta continuando a scrivere e presto pubblicherà la sua nuova raccolta poetica e, dopo il successo del suo ultimo reading “Poesia nuda e cruda” al Cineteatro Farina di Foggia, è in fase di organizzazione un suo tour di “Lettura poetica” in tutta Italia.
Angélique continua ad aprirsi senza limiti nella creazione e nella sperimentazione.
Afferma e, dopo la sua performance “Phoenix – Poetics Acts”, tra sogno e surrealismo, svolta per le strade di Parigi, con il reperto video proiettato nelle gallerie del mondo intero durante l’Iper Festival (l’evento phygital nato dal Museo delle Periferie di Roma) si è immersa nell’universo della pittura:
La visione poetica e creativa è rinascita, libertà e coraggio.
Dipinge opere di diverso formato e con gli acquerelli ha ultimato una serie di “Velieri e Paesaggi Onirici”. Sta sperimentando la china con la quale ha iniziato una serie che si chiama “Strappi e Paesaggi Liquidi” e sta approfondendo la pittura ad olio con la quale ha ultimato una serie astratta de “I Paesaggi Interiori”, ma con la quale sta approfondendo anche lo studio di ritratti, visi e sguardi.
15 comments on Herzog incontra Gorbaciov è il docufilm storico su una delle figure più influenti del ‘900
Comments are closed.