Il ritratto è il nome dell’ultimo romanzo di Ilaria Bernardini, edito da Mondadori. La scrittrice mostra la fragilità e le storie di due donne, molto diverse tra loro e sconosciute, che hanno però qualcosa in comune: l’uomo che amano.
Una delle due protagoniste della trama è Valeria Costas, nota scrittrice, che oltre all’amore per i suoi libri vive per il suo grande amore: Martin Aclà, un noto imprenditore, a cui è legata clandestinamente da un sentimento che dura da venticinque anni. Valeria vive da sola a Parigi.
Martin invece vive a Londra con sua moglie e i suoi due figli.
Un giorno per radio, Valeria scopre che Martin ha avuto un ictus ed è in coma. La donna devastata dal dolore di un’ipotetica perdita del suo amato, cerca un modo per poterlo vedere e dargli un ultimo saluto.
Valeria, per potersi avvicinare all’amante, commissiona un suo ritratto a Isla Lawndale, pittrice nonché moglie di Martin. Con questo pretesto riesce a trovare un punto d’accesso nella vita domestica della famiglia.
Valeria e Isla entrano in contatto, creando un’intimità e una familiarità sempre più profonda tra bugie, ricordi e compassione.
Valeria rivelerà ad Isla le vere ragioni che l’hanno portata a commissionare il ritratto? La scrittrice avrà il coraggio di abbattere il muro di menzogne che la dividono da Isla per poter entrare davvero in relazione l’una con l’altra?
Per scoprirlo non vi resta che aspettare l’uscita del romanzo di Ilaria Bernardini, previsto per il prossimo 28 gennaio.
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Eleonora (non) ha voce di Lucia Callisto
Eleonora (non) ha voce è il primo testo teatrale di Lucia Callisto rivolto ad un pubblico adulto.
L’opera nasce dall’esigenza di ridare voce al mondo del teatro, alla sua funzione pedagogica, ma anche di denuncia di problematiche attuali, e ciò avviene attraverso la figura di colei che è stata considerata l’essenza stessa del teatro mondiale, la divina Eleonora Duse.
È un testo nato durante il periodo del lockdown, cioè nel periodo in cui il teatro si è trovato a subire un duro colpo per l’allontanamento forzato e ineludibile del suo pubblico affezionato.
Ed ecco che, nel buio della pandemia, si è prospettata una nuova strada da percorrere: scrivere un testo teatrale dando voce a tanti personaggi. Il mondo segreto del dietro le quinte, con le sue dinamiche di rapporti complessi, nell’opera di Lucia Callisto si presenta senza pudori, con un perfetto senso dell’umorismo, con l’autenticità delle cadenze dialettali, ma anche con atmosfere surreali, sospese nel tempo.
Il ritmo dell’opera suggerisce una messa in scena piena di fantasia, unita al dinamismo dei cambi, che non possono non catturare uno spettatore che ama il teatro, che aspetta di tornare a gustarlo liberamente. Nell’opera si muovono dei personaggi apparentemente stereotipati, eppure consapevoli dell’idea che di sé trasmettono agli altri. Un vulcano prossimo all’eruzione, come un terribile monito, si erge minaccioso sulla scena e, con i suoi anelli di fumo, sembra voler suggerire che è arrivato il tempo per ognuno di lanciare, ora e più forte che mai, il proprio grido d’aiuto. Per qualcuno, purtroppo, questa si rivelerà l’ultima occasione per poterlo fare. In un clima di crescente inquietudine, gli attori Gennaro, Amalia e Imma calano le proprie maschere, svelando insicurezze nascoste e dolori da sempre taciuti.
GENNARO: So’ rimasto sulo, nun tengo cchiù a nisciuno. No, tengo a Lia, si me vole. Se sta facenne juorn. Devo lasciare tutto questo, tutta ‘a vita mia, ‘a raggia d’o vulcano arriva pure ccà fra poco, e mò veramente non teniamo più tempo. Me ne voglio ì vestuto da Pulicinella (si mette la maschera). C’aspettavamo che ‘a fine veneva da’ montagna e invece è arrivata dalla vita di ogni giorno…’A vita nun perdona! È peggio do vulcano! Da ‘a ciorta, da ‘o destino nun te può salvà! Menomale che ce sta ‘o teatro!
AMALIA: Stai al tuo posto! Qual è dunque il mio posto? Questo mi chiedo e ancora cerco… È ancora il posto a cui da secoli sono condannata? Quello che hanno deciso i miei padri per me? Dove vogliono che rimanga inchiodata per sempre? Ho ali forti ma ancora inesperte e quando cerco di volteggiare tra le nuvole più alte, cado rovinosamente come Icaro. Icaro… Suo padre Dedalo… Figure maschili a cui le mie labbra sono avvezze, alle loro imprese, magnifiche, potenti, secolari… Ed io? Io sempre giù, e guai anche solo guardare in alto! Stai al tuo posto!”.
IMMA: Non dovresti essere donna! Se fossi un uomo, già sarebbe un vantaggio! Ma secondo te, le donne che si atteggiano, che si pavoneggiano e che ancheggiano così (fa i movimenti) in modo discinto, che so’? Pensano di essere libere, ma in realtà so’ quelle che più si adeguano al sistema di pensiero dominante, che è quello vostro, quello maschile, ovviamente. Se questa è libertà! Me pare più l’accettazione di una schiavitù!
Lucia Callisto: biografia
Lucia Callisto è nata a Benevento nel 1969.
Ha frequentato l’università a Firenze, laureandosi in Lingua e Letteratura russa. Insegna in una scuola primaria di Prato, città in cui vive con suo marito e i suoi due figli, Alessandro e Claudia. La sua passione più grande è il teatro. Da più di vent’anni fa parte del Centro di Teatro Internazionale, una compagnia teatrale di Firenze, guidata dalla regista Olga Melnik.
Le varie esperienze in teatro l’hanno spinta ad allestire molti spettacoli per i bambini delle sue classi, cimentandosi nella scrittura o nel riadattamento dei copioni.
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Tu che non sei romantica è il titolo del nuovo romanzo di Guido Catalano
Guido Catalano, dopo la raccolta di poesie Ogni volta che mi baci muore un razzista (2017), ritorna nelle librerie con Tu che non sei romantica, un romanzo.
A comunicarlo, attraverso il suo profilo Instagram e sul suo sito ufficiale, è proprio lo scrittore e poeta vivente. Ce lo annuncia così:
Se ti piacciono i gatti questo libro ti piacerà.
In verità ce n’è uno in copertina. Dentro non mi ricordo.
Se ti piacciono i bambini, in questo romanzo c’è un bambino fortissimo.
Se non ti piacciono i bambini puoi saltare i capitoli con il bambino fortissimo: la storia si capisce lo stesso.
Poi in questo libro si parla di guerra, di chimica, di Cinema, di tre ragazze, di me, di te, di poesia, d’amore, di una libraia dai capelli neri e di un tipo che si è perso nel deserto.
Guido Catalano nel 2018 è stato impegnato nel progetto Contemporaneamente insieme, un tour nazionale insieme a Dente. Il video di presentazione che abbiamo scelto è tratto da questo lavoro artistico, in cui i due artisti, in giro per l’Italia, hanno diffuso il loro concetto d’amore in versi e in musica.
Se non conoscete Guido Catalano, probabilmente, è arrivato il momento di farlo. La sua poesia è per tutti, non aspettatevi parole in versi colme di figure retoriche e immaginari che appartengono ad altre epoche. La sua scrittura è fresca, semplice, diretta e moderna e questo non vuol dire che le sue opere non siano profonde e prive di significato.
Tu che non sei romantica: trama
Tu che non sei romantica ha come protagonista Giacomo Canicossa, un poeta di successo, che si ritrova ad avere una vita professionale appagante ma in piena solitudine. L’uomo realizza che, probabilmente, quello che ha non gli basta perché una vita priva d’amore non ha poi tanto senso. I suoi turbamenti e la sua solitudine lo portano ad avere delle allucinazioni.
Dove le allucinazioni condurranno Giacomo lo scopriremo il 12 febbraio, quando Tu che non sei romantica sarà presente nelle librerie.
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Decameron: tra pandemie, Pasolini e Napoli
Eppure qualcosa ne verrà fuori.
Sapremo presto se questa costrizione domestica ci abbia fatto migliorare, in termini umanistici o peggio, ci abbia fatto accelerare la folle corsa verso l’agognato e utopico traguardo che ci siamo prefissati a discapito del prossimo. La vista all’orizzonte di un tracollo economico, di un abbattimento morale per tutte quelle donne e quegli uomini morti in solitudine, di una paura collettiva non potranno certo farci rialzare con un certo orgoglio, certamente, tenendo conto che ognuno dovrà vedersela con le proprie perdite, in primis valutando anche la scomparsa dei propri cari, o comunque di tutti coloro che hanno pagato con la vita.
Successe qualcosa di analogo nel Decameron, la raccolta di cento novelle scritta da Giovanni Boccaccio tra il 1349, l’anno successivo alla peste nera che si abbatté sull’Europa, e il 1353.
Fu proprio la peste nera, che allora si dichiarò come una pandemia, che provocò quasi venti milioni di vittime, dai nobili alla povera gente, quest’ultima di certo non pronta a eventuali motivi di difesa, né a possibilità di fuga, data la situazione di estrema miseria.
Giovanni Boccaccio, nell’introduzione del Decameron, descrisse gli effetti della pandemia, orrido cominciamento, e ne offre una spiegazione in termini di stravolgimento dei costumi, senza tralasciare la scarsa influenza delle leggi, l’esaltazione del sesso come materia di fuga e frutto di ogni freno inibitore, sconvolgendo il comportamento del genere umano, che inizia ad avere un contatto più diretto con la morte. La fine dell’esistenza non è che una parte dell’esistenza stessa, e le sepolture iniziano a susseguirsi a ritmi incredibili, fino a che pèrdono dell’anche possibile sacralità del rito stesso, e i defunti vengono ancorché umiliati con le sepolture di massa, con le fosse comuni.
Giovanni Boccaccio scrive:
…ma per ciò che, qual fosse la cagione per che le cose che appresso si leggeranno avvenissero, non si poteva senza questa ramemorazion dimostrare, quasi da necessità costretto a scrivere mi conduco.
Nel Decameron esiste però anche una giustificazione ad una reazione più intellettualmente sensata.
La peste viene raggirata da un gruppo di dieci giovani, sette donne e tre uomini, tutti di elevato spessore sociale, che pensano ad una soluzione: affrontare una quarantena insieme e ritirarsi in campagna, offrendosi ognuno come narratore, e nel cui contesto vengono raccontate le cento novelle che fanno parte dell’opera.
Racconti che spesso contengono visioni di una materia sessuale vista come un ritorno alla natura umana, più che ad una provocazione, e anche se c’è comunque da dire che il sesso non è l’unico argomento trattato nelle novelle, il Decameron fu soggetto a critiche e a censure.
L’incredibile freschezza morale che contiene quest’opera del ‘300 è, innanzitutto, l’affermazione della libertà sessuale delle donne, che viene descritta al pari di quella degli uomini, e dove alle donne viene concessa la completa libertà delle parole, quindi il loro valore espresso a pieno anche in maniera verbale, dato che, come lo stesso Giovanni Boccaccio ritiene, alle donne il molto parlar si disdice.
Giovanni Boccaccio includerà nell’opera vari riferimenti alla sua città più amata per eccellenza, Napoli, che gli ricorderà sempre i trascorsi in cui incrementò la passione per la letteratura, a dispetto della professione del padre, mercante fiorentino, che voleva un ovvio erede per i suoi commerci.
Il Decameron è forse l’opera letteraria con più trasposizioni cinematografiche in assoluto, e basta citarne qualcuna, per averne un’idea chiara: dal più recente Maraviglioso Boccaccio (2015) dei fratelli Taviani, partendo dal Boccaccio (1940) di Marcello Albani, passando per Notti del Decamerone (1953) di Hugo Fregonese, e tutto ciò solo per nomenclarne alcuni, la cui origine su pellicola prende spunto forse dal primo film tematico in assoluto, ossia un muto, Il Decamerone (1921).
Pier Paolo Pasolini e Napoli
Non si esclude, certo, che l’adattamento più celebre in assoluto fu Il Decameron (1971), trasportato al cinema da Pier Paolo Pasolini, e che ebbe, forse a maggior ragione, più effetto perché fu interamente girato con dialoghi in dialetto napoletano, e questo dice molto, ma di sicuro ancora non tutto.
Napoli, città amata sia dal regista, poeta e scrittore friulano che da Giovanni Boccaccio, fu la protagonista dell’intera pellicola, e esattamente nel 1970, cinquant’anni fa, iniziarono lì le riprese per il film che avrebbe visto la luce soltanto l’anno dopo, e che sarebbe stato soggetto a continue modifiche e tagli, che avrebbero ridotto la durata, in principio pensata intorno alle tre ore.
La gestazione e la presentazione al pubblico de Il Decameron ebbero una storia lunga.
Dapprincipio, almeno all’estero, il film ottenne un successo strepitoso, ottenendo l’Orso d’Argento al Festival del Cinema di Berlino, mentre in Italia fu soggetto a sequestro per oscenità, accusa che però decadde dopo poco tempo, con molta probabilità proprio grazie al prestigioso premio ottenuto.
Con Il Decameron si aprirà la cosiddetta trilogia della vita di Pier Paolo Pasolini, che continuerà con I Racconti di Canterbury (1972), e Il Fiore delle Mille e una Notte (1974), finendo poi con l’apoteosi di un cinema che farà della mercificazione del sesso la filosofia di una vita consumistica malata e corrotta, ossia Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975).
Il Decameron, invece, illustra una sessualità innocente, del tutto naturale e spontanea, così come viene illustrata nell’opera di Giovanni Boccaccio, e sarà soltanto l’inizio di un percorso che mirerà ad uno scopo: colpevolizzare la società moderna nella scelta di utilizzare la materia sessuale come ritratto proprio di ossessione e contrapposizione ad un’età sì arcaica, ma a suo tempo ricca di valori persi con l’incedere del forte ritratto dell’influenza dei media, come la televisione, che hanno generato una sorta di genocidio culturale, quest’ultimo tema frequente nella filosofia di Pier Paolo Pasolini.
Tornando alla realizzazione, perché la scelta di questa trasposizione cadde proprio su una location particolare come la città di Napoli? E perché la lingua parlata dai suoi protagonisti è quasi sempre il dialetto napoletano?
Come accennavo poc’anzi, la città a cui Giovanni Boccaccio rimase affezionato per sempre fu proprio Napoli, che grazie ai suoi primi amori (Fiammetta, che trovò posto tra i protagonisti del Decameron), ai suoi sbocchi culturali, riuscì a donare allo scrittore fiorentino la giusta aspirazione per le sue passioni, che lo allontanarono dalle ambizioni paterne, dedite al commercio, impegno che per eredità sarebbe stato inoltrato a lui.
Non si discosta la scelta di Pier Paolo Pasolini, seppur per altri ovvi motivi: all’inizio combattuto per le varie ambientazioni che avrebbe considerato per dirigere le varie parti che avrebbero illustrato le novelle boccacciane, si decise infine su Napoli, e su essa soltanto. Per comprendere meglio le motivazioni, eccovi una sua spiegazione:
I napoletani sono l’ultimo momento autenticamente popolare che posso trovare in questo periodo in Italia. Perché ho scelto Napoli? Per una serie di selezioni e di esclusioni. Nel momento in cui ho pensato di fare un film profondamente popolare, nel senso proprio tipico, classico di questa parola, ho dovuto escludere pian piano tutti gli altri possibili ambienti. Mi è rimasto Napoli, fatalmente, perché Napoli, proprio fatalmente, storicamente, oggi, è la città d’Italia, luogo d’Italia, dove il popolo è rimasto più autenticamente sé stesso, simile a quello che era nell’Ottocento, nel Settecento, nel Medioevo.
Lo stesso Pier Paolo Pasolini rivestirà il ruolo di un attore, l’allievo di Giotto, che si reca in Santa Chiara per realizzare un affresco, e la scelta non sembra casuale, a questo punto, perché il regista pare voglia, in qualche modo, accentuare il ruolo pittorico che ha voluto apportare ad un film essenzialmente colorato dalle varie scene ed ambientazioni popolari del Medioevo a Napoli.
Carmine Maffei
14 comments on Il ritratto di Ilaria Bernardini: un romanzo sulle donne e sul perdono
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