La prima serata del Festival di Sanremo 2021 anomalo, atipico, del Festival di Ibrahimovic, delle gag che non fanno ridere, della sala vuota, dell’orchestra con la mascherina, è andata. Tredici cantanti in gara, tredici canzoni, tante attese e poche novità, in pieno stile Sanremo. Alla fine della serata questa la classifica determinata dalla Giuria demoscopica, e i nostri relativi giudizi sulle canzoni.
1. Annalisa – Dieci
Dieci è il titolo della canzone e non il voto, sia chiaro. Probabilmente sarà lei a vincere il festival dell’era Covid. Baci francesi, delivery, scenate d’amore e lunghi addii a concretare “dieci ultime volte”. L’immancabile pioggia condisce un pezzo che non può non piacere agli appassionati di melense storie d’amori finiti. Ma canta bene. E questo è già tanta roba.
2. Noemi – Glicine
Un brano e una interpretazione che la pongono in diretta competizione con Annalisa, tra i potenziali vincitori del Festival. È ancora giovane (non ha ancora quarant’anni), ma sembra molto vecchia, Noemi, ed è per questo che per Sanremo va benissimo. Anche per lei la differenza la fa una voce notevole. Per il resto, nulla di nuovo sotto il sole.
3. Fasma – Parlami
Canzone che senza l’arrangiamento tipicamente sanremese, con tirate d’archi e epica del festival, funzionerebbe molto meglio. Una delle cose interessanti ascoltate nella prima serata, anche se l’argomento del mondo bastardo che non si può cambiare ha un pò stancato, come l’auto-tune che rovina la freschezza della voce di Fasma.
4. Michielin/Fedez – Chiamami per nome
“Solo quando avrò perso le parole”, questa frase guida del brano, e già qui i dubbi nascono da soli: che cosa significa? Ma essendo Sanremo un atto di fede(z) prendiamo questa affermazione come un dogma e tiriamo dritti. Ma “nel cuore le spille” per fare rima con “mille” non si può perdonare. Per il resto, ciò che si sapeva già. Michielin sa cantare, Fedez no. E quindi in radio andranno fortissimo.
5. Francesco Renga – Quando trovo te
E la continuazione della frase potrebbe essere “mi sembra di trovare un amico del liceo che non vedevo da trent’anni”. Pensare che sia lo stesso dei Timoria deprime. Prova ad allinearsi alle nuove leve con una metrica più audace rispetto alle solite ballads che ha proposto in passato, ma questo fa di lui un diversamente giovane che piace alle nonne.
6. Arisa – Potevi fare di più
È l’autocritica contenuta nel titolo della sua canzone. La solita solfa, il solito brodino riscaldato. Orchestrazione da title track di un film Disney, e registri di cantato talmente bassi ad inizio del brano che fanno venire voglia di cambiare subito canzone. Sì, decisamente poteva fare di più.
7. Maneskin – Zitti e buoni
Dicono quelli che, udite udite, vanno a passeggio con la “siga”, che fanno la rivoluzione usando la parola “coglioni” ma poi chiedono scusa (ancora?) alla mamma e si sentono “diversi da loro”. Hanno vent’anni e sono già intrappolati nei loro personaggi di maledetti, sporchi e cattivi, ma belli, bellissimi. Meglio sulla copertina delle riviste che su quelle dei dischi, comunque. Avranno successo anche stavolta, ma è già il momento di virare.
8. Max Gazzè – Il farmacista
Ovvero l’alchimia di Gazzè in un tuffo nel passato che, anche se sa di già sentito, rappresenta il marchio di fabbrica di un artista che veleggia verso ogni record di partecipazione al festival. Già la citazione a Frankenstein Jr. (si può fare!) vale da sola la pena di fargli un lunghissimo applauso, ma il pezzo va comunque nella direzione di numerosi passaggi in radio e di qualche premio della critica.
9. Colapesce/Dimartino – Musica Leggerissima
È quella invocata dai due cantautori che hanno portato per mano gli ascoltatori verso un tuffo negli anni Ottanta, un pò Battisti anche Raffaella Carrà. E non è una critica negativa, questa. Il brano è gradevole e ha almeno il merito di staccarsi dal panorama da elettroencefalogramma (quasi) piatto delle proposte della prima serata.
10. Coma Cose – Fiamme negli occhi
Ma anche nelle orecchie. Si presentano a Sanremo con la grande occasione di uscire dalla nicchia che li ha sempre apprezzati e giustamente sostenuti. La loro canzone, con un testo che non lascia il segno e una costruzione furba, potrebbe diventare un tormentone. E allora, se il loro obiettivo è lasciare il sentiero battuto sinora per intraprendere la strada mostrata con questo brano, potranno dire di essere dei Jalisse che ce l’hanno fatta.
11. Madame – Voce
Titolo evocativo. Viene voglia di gridarlo, come quando ad una conferenza l’oratore non si sente. La canzone funziona, lei ha un futuro assicurato, ed un recente passato che già ne certifica la bravura. Solo che in questo brano la voce, appunto, rincorre la musica e a tratti si fatica a capire le parole. E per chi fa il suo genere è un peccato mortale. Imperdonabile
12. Ghemon – Momento perfetto
E perfetto o quasi è come al solito anche lui. Per distacco la proposta più interessante della prima serata, a condizione che ci si liberi dal paragone con “Rose viola“. Lì parlavamo di un piccolo capolavoro, qui di un brano originale e in cui il suo stile risulta riconoscibile e intatto, senza furbizie e ammiccamenti. Non è un caso che sia stato tra i meno votati della prima serata.
13. Aiello – Ora
La canzone prima in classifica, se la graduatoria venisse rovesciata. Si è ascoltato di molto peggio, ma ci può stare, il passato in tal senso ci insegna. Canzone senza infamia e senza lode, in linea con il Festival di Sanremo. Premio e menzione speciale per la frase “sesso e ibuprofene” che annienta in un attimo il paracetamolo di Calcutta e la sua Tachipirina 500.
Questo è il risultato delle nostre pagelle irriverenti per la prima serata di Sanremo 2021.
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