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Io ero di Nick Fibonacci un romanzo autobiografico su una vita fatta di eccessi

Io ero è il titolo del romanzo di Nick Fibonacci, un nome fittizio, protagonista del romanzo. Il libro è stato scritto a quattro mani insieme alla giornalista Lorenza Giuliani che ha aiutato lo scrittore a riscrivere e ricomporre i pezzi di una vita fatta di eccessi e di tossicodipendenza. Io ero è un libro pubblicato da Mondadori, uscito nelle librerie il 29 settembre 2020.

Siamo a metà degli anni ’80 e ci troviamo in Emilia Romagna. A vent’anni Nick Fibonacci incontra l’estasi artificiale, un ascensore sociale come lui stesso lo definisce perché gli spalanca un mondo diverso da quello in cui è abituato a vivere lui.

Presto si ritrova a importare dall’Olanda enormi quantitativi di droga, con cui rifornisce amici, sconosciuti, tossici navigati e dolenti sognatori sprovveduti, ma pian piano anche nuove e vecchie celebrità dello starsystem, famosi sportivi, e altri clienti insospettabili.

Improvvisatosi narcotrafficante, escogita una serie di affari che gli fruttano fiumi di denaro, prontamente dissolti in viaggi, donne, alberghi di lusso, begli abiti e feste sfavillanti, eccessi e tante polveri da sniffare. Convinto che la sua stella non tramonterà mai, Nick continua a sfrecciare nei giorni a fari spenti – senza mai, pentirsi della sua dipendenza, nemmeno quando il suo castello inizia a riempirsi di spifferi e crepe, e poi a crollare, trascinandosi dietro tutto: i soldi, gli amici, persino l’Amore. Perché se Nick si volta indietro, l’unico pensiero rimane:” È stato uno sballo pazzesco”.

Io ero: recensione

Io ero di Nick Fibonacci

Io ero: la trama

Nick Fibonacci si definisce un turista della vita, della droga, dei sentimenti. Sempre pronto a partire ma con la consapevolezza e la voglia di tornare. Lui nella vita non ha mai avuto passioni ma è stato attraversato da diverse ossessioni.

Ero affamato di quell’onnipotenza data dall’abitudine a surfare sulle onde del tuo destino senza mai avere paura che il vento cambi. E lui, paradossalmente, non cambia proprio perché tu non l’hai previsto.

Ho trascorso anni a praticare l’arte della leggerezza e della superbia, riuscendo a bilanciare entrambe egregiamente: la prima mi impediva di dare un nome e un peso a quello che facevo, la seconda mi convinceva che, se non io, chi mai avrebbe potuto vivere come volevo vivere?

Io ero ci porta nel mondo della fine degli anni ’70 gli stessi di Andrea Pazienza che viveva la stessa Bologna di Nick Fibonacci, una città fatta di libertà, di eccessi e di fughe artificiali che in qualche modo servivano ad alleggerire le anime più sensibili che rifiutavano il mondo in cui vivevano, creandosene uno proprio.

Nick Fibobacci riesce a catturare e catapultare il lettore nel suo mondo che è stato la sua vita, fatto di eccessi e di puro azzardo. La sua vita è stata una continua fuga e corsa verso una felicità che si è rivelata tutt’altro che lieta e leggera perché la sua unica fortuna è stata quella di uscirne vivo.

Se siete amanti di romanzi autobiografici e di storie vissute in modo non convenzionale Franco Toro: l’uomo più bello del mondo di Dario Neron potrebbe essere un altro spunto di lettura che riguarda il mondo degli escort.

Franco Toro: l’uomo più bello del mondo è il nuovo romanzo di Dario Neron

Dario Neron, dopo Doctor Reset (2017) pubblicato da Il Camaleonte edizioni, pubblica Franco Toro: l’uomo più bello del mondo (2020) edito da Castelvecchi editori e già presente nelle librerie da luglio.

Il protagonista del romanzo, come possiamo già dal titolo è Franco Toro, un ragazzo che di professione è un callboy, un accompagnatore e intrattenitore maschile. Lui è un ragazzo di ventotto anni che si è ritrovato a svolgere questo lavoro quasi per caso.

Il mio nome è Franco Toro, ho ventotto anni e sono una puttana.

Ora, qui, adesso. O meglio: un puttano. Si potrebbe usare un termine socialmente più accettabile, ma meno descrittivo, come escort, accompagnatore, intrattenitore oppure prostituta. Indipendentemente dal termine, rimane il fatto che vendo il mio corpo: a volte tutto quanto, a volte solo una parte.

Non sono stato trattato male dai miei genitori, preti e maestri non hanno abusato di me, di amici ne avevo né tanti né pochi. Non sono stato preso in giro in cortile, non ero più sfigato di qualunque altro mio coetaneo.

Dario Neron: libro

Dario Neron

Franco Toro: chi è il protagonista del libro di Dario Neron

Ecco come ci viene presentato il protagonista da Dario Neron:

Certo, questo non era quanto avevo immaginato per la mia vita ideale. Mi trovavo, con i miei ventotto anni, in quella fase della vita dove si crede di aver capito tutto ed ero dunque sempre triste per la convinzione  di non avere più nulla da scoprire.

Allo stesso tempo, mi rendevo conto di non capire un cazzo e dunque mi intristivo del fatto che poco prima ero arrivato a sentirmi speciale. Insomma, sapevo di viaggiare contromano, ma non avevo l’interesse, l’ambizione, forse nemmeno la voglia di cambiare corsia.

Aspettavo una parete di cemento, un cinque assi, qualcosa di grosso. E quando l’avrei visto, avrei accelerato.

In passato avevo avuto degli obiettivi ben diversi, come ad esempio quello di diventare un astronauta, un poliziotto o un grande della pallacanestro. Costruire una casa. E invece, per forza maggiore, per noia o per avere una sensazione di indipendenza, forse anche per essere stato un panchinaro ai tempi, mi ero messo a darlo via per soldi.

Franco Toro: l’uomo più bello del mondo non è un romanzo che vuole raccontare la storia erotica o le gesta sessuali del protagonista. L’aspetto su cui si sofferma Dario Neron è un altro: quello sociale basato sul narcisismo, sulla presenza eccessiva sui social e sull’egocentrismo di una gioventù che vive nell’incertezza di un futuro che è più cupo che mai.

Il protagonista del romanzo non vive con leggerezza il proprio lavoro ma con un velo di rassegnazione e il suo egocentrismo, alimentato a dismisura anche dal suo lavoro, non è nient’altro che uno scudo che il ragazzo indossa per poter far fronte alle pretese di una società tritacarne, in cui l’individuo non ha più un peso o un valore se non quello del mercato.

Escort maschili e femminili: le aspettative dei clienti spiegate nel romanzo

Dario Neron si sofferma sulle differenze di genere e le aspettative da parte dei clienti: la società e i fruitori di questi servizi hanno aspettative diverse a seconda del proprio genere. Da una escort, ad esempio, ci si aspetta partecipazione verbale durante cene o eventi pubblici mentre nel caso di Franco Toro, e quindi dagli escort, ci si aspetta semplicemente il massimo della cura e della prestanza fisica accompagnati da un profondo silenzio perché il loro pensiero o la loro parola non rientra nel gioco dell’accompagnatore.

Attraverso alcuni spunti di riflessione, come quello che vi riportiamo, possiamo capire che per molti aspetti le donne emancipate possono essere più discriminanti degli uomini maschilisti.

Accompagnare impresarie, artiste o alte dirigenti a pranzi di gala o lavoro era tra i primi impieghi della giornata e raramente durava più di alcune ore, concludendosi solitamente con una stretta di mano, più che con una spruzzata. Al contrario delle mie colleghe appartenenti al gentil sesso, le quali dovevano impegnarsi per partecipare  alle discussioni, io venivo pagato per stare zitto e fare una figura di gradevole aspetto.

Da un uomo che investe molto tempo nella cura del proprio corpo, non ci si aspettano grandi cose e quindi ero, per così dire, diventato vittima del mio aspetto.

Franco Toro: l’uomo più bello del mondo oltre a dare uno spaccato sulla pochezza sociale dei nostri giorni ci porta a riflettere sul mondo maschile e femminile, visto con cinico disincanto dal protagonista del romanzo, che classifica sia le donne che gli uomini in particolari e precise categorie.

Dario Neron

Dario Neron

Dario Neron: biografia

Dario Neron nasce a Locarno nel 1987, figlio dei postumi della catastrofe di Chernobyl. Dal 2016 inizia a scrivere e a vincere diversi premi letterari:

  •  Nel 2016  Premio Inedito vince il primo posto nella sezione narrativa.
  • Nel 2017  pubblica il suo primo romanzo Doctor reset.
  • Nel 2018 arriva a terzo posto per il Premio nazionale di poesia e narrativa Alda Merini.
  • Nel 2018 vince il primo posto nella sezione narrativa Contropremio Carver.

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali di Salvatore Pignataro

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali (2020) è l’ultimo libro di Salvatore Pignataro. Il tema del libro è incentrato sulle diverse modalità di approccio relative alle attività investigative, pratica esistente tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 che si è evoluta e modificata fino ai giorni nostri.

Investigare, infatti, significa seguire una strada che porta alla verità. Per poter seguire una determinata strada c’è una ricerca certosina per giungere al percorso più idoneo e rilevatore. Investigare richiede non solo conoscenza giuridica ma una predisposizione intuitiva personale che sia idonea a tracciare un quadro di una qualsiasi situazione in cui sembra difficile trovare una quadra.

Nel libro, oltre ad essere spiegati in modo minuzioso e dettagliato tutte le parti di cui si compone la materia inerente all’investigazione, viene analizzato tutto ciò che corolla il lavoro in questione e come si compone, ad esempio, la nuova struttura dei servizi, per accedere a documentazioni inerenti la sicurezza interna ed esterna.

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali

Gli strumenti dell’investigazione

Per poter predisporre un’indagine nel modo più idoneo ci sono strumenti investigativi, previsti dall’ordinamento giuridico e si dividono in tipici e atipici.

I tipici osservano le normative mentre gli atipici sono frutto dell’esperienza e della creatività dell’investigatore quindi non seguono uno schema definito.

Il sopralluogo è un altro elemento importante: l’esame della scena del delitto è fondamentale perché è proprio in questo luogo che si possono cogliere le sfumature più nascoste.

I rilievi tecnici, sono affidati alla polizia scientifica che dovrebbe instaurare un rapporto di collaborazione con gli investigatori, e si basano sull’osservazione, descrizione e acquisizione di dati ed elementi privi di elaborazione o valutazione tecnica uniti ad un accertamento tecnico relativo alle attività di approfondimento e di giudizio tecnico scientifico.

La Teoria dell’interscambio è l’interconnessione tra: reo, vittima e ambiente/scenario.

Le azioni investigative cercano di far emergere chi è una persona: la professione che svolge, la sua fedina penale e poi le sue qualità.

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali analizza nello specifico i vari settori in cui agisce, tenendo per ciascun campo la normativa vigente perché in base alle disposizioni può variare il metodo di approccio.

Un argomento che ci ha molto colpito è quello relativo ai crimini informatici.

Salvatore Pignataro

Salvatore Pignataro

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali: i crimini informatici

I crimini informatici sono reati che vedono nella rete telematica il mezzo per poter commettere attività illecite come truffe, cyberbullismo, stalking attraverso i social o accessi abusivi a sistemi informatici.

Il virus, ad esempio, è un programma che in maniera indesiderata si inserisce all’interno del pc dell’utente, nella maggior parte dei casi sono innocui e non danneggiano il sistema altre volte vole invece no.

Questo è un campo nuovo che si barcamena su normative e modi di agire meno consolidati, vista la giovane età del diritto informatico.

Come scrive Salvatore Pignataro:

Agli inizi degli anni ’90 si manifestò l’esigenza di disciplinare la materia, successivamente all’espandersi di crimini commessi attraverso l’uso della tecnologia. La rete internet però mal si presta a rigide regolamentazioni a causa della sua particolare struttura sempre in continua evoluzione. Inoltre gli autori tendono ad avvalersi delle asimmetrie tra i diversi sistemi nazionali non ancora adeguatamente coordinati.

Ad esempio, il reato di illecita intrusione in un sistema informatico o telematico si contraddistingue per l’elevata potenzialità offensiva che potrebbe arrecare danni patrimoniali alla parte offesa.

Generalmente la parte lesa si affida alla Polizia Giudiziaria che può concludere le indagini in modo soddisfacente.

Negli ultimi tempi è cambiata anche la finalità dell’hacking perché, inizialmente, l’approccio non si manifestava con azioni dannose ma le finalità erano artistiche e politiche. Alla fine degli anni ’80 i crimini informatici sono stati divisi in due tipi: lista minima e lista facoltativa.

Nella lista minima i reati sono relativi a:

  • Frode informatica
  • Falso in documenti
  • Danneggiamento di dati e programmi
  • Sabotaggio informatico
  • Accesso abusivo e la violazione delle misure di sicurezza del sistema
  • Intercettazione non autorizzata

Nella lista facoltativa invece sono inclusi:

  • Alterazione di dati
  • Spionaggio informatico
  • Utilizzo di un programma informatico protetto

Tecniche di indagine e analisi dei principali fenomeni criminali di Salvatore Pignataro non è solo un saggio per gli addetti al settore ma può essere illuminante anche per gli amanti di questo complesso settore.

Itaca deserta ruggine di Francesco Randazzo rivisita in chiave moderna il mito di Odisseo

Itaca deserta ruggine (2020) di Francesco Randazzo è un poemetto drammatico che rielabora il mito di Odisseo, rendendolo più contemporaneo.

Odisseo è un uomo dei nostri tempi, senza meta e senza punti di riferimento che approda ad Itaca, una piattaforma petrolifera abbandonata. In questo posto da solo, l’uomo, si ritrova a fare i conti con se stesso, con il suo passato e la memoria che vacilla.

Itaca deserta ruggine si divide in tre parti: Itaca deserta ruggine che ci presenta e descrive Odisseo e le peripezie che lo hanno condotto sino a Itaca, la seconda parte Nell’Ade liquido e la terza e ultima parte Ἀρέθουσα che è un frammento dialogico del mito di Aretusa.

Piove ad Itaca, dal mio arrivo. Le onde dabbasso

si frangono in spruzzi, dall’alto si schiantano

gocce

rabbiosamente tristi, risuonano sul metallo e

sembra

che la rugine si sciolga in sangue velenoso.

corrosivo.

Tutto è rimpianto, eppure niente mi sembra mio

quanto

questo simulacro di casa, questa tomba di famiglia.

Da qui trivellavo le profondità marine, io furbo,

imprenditore, manager intraprendente: petrolio o

gas

-dicevo- Superata l’acqua c’è il fondo, e sotto la

ricchezza,

da qui estrarrò potenza, energia e denaro! Questo

è il mio Regno.

 

Quanta solitudine, nel potere e nel denaro, mi

aggiravo rabbioso.

Perché nulla poteva bastarmi, nulla aveva senso e

la vita soltanto

accumulo ottuso. Guardavo il mare con lo

sconcerto e il panico

che avrebbe potuto spazzarmi via in un momento,

e di me niente

sarebbe rimasto, se non la menzogna di un’esistenza

vana.

Itaca deserta ruggine di Francesco Randazzo

Itaca deserta ruggine di Francesco Randazzo

L’Odisseo di Francesco Randazzo

Odisseo è un imprenditore che per troppa bramosìa di denaro ha perso tutto e la sua Itaca, che un tempo era rigogliosa di risorse petrolifere, ora non è altro che il ricordo sbiadito tra resti di ciò che prima risplendeva: ora è solo polvere e bulloni sparsi e arrugginiti dal tempo e dall’incuria.

Per l’imprenditore non restano solo che ricordi di un tempo che non è più, di viaggi in città dove ha trovato una seconda casa ma che ora gli hanno chiuso le porte. La memoria degli amori passati e di tutte le promesse tradite fatte alle amanti, oggi, gli lasciano solo l’amaro in bocca.

Penelope ha un ruolo diverso non è la donna mansueta, innamorata, a prescindere da tutto del suo Odisseo, è una donna che ha goduto della ricchezza di un tempo e che, ora caduta in miseria, si piange addosso per aver scelto l’uomo sbagliato.

Odisseo ricorda così la sua Penelope:

Sento, nel ferro che vibra, la voce arrochita di

mia moglie,

nel rollio dei pilastri, mi appare il suo passo

ondeggiante,

troppi mojito, troppi shot, Penelope aveva sempre

in mano

un bicchiere, camminava dritta ma ondulava

sinuosa,

sensuale panterona ubriaca, la guardavo come si

guarda

un film con Rita Hayworth, con la nostalgia

eterna del sesso.

Le toglievo i vestiti, ma lei rimaneva col bicchiere

in mano,

e con la bocca beveva da me, beveva cocktail,

beveva tutto.

E ridevamo di tutto, io e Penelope, sorditi e

felici, immemori,

sbronzi, danzatori ignudi, strappandoci fino alla

pelle il piacere.

Ma eri davvero tu, Penelope? Ero davvero io,

Odisseo? Noi, noi?

Non ha importanza, era vero tutto ciò che

credevamo d’essere.

Itaca deserta di Francesco Randazzo

Itaca deserta di Francesco Randazzo

Perché leggere Itaca deserta ruggine?

Itaca deserta ruggine di Francesco Randazzo è un’opera che non solo rivisita in chiave moderna il mito di Odisseo con coraggio ma riesce a farlo con la giusta ironia non dissacrante ma ha il solo compito di ripetere un viaggio con personaggi, che hanno lo stesso nome ma caratteristiche diverse che, in qualche modo, ci rispecchiano e in cui ci possiamo rivedere.

Il tema del viaggio nel passato di ciascuno ha sempre qualche traccia di rimpianto e di rimorso, dettato dal senno del poi e che, probabilmente, si scontra con il presente, generando una malinconia che potrebbe essere costruttiva solo nel momento in cui ci si rende conto delle proprie falle e, in qualche modo, si decide di porre rimedio nel presente.

La strada di quel viaggio che non abbiamo scelto, a vantaggio di un’altra, ci avrebbe potuti condurre ugualmente al rimpianto e alla malinconia fine a se stessa.

Itaca deserta ruggine edito da Fara Editore ha vinto il premio letterario Narrapoetando e ve ne consigliamo vivamente la lettura per sorridere amaramente sul mondo di oggi e sulla nostra società contemporanea.

Se siete amanti del mondo greco e delle rivisitazioni in chiave moderna vi consigliamo le poesie di Sinan Gudžević, il poeta che ironizza osservando il mondo in distici elegiaci.

Per sole donne: il romanzo di Veronica Pivetti dedicato alle over 40

Per sole donne (2019) è il primo romanzo di Veronica Pivetti pubblicato da Mondadori.

Protagoniste del libro sono cinque donne molto diverse tra loro, con esperienze matrimoniali e di singletudine altrettanto divergenti eppure, tra loro, sono legate da un’amicizia e dalla confidenza che deriva dalla conoscenza profonda l’una dell’altra.

Per sole donne mi ha riportato alla mente il romanzo Dieci donne (2010) di Marcela Serrano. Questi due libri hanno in comune l’universo femminile ma differiscono nettamente nel modo in cui se ne parla e negli aspetti che, le due scrittrici, vogliono evidenziare.

Marcela Serrano punta sull’universalità psicologica delle donne, aggregate da scelte sociali universali come il matrimonio, la procreazione e la frustrazione coniugale che accompagna tutte le sue protagoniste.

Veronica Pivetti, invece, ci mostra un mondo reale femminile fatto di cameratismo pungente che non ha peli sulla lingua nel raccontare gesta sessuali eroiche o fallimentari. Per sole donne ci mostra una fascia femminile presa ancora troppo poco in considerazione: quella delle donne single per scelta e felici di esserlo nonostante l’età e i dettami sociali, che guardano con sospetto questa categoria, difficilmente incanalabile agli occhi di molti.

Un pò come accade alla protagonista di Volevo essere una vedova, l’ultimo romanzo di Chiara Moscardelli (2019).

Per sole donne: la recensione

Il primo romanzo sulla verità delle over 40

Le protagoniste di Per sole donne sono donne over 40 che lottano contro la forza di gravità, cui cerca di soccombere il loro corpo, di sesso e di menopausa e raccontano le loro problematiche in modo schietto, irriverente, cinico e divertente.

Era sempre stata serenamente incurante del suo corpo, l’aveva sottovalutato anche quando, una trentina d’anni prima, era bello sodo e geneticamente impermeabile alla forza di gravità. Era una magra felice di esserlo con con una punta di perversa ammirazione per quelle smunte fotomodelle scheletriche che barcollavano sulle passerelle di mezzo mondo, quasi tutte bruttine, spesso malvestite ma magre, magre da morire.

Mai abbastanza ricche, mai abbastanza magre sentenziava Coco Chanel e Adelaide era disperatamente d’accordo con lei, anche se dei soldi non gliene importava granché. Non era certo milionaria, ma avrebbe potuto sfamare svariati figli, se ne avesse avuti. Per fortuna non ne aveva.

Tutte le mattine e tutte le sere ringraziava i suoi ovuli per essere stati così riottosi quelle tre o quattro volte che aveva tentato, senza alcuna convinzione, di rimanere incinta.

Tra le protagoniste di Per sole donne ci sono anche coloro che hanno cercato di non deludere la società inscenando un rapporto a due che però, con gli anni, si è dimostrato fallimentare:

Rosaria sfoggiava un marito retrocesso a coinquilino col quale  aveva firmato un patto di non belligeranza che, tutto sommato, reggeva. Dividevano un passato tormentato, un presente dignitoso e due gatti bellissimi che adoravano: Capra e Cavoli.

Per sole donne, contrariamente al titolo che è volutamente provocatorio, è un romanzo adatto anche al sesso opposto perché svela esigenze reali e modi di interpretare la vita, che sono comuni a molte, nonostante risultino essere lontani dai classici stereotipi, ma che vengono svelati solo alle confidenti o alla voce interiore con cui ciascuna di noi si rapporta da sempre.

Terra di nessuno: il romanzo ambientale di Alberto Di Buono

Il 22 aprile ricorre la Giornata della Terra che rappresenta la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. La celebrazione di questa giornata nasce nel 1970 e oggi gli ecologisti la utilizzano come occasione per valutare le problematiche del pianeta: inquinamento, distruzione degli ecosistemi e l’esaurimento delle risorse rinnovabili, cercando di promuovere soluzioni che consentano di eliminare o quantomeno attutirne gli effetti causati dalle attività dell’uomo.

Terra di nessuno (2019) è l’ultimo libro di Alberto Di Buono, pubblicato da Graus Edizioni, ed è un romanzo ambientale che porta il lettore a soffermarci proprio su queste tematiche e non solo.

Federico Manfredi è il protagonista del libro e lo incontriamo adolescente mentre curioso cerca di conoscere ciò che lo circonda, attraversando in bici il suo paesino, che si trova in una provincia di Napoli.

Un giorno il ragazzo, in lontananza, scorge un vecchio Castello e inizia  a sentire, dentro di sé, un forte richiamo che lo spinge a raggiungere l’antico rudere. Questa sensazione di attrazione si unisce anche ad uno strano timore che il ragazzo non riesce a spiegarsi finché non sente una voce che gli parla con l’accento tipico della sua zona. Quella voce è la voce di Oikos, il vecchio castello, che si rivolge a lui, chiamandolo per nome e invitandolo a non salire per andarlo a trovare perché non è ben disposto nei confronti degli esseri umani.

P’ o’ passato tanti uomini so’ venuti addò me, ma nun m’hanno mai dato problemi. L’hanno fatto sempe cu rispetto. Mo però sò cagnate troppe cose, io nun me fido cchiù ‘e vuje pecché site gente senza valore, me facite paura. Perciò nun voglio avé niente a che fare cu vuje, sto buono accussì, sto buono sul’io.

Io vi guardo tutt’ ‘e juorne, saccio buono ‘o rispetto che tenete pe chello ca ve sta attuorno e come v’impegnate a distruggere ogni cosa. Site ‘a specie vivente cchiù pericolosa, riuscite a fà male perfino a vuje stessi. È meglio tenervi ‘a luntano.

Federico Manfredi prende le parole di Oikos come una sfida, si allena strenuamente finché un giorno giunge davanti la vecchia fortezza. Arrivato davanti all’ingresso si sente così piccolo e insignificante e decide di non entrare perché:

Ciò che si ama non si possiede, ma si custodisce.

Dalla sfida superata comprende una lezione che gli sarà utile per il proprio futuro. Il ragazzo apprende che le reali potenzialità dell’uomo si esprimono al meglio solo quando agiscono in armonia con l’ambiente perché assecondare la nostra natura ci rende più forti.

Terra di nessuno: la recensione

Il romanzo ambientale dello scrittore partenopeo

Trascorrono gli anni e Federico Manfredi cresce, abbandona il suo paese e diventa un brillante ingegnere ambientale. Un giorno, all’improvviso, gli giunge un incarico di supplenza proprio in una scuola del suo paese natìo e decide di lasciare la certezza del suo lavoro per avventurarsi nella nuova avventura dell’insegnamento.

Quando arrivò in paese, nella sua vecchia casa ritrovò i mobili, gli oggetti a lui cari e il quartiere della sua infanzia come se il tempo non fosse mai passato, ma non ritrovò nessuno dei suoi vecchi amici, perché la vita li aveva portati altrove a percorrere chissà quali strade. Erano rimasti solo tanti cari ricordi, che come fantasmi vagavano senza meta in quei luoghi raccontando sottovoce di un tempo che fu.

Il paese era cresciuto tantissimo, ma quasi tutte le periferie erano state urbanizzate in modo piuttosto selvaggio, si vedeva chiaramente la mancanza di un’appropriata programmazione urbanistica.

Terra di nessuno: recensione libro

L’ultimo romanzo dello scrittore partenopeo

Federico Manfredi  ben presto si rende conto che il suo paesino fa parte della Terra dei Fuochi. Decide di sfruttare la possibilità dell’insegnamento per poter educare al rispetto ambientale i propri alunni e decide di andare a far visita al suo vecchio amico Oikos che gli spiega, con poche parole, le cause di tutto quello scempio:

Qua ci sta ancora tanta gente per bene che la pensa proprio comme a te, ma s’annasconne. Sono tutti quelli che non accettano ‘e regole ‘e chesta società, pecché troppo spesso sç fatte sulo o vantaggio ‘e chi e scrive. Tu devi cercare questa gente e fargli capì che se ognuno fa la sua parte, assieme s’addiventa na forza.

Ccà t’he sta accorto. Non farti abbagliare da quelli che parlano bene e sventolano troppo vistosamente ‘e bandiere ‘e l’ecologia, pecché spisso sò proprio lloro che fanno i danni peggiori. Statte accorto pure a quelli che fanno i consulenti, gli imprenditori e a tanti tuoi colleghi che cercano di vendere pe forza cose inutili sulo pe fà soldi. Occhio a tutti quelli che cu l’ecologia fanno soldi assai, pecché nun so buone. Gli ambientalisti veri non hanno un colore politico e non fanno na prufessione particolare. Sò tutti quelli che tengono na visione del mondo cchiù larga e cercano ‘e mettere in pratica queste loro convinzioni cu nu stile ‘e vita cchiù intelligente.

Per l’uomo inizia la scuola e questa nuova avventura.  Dopo aver ascoltato bene le parole ed i consigli di Oikos, Federico Manfredi si rende conto che la cultura che ha il dovere di trasmettere ai propri alunni non è quella solo racchiusa nei programmi scolastici che, a fine anno, certificano la frequenza scolastica ma è un altro tipo di conoscenza.

Durante la settimana inizia a parlare di ecologia e della stretta connessione che intercorre tra uomo e natura, una sorta di equilibrio che regola il mondo perché ogni piccola particella vivente è interconnessa con tutto ciò che ci gravita intorno.

Riuscirà Federico Manfredi a sensibilizzare i propri alunni? Oikos cambierà idea nei confronti dell’essere umano? Queste ed altre informazioni le potrete scoprire solo leggendo Terra di nessuno di Alberto Di Buono.

Terra di nessuno di Alberto Di buono

Ruderi

Terra di nessuno non è soltanto un romanzo ambientale ma racconta anche di vita quotidiana, di una storia d’amore, di coraggio e della capacità che ha ognuno di prendere in mano le redini della propria vita, trasformandola in altro.

Il romanzo di Alberto Di Buono è adatto a tutti ma, a mio avviso, in particolar modo ai ragazzi perché attraverso la scrittura semplice, diretta e talvolta popolare il romanzo è capace di destare meraviglia, speranza e stupore in quegli occhi giovani che hanno ancora tanto da scoprire e da comprendere sul mondo.

Terra di nessuno: recensione

L’ultimo romanzo ambientale dello scrittore Alberto Di Buono

Nonostante la tematica ambientalista il libro ci porta a riflettere anche su ciò che stiamo vivendo in questo periodo di pandemia mondiale perché  Terra di nessuno ridimensiona la finitudine dell’essere umano, riportandolo nella reale proporzione, misura e dimensione che ricopre all’interno del mondo.

A prescindere dalla nostra intelligenza e dalla capacità che abbiamo di modificare ciò che ci sta intorno, natura compresa, non siamo altro che una parte millesimale di un meccanismo che, appena ne ha la possibilità, è in grado di riprendersi ciò che gli è stato tolto irrispettosamente.

Miss Rosselli di Renzo Paris: fantasma di Amleto e lutto di Ofelia

Mia nonna avrebbe gradito senz’altro l’arrivo dei fantasmi, ogni volta che le chiedevo quanta paura avrebbe provato nel vederseli piombare in casa nel bel mezzo della notte.

Il suo più grande sollievo sarebbe stato quello di riabbracciare i suoi cari estinti, nonostante il loro aspetto spettrale, semplicemente per riacquistare un attimo di gioia, un momento di tenerezza che avrebbe alimentato una giusta dose di coraggio nell’affrontare le difficoltà della vita e, mai quanto in questo momento drammatico che stiamo vivendo, credetemi, le avrei dato ragione.

Una personalità bizzarra, mia nonna, soprattutto quando la si sorprendeva mentre parlava agli animali, o quando utilizzava delle miscele segrete curative provenienti da misteriosi estratti di erbe, che avrebbe somministrato al conoscente di turno che soffriva di dolori alle articolazioni.

Di sicuro ho pensato a lei, quando ho divorato l’ultimo libro di Renzo Paris, Miss Rosselli (2020) edito da Neri Pozza perché questa fatica letteraria nasce come una biografia, o comunque quella sarebbe l’intenzione- non intendo di chi l’abbia scritta ma di chi la stia per leggere-, e poi si tramuta in tutt’altro, quasi come un racconto di fantasmi alla Dickens, e dove la sua protagonista, una delle più grandi poetesse del Novecento, quasi la si può osservare, più che studiare, tra le pagine di essa.

Ecco cosa ci spiega Renzo Paris durante questa avvincente narrazione, e lo fa spesso quando racconta la sua amicizia con Amelia Rosselli, la racconta come un’adulazione, un amore mai dichiarato, durato quasi tre decadi, tra l’inizio degli anni Sessanta e la metà degli anni Novanta.

Questa non è la biografia di Amelia, è piuttosto la rievocazione della sua persona, e al tempo stesso il tentativo di allontanare la sua ombra.

Miss Rosselli: la recensione

Romanzo di Renzo Paris

Amelia Rosselli: biografia

Amelia Rosselli, figlia di Carlo Rosselli, socialista antifascista ucciso nel 1937 in Francia, per mano dei “cagoulards”, insieme al fratello Nello, convisse con i suoi spettri sin dalla tenera età (aveva sette anni quando l’omicidio fu compiuto), soprattutto quando si vide sballottata da una destinazione all’altra, prima a causa degli spostamenti di entrambi i genitori (la madre Marion era nata a Londra), poi per sfuggire alla persecuzione dei nazisti, fino al Regno Unito, per poi sbarcare per un breve periodo in Canada e infine a New York. Fu proprio durante la traversata dell’Atlantico che il capitano della nave diede l’ordine di spegnere tutte le luci, di notte, affinché l’enorme imbarcazione non venisse scoperta dai sottomarini tedeschi, mentre la piccola Amelia dormiva.

Quando ella si svegliò, e si ritrovò al buio, ebbe come l’impressione che quelle ombre la spiassero, e che la scrutassero indisturbata per poi darle la caccia durante il giorno. Quella supposizione diventò certezza durante la sua vita da adulta, soprattutto quando realizzò le reali implicazioni che avrebbero interessato l’omicidio del padre, e visse così, con la reale condizione di “ricercata” per il resto dei suoi giorni, fino al triste epilogo nel 1996, quando si lanciò nel vuoto dalla mansarda di via del Corallo, a pochi passi da piazza Navona, ultima dimora della sua inquieta esistenza.

Amelia Rosselli si sentì sempre come un’intrusa (avrebbe più volte chiesto asilo politico in Russia e in Ungheria), non ottenendo la cittadinanza italiana e, comunque, non essendo una vera poliglotta, anche se lavorò in Italia, a partire dagli anni Cinquanta, come traduttrice e dattilografa presso le Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti, amico del padre, il quale fu vittima anch’egli della Cia.

Per tutti gli anni ’50, infatti, Roma era piena di spie della Cia, quindi le sue paure erano pienamente fondate, a differenza di chi la credesse pazza, come il cugino Alberto Moravia, che dalla vicenda dell’omicidio di Carlo Rosselli trasse l’ispirazione per il suo romanzo Il Conformista, che Amelia Rosselli non riuscì ad apprezzare a causa di ovvie allusioni.

Amelia Rosselli aveva già in testa, giovanissima, che l’Italia del dopoguerra era una nazione teleguidata dall’ondata filoamericana, dove gli intellettuali più influenti, ovviamente includendovi gli artisti di una certa fama da sinistrorsi, erano spiati dalla Cia, che associata alla P2 di Lucio Gelli, si prefissava, tra i compiti più importanti , quello di eliminare gli esponenti del comunismo. Uno dei pochi che avrebbe appoggiato le sue idee fu Pier Paolo Pasolini, che conosceva i punti deboli di un’Italia che di lì a poco sarebbe eclissata nelle più ridicole facezie della nuova classe dirigente capitalista, che avrebbe indossato la nuova divisa da padroni.

Fu il primo, infatti, Pier Paolo Pasolini a credere in lei come poetessa.

Amelia Rosselli, invece, non era mai stata convinta della sua dote di autrice di testi: lei si era sentita a suo agio nella musica, anzitutto, le cui opere oggi sono purtroppo introvabili, perché essa “era il superamento di quelle lingue, tre, che parlava male; divenne la lingua internazionale con cui credeva di potersi esprimere liberamente”, cercando di affermarsi come etnomusicista, frequentando personalità eccellenti in quel campo come Karlheinz Stockhausen e John Cage.

La poesia però pian piano prese piede, anzitutto spinta dalle sue remote passioni, quelle per Robert Musil, T.S. Eliot e James Joyce, infine con il libro I Ching, Dino Campana, Ezra Pound, Eugenio Montale e Arthur Rimbaud. Fu soprattutto l’eco di quest’ultimo che funestò il resto della sua permeabile esistenza straziata da cure arcaiche d’istituti psichiatrici a base di elettroshock, da cui fuoriusciva dapprima come rinata, e poi pian piano s’inabissava di nuovo.

L’incontro nel 1950 con Rocco Scotellaro le diede l’impulso a scrivere poesie, soprattutto quando il giovane poeta lucano, con cui aveva iniziato una relazione sentimentale, all’improvviso morì, lasciandole un vuoto incolmabile, che lei cerò di tappare con i vari amori di poco conto.

Aveva un’intensa vita interiore che, a poco a poco, si sostituì a quella reale, facendola a pezzi.

Nel 1960 avrebbe scritto al fratello John, che era rimasto a Londra, che avrebbe avuto chiara la sua visione della vita, essendo stata:

Troppo assorbita dalla malattia mentale e dalla ricerca in poesia…Ora trovare bellezza mi sembra superfluo. Che diavolo è andato storto? Forse sono davvero schizofrenica? Sembra che queste persone non abbiano il senso della realtà.

Eppure quello fu il decennio trionfante per la sua dote di poetessa, lavorando alle tre opere fondamentali: Variazioni belliche (1964), Serie ospedaliera (1969) e Documento (1976).

In tutta questa epoca, e nelle successive l’ombra di Renzo Paris, anch’egli poeta (insieme avrebbero partecipato al Festival internazionale dei poeti di Castelporziano nel 1979, a cui si unirono anche Allen Ginsberg, William Borroughs e Gregory Corso; iniziativa che qualcuno, purtroppo, avrebbe definito come la fine di un sogno ribelle).

Renzo Paris

Renzo Paris

Miss Rosselli: la recensione

Renzo Paris dichiara che nel corso degli anni ’80 Amelia Rosselli fu una vera star della poesia, e i suoi versi furono molto più apprezzati all’estero che in Italia, dove addirittura una schiera di ragazze seguiva e imitava, oltretutto, le sue movenze e la sua aurea sciamanica. Durante la stesura di ciò che il suo autore non dichiara proprio come una biografia, bensì come un memoir, Renzo Paris incontra una ragazza, Amèlie, che ha una passione sfrenata per Amelia Rosselli e che lo aiuta nella strenua ricerca dei suoi segreti più profondi.

Miss Rosselli è anzitutto il ritratto di un’Italia che non c’è più, raccontata da uno dei suoi protagonisti sopravvissuti, dove si odono pulsazioni di Alberto Moravia ed Elsa Morante, Bernardo Bertolucci e Sandro Penna, Pier Paolo Pasolini e Laura Betti, Dario Bellezza e Franco Cordelli; un’ Italia maturata nei versi raccolti nella rivista letteraria“Nuovi argomenti”.

Miss Rosselli è prima di tutto una rivalutazione necessaria della funesta esistenza di un’eroina della poesia che chiede ancora fortemente di essere rivalutata, e che piange ancora la sua eterna condizione di un perpetuo complesso di persecuzione, quest’ultimo talmente forte, che Renzo Paris ha convissuto col suo spettro, i “suoi occhi d’aquila” e la sua “risata brutale” per tutta la stesura del libro, che ha richiesto la durata di cinque anni e che, spesso, ha incontrato degli intoppi.

Come nella tragedia di Amleto, che lo stesso Renzo Paris cita per un attimo, l’autore ha realmente ascoltato la voce del suo fantasma che nelle ore solitarie passava a trovarlo e a chiedergli in un modo o nell’altro di redigere la sua giusta rivisitazione ai posteri.

Ecco cosa vi è scritto nella scena II dell’atto I dell’Amleto, qualcosa che sembra voglia ricondurci al pensiero di Amelia Rosselli che si manifesta all’autore di questo libro:

Se questa troppo, troppo solida carne non potesse fondere, evaporare, ricadere in rugiada! Se l’Eterno contro il suicidio non avesse eretto la sua legge! Dio! Mio Dio! Come tedioso, vuoto, stantio, sterile mi è il mondo con tutti i suoi usi. Abiezione del mondo, giardino di gramigna, vegetazione sconcia che pullula sovrana.

A proposito della stessa tragedia shakespeariana è d’obbligo, dunque, citare una figura femminile, Ofelia, che strappata con violenza alla giovinezza dei suoi anni più innocenti, è vittima dell’assassinio del padre, e che per colpa di tale gesto inspiegabile, perde la ragione e si ritrova nella catastrofe di un’esistenza invasa dal disagio e dalla sofferenza, e colta alla sprovvista da una tale catastrofe passa il resto della sua breve vita a cantare versi che ostentano un pianto incessante.

Ofelia, come Amelia Rosselli, non riuscirà a sopravvivere a questo strazio e, infine, si toglierà la vita.

Questo memoir dedicato ad una delle donne più colte ed affascinanti del secolo scorso ha il fascino di una dichiarazione d’amore ottenebrata dal timore di non esserne all’altezza, dalla paura di violare una mente che avrebbe avuto la forza di scostare in un attimo le nefandezze degli incesti, esaltando solo ciò che resta di più nobile al cuore.

Sempre da Amleto di William Shakespeare:

Troppo teme la donna che sa amare,

e in donna amore e tema han quantità

o nessuna o d’avanzo. E se il mio amore

è fondato, lo è pure il mio timore.

Dove è grande l’amore, l’ansia serra:

timore ed amor sono alleati in guerra.

 

Carmine Maffei

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