Eva è una brillante dottoranda in Filosofia dell’arte, studia la performance femminista, detesta il “patriarcato negazionista” che si annida dietro i manierismi della “Dandy-Accademia” e dell’intellighenzia mondana, frequenta la fauna delle Fondazioni che fanno tendenza con la loro coda di after-party e anglismi d’ordinanza, vive a Milano in un monolocale soppalcato che costa più del dovuto, legge Sylvia Plath mentre segue compulsivamente gli account social di Claudia Schiffer.
La nostra era una società in cui i momenti non accadevano più in sé e per sé ma erano condannati a diventare rettangoli istantanei di contemporaneità condivisa, meglio se in movimento, con degli effetti speciali e una descrizione accattivante che li rendesse mercificabili nell’immediato. Una società che hackerava i concetti di tempo, memoria e apparenza con più furia intellettuale e certo più confusione di quanto non avesse fatto
l’ultimo secolo di filosofia francese e tedesca. Una società che aveva secolarizzato il proselitismo convertendolo in algoritmi per conquistare follower. Una società che aveva reso il drappeggio bagnato delle statue un orpello inutile, lasciandoci nude e nudi davanti al presente.
Impelagata in un’ossessiva relazione di sexting su Instagram, in una tesi di dottorato da concludere con un professore-seduttore e nello straniamento sintetico del diluvio digitale, Eva arriva a dividersi tra cocaina, masturbazione, le sleep stories dell’app Calm e gustosi dialoghi fantasmatici con Freud, Woody Allen e David Foster Wallace.
Il tutto fra le ingerenze più o meno confessabili di un ingombrante padre accademico e una trafila di amori tossici per diversi maschi manipolatori, che dispensano sapientemente mansplaining per diradare le nebbie della “complessità femminile”.
Su un lettino insieme a Mick Jagger, avevamo tutti e due la flebo nel braccio e stavamo facendo la pulizia del sangue.
Mick mi diceva che assomigliavo un po’ a sua figlia Georgia e mi raccontava di quando nello Hampshire aveva acquistato sotto l’effetto dell’LSD un’antica e lussuosa dimora di campagna dell’Ottocento perché credeva di essere un cavaliere.
Mi sembrava davvero contento di ripulirsi il sangue insieme a me. Ma stava per scoccare la mezzanotte.
Potevo farmi di nuovo e poi scrivere a Ludovico.
In un mix di comicità e disperazione, sotto l’egida del sorriso di plastica della suicida Marilyn appeso sul water, le esperienze e i pensieri di Eva si tingono di nero e colori acidi, diventando sempre più allucinatori. Fino a tornare, con nuova luce, sui versi di Sylvia Plath, e sciogliere il nodo del loro segreto.
Giada Biaggi: biografia
Giada Biaggi (1991) è una sceneggiatrice, stand-up comedian e autrice di podcast. Laureata in Filosofia, ha collaborato con varie testate, tra cui Cosmopolitan, D – la Repubblica, Elle, Marie Claire. Il suo podcast Philosophy & the City, che attraverso un confronto ironico con la filosofia affronta le tematiche più rilevanti del dibattito contemporaneo, ha scalato le classifiche di Spotify. Cura una newsletter molto seguita, Daddy Issue. Il bikini di Sylvia Plath è il suo primo romanzo.
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