Quando nel lontano 2003 incontro per la prima volta Raffaello “Lello” Pisacreta è in occasione del music contest avellinese Restate Rock.
Lello Pisacreta si esibisce con la sua band ed è quasi al centro del palco, probabilmente non per sua scelta, considerando la timidezza che trasmette. Non guarda mai il pubblico, è concentrato sulla chitarra che porta decisamente troppo in alto, fin sullo stomaco, ma è preciso e sorride, soprattutto, ma resta immobile sulla sua mattonella. La sua serenità però trasmette tutta la passione che conserva dentro.
Lo rivedo di nuovo circa due anni dopo, mentre partecipa a un festival, sempre in veste di chitarrista, e la scena che mi si presenta è totalmente diversa da quella che ricordo: il suo strumento ora è posizionato molto più giù, come Keith Richards insegna, quasi sul femore, e il suono che produce è qualcosa di molto più vissuto, sofferto quasi. Il sorriso è sostituito da uno sguardo assorto, mentre gli occhi sono quasi sempre chiusi, la bocca semiaperta e le dita che si muovono da sole sulla tastiera. Spesso si sbatte a destra e a manca come un cavallo imbizzarrito; alla fine dello show, mentre gli altri componenti della band si preparano a lasciare il palco, lui si cala sulla pedaliera dinanzi a sé e maneggia i potenziometri degli effetti mentre la chitarra guaisce i feedback che vengono modificati dalle sue modulazioni effettuate all’istante: ne esce fuori qualcosa di spaziale e psichedelico. I tecnici del palco non gli vietano la bizzarra esecuzione: quello è il suo spettacolo, s’intende, ed ha qualcosa di davvero stupendo.
Cosa era successo a Lello Pisacreta nel giro di pochi anni e, soprattutto, perché il suo sorriso era stato sostituito da uno sguardo trasognato? Tranquilli:è una delle persone più lucide d’Europa.
Lello Pisacreta aveva inglobato tutto dentro, e quel mondo che era imprigionato nella sua testa veniva fuori durante le esecuzioni, ed era talmente potente che esplodeva con tutta la sua forza emotiva e fisica, anche. Come recita quel brano dei Queen interpretato dal batterista Roger Taylor:
Combatti dall’interno, ma quando attacchi, fallo per davvero!
Eppure Lello Pisacreta sta inseguendo in parallelo anche quella passione che gli ha trasmesso il padre e sta studiando architettura; i risultati sono sempre eccellenti, eppure nel corso degli anni e della maturità egli si accorge che quel qualcosa di mostruoso che resta imprigionato dentro chiede di uscire e trovare un luogo, un rifugio in cui affilare gli artigli. Così si trasferisce a Roma e studia come ingegnere del suono, mentre nel frattempo mette in pratica le lezioni lavorando nei locali capitolini e suonando di continuo con le sue band. Da allora in poi curerà la produzioni di tutti i suoi album, e appena pronto ritorna nella sua città d’origine, in Irpinia, ad Atripalda per la precisione, per servire le svariate band che circolano e curarne i suoni e i dischi. Quest’anno il suo sogno più bello prende forma quando apre i battenti il rifugio della sua creatura che da sempre chiede di esporsi: Mood Records.
Mood Records è una piacevole struttura creata appositamente per vivere, creare, incidere e respirare musica. Offre un’ampia sala prove, una d’incisione e addirittura per rilassarsi durante le pause; offre oltretutto lezioni per aspiranti producer che si accingono a questo delicato mestiere, ed in Irpinia questa è la novità più originale ed entusiasmante, una ricchezza per questo territorio impoverito dalle poche attenzioni degli enti.
C’incontriamo di notte, io e Lello Pisacreta , sull’uscio dell’antro della sua creatura mezzo addormentata, ma che ancora lavora, e mentre di là in sala prove c’è una band che va decisamente per le lunghe, parliamo un pò di sé, del suo sorriso che è ricomparso e che trasmette la gioia della ricompensa, e soprattutto dei suoi progetti e di come si è realizzato il tutto davvero nel migliore dei modi.
Hai iniziato il tuo percorso formativo pensando a tutt ‘altro tipo di carriera. Quando hai deciso di ritornare sui tuoi passi, occupandoti di musica, e soprattutto in prima persona?
Il mio percorso formativo è stato, in effetti, abbastanza poco canonico. Alla fine del liceo ero molto affascinato da tutt’altro settore, quello dell’architettura, ma sin da adolescente ho sempre coltivato la passione per la musica. Ho conseguito, non senza sforzo soprattutto nella fase finale, una laurea in Ingegneria Civile, ma mi sono reso conto nel corso degli anni universitari di dedicare molto più tempo a soddisfare la mia curiosità musicale piuttosto che quella architettonica e così, in maniera molto naturale, dopo la laurea ho deciso di investire il mio tempo esclusivamente in quel settore, quindi ho deciso di frequentare dei corsi di formazione che potessero soddisfare la mia sete di conoscenza nel settore dell’ingegneria del suono.
Come nasce Mood Records?
Il settore dell’audio professionale racchiude numerose figure lavorative che possono essere categorizzate in maniera globale in coloro che lavorano principalmente per eventi dal vivo e coloro che scelgono di lavorare nella dimensione dello studio (anche se, ad onor del vero, una grandissima percentuale, compreso me, si interfaccia costantemente con entrambe le realtà). Personalmente ho sempre trovato più affascinante la seconda realtà e tutti i miei sforzi, anche economici, sono stati sempre indirizzati a poter un giorno realizzare una struttura in grado di poter offrire servizi professionali a chiunque voglia realizzare un prodotto musicale. Da questa idea nasce Mood Records, e direi, nel mio piccolo, di esserci riuscito.
Quanto è stato importante e duro allo stesso tempo, per te, restare nella propria terra d’origine ad esaudire il tuo sogno?
Nei periodi in cui sono stato lontano da Avellino per formarmi in questo settore mi sono confrontato con numerose realtà altamente professionali del campo e ho realizzato che forse tutte le potenzialità della scena musicale irpina non erano valorizzate e supportate nella maniera opportuna per mancanza di strutture in grado di poter offrire uno standard qualitativo adeguato.
Credo che, se si ha la possibilità ed il coraggio di prendersi qualche rischio, sia importante investire nel proprio territorio per poter offrire dei servizi che inevitabilmente verrebbero ricercati altrove o peggio neanche ricercati rischiando di stroncare sul nascere realtà musicali decisamente valide.
Attualmente hanno inizio i corsi per poter diventare producer a tutti gli effetti. Quanto è importante per te la produzione di musica propria a casa propria? Non credi che possa questo minimizzare il lavoro di uno studio discografico serio come il tuo?
Nel corso degli ultimi 20 anni abbiamo assistito ad una rivoluzione tecnologica davvero imponente. Oggi chiunque con un computer, un sequencer ed un paio di cuffie ha a disposizione possibilità creative quasi sconfinate, ma con una scarsissima cognizione di quello che si sta realmente facendo ed usando. Il risultato è un evidente abbassamento della qualità del prodotto ed un appiattimento della forma espressiva. Avere un’esperienza solida in questo campo richiede molti anni di studio e di lavoro sul campo ed è questo sicuramente il gap che gli studi professionali riescono a colmare, oltre ad avere accesso a dispositivi e tecnologie molto costose che garantiscono alti livelli di qualità.
Inoltre credo che così come per un “tecnico” sia importante avere delle solide basi di teoria musicale, di armonia, ecc. per poter interfacciarsi in maniera adeguata con i musicisti, allo stesso tempo è altrettanto importante che un musicista conosca gli aspetti tecnici della produzione musicale per poter aver un maggior controllo sulle diverse fasi che inevitabilmente lo coinvolgono sia nel lavoro in studio che dal vivo.
Alcuni corsi della nostra struttura, in particolare quello di Home Recording e Music Producer & Live Performer sono indirizzati proprio a fornire una solida preparazione in campo audio per affrontare in maniera professionale anche produzioni realizzate in ambiente home.
Esistono ancora possibilità di poter vivere di musica, secondo te?
Per chi come me ha deciso di dedicarsi maggiormente all’attività in studio è sicuramente un po’ più complicato ottenere il giusto ritorno economico a tanti anni di esperienza, formazione e sacrifici.. Prima dello sviluppo tecnologico di cui ti ho parlato poco fa, andare in studio era l’unico modo per poter realizzare un album e lì si operavano anche le fasi di pre-produzione ed arrangiamento dei brani, fasi che anche grandi artisti oramai riescono a gestire tranquillamente nel proprio home studio.
Ma, come dicevo in precedenza, la necessità di affidarsi a professionisti nasce nella fasi successive, che hanno bisogno di essere effettuate in strutture adeguate che mettano a disposizione ambienti ed attrezzature altrimenti difficilmente accessibili.
Come in qualsiasi settore professionale, il successo, anche in termini economici, risiede sempre nella qualità dei servizi che offri e nel saperti rapportare in maniera adeguata ai tuoi clienti cercando sempre di soddisfare a pieno le loro esigenze; con caparbietà, studio costante ed esperienza si può riuscire a vivere di sola musica.
Credi che la musica possa essere un progetto valido per la salvaguardia di alcuni valori? Considerate le tue preferenze di stampo rock, quanto questo riferimento di benessere può coesistere con le dubbie capacità di ascolto e produzione della mediocre musica home made di oggi?
La musica rappresenta un linguaggio universale nel vero senso della parola perché riesce a trasmettere indistintamente delle emozioni anche senza che ne sia compreso a pieno il messaggio. E’ dunque uno strumento potentissimo di comunicazione che può e deve veicolare anche importanti valori sociali, cosa che peraltro ha sempre fatto e sempre in maniera molto efficace, penso ad eventi storici come Woodstock o il Live Aid.
Ho citato non a caso due eventi strettamente connessi alla cultura rock, genere come dicevi a cui sono molto legato e che ha influenzato parecchio il mio modo di vedere e di stare al mondo, ritornando appunto al discorso dei valori sociali che è in grado di veicolare la musica; facendo il mio lavoro comunque ascolto e mi trovo a lavorare con brani di ogni genere musicale e in tutti, anche quelli più orientati ad ottiche squisitamente commerciali, trovo elementi interessanti che stimolano la mia curiosità e mi conducono ad altri ascolti ed altri ancora. Ecco, la curiosità, credo sia questo l’elemento principale che scarseggia nella società moderna. Avere tutto a portata di mano o meglio di click ci ha reso meno curiosi, meno interessati a soffermarci sulle cose che vediamo, che ascoltiamo.. sono talmente tutte così immediatamente accessibili che le diamo per scontato e questa superficialità di approccio comporta un evidente vuoto di cultura.
Intanto la band continua a suonare in sala prove e io e Lello decidiamo di allontanarci per un drink.
4 comments on Intervista a Lello Pisacreta
Comments are closed.