L’uomo del labirinto recensione

L’uomo del labirinto: un thriller psicologico sulla manipolazione mentale

L’uomo del labirinto, tratto dall’omonimo romanzo noir (2017) di Donato Carrisi, conduce lo spettatore all’interno del mondo della manipolazione psichica e della fragilità mentale dell’essere umano.

Il regista parte da un’ambientazione non definita: siamo in Italia e ciò è deducibile dai nomi delle insegne dei negozi, ma possiamo trovarci ovunque. Dall’inizio del film si entra immediatamente nel mondo distorto di Samantha Andretti (Valentina Bellè), una ragazza che è stata rapita quindici anni prima ed è stata drogata dal suo rapitore, per renderle, forse, meno pesante la condizione di cattività cui è stata costretta a vivere.

Per cercare di capire cosa sia successo a Samantha Andretti, viene interpellato il dottor Green (Dustin Hoffman), un profiler che deve entrare nella testa della ragazza, spingendola a ricordare tutto ciò che ha vissuto nei quindici anni di rapimento.

Tutto il suo trascorso di quegli anni, probabilmente, è stato rimosso dalla ragazza sia per le droghe psicotrope che le sono state somministrate e sia per il potere della mente umana, che consiste nel rimuovere o falsare i ricordi strettamente collegati ad episodi traumatici vissuti, con cui è troppo difficile fare i conti.

L'uomo del labirinto: recensione

Toni Servillo interpreta Bruno Genko nell’ultimo film di Donato Carrisi

Al destino di Samantha Andretti s’incrocia un’altra figura, quella di Bruno Genko (Toni Servillo), un uomo che si occupa di recupero crediti e di investigazione.

Bruno Genko era stato convocato, ai tempi del rapimento, dai genitori di Samantha Andretti per aiutarli a ritrovare la figlia ma l’investigatore non aveva adempiuto al suo compito.

Quando l’investigatore apprende, dal telegiornale, il ritrovamento di Samantha Andretti sente di doverle dare una mano, cercando di scoprire l’identità del rapitore.

L'uomo del labirinto

L’uomo del labirinto

Intanto cosa sta scoprendo il dottor Green?

Samantha Andretti gli parla costantemente di un labirinto e di un gioco, cui era costretta a giocare, per poter avere acqua e cibo. I ricordi della ragazza sono molto confusi ma, pian piano, il profiler riesce ad avere un quadro della situazione.

Intanto Bruno Genko, che sta cercando di scoprire il volto del rapitore, si ritrova ad inseguire un uomo con la testa di un coniglio. Bunny è il rapitore di Samantha Andretti, di questo Genko ne è sicuro, ma riuscire a smascherare la sua indentità non è così semplice.

Intanto a questa storia si intreccia la scomparsa di Mila, una poliziotta che lavora all’interno della sezione persone scomparse. La sua sparizione sembra non avere un collegamento con il ritrovamento di Samantha Andretti ma non è proprio così, questo lo scoprirete, forse, solo con la visione de L’uomo del labirinto.

L'uomo del labirinto

L’uomo del labirinto

L’uomo del labirinto: punti di forza

Donato Carrisi, per la trasposizione cinematografica del romanzo, si è avvalso di un cast di tutto rispetto che, già di per sé, rappresenta un punto di forza perché spinge un qualsiasi spettatore, compreso il non appassionato del genere thriller, ad andare al cinema.

Un altro punto di forza è quello di Bunny, l’uomo dalla testa di coniglio che, oltre a riportare alla memoria L’impero della mente (2006) di David Lynch, riesce a trasferire la stessa inquietudine disorientante che avvolge l’essere umano nel momento stesso in cui si rapporta a qualcosa che è diverso da sé.

L’elemento che, però, lo rende un film interessante è il gioco psicologico che il regista induce nello spettatore: quest’ultimo viene, a sua volta manipolato da Donato Carrisi e condotto nello stesso labirinto psicologico della manipolazione mentale.

Alla fine del film ci si accorge di essere stati condotti, inconsapevolmente, verso una verità falsata, attraverso un plagio e ci si rende pienamente conto di come la mente umana possa essere tratta in inganno attraverso manipolazioni esterne.

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