Quando si parla della nostra Costituzione la si descrive sempre definendola come la più bella del mondo. Eppure molti suoi articoli, a distanza di settant’anni, sono l’equivalente di una lettera morta.
La più bella – La costituzione tradita – Gli italiani che resistono di Alessio Lasta, giornalista e inviato di Piazzapulita, il programma di La7, nasce dalla voglia di mettere nero su bianco le storie di uomini e donne che oggi lottano e resistono per veder riconosciuti i loro diritti.
Siamo di fronte alla penuria di posti nelle case popolari, alle prese con truffe perpetrate ai danni dei risparmiatori; assistiamo al taglio di assegni per la cura di malati gravi e molto altro, di cui sentiamo parlare tutti i giorni e su cui ci si sente impotenti o non ci si fa più caso perché la rassegnazione si è trasformata in indifferenza o in normale amministrazione all’ordine del giorno.
Ogni storia scritta all’interno de La più bella si chiude con un articolo della Costituzione che viene disatteso. Dunque c’è ancora da fare qualcosa per renderla più bella.
La più bella – La Costituzione tradita – Gli italiani che resistono di Alessio Lasta, pubblicato da add Editore, uscirà nelle librerie il prossimo febbraio.
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Ghemon: il rapper di Avellino approdato a Sanremo
Ghemon è il nome d’arte di Giovanni Luca Picariello, rapper e cantautore italiano, classe 1981 e nato ad Avellino. Quest’anno ha deciso di esibirsi a Sanremo con il brano Rose viola. Il suo nome non è sconosciuto ai più giovani che lo conoscono ormai da tempo. Lui è un rapper particolare e camaleontico, riesce a mixare stili completamente diversi, senza dimenticare l’importanza dei testi. È un artista che vive in modalità low profile, non è un esibizionista e lascia che sia la sua musica a far clamore. Si è definito, in alcune interviste, un transgender del rap perché rifiuta qualsiasi etichetta o catalogazione sulla sua musica e sulla sua vita privata.
Il rapper ha scelto il suo nome d’arte chiamandosi come l’amico samurai di Lupin, la differenza è che ha scelto di scriverlo per come si pronuncia: Ghemon anziché Goemon. La scelta del nome non dipende da somiglianze caratteriali che lo avvicinano al samurai taciturno e distruttivo ma é semplicemente perchè é l’anime che lo affascina di più.
Ghemon si discosta dall’ambiente dell’hip pop perchè la sua musica parla della sua realtà, della sua vita e non di quello che vorrebbe avere e che non ha o di ciò che vorrebbe essere e che non è. Scrivere i suoi pezzi per lui è mera catarsi, è un modo per cercare di stare meglio, cacciando fuori tutto quello che non va bene, è un modo per esorcizzare un demone con cui ha dovuto fare i conti: la depressione.
Il cantante ha parlato di questo malessere che lo ha costretto all’immobilità: non riusciva ad uscire di casa, ad alzarsi dal letto e quando ha dovuto fare i conti con ciò che aveva, oltre all’aiuto degli psicofarmaci, la musica è stata la sua terapia interiore.
Il testo Mezzanotte dell’album omonimo uscito nel 2017 racconta della sua malattia. Ecco il video!
Rose viola: testo e significato della canzone presentata a Sanremo
Ghemon quest’anno ha deciso di esibirsi come concorrente al Festival di Sanremo, portando un testo che parla d’amore. Quello di cui parla è un amore finito o non vissuto nel migliore dei modi. La particolarità del testo è che le parole ed il punto di vista sono al femminile, in alcuni passaggi lui canta come se fosse una lei .
Ecco il testo di Rose viola:
Dieci fori di proiettile nell’anima
Ed il cuore ricolmo di sassi
La strada del ritorno
L’ ho segnata sulla mappa dei miei passi falsi
Frasi squisite, quelle tue,
Che ora sanno di cibo per gatti
Ma sta nel gioco delle parti
Accarezzerò le tue mille spine
Sarò fragile
Rose viola
Stese sulle lenzuola
Come tutte le notti in cui
Te ne stai da sola
Nodi in gola
Ed il trucco che cola
come tutte le notti in cui
Proprio lui ti trova
Lo sguardo segue fiero
Nello specchio questa linea curva lungo i fianchi
Mi fai sentire nuda ancora prima di spogliarmi
Tu sei il pensiero nero che mi culla
E anche stanotte scapperai su un taxi
Com’è difficile salvarsi
Rose viola
Stese sulle lenzuola
Come tutte le notti in cui
Te ne stai da sola
Nodi in gola
Ed il trucco che cola
Come tutte le notti in cui
Proprio lui ti trova
Gli occhi perdonano
per uno come te
Anche se dico no
Resti dentro di me
Resti dentro di me
Rose viola
stese sulle lenzuola
Come tutte le notti in cui
Te ne stai da sola
Nodi in gola
Ed il trucco che cola
Come tutte le notti in cui
Proprio lui ti trova.
Le rose viola sono delle metafore che servono a Ghemon per dare il senso del dolore e della sconfitta che porta con sé la fine di una relazione appena finita o di un legame che non procura gioia. Viola è il colore che simboleggia la morte e, se ci pensiamo bene, la fine di un rapporto e la sua accettazione sono come una sorta di elaborazione del lutto e di tutti i passaggi che inevitabilmente si devono affrontare per stare meglio, accettare ciò che è successo e ricominciare a vivere la propria vita senza l’altra persona. Allo stesso tempo è doloroso anche vivere una storia d’amore in cui non si sta bene, in cui ci si sente soli pur essendo una coppia. Il tema principale di Rose viola oltre all’amore è anche la solitudine vista nella sua duplicità e differenza cognitiva.
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Il Liquore artigianale al Pomodorino del Piennolo dell’azienda Alma De Lux
In occasione della manifestazione altoatesina lancia lo Spritz Napoletano realizzato proprio con il liquore al Pomodorino del Piennolo proposto a buyer e addetti al settore.
L’azienda Alma De Lux di San Giorgio a Cremano, un comune alle pendici del Vesuvio, consegue il Platinum ai WineHunter Awards 2022, il riconoscimento più ambito della manifestazione Merano Wine Festival dedicata agli addetti al settore dal 4 all’8 novembre in Alto Adige, con “Liquore al Pomodorino del Piennolo” un omaggio a uno dei prodotti più antichi e tipici dell’agricoltura campana, a base di pomodoro del piennolo Vesuvio Dop, basilico, storico alleato del pomodoro e arricchito con il profumo fresco e pungente del Peperoncino piccante.
Un riconoscimento importante, dato che il WineHunter Award, guidato da Helmuth Koecher, è il premio d’eccellenza e alta qualità assegnato annualmente ai migliori prodotti vitivinicoli e culinari, con una intera sezione dedicata ai distillati, e dove l’azienda napoletana Alma De Lux già nel 2021 ha stupito la giura, conseguendo il “Platinum” con un liquore unico al mondo, si tratta di “Cigarro” che nasce dall’infusione dei migliori Puros Cubani, di cui riverbera le sensazioni ed i piaceri.
Ma non è tutto, l’eclettica Luisa Matarese, anima e volto di Alma De Lux, proprio in occasione del Merano Wine Festival propone lo Spritz napoletano, a base di liquore al Pomodoro del Piennolo, una versione alternativa al celebre long drink, un modo piacevole e diretto per raccontare la biodiversità della regione Campania e, allo stesso tempo la passione e la tradizione napoletana, sempre al passo con i tempi e con la capacità unica di sapersi adattare alla modernità. La ricetta dello Spritz Napoletano è semplice e molto fedele al drink di base, l’unica variante è il liquore al pomodoro del piennolo, unito a Prosecco Extra Dry Docg, acqua tonica, bitter rosso, ghiaccio, basilico e pomodorino per guarnire.
A tal proposito Luisa Matarese dichiara:
Lo Spritz napoletano è un cocktail da aperitivo realizzato con un ingrediente identitario della tradizione gastronomica partenopea “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP ho voluto lanciare un segnale forte per raccontare la mia terra. Questo è un liquore nato da una lunga sfida. Se con il pomodoro è semplice creare una salsa, trasformarlo in liquore è molto più complicato! Ci ho messo anni a mettere a punto la ricetta e finalmente nel 2016 ho presentato il prodotto. Poi, l’idea di creare un cocktail è nata con l’obiettivo di rendere fruibile a tutti un prodotto così importante per la nostra cultura, a partire dai più giovani.
Il “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP” uno dei prodotti più antichi e tipici dell’agricoltura campana, non a caso, è presente nel presepe napoletano, coltivato alle falde del Vesuvio con radici antiche e ben documentate. Già nell’800 dove si menzionano “pomodorini a ciliegia, molto saporiti, che si mantengono ottimi fino in primavera, purché legati in serti e sospesi alle soffitte”. Il metodo di conservazione al “piennolo” infatti, favorisce una lenta maturazione e consente una lunga conservazione fino alla primavera seguente. Nel corso dei mesi il pomodorino appeso al piennolo, pur perdendo il suo turgore, assume un sapore unico e delizioso, che i napoletani apprezzano particolarmente per preparare sughi prelibati ed invitanti.
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Formidabili quegli anni di Roberto Vecchioni è un messaggio di rivolta pacifista
Formidabili quegli anni è il nuovo singolo di Roberto Vecchioni, è la conferma di un artista che ama parlare ad un pubblico giovane, sia come docente che come scrittore e musicista.
Il brano diffuso in radio lo scorso 3 maggio insieme al lancio del video diretto da Raffaello Fusaro e prodotto da Danilo Mancuso per Dme è già presente nell’album L’Infinito, uscito lo scorso novembre, diventato Disco d’Oro ma che ha avuto la particolare propensione al rifiuto di piattaforme digitali (rarissimo al giorno d’oggi).
Già sapere che questa particolare forma di protesta mediatica (o non mediatica) abbia ottenuto dei riscontri positivi sugli ascolti, che intanto sono arrivati ed hanno premiato, significa che in giro esiste ancora una fetta soddisfacente di cultori – musicali e non- che continua ad apprezzare forme di diffusione oggi definite desuete ed antiquate.
Roberto Vecchioni spiega a Repubblica, giustificandosi quasi e rivolgendosi nell’umiltà che ha fatto grandi i miti del passato, che il brano è uno “scippo” a Mario Capanna, uno dei principali protagonisti della rivolta studentesca del ’68, ma che non è qualcosa di nostalgico.
Il videoclip, su cui ci soffermeremo insieme al testo emozionante, intanto si apre con le immagini di contestazione proletaria e studentesca dell’epoca, situazioni che oggi sembrerebbero distopiche e quasi sfiancanti al solo pensiero, abituati come siamo a colpi di click o di like e unlike su social traboccanti di tutto, e forse di nulla.
Ma qui non si tratta di leggere o ascoltare o vedere qualcosa che viene spazzata via in un millisecondo dal prossimo post, perché ciò che abbiamo davanti possa insegnare ( e su questa qualità ci ritorneremo) a chi si sofferma che è importante, attraverso la forma d’arte che si definisce canzone (in francese chanson è quanto di più bello ed antico, quindi prezioso, il motivo in cui si possano abbinare musica e poesia) che la cultura spesso viene meglio recepita nelle forme di rarissima semplicità, dove più debole sarà il contesto didattico e più forte avverrà l’infatuazione alla materia.
Le immagini (e si sa che video killed the radio star) del video si alternano tra quelle che inquadrano una scena ricostruita di quei giorni e quelle di un Roberto Vecchioni docente universitario (l’Ateneo e la biblioteca sono quelli di Pavia) mentre parla, ed in realtà canta agli studenti le gesta di un mondo ideologico che oggi non ci può appartenere, perché per quanto volessimo distanziarci, la politica è tutto ciò che ci circonda, in ogniddove, in quanto dal greco pòlis, ossia la città intesa come Stato e come indicazione di tutte le attività sociali.
E non importa se nella realtà dei fatti oggi chi parla o interviene a proposito del ’68 sia un nostalgico o un antiquato, perché, come dice il cantautore nel suo testo (mentre nel video addita i suoi ascoltatori) e la libertà che avete / mica c’erano a quei tempi / noi ci siamo fatti il culo / tocca a voi mostrare i denti, e ciò non significa “vedi quanto sono stato bravo”, ma al contrario esalta la capacità di una mente giovane in un mondo ancora coadiuvato da una classe tramontata e forse sbagliata –anche ideatrice del ’68- , e allo stesso tempo sono proprio i protagonisti di quel periodo a scuoterli, a smuoverli a dare un cenno di assenso.
E poi ancora: formidabili quegli anni / incredibile sognare che non dormi / in un fiume straripante di parole / ammassati nelle aule delle scuole.
La condivisione, dunque, e non quella mediatica / social a cui siamo abituati oggi e poi ce ne sbarazziamo appena ne arriva un’altra, ma dove il raggruppamento, dove le assemblee, dove i naturali scontri verbali e le incomprensioni sono la linfa di un’interazione del tutto normale, un qualcosa che ha dato vita alle comunità , alle città, agli stati, con tutti i loro problemi, ma con tutte le loro fazioni ricche di opportunità sociali, dove la ricerca di una soluzione professionale forma l’uomo e indirizza al rispetto del prossimo.
Quanto siamo cresciuti cinquant’anni fa e rispetto ad essi?
La reazione ad una forma di autoritarismo troppo incombente, che strideva con la rosa colorata della gioventù dell’epoca, quest’ultima progredita moltissimo demograficamente, in quanto figlia del boom economico post bellico degli anni ’50, che avrebbe creato però, ahinoi, ancora più distanza tra chi deteneva il potere e la sudditanza, la realtà operaia, quest’ultima a stretto contatto con la povertà.
A differenza di oggi, dove una crisi che dura da più di un decennio ha ridotto le nascite, ha allargato nuovamente e di gran lunga il divario tra le classi sociali, e dove la speranza è rivolta anche all’integrazione e all’accettazione di chi si è spostato dal proprio Paese e ha scelto l’Italia, perché il futuro sta nelle nuove generazioni, e non importa quale siano la provenienza ed il colore.
E se passi un solo giorno / senza farti una domanda / senza un grido di stupore / l’hai mandata al Creatore; una frase, una proposta al pensiero filosofico che ha spinto intere giovani generazioni al confronto con sé stessi e poi con i propri padri, così il grande giurista e poi romanziere postumo Salvatore Satta, proprio nel marzo del ’68 rispose così ad un’intervista di Panorama: “Hegel diceva che sono i figli che fanno i padri. Finché non si riconosce questo è inutile parlare di dialogo, di scambio di idee”.
Sì, perché noi non siamo della razza / di chi frigna e si dispera / come zombie di un passato / che sembrava primavera ma ci accorgiamo, affranti, che la sorpresa di una meraviglia oggi non ci scomoda più mentre allora, rispetto ad oggi ci sembrano quasi formidabili, quegli anni, formidabili quei sogni nei miei sogni / la malinconia bevuta agli occhi insonni / formidabili quei giorni nei miei giorni, e chi ci sta tenendo una simbolica lezione su quanto sia stato determinante quel periodo è perché ancora oggi esistono risultati che hanno scatenato una sensibilizzazione alla cultura, dove si combattevano l’ozio ed il sonno per correre al cinema ed arricchirsi con film come 2001: Odissea nello Spazio e Il laureato, o magari per tuffarsi tra le pagine de Il lamento di Portnoy, o per aggregarsi, semplicemente, parlando delle proprie esperienze, dell’arte intesa come pensiero politico.
Aggregazioni che hanno dato vita alla combattiva ossessione di scrittori come Paul Auster , Ian Mc Ewan e Stephen King, ma anche alla formazione di registi come Nanni Moretti e Carlo Verdone, oltre che a personalità influenti nel mondo del giornalismo come Paolo Flores D’Arcais e Paolo Mieli; alle architetture di Renzo Piano che distrussero gli stereotipi, come il Beaubourg.
E si pensino anche agli scontri con Pier Paolo Pasolini, che con un film come Porcile sottolineava la distanza tra padri e figli, e che con la poesia Il PCI ai giovani s’inimicò gli studenti di Sinistra; si provi solo ad immaginare Alberto Moravia, un pilastro della letteratura mentre, ne L’espresso, veniva dato in pasto a ragazzi universitari protagonisti della contestazione, dove una nuova idea di movimento marxista-leninista prendeva forma e poneva differenza con una Sinistra “destrorsa”.
Per non parlare di una re-definizione di gruppi pop rock come Street fighting man dei Rolling Stones e Revolution dei Beatles, oppure della nascita del concept Storia di un impiegato di De Andrè o La Locomotiva di Guccini.
La Locomotiva di Francesco Guccini: il video
Non mi passi per la testa / che si celebri il terrore / noi siam quelli della festa / con il vino ed altre sole fa venire in mente lo studio di Enrico Deaglio, anch’egli ex studente contestatore, direttore di Lotta Continua tra il 1977 ed il 1982, che nel suo libro Patria 67 – 77 ha analizzato il decennio che ha cambiato la storia moderna italiana, dove si pongono le differenze tra movimenti studenteschi ed operai in confronto agli anni di piombo che ne seguirono ma che si legarono a tutt’altra concezione ed azione politica, volta al terrore, agli omicidi, agli attentati. Tutt’altra cosa.
Insomma, “noi siamo quelli della festa dell’Unità”, sembra voglia dirci, e diciamolo pure, senza nascondere le varie ideologie intese nello stesso partito, che un movimento socialista come quello di quegli anni forse non si vedeva dai tempi dell’Unità d’Italia.
All’amore di ragazze travolgenti / cavalieri sopra nuvole incoscienti, quindi le azioni femministe, la libertà sessuale intesa dal lato delle donne, la liberazione di una società patriarcale, le unioni delle ragazze con i ragazzi sotto un’unica bandiera, mano nella mano a sorreggersi sia nella lotta che negli affetti.
Da qualche parte si è letto che ai tempi della Comune, a Parigi, si sparava agli orologi, come azione simbolica a fermare il tempo e a lasciare che quella gioia di comunione condivisa durasse incosciamente per sempre, così come in questo brano Vecchioni pare voglia fermare la folle corsa di questi tempi affinché ci potessimo obbligare a delle soste, segnarle come pietre miliari, e consegnarle alla Storia come esempio benefico di aggregazione, rivolta ai posteri come un valido esempio di noi stessi: la malinconia passata agli occhi svegli / gli orologi segnan l’ora che son fermi.
Carmine Maffei
8 comments on La più bella è l’ultimo libro di Alessio Lasta: un reportage moderno sulla nostra Costituzione
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