Resistenza

La Resistenza di ieri e di oggi

Il 25 aprile a Grottaminarda è stata ricordata e commemorata la Resistenza, quella di ieri e quella di oggi, sotto diverse prospettive e tematiche, per poterne sviscerare tutto l’intriso significato che questa giornata porta con sé.

L’evento ha suscitato grande interesse, vista la copiosa partecipazione dei presenti, che con la loro presenza hanno confermato un sentire e una memoria condivisa che nessuno vuole dimenticare.

Resistenza è sinonimo di Costituzione, libertà e democrazia. È una ricorrenza che rappresenta un atto di rivolta morale pagata con la vita e che oggi ci invita a riflettere sulla politica odierna che, in qualche modo, come un cerchio ritorna a se stessa anche se in modo diverso perché si adegua ai tempi che viviamo.

La Resistenza di ieri nacque per opporsi al fascismo, quella di oggi nasce, o dovrebbe farlo, per evitare e contrastare un fascismo democratico, che in modo più sottile vorrebbe assoggettarci e soggiogarci, togliendoci il potere democratico conquistato con il sangue dei nostri antenati.

Procediamo con ordine per comprendere nel migliore dei modi l’essenza intrinseca del convegno.

Il Sindaco di Grottaminarda

Il Sindaco pone dei quesiti e delle riflessioni sulla Resistenza di ieri e di oggi

Marcantonio Spera, sindaco di Grottaminarda, assente per motivi di salute, ha voluto comunque inviare un messaggio, per portare a riflettere sulla situazione politica e sociale di oggi:

Come Sindaco di Grottaminarda, se oggi fossi stato presente, avrei chiesto agli illustri relatori, e lo chiedo con questo scritto, indirettamente, come spiegare ai giovani l’importanza della politica, il rischio del crollo delle democrazie e del ritorno degli autoritarismi e della perdita dei diritti.

Chiederei, inoltre, come le donne potranno Resistere anche oggi e contrastare questo arretramento delle democrazie e promuovere la politica nuova che cambi le sorti del mondo.

I quesiti posti dal Sindaco, durante il convegno, sono stati affrontati tutti dettagliatamente da ciascuno dei relatori.

Le risposte dei relatori

Marilisa Grillo

Marilisa Grillo diventa delegata regionale del Forum dei Giovani

 

Per quanto concerne l’importanza della politica per i giovani, Marilisa Grillo, Assessore alla cultura, ha dichiarato:

L’insegnamento storico della Resistenza è fondamentale per le giovani generazioni. La memoria della Resistenza è oggi un trovarsi insieme come patrimonio comune per dialogare con i giovani sul senso di responsabilità, di solidarietà e di rispetto per il prossimo.

Citando Antonio Gramsci, l’Assessore, ha proseguito:

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani.

Sono passati più di cento anni e quell’indifferenza, che vedeva Gramsci, non è scomparsa.

L’indifferenza e l’odio sono mali da combattere. Ecco perché abbiamo abbiamo il dovere morale e storico di trasmettere ai giovani gli ideali di allora, ricordando il passato per guardare al futuro con maggiore consapevolezza.

E se qualcuno oggi vorrebbe esercitare il potere per il potere e non per il benessere dei cittadini e vorrebbe dimenticare questa ricorrenza ma, soprattutto, vorrebbe farla dimenticare ai giovani,; questo sarebbe il primo passo verso un percorso che ci rinnega come resistenti, antifascisti ma, soprattutto, come popolo libero.

Oggi siamo qui non solo per un esercizio della memoria ma per rendere concretamente omaggio a chi si è sacrificato con la propria vita, per garantire a noi tutti un futuro di libertà.

La libertà è un bene prezioso: non vi è libertà senza responsabilità e viceversa.

Il 25 aprile, dunque, ci ricorda che resistere è un dovere, ieri come oggi. Per questo motivo è necessario celebrare ogni anno il valore di questa festa, per mantenere salda la memoria della nostra democrazia.

Consapevolezza e sensibilità che hanno dimostrato di avere i ragazzi del Forum dei Giovani di Grottaminarda, che hanno voluto commemorare la Resistenza attraverso una video proiezione con immagini storiche e con la lettura di epistole con cui i partigiani, ormai morti, avvisavano i familiari della propria dipartita in nome di quella libertà per cui si erano battuti, sacrificando la vita e che non avrebbero vissuto ma che fieramente lasciavano a chi sarebbe sopravvissuto.

Nicola Cataruozzolo

Segretario sezione PD di Grottaminarda

Per quanto concerne il quesito che riguarda il rischio del crollo delle democrazie e del ritorno degli autoritarismi, Nicola Cataruozzolo, segretario della sezione PD di Grottaminarda, ha dichiarato:

L’importanza di questo convegno si inserisce a pieno titolo nel dibattito politico di questi giorni, non solo per discutere sul “1943 anno memorabile” ma soprattutto perché si vuole, da parte dei nostalgici come La Russa e soci la “rimozione dalla memoria collettiva”, la dimenticanza di un valore, e ancora di più, il tentativo ripetuto di omologare la parte fondamentale della guerra al nazifascismo.

La riprova l’abbiamo avuta proprio stamattina a proposito dell’articolo della Presidente del Consiglio sul 25 aprile.
Se scrivi ”incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo” anziché “incompatibilità con il fascismo “ prendi le distanze rispetto al presente e non al passato. Insomma siamo tornati al ”non restaurare, non rinnegare” di Almirante.
E poi a sentire alcune esternazioni degli esponenti di Governo di questi giorni come la “sostituzione etnica” del ministro Lollobrigida cognato della Meloni o le multe di Rampelli per chi usa le parole inglesi mi hanno rinfrescato la memoria sui 14 archetipi dell’Ur-Fascismo o del Fascismo eterno di Umberto Eco che riporta le caratteristiche nel discorso pronunciato il 24 aprile 1995 alla Columbia University, in occasione delle celebrazioni per la Liberazione dell’Europa dal nazifascismo.

Ecco perché il 25 aprile la Festa della Liberazione dal nazifascismo, deve essere la festa di tutti gli italiani perché è il giorno che ha reso possibile, 78 anni fa, la democrazia che ha consentito non solo la libertà ma il progresso civile, economico e sociale dell’intera nazione. È contro la storia ancora oggi assistere al tentativo maldestro da parte di alte cariche dello Stato, che pur essendo al governo e giurando sulla Costituzione non hanno mai rinnegato i fasti del “ventennio” e della “fiamma”.

Hanno difficoltà a riconoscere la Liberazione come tappa fondamentale per la ricostruzione della nostra Repubblica. Eppure in tutti i Paesi europei, che hanno conosciuto le barbarie del nazifascismo, gli esponenti della destra che siedono al governo hanno rinnegato pubblicamente l’esperienza dittatoriale. Solo in Italia questo non è successo interrompendo la strada tracciata a Fiuggi da Gianfranco Fini che, domenica scorsa, lo ha ribadito nella trasmissione televisiva “Mezz’ora in più” di Lucia Annunziata.

Pertanto la liberazione dal nazifascismo con il 25 aprile ci ricorda il suo nesso indissolubile con la Costituzione per la sua universale valenza.

Il Segretario della sezione del PD di Grottaminarda ha così concluso:

 Diceva Pietro Scoppola che la cultura della liberazione non implica un punto di arrivo, non ha come la cultura della rivoluzione modelli definiti di società da proporre, rappresenta un principio di non appagamento rispetto a tutti i risultati raggiunti.

Si potrà avere una memoria condivisa con il passato?

Missione impossibile, a mio parere, ci saranno sempre i vari La Russa, Lollobrigida, Meloni e Rampelli ma il nostro compito quotidiano non è solo quello di difendere la Costituzione dagli attacchi sconsiderati ma di applicarla con le nostre azioni politiche.

La memoria condivisa si potrà avere attraverso l’ostinazione e la perseveranza di chi vuole che alberghi anche nella coscienza dei giovani perché il nostro DNA è antifascista e lo sarà sempre.

La libertà è un elemento imprescindibile e di cui abbiamo bisogno come l’aria che respiriamo per poter vivere biologicamente.

Luigi Anzalone

professore Luigi Anzalone

Questo concetto è stato rimarcato dal professore Luigi Anzalone, filosofo e uomo di cultura, che ha spiegato che è proprio una conseguenza del fascismo democratico che respiriamo nell’aria che ci porta a ricordare con veemenza e con grande partecipazione il 25 aprile.

Osservando il Governo attuale si evincono affermazioni, scelte politiche e termini utilizzati che riportano non solo il pensiero ma l’anima a rivivere quel senso di oppressione vissuto durante il fascismo, da chi lo ha vissuto, e quel disappunto umano e sociale tra coloro che non hanno vissuto il regime ma sentono minata la libertà di pensiero e l’umanità che ci caratterizza come esseri umani in primis.

Il filosofo ha inoltre rimarcato che oggi viviamo in un fascismo democratico che piano piano vorrebbe soggiogarci attraverso la negazione di ciò che è stato e di ciò che siamo. In riferimento alla nostra Costituzione e al concetto di Costituzione e Resistenza ferita, che sono la medesima cosa, ha ribadito che la si ferisce ogni qualvolta la si cerca di modificare, che la si mortifica ogniqualvolta si vorrebbe far credere che non demolisce il nazifascismo, facendo dimenticare che la nostra Carta costituzionale è nata dall’antifascismo e dunque questo concetto è implicitamente espresso.

 Presidente del Consiglio Comunale di Grottaminarda

Virginia Pascucci

Per quanto riguarda l’argomento delle donne della Resistenza Virginia Pascucci, Presidente del Consiglio comunale, ha riportato in vita il ricordo delle staffette partigiane ricordando Giulia Lombardi e Carla Capponi:

Questo 25 aprile voglio dedicarlo insieme a voi alle donne della Resistenza, ricordando una notizia del 2019.

A Settimo Milanese, il 14 aprile del 2019, venne inaugurato un monumento ligneo in memoria di Giulia Lombardi e nella notte tra domenica 21 aprile e lunedì 22 aprile quello stesso monumento venne incendiato.

Questo gesto mi inquietò profondamente, non solo per il gesto provocatorio dei movimenti neofascisti ma soprattutto perché  questo gesto era stato compiuto nei riguardi di una giovane donna la cui vita fu stroncata a 22 anni, per mano dei fascisti. Giulia era una ragazza che il 16 maggio del’44, come ogni mattina andava al lavoro in filanda a piedi perché la bicicletta non poteva permettersela. Quel giorno fu ferita alla nuca e il regime si scusò dicendo che era stato un errore, questo è ciò che il fratello Carlo ha raccontato.

Dai registri della Resistenza, in realtà, sembra che Giulia fosse una staffetta partigiana, all’insaputa della sua famiglia come molte sue compagne del resto. Probabilmente era ciò che le sembrava giusto fare perché sicuramente a vent’anni sognava un mondo senza soprusi e violenze, desiderava un fidanzato, magari una famiglia e invece Giulia, come tante, perse la vita un mattino di primavera.

Il ruolo silente e nascosto di oltre 70mila donne che hanno partecipato alla Resistenza è stato svelato solo a partire dagli anni ’60, quando le lotte per l’autodeterminazione femminile hanno fatto in modo che si conoscesse, finalmente, ciò che generazioni di giovani ragazze hanno fatti durante il periodo della Resistenza.

Dal ’48 agli anni ’60 un silenzio generale aveva caratterizzato scritti e memorie. In una società ancora profondamente radicata su princìpi patriarcali che aveva relegato le donne ai ruoli tradizionali di madri e mogli.

Le donne della Resistenza hanno partecipato non solo come staffette ma come parte attiva nella lotta armata. Carla Capponi infatti è stata una figura centrale della Resistenza romana, vicecomandante dei Gap (Gruppi di azione patriottica), ci ha raccontato che i suoi compagni non volevano concederle l’uso della pistola e per questo motivo fu costretta a rubarla.

Carla Capponi oltre ad essere una donna coraggiosa è stata anche una leader che ha organizzato proteste con le donne di borgata romane, durante l’occupazione nazista ma anche durante le lotte degli anni ’50.

Una Resistenza senza le staffette non sarebbe stata possibile, tuttavia poche donne poterono essere riconosciute ufficialmente come partigiane perché potevano essere riconosciute come tali solo coloro che avevano partecipato alla lotta armata.

Solo 19 donne hanno ricevuto medaglie d’oro al valore per le loro azioni durante la Resistenza.

Il 25 aprile è una festa patriottica che deve unire tutti, donne e uomini, nel ricordo di un passato doloroso che non deve più tornare. Facciamo in modo che il nostro agire quotidiano non renda mai vano il sacrificio di vite umane, quello stesso agire che, oggi, ha portato tutti noi quì in questa Sala comunale ad essere liberi di esprimere il nostro pensiero.

Presidente del Comitato provinciale A.N.P.I.

Giovanni Capobianco

A ricordare le atrocità del fascismo ci ha pensato Giovanni Capobianco, Presidente del comitato provinciale A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) che con documenti e numeri alla mano ha spiegato alcuni episodi tremendi accaduti nel Mezzogiorno, per difendere i partigiani che non solo persero la vita ma per ricordarne la presenza copiosa che qualcuno negli anni voleva sminuire.

La Resistenza, come ha tenuto a precisare,  è nata subitaneamente all’invasione nazifascista perché gli italiani che vivevano la vera miseria furono i primi a ribellarsi alle razzie e ai soprusi, di ogni sorta, che erano costretti subire. Da questi racconti è partito il suo accorato allarme nel difenderci dal fascismo democratico di oggi che seppur meno violento è altrettanto subdolo e spietato.

Una ricorrenza e una commemorazione che ha toccato i cuori di tutti, invitando ad una maggiore consapevolezza del nostro tempo e ad una partecipazione politica sempre più sentita e condivisa.

25 aprile e la Costituzione ferita

Oggi spesso si sente parlare di Costituzione ferita soprattutto quando si sminuisce, o si vorrebbe farlo, il senso intrinseco della celebrazione del 25 aprile. Cerchiamo di comprendere perché non si può archiviare e lasciare nel dimenticatoio la Resistenza e l’antifascismo.

La nostra Costituzione esiste e si basa su princìpi, valori, ideali e interessi delle forze che le diedero la vita e che trovarono una condivisa composizione. La nostra Costituzione identifica il nostro ordinamento giuridico ed è dunque immodificabile. Una modifica della Costituzione sarebbe illegittima perché determinerebbe la rottura del sistema costituzionale perché modificando le sue fondamenta perderebbe la propria identità e i suoi prìncipi cardine.

25 aprile e la Costituzione ferita

La Corte costituzionale in varie sentenze – fondamentale è la n. 1146 del 1988 – ha confermato che:

La Costituzione italiana contiene alcuni princìpi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale. Non si tratta soltanto dei princìpi esplicitamente posti come limite alla revisione (la forma repubblicana, art. 139), ma anche di quelli, non menzionati, che appartengono all’essenza dei valori supremi su cui si fonda la Costituzione repubblicana: ad esempio la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2), la dignità della persona, il diritto di ricorrere a un giudice; i princìpi di laicità, eguaglianza, solidarietà e altri ancora, taluni già compresi nell’unico limite espresso – la forma repubblicana – sintesi di vari princìpi. Un’importante sentenza (n. 238 del 2014), chiudendo una questione discussa, ha chiarito che le stesse
consuetudini internazionali (cui l’art. 10 conferisce rango costituzionale) si arrestano di fronte al «nucleo inviolabile» che forma una barriera invalicabile al loro ingresso nell’ordinamento italiano. I valori in contrasto, in quel caso, erano la dignità della persona e il diritto alla tutela giurisdizionale.

la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo

Dunque, il testo della Carta costituzionale è intriso dello spirito che ha animato la Resistenza, riflettendone i valori che sono il risultato di diverse ideologie, caratteristica imprescindibile in democrazia.

Come diceva Norberto Bobbio, noto filosofo, giurista. politologo e storico italiano:

 La nostra Costituzione è il risultato della confluenza dell’ideologia socialista e di quella cristiano-sociale con quella liberale classica che ne costituisce la base perché le forze morali preminenti erano quelle dell’antica tradizione liberale soffocata dalla dittatura e rinata nell’impulso liberatore della Resistenza europea.

È facile comprendere perché quando si rinnega il 25 aprile si parli anche di Costituzione ferita.

25 aprile e la Costituzione ferita

Perché si vuole neutralizzare la Resistenza e rimuoverla dalla coscienza e dalla memoria condivisa degli italiani attraverso una delegittimazione impropria?

Il ’68 fu uno scontro generazionale tra i padri della Resistenza e i suoi figli, che accusavano i padri di aver tradito e dimenticato i valori per i quali avevano combattuto. Si iniziò ad usare il termine Resistenza tradita nei movimenti studenteschi del tempo.

Tra i contestatori ricordiamo Gramsci che aveva una scarsa presa e il Pci veniva bollato come revisionista, a volte anche accusato di tradimento del proletario. La contestazione dei sessantottini non voleva respingere la sostanza dell’antifascismo ma voleva sottoporla a verifica per farne emergere quell’aspetto di guerra di classe, che era stato sottaciuto. In breve si crea in quegli anni una divisione netta tra chi aveva fatto la Resistenza, ottenendo una medaglia e quindi ci si poteva permettere tutto e che accusava i contestatori e i giovani, che spesso si dimostrarono ingiusti e superficiali nelle analisi.

La conseguenza fu il voler rappresentare l’antifascismo in un Paese che non era in grado di fare i conti con se stesso e di comprenderne pienamente la totalità. Una sorta mancata piena consapevolezza di ciò che era stata la stagione fascista. Ciò viene descritto e analizzato nel libro Sulla guerra civile. La Resistenza a due voci di Norberto Bobbio e Claudio Pavone (2015), all’interno del testo entrambe riflettono sulla Resistenza, una testimonianza a due voci di moralità nella ricerca. I due in diverse occasioni hanno espresso idee divergenti a riguardo. Questo testo, per chi volesse approfondirlo, include riflessioni che partono dai primi anni’60 e si chiude con la morte di Norberto Bobbio (2004).

Ritornando al discorso della Costituzione ferita si può affermare che i rovistatori della Resistenza volevano e vogliono confondere un giudizio storico e di giudizio morale. La Resistenza ha svolto un ruolo tra passato e futuro, questo non possiamo negarlo, un ruolo raro per la nostra storia.

Gli italiani sono scesi in campo per difendere i valori molto raramente. Nel ’43  nel ’45 lo hanno fatto, una parte di loro. Dunque davanti alle vecchie e alle nuove retoriche riduzioniste e demonizzanti sulla Resistenza e sul 25 aprile occorre avere un’unica consapevolezza: che la difesa della Costituzione repubblicana è la prima barricata su cui non si difende solo una legge ma lo Stato Sociale e l’insieme dei diritti dei cittadini.

Rivendicare la Resistenza antifascista è l’elemento basilare, irrinunciabile della Costituzione e dunque della nostra identità italiana.

La testimonianza di Rodolfo De Rosa,
un uomo della Resistenza

Nell’ambito delle iniziative organizzate dall’Anpi per la Festa della Liberazione, abbiamo raccolto i ricordi di Rodolfo De Rosa, un uomo della Resistenza che a 91 anni mostra ancora grande lucidità e dispensa preziosi consigli alle nuove generazioni.

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