Brama di Ilaria Palomba: un romanzo dove anche l’alba diventa sera
In Brama di Ilaria Palomba c’è Fabrizio De Andrè ma c’è anche Antonio Vivaldi, c’è Emil Cioran, ma ci sono anche Amelia Rosselli ed Antonia Pozzi e ancora c’è la psicanalisi, ovviamente c’è Sigmund Freud, e poi c’è il Libro Rosso di Carl Gustav Jung…
Fabrizio De André nel 1968, scriveva, a proposito della sua canzone Inverno:
Un ipotetico lui che cerca di salvare un amore che sta per morire: fa di tutto per salvarlo e, alla fine, si accorge che anche l’amore, come tanti altri sentimenti umani, come per esempio l’odio, è deperibile, deve anche lui morire…
Tutto ciò che può arricchirci nella gioia della scoperta, ammansita però nella catarsi di un dolore allucinato, tremendo, suicida, tutto ciò e altro ancora è presente nell’ultimo romanzo di Ilaria Palomba, Brama (Giulio Perrone Editore), che è appunto dedicato all’inverno, stagione che ancora attualmente viviamo, nella sua fattispecie asettica, spesso sconfortante, piena di un nulla che sta lì lì per essere colmato con la nostra voglia di fare, di conoscere, di capire, nel freddo respiro di un vento che minaccia or ora di portar via tutto.
Ci si ritrova sempre nelle opere di Ilaria Palomba, giovane autrice, scrittrice e poetessa, che studia le debolezze umane attraverso i suoi personaggi, che forse non sono altro che lo specchio di una qualche assopita incoscienza, di un qualche alter ego che si enuncia nell’ammiccante sfolgorio di pagine e pagine lette di autori poeti, scrittori o filosofi brillanti, che facciano luce sulla sua condotta.
Brama, che richiama molto Disturbi di Luminosità, sempre di Ilaria Palomba, pubblicato nel 2018, continua a narrare la storia tormentata di una donna di trent’anni, Bianca, che affronta nel pieno le sue facoltà intellettive, e lo fa in maniera così intensa, che alla fine scopre di conoscerne tutti i punti deboli, che finiscono per ingigantirsi, forse a causa di una dirompente intelligenza, un senso acuto di quanto limitata può essere la capacità di soffrire effetti di una vita sacrificata all’impeto esterno.
Ne Il Cantico dei Drogati Fabrizio De André recita:
Le parole che dico
Non han più forma né accento
Si trasformano i suoni
In un sordo lamento.
L’amore può salvare questa mistura di malcapitata esperienza nichilista, annientatrice di elementi circostanti che strozzano, che soffocano, e la speranza di una rinascita ricade su Carlo Brama, filosofo, di parecchi anni più di lei, uomo affascinante e misterioso, ricco di sapere, con un certo successo alle porte in quanto autore. Inizia con lui una relazione complicata e dedita al possesso, alla gelosia, alla paura di perdersi, all’impeto sessuale nel ritrovarsi, alla gioia del conoscere le sue smanie di sapere e di elargire, ma anche al timore di ritrovarsi ingarbugliati in una scarsa preparazione umanistica, in confronto all’immensa mole di conoscenze che il filosofo non esita ad esporre.
Un’autentica crescita morale improvvisa, quella di Bianca, che confrontandosi con Carlo Brama, capisce di avere accanto a sé la ragione più ovvia del suo divenire, che forse ha tardato ad arrivare perché priva di una vera e propria reminiscenza formativa, forse offuscata da sentimenti strozzati, storie di sesso e di droga, un incontrastabile tensione nei confronti dei suoi genitori, soprattutto del padre, psicanalista, professionista dotto e preparato, verso il quale sin da ragazzina soffre di un confronto smisurato.
Carlo ora è tutto, è il suo riconoscersi nelle idee mitologiche che l’hanno formata negli anni.
Ancora Fabrizio De André in Leggenda di Natale:
Coprì le tue spalle d’argento e di lana
di perle e smeraldi intrecciò una collana
e mentre incantata lo stavi a guardare
dai piedi ai capelli ti volle baciare…
Bianca però è stata, e lo è tutt’ora, vittima di tentati suicidi. Ha subìto una violenza sessuale a dodici anni, a venti ha invischiato la sua esistenza nei rischi delle incoscienze da rave party, ed è una continua bomba ad orologeria che aspetta l’epilogo; ed ora, senza Carlo, dopo mesi di una passione sfrenata, ma anche spesso frenata dalla paura di poter possedere per forza, ora è vittima della bramosia, e spesso tale sentimento, forte, smanioso, rimbombante, riguarda il desiderio di ritrovarsi per forza con gli occhi negli occhi della persona che si ama, anche se quest’ultima è fuggita, anche se si sa per certo di averla persa.
Non importa quanto tempo ancora si possa attendere, lieto o drammatico fine qual sia, Bianca si cala nella vasca e inghiotte l’impossibile, e nel caso sia ancora cosciente, il phon è lì accanto, acceso, pronto per la resa finale…
Qualcuno però è pronto lì per salvarla.
Carlo? La sua amica Francesca? Elena, l’amica di Carlo e sua confidente? Giorgio, pronto a soccorrerla con un manto di petali di rose?
Bianca vuole uccidere sé stessa per il troppo danno che le infliggono tutti. Bianca potrebbe solo così sopprimere tutti.
Prendo in prestito i versi di Fabrizio De André contenuti all’interno di Ballata degli Impiccati:
Prima che fosse finita
ricordammo a chi vice ancora
che il prezzo fu la vita
per il male fatto in un’ora.
Poi scivolammo nel gelo
di una morte senza abbandono
recitando l’antico credo
di chi muore senza perdono…
Carlo però è Bianca, e Bianca è Carlo, e ambedue cercandosi, è come se volessero ritrovare quell’esistenza che appartiene ad entrambi; essi si colmano l’un l’altra e si compensano.
Forse nell’immaginario di Ilaria Palomba Carlo e Bianca formano insieme il protagonista di Finestra segreta, giardino segreto di Stephen King, un’identità nello specchio dell’altra, dove forse ambedue esistono, o forse dove nessuno dei due esiste davvero, o forse ancora dove in un’unica persona essi coesistono e si aggrappano alla speranza che l’altro ci sia sempre.
Perché sappiatelo: Carlo Brama non è l’uomo irremovibile che vuol sembrare. Nasconde segreti nel suo giardino incantato, che sta a rimirare dalla sua finestra segreta e Bianca alla fine lo sa, se ne accorge e quando sarà lui a cercare lei, dopo una pausa fatta di rancori, sopraggiungeranno Eros e Thanatos e il finale sarà l’esplosione della bravura di Ilaria Palomba, un’autrice che non deluderà mai.
Da Recitativo di Fabrizio De André:
Uomini, poiché all’ultimo minuto
non vi assalga il rimorso ormai tardivo
per non aver pietà giammai avuto
e non diventi rantolo il respiro:
sappiate che la morte vi sorveglia
gioir nei prati e fa i muri di calce,
come crescere il gran guarda il villano
finché non sia maturo per la falce…