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Patto sui migranti Ue: solidarietà ma senza obbligo dei ricollocamenti

Margaritis Schinas, vicepresidente esecutivo della Commissione europea, ha presentato le nuove proposte per il nuovo patto sull’asilo politico e l’immigrazione, precisando che le proposte per il nuovo Patto non potevano più basarsi sul sistema di Dublino.

Ha affermato la commissaria YIya Johansson:

Alleggeriremo il peso sui Paesi di primo ingresso. Il regolamento di Dublino pone tutta la responsabilità per il migrante entrato illegalmente nell’Ue sul Paese di primo ingresso, salvo alcuni casi, e presenta scappatoie che permettono ai migranti di fuggire e andare a chiedere asilo nello Stato di sua scelta. Questa proposta chiude le scappatoie e introduce modifiche che consentono una distribuzione più giusta della responsabilità.

Patto sui migranti Ue

Patto sui migranti Ue

Cosa prevede il nuovo Patto sui migranti Ue

Il nuovo Patto sui migranti Ue non prevede trasferimenti obbligatori di migranti sbarcati nelle coste Ue verso gli altri Paesi dell’Unione europea. Viene proposta una procedura di frontiera integrata che consiste in uno screening pre-ingresso per l’identificazione di tutte le persone che attraversano le frontiere esterne dell’Ue senza autorizzazione o che sono sbarcate dopo un’operazione di ricerca e salvataggio.

Questo comporta  un controllo sanitario e di sicurezza con rilevamento delle impronte digitali e la registrazione nella banca dati Eurodac.

Dopo lo screening i migranti potranno essere indirizzati verso una procedura giusta. Verranno prese rapidamente decisioni per quanto riguarda il rimpatrio o l’asilo.

Il secondo punto del nuovo Patto sui migranti Ue riguarda i singoli Stati Ue che sono tenuti ad agire in modo responsabile e solidale gli uni con gli altri per stabilizzare il sistema generale e sostenere gli stati membri che si trovano in stato di stress e di difficoltà.

Il terzo punto riguarda le partnership con i Paesi extra-Ue che aiuteranno ad affrontare le sfide condivise ma anche a sviluppare percorsi legali.

Altro intento della Commissione è quello di rafforzare il controllo delle frontiere con un Corpo permanente della guardia di frontiera e costiera europea, previsto per gennaio 2021.

Avellino: Associazione Soma è un esempio di solidarietà e mutualismo

L’Associazione Soma nasce con l’intento di divulgare il senso e il concetto di solidarietà e di mutualismo e, in un periodo intollerante e poco umano come quello in cui ci troviamo, pensiamo che sia un esempio da seguire o da cui prendere spunto per creare poli simili sparsi nel nostro territorio.

Associazione Soma: video

Storie di immigrazioni

L’idea dell’associazione è quella di promuovere l’integrazione e la cultura della solidarietà attraverso un emporio sociale, un luogo fornito di un banco alimentare, un banco del farmaco e un banco di distribuzione di materiali scolastici e di prima necessità. La Rete Soma vuole essere anche un rete di acquisto solidale e un canale di accesso alla cultura e all’educazione informale, avvalendosi di spettacoli teatrali, musicali, cinematografici e di tutti gli strumenti in grado di poter creare stimoli e poter aprire i confini di ciascuno.

L’integrazione, quella reale e non confinata in SPRAR o centri di accoglienza limitati a garantire vitto e alloggio senza dare possibilità concrete di una vita attiva all’interno delle nostre comunità, è possile.

Abbiamo deciso di mostrarvi l’intervento e la storia di Dimitri, immigrato 5 anni fa, perché è un esempio di quell’integrazione di cui non si parla mai o che si affronta troppo poco e che, in molti, pensano sia solo utopia.

Immigrazione e integrazione sociale nelle aree rurali,
De Magistris: «La vera sfida è l’accoglienza»

Immigrazione e integrazione sociale nelle aree rurali.

Questo il tema del convegno promosso dal Gal Partenio a cui ha preso parte il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.

Il presidente del Gal Partenio, Luca Beatrice, cita papa Francesco e pone l’accento sulle opportunità date da una migliore gestione dei flussi migratori che valorizzi gli Sprar, unico sistema possibile di integrazione vera dei migranti nel tessuto sociale, lavorativo ed economico delle comunità; unico modo per far fronte al problema desertificazione, soprattutto nelle aree interne.

Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, lancia la sfida migranti in termini di accoglienza, diffusione e coesione sociale. Ogni abitante ha gli stessi diritti e doveri e gli immigrati presenti a Napoli già collaborano con noi per aiutarci a dare una sicurezza partecipata e integrata, sono anche loro difensori della città.

Immigrazione – Usque ad finem
l’accoglienza non è cosa nostra!

Parlare di immigrazione ad Avellino è come dover rimandare i richiedenti asilo, di nuovo, in mare al fine di salvarli. Da quando sono arrivati qui, nella residenza che per la maggior parte di noi è reputata la migliore, loro possono dirsi vittima di un sistema becero e privo di ogni logica umana.

Siamo soliti osservare questi ragazzi per strada, elemosinare davanti i supermercati, spesso li vediamo camminare smarriti, altre volte li vediamo protagonisti di cronache spiacevoli dove diventano, a nostro dire, bestie fuori dal comune.

Le istituzioni dove sono? Cosa stanno facendo?

La risposta a queste domande non tarda ad arrivare: l’uscita di un nuovo bando di gara con scadenza pervista per il 10 aprile 2019, da consegnarsi perentoriamente entro le ore 12:00 e si prega i partecipanti di confezionarlo per bene!

Inizia così la corsa dei gestori all’approvvigionamento delle strutture: grandi, piccole o come meglio vi pare, tanto verrete pagati in base al lotto prescelto.

Signori e signore iniziamo a dare i numeri: le estrazioni sono iniziate!

Strutture sotto i 50 posti, al di sopra, strutture in rete, insomma potete lasciare libero spazio alla fantasia e al territorio, per strutturarvi come meglio credete. Non dimenticate, cari gestori, di confezionare un prodotto pronto all’uso, rispetto a quelli che sono stati i dicktat da parte del Ministero degli Interni.

Per fortuna, per una volta, la dirigenza non ha dovuto sudare per scrivere capitolati e manfrine ad hoc, lo standard è stato imposto, tanto da permettere ad alcuni dirigenti di non doversi aggrovigliare su troppi copia e incolla, tipicamente obsoleti rispetto a pubblicazioni di bandi precedenti.

In un bando del genere il punteggio è importante, i gestori “numeri primi”, devono chiudere protocolli d’intesa con i Comuni, con le Asl, con le Misericordie, non sappiamo se anche con il WWF, il circo, il telofono verde, rosso o giallo.

Signori, signore, punteggio e rapporto qualità prezzo.

Immigrazione europea

Immigrazione in Europa

Mi chiedo se questi dirigenti si siano mai recati fisicamente presso una residenza ospitante per richiedenti asilo… La risposta è no! Probabilmente hanno delegato i funzionari. Ma questa è un’altra storia.

Queste stesse persone si sono mai rese conto che, rispetto agli incartamenti prodotti, tra tutto quello che emulano al fine di una buona accoglienza non c’è praticamente nulla? Si sono mai resi conto che quando si mette piede in queste strutture sembra di essereai tempi dell’autogestione scolastica?

Non ci sono operatori e se ci sono non hanno le competenze necessarie per eseguire le proprie mansioni à la carte.

In molte strutture, ma come nella maggior parte del panorama lavorativo nostrano, è più giusto far lavorare il figlio di …, il Sig. …, nipote di … tanto tacitamente si è deciso di dargli lo stipendio e non importa che si possano causare danni umani dovuti a incopetenza e superficialità.

Insomma l‘immigrazione diventa un modo per accaparrarsi il primo cittadino del paese o della città di turno che, in tempi non sospetti, nel vedere un immigrato arrivare presso una struttura era lì quasi a dire:” Mamma li turchi!”

Per farla più semplice, ho conosciuto un proprietario di casa che diceva di aver fittato la sua residenza a degli egiziani ed erano nigeriani! Tanto una nazionalità vale l’altra!

Immigrati africani

Immigrati in fuga

Il nuovo bando però premia la competenza, quella vera, quella dei plurilaureati con esperienza triennale o quinquennale. Scusate la domanda provocatoria: se fino ad ora si è data la possibilità, nella maggior parte dei casi, ai figli di …, questi altre altre figure plurispecializzate e competenti con esperienze stratosferiche dov’erano prima? Ah, probabilmente erano ancora tirocinanti! In quale regione?

Gridiamo all’esodo, al ritorno dei cervelli in fuga!

Scusate ma un pò d’ironia ma è d’obbligo in questo momento perché viene da pensare che realmente Salvini sia “l’uomo giusto”, giunto a mettere fine all’immigrazione clandestina e che abbia, in qualche modo, “ristretto il brodo”. Suo malgrado c’è da sentenziare che è stato consigliato male a fronte di alcune linee guida che sono carenti di esperienza vera nei confronti di queste problematiche delicate. Dal mio punto di vista, leggendo alcune sfumature, credo che molte cose siano state scritte in base a conoscenze astratte e per deduzione e basta.

Un esempio? Un centro di accoglienza che oggi per legge può restare senza operatori dalle ore 24:00 alle ore 08:00, ad esempio, è un criterio che non si può leggere, tanto poco cambia rispetto rispetto alla tesi anzitempo espressa circa gli operatori fantasma.

Saranno le cronache a confermarlo quando le forze dell’ordine, presenti sul territorio, si troveranno davanti il problema, forieri di una legge che oggi è diventata di facili espulsioni e rimpatri.

In qualche modo si dovrà pur trovare una soluzione, giusto? Ma anche in questo caso ci sarebbe da aprire un’altra parentesi. Il problema è che, spesso, quello che viene definito revoca dell’accoglienza da un centro non è la revoca dell’accoglienza da un territorio ed il migrante finisce per strada ed è lì che riesce a dare il peggio di sé perché non ha più niente che gli possa permettere di vivere con un briciolo di dignità. Provate voi a restare giorni e giorni  a vivere per strada privati di tutto, identità compresa.

Questo spunto di riflessione potrebbe aprire un’altra parentesi, quella del migrante parassita che vegeta nella struttura. Ma fuori che ci va a fare? Viene sfruttato per la mano d’opera, viene avvicinato e assoggettato dall’agricoltore di turno che lo vede come una bestia da soma, nella maggior parte dei casi.

Come li vogliamo definire? Espedienti di capolarato, forse troppi, nella nostra verde Irpinia?

Immigrazione: bandi

Patti e accordi  sull’immigrazione

Il punto è che ad Avellino il brodo andrebbe azzerato perché ne va della stessa incolumità degli imprenditori che, oggi accecati dai grandi numeri e dalle grandi cifre, tentano di classificarsi ai primi posti di una graduatoria che li vedrà anche vincitori ma che, inevitabilmente li vedrà sopraffatti dai debiti, siano delle banche o di altra natura.

Nella maggior parte dei casi accade questo: l’ente non paga e usa i gestori a proprio piacimento, poi quando non serve più lo butta via come fosse carta straccia., sostituendolo col nuovo Paperon de’ Paperoni del momento.

I controlli dettati dalle nuove linee guida dei bandi sono giusti ma le persone competenti per poter svolgere questo delicato lavoro sono troppo poche e non riescono a svolgere pienamente il proprio lavoro.

Nel bando non c’è scritto quanto siate disposti ad indebitarvi, non c’è scritto quali siano le cifre che riuscirete ad anticipare, c’è scritto solo quanto si è disposti ad offrire.

Fate attenzione!

L’accoglienza esiste ma non è cosa nostra!

T.C.

Dove bisogna stare è un docufilm sull’accoglienza firmato Gaglianone e Collizzolli: il trailer

Daniele Gaglianone e Stefano Collizzolli portano sul grande schermo Dove bisogna stare, un docufilm che ha come protagoniste quattro donne impegnate nell’accoglienza volontaria. Il lungometraggio mostra in modo molto diretto l’altra faccia della medaglia sul tema dell’immigrazione.

L’immigrazione e la consequenziale accoglienza sono argomenti che, spesso, vengono trattati in modo superficiale, senza approfondire realmente la questione umanitaria che spinge uomini, donne e bambini ad intraprendere viaggi, spesso fatali, per poter respirare la libertà o almeno per assaporarla. Che cos’è la libertà? Vi ponete mai questa domanda? La maggior parte di noi la dà per scontata ma, purtroppo, non è per tutti così.

Dove bisogna stare affronta il tema dell’immigrazione e dell’accoglienza, conducendo lo spettatore nei centri sociali e nei rifugi provvisori, per mostrare la realtà e sfatare alcuni miti sulla questione.

Quali sono le problematiche burocratiche a cui ogni giorno devono far fronte gli operatori e i mediatori culturali per poter garantire la minima accoglienza a persone che non hanno più nulla? Cosa spinge un essere umano a diventare profugo, avventurandosi oltre i propri confini, rischiando tutto? Sicuramente non è il “benessere economico” che i mass media cercano di far credere.

Scena tratta dal film

Dove bisogna stare il documentario

Sull’argomento immigrazione e accoglienza si sono costruiti stereotipi e generalizzazioni che hanno e stanno, tutt’ora, generando insofferenza verso l’argomento. All’interno di queste dinamiche o “emergenze” ci sono interessi politici ed economici che non hanno come beneficiari diretti gli immigrati.

Dove bisogna stare non cerca di muovere le corde della pietà e della compassione ma vuole mostrare come si svolge, davvero, la realtà all’interno di queste situazioni umanamente precarie. Nella maggior parte dei casi l’Italia funge da “terra di passaggio” per andare in altri luoghi.

Un’altra  particolarità del docufilm è che i protagonisti sono due categorie che, per motivi diversi, hanno non poche discriminazioni sociali: gli immigrati e le donne.

Dove bisogna andare: protagonisti

Lorena, una pensionata di Pordenone, aiuta dei rifugiati pakistani e ci mostra come sia difficile vivere in condizioni così precarie, resistendo al freddo e non riuscendo ad avere assistenza medica.

Per lei:

Guardare un rifugiato negli occhi è un gesto politico, è un modo per ridargli il valore per metterlo al mondo

Elena, invece, vive in un piccolo paese vicino alla Val di Susa e ospita a casa sua un ragazzo che ha attraversato la frontiera, a piedi scalzi e con la neve, rischiando l’amputazione degli arti. Jessica è un’attivista ed è tra i responsabili del centro sociale Rialzo di Cosenza infine c’è Elena che vive a Como e cerca di dare informazioni pratiche ai profughi che ne hanno bisogno.

Foto tratta dal docufilm Dove bisogna stare

Tutte e quattro le protagoniste del documentario hanno in comune la forza e la determinazione che le spingono a combattere quotidianamente con situazioni complesse. Sono donne libere da preconcetti, motivate esclusivamente dalla voglia di aiutare chi cerca di riappropriarsi della propria vita. Il film porta a riflettere sul vero significato e valore che hanno le parole: accoglienza, solidarietà e pregiudizio razziale.

Dove bisogna stare verrà proiettato nelle sale il 17 gennaio.

Buona visione!

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