Chi è l’uomo spinto dal suo demone interiore? Quel demone rappresenta quell’inclinazione che costringe l’essere umano a proseguire la sua strada, restando fedele a se stesso nonostante il dolore che arreca a sé e agli altri. Nell’immaginario collettivo questa capacità è rappresentata dall’autogovernarsi e dunque la condizione esistenziale ad essere responsabile delle proprie decisioni è raffigurata dal mito di Ulisse.
Durante il suo pellegrinaggio, durato dieci anni, Ulisse incontra creature bellissime che, però, deve sempre abbandonare per seguire il suo destino. È come un richiamo inconscio ma troncare gli affetti rappresenta un modo di voltare le spalle al mondo che ciascuno si costruisce e ciò, se vogliamo, è terribile perché non c’è altra giustificazione se quella di restare fedeli a se stessi. Dunque questa modalità di agire equivale ad un tradimento. Ciò a cui Ulisse si sottrae, voltando le spalle alle persone che incontra durante il suo viaggio, rappresenta il pensiero collettivo perché tradisce il pensiero comune e le aspettative della gente. In situazioni come questa può subentrare il rimorso, si può essere assaliti dai sensi di colpa ma la recriminazione peggiore per Ulisse sarebbe quella di non fare la cosa giusta.
Nel momento stesso in cui nasciamo, veniamo eterodiretti prima dai progetti dei nostri genitori e, successivamente, dall’ambiente in cui viviamo. Solo quando operiamo delle scelte personali diventiamo autodiretti e le cose intorno a noi iniziano a cambiare perché noi iniziamo a cambiare.
La nostra capacità di riuscire a trasformarci consiste, soprattutto, nell’ascoltare la voce dell’inconscio che custodisce l’irriducibile desiderio della realizzazione individuale. Per questo motivo, ogni essere umano è unico, ogni conflitto interiore è personale. Di fronte al conflitto, la persona implicata si ritira dal mondo, chiudendosi dal mondo e dagli altri.
La guarigione psicologica avviene attraverso una presa di coscienza della situazione che è utile, a far uscire la psiche dal suo torpore, per arricchire la vita di un senso di cambiamento e di avventura. Per questo motivo tutti noi siamo come Ulisse perché cerchiamo una nuova visione interiore che sia più ampia. Una visione capace d’interpretare e di fornire di nuovi significati il mondo relazionale in cui siamo immersi. Questo avviene quando superiamo gli attaccamenti dell’io e ciò si verifica quando cerchiamo di ampliare ciò che crediamo di essere, andando oltre il personaggio statico nel quale ci siamo identificati.
Quando ci sentiamo infelici è probabile che non stiamo agendo in conformità alle nostre attitudini e facciamo finta di non sapere quali siano. Coltivare le nostre inclinazioni ha un effetto prodigioso sulla psiche e ci fa sentire realizzati ma dobbiamo prima individuarle. Il rischio è quello di negare queste parti nascoste per uniformarci ad una realtà che ci porterà a vivere una vita mediocre perché delineata da ideali che non sono i nostri.
Fare emergere le nostre aspirazioni, significa far emergere i frutti della pianta che siamo ma, per rifiorire e fruttificare, bisogna che il guscio si apra. C’è bisogno di una porta aperta.
Chi è capace di aprire le porte della psiche? È l’eros perché quando lui apre le porte riusciamo a percepire il mondo e le nostre attitudini si possono manifestare. Per aprirsi all’altro l’io deve destituirsi, ha bisogno di laterarizzarsi per potersi rapportare a quegli aspetti oscuri della nostra personalità.
L’io comincia davvero a sapere quando si lascia accompagnare dalle immagini dell’inconscio, nelle quali si esprime la parte tenebrosa e scura della personalità. L’immaginazione quindi diventa un luogo intermedio di incontro e reciprocità, un luogo per superare le resistenze.
Quando superiamo le resistenze, la psiche si apre ed emerge un segreto custodito nel profondo. Il viaggio, quello di Ulisse non può esistere senza coinvolgimento affettivo. Non ci può essere viaggio e quindi creazione di ciò che siamo.
Questo, il talento dell’eros, che grazie al coinvolgimento affettivo sfida la paura, erotizza la paura e la attraversa. L’eros feconda il caos dentro di noi.
Come dice Carl Gustav Jung:
Accettai il caos e l’anima mia mi visitò.
È il processo individuale che implica una visione dell’uomo come essere tendente ad uno scopo che è quello di trovare la sua unicità. In questo tendere, tollerando l’accettazione della nostra ombra per diminuire la coazione difensiva a causa della paura della vita.
L’eros ci mette nello stato d’animo di accettare e rischiare tutto.
Jung affermava:
La trasformazione si ottiene con la follia dell’amore, che è una dimensione dinamica capace di portare l’inconscio alla luce.
E allora è piuttosto l’incapacità di amare che ci impoverisce, rendendoci sterili. Chi non ama vede il mondo come insignificante, ecco perché Freud arriva ad affermare che la libido conferisce alla realtà vitalità e bellezza. D’altra parte sempre Freud ci ricorda che l’umanità ha sempre sacrificato un pò della felicità in cambio di un pò di sicurezza.
Capovolgere gli assunti per vedere l’invisibile a caccia del desiderio inconscio.
L’intento è quello di aprire una finestra sulle dinamiche inconsce e ricordare che dall’atteggiamento creativo nasce il coraggio di vivere, che implica la consapevolezza della propria particolarità e di quell’incolmabile particolarità e di quell’incolmabile distanza che ci separa dall’altro ma che nello stesso tempo ci rende unici.
Il fine ultimo non è la meta il viaggio.
Si cambia quando ci si accosta al simbolico perché l’inconscio è poetico e si mostra metaforicamente. Solo allora possiamo revisionare e rileggere il nostro essere nel mondo. L’atteggiamento affettivo di tipo artistico esiste e conta veramente tanto. Se l’inizio del pensiero è il disaccordo, non solo con gli altri ma anche con noi stessi, bisogna dubitare di se stessi e del proprio pensare.
Dovremmo domandarci quale istanza in noi governa il nostro pensiero? Sarebbe il primo passo verso la verità e sciogliere così i falsi nessi tra le cose.
Gli schemi mentali non portano a qualcosa di costruttivo, la sfida di Ulisse è quella di andare oltre. Ulisse naviga per andare altrove, parlando e raccontandosi in un modo rinnovato supera se stesso.
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