La Napoli di mio padre è un docufilm di Alessia Bottone, attualmente in tour per rassegne e festival. L’idea del film nasce da due esigenze: quella di raccontare il rapporto tra padre e figlia e l’altra a quella di parlare dell’esigenza della fuga dalle proprie radici ma anche come mezzo di sopravvivenza per i migranti e per i richiedenti asilo.
Il lavoro cinematografico ha dei tratti autobiografici perché la regista è veronese ma il papà, Giuseppe Bottone, è di Napoli. Alessia Bottone,da piccola si è ritrovata molto spesso ad accompagnare il padre durante i viaggi che lo riportavano nella sua terra di origine ma lei, che di città ne aveva un’altra, non capiva dove e perché stesse andando in un altro luogo che per lei non rappresentava casa, non rappresentava nulla.
Mi sono sempre sentita parte di un Sud che ho conosciuto solo grazie agli aneddoti di mio padre e di un Nord dove sono nata e cresciuta e mi sono chiesta se questa sensazione fosse condivisa anche dai figli dei nuovi migranti.
Vivere in un contesto in cui convivono più culture è indubbiamente arricchente, ma trovare una propria identità all’interno di questa ricchezza non è sempre facile. Ho quindi raccolto i ricordi di mio padre per poi tornare nella sua città e mi sono ritrovata davanti ad uno specchio, sorprendendomi di riuscire a vedere un’altra parte di me stessa.
La Napoli di mio padre vuole aprire un focus sul tema della migrazione che porta con sé la voglia di fuggire da un luogo in cui non si sta bene per diverse ragioni e che spinge molti al fuggire, per trovare un posto nel mondo che faccia per loro.
Che cosa accomuna gli emigranti italiani del secolo scorso che partivano con la valigia di cartone con i migranti di oggi che richiedono asilo, sfidando il mare su barconi?
Ciò che li accomuna è il loro misterioso passato che ciascuno custodisce gelosamente che però ha qualcosa di turbolento e disperato perché fuggire non significa semplicemente cambiare posto nel mondo ma integrarsi in una nuova terra, accettandola e facendosi accettare.
Alessia Bottone: biografia
Alessia Bottone è una sceneggiatrice e giornalista laureata in Istituzioni e Politiche per i Diritti Umani e la Pace.
Nel 2017 consegue il Master in Sceneggiatura Carlo Mazzacurati dell’Università degli Studi di Padova. Ha curato la regia e la sceneggiatura del cortometraggio Violenza invisibile, dedicato alla violenza psicologica sulle donne e di due documentari: Ritratti in controluce e di Ieri come oggi.
Nel 2013 pubblica Amore ai tempi dello stage, Galassia Arte 2013 e nel 2015 Papà mi presti i soldi che devo lavorare?.
Nel 2017 le sono stati riconosciuti alcuni premi per le sue inchieste: Il Premio Giornalistico Claudia Basso con l’inchiesta Pfas, il Premio Alessandra Bisceglia per la comunicazione sociale e infine il Premio Massimiliano Goattin per la realizzazione di una video inchiesta sulle barriere architettoniche.
Nel 2018 rientra tra i finalisti del Premio Cesare Zavattini per la realizzazione di progetti di riuso creativo del cinema d’archivio e del Premio Luzzati per cortometraggi.
La Napoli di mio padre è il suo primo cortometraggio a base di archivio.
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