politica europea

Il nostro male viene da lontano?

L’Italia è in crisi ma è davvero soltanto colpa dell’Europa o il nostro male viene da più vicino, da noi?

L’Unione Europea è diventata sicuramente una macchina che impone le regole di un liberalismo selvaggio o di un capitalismo globalizzato (come lo ha definito il filosofo francese Alain Badiou) ma non è la causa principale del nostro male.

Il ruolo dello stato oggi è ovunque lo stesso: proteggere le disuguaglianze, proteggere il mostro. Sia che si tratti del governo socialista della Francia, del governo conservatore della Germania, del Partito Comunista della Cina, del dominio di Putin in Russia, dello stato coloniale di Israele o dello stato islamico in Siria – e lo stesso vale ovviamente anche per il presidente degli Stati Uniti – tutti seguono solo una massima: conquistarsi un posto, grande o piccolo fra le fila del mostro; diventare, se già non lo sono, uno degli autorevoli protagonisti nella razzia del commercio internazionale.

Viviamo in un’epoca dove tutto diventa il contrario di tutto e dove i concetti espressi non vengono approfonditi fino in fondo, ciò non genera altro che confusione e smarrimento. Da cosa deriva ciò? Sicuramente da una classe intellettuale che, ai giorni nostri, non esiste più o si tiene in disparte.

Si prendono in prestito pensieri, trasformandoli a proprio piacimento e secondo il proprio fine retorico, per creare consensi.

Un politico oggi per essere ascoltato deve avere una retorica popolare accattivante perché perdersi in discorsi troppo pieni di significato, risulta troppo per le orecchie della maggior parte degli ascoltatori, abituati a tempi di spot, dove le immagini vanno per la maggiore e le parole si dimenticano con troppa facilità.

Non esiste più una politica che ha come scopo l’emancipazione dell’umanità perché dobbiamo vivere tutti senza idee o con idee a metà che devono essere completate in base al momento e a ciò che è più congeniale all’oratore di turno.

Viviamo sullo sfondo illusorio di un nazionalismo rivendicato dalle leadership che vanno per la maggiore in Europa e in Italia, quando perdiamo di vista che la chiave del successo politico risiede nella forza della ribellione che oggi è stata sostituita da un’apatia e un disinteresse che ci riguarda tutti indistintamente.

Non è nel contagio di un sentimento negativo di resistenza che troveremo la soluzione per uscire da questo pantano politico.

Non è usando impropriamente le parole che daremo nuovo lustro all’Italia.

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