Torna Acronimo Costanzo con “Passame ‘e parole”, singolo che anticipa il nuovo lavoro discografico, il primo con il progetto“Macrè Ensemble” in uscita prossimamente su etichetta ed edizioni Suono Libero Music.
Il brano è una morbida bossa nova acustica che si sposa perfettamente con la musicalità evocativa della lingua napoletana.
Costanzo, partenopeo d’origine ma lucchese d’adozione e professione (è maestro di Scuola Primaria), sta sperimentando nuove strade mescolando il suo essere cantautore ai suoni della Macrè Ensemble, eclettico quartetto formato da musicisti provenienti da formazioni e generi diversi. I componenti del progetto sono Diego Ruschena (basso balalaika/chitarra), Emiliano Barrella (percussioni), Mattia Salvadori (tromba), e lo stesso Acronimo Costanzo (voce e tastiere).
Nel videoclip della canzone i protagonisti sono Sauro e Piera Mori, coniugi lucchesi sia sullo schermo che nella vita reale, il loro matrimonio è prossimo alle nozze d’oro, cinquant’anni di vita vissuta assieme.
Sauro ha una storia particolare. Contadino, come suo nonno, il mitico Luigi Gaddini, che nel 1956 da Massa Macinaia divenne campione italiano del celebre “Lascia o Raddoppia” programma condotto da Mike Bongiorno. Il suo talento? Conosceva tutta la “Divina Commedia” di Dante a memoria!
Vederli in scena, bellissimi nella spontaneità di sorrisi e sguardi, mostra allo spettatore “la premura e il rispetto dell’amore maturo, in una più lenta condivisione del fluire del tempo.”. A spiegarlo così è proprio l’autore Costanzo, che aggiunge:
Il loro è un esempio per tutti. Un amore sa affrontare il mare in tempesta della vita e si trasforma in un fiume placido, che accompagna i due protagonisti lungo un fluire di esperienze, emozioni e consapevolezze con un’alchimia che si rinnova quotidianamente.
Le riprese ed il montato, girate in Corte Mori, una delle caratteristiche corti di Capannori nella Piana lucchese, sono opera di Diego Ruschena, con soggetto di Acronimo Costanzo.
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Dante per tutti vi aspetta al Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda
Continuano gli appuntamenti culturali di Dante per tutti, curato da Luca Maria Spagnuolo, al Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda. Il reading è fissato per oggi alle ore 20:30 previa prenotazione al 3209648749.
Protagonista è il Canto XXXIII dell’Inferno: l’incontro tragico e pietoso di Dante con il Conte Ugolino della Gherardesca.
Michelangelo Bruno, bartender del caffè letterario, nel pensare a quale cocktail abbinare a 5 personaggi dell’Inferno dantesco, al Conte Ugolino ha associato un Hot Toddy mirtillo e cioccolato perché è un drink caldo che si contrappone al contrappasso per analogia di Dante che lo condanna a vivere immerso nel ghiaccio.
Dunque se avete intenzione di entrare a 360° nel mood del XXXIII Canto non vi resta che scoprire e degustare questo drink.
Inferno di Dante: approfondimento del Canto XXXIII
Questo canto ha i suoi punti nodali nell’incontro con i cittadini di Pisa e di Genova, due città in cui Dante trova confermata il suo pessimismo sullo stato della civiltà comunale. Nati dalla necessità di creare una società più democratica e civile con un’economia più agile e moderna, questi due comuni si sono impigliati in una serie di guerre fratricide che, nel tempo, li fanno regredire verso costumi più vicini ai barbari. Le lotte tra fazioni sono tutte alimentate dalla bramosìa di potere e dal disprezzo verso il debole in cui vennero coinvolti degli innocenti.
Su questo sfondo cupo e violento si colloca anche l’ambientazione infernale del canto XXXIIIesimo, in cui nel Cerchio IX vi sono i traditori, che sono costretti a stare immobili. Ciò che appare agli occhi di Dante è un deserto di ghiaccio popolato di sole teste.
Qui è stato destinato a restare il Conte Ugolino che è rimasto e rimarrà eternamente chiuso nei limiti feroci della sua società e della sua storia, dominata da tradimenti, crudeltà, odio, brama di potere e guerra.
Ugolino, per Dante, rappresenta l’emblema della crudeltà e del male umano. Il deserto umano non è altro che il mondo di cui egli stesso è il frutto, dunque l’angoscia che lui patì e ora patisce in eterno non può far scaturire alcuna pietà per lui ma solo per i poveri innocenti travolti dalle sue passioni irrazionali.
L’episodio del Conte Ugolino si basa su due temi: quello della ferocia umana che rafforza le forme di ferocia che gli furono proprie in terra e l’altro tema è quello della vita affettiva in cui il conte diventa il concreto simbolo di una società che ha tra le altre anche la responsabilità di assassinare degli innocenti perché fu protagonista di una politica faziosa.
Tu dei per ch’i’ fui conte Ugolino,
e questi è l’arcivescovo Ruggieri:
or ti dirò perché i son tal vicino.
Che per l’effetto de’ suo’ mai pensieri,
fidandomi di lui, io fossi preso
e poscia morto, dir non è mestieri;
però quel che non puoi avere inteso,
cioè come la morte mia fu cruda,
udirai, e saprai s’è m’ha offeso.
Per scoprire il resto non vi resta che partecipare a Dante per tutti!
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The Transparent Path of Serenity: il disco del chitarrista irpino esule del rock
Alla fine degli anni ’90 Alfredo D’Angelo lo si poteva incontrare, in giro per la sua città, mentre attraversava il corso principale, con la chitarra in spalla, vestito di nero, con un cipiglio in viso pressoché costante, una massa di capelli lunghi e crespi che spesso gli ombreggiavano lo sguardo. Spesso riuscivo ad anticipare il suo ingresso in sala prove, un garage minuscolo adibito a tale scopo, soltanto per il piacere di vederlo suonare come non avevo mai visto fare prima.
Alfredo D’Angelo muoveva veloci le sue dita sulla tastiera, concentrava il suo ego sulle note; la sua somiglianza con Jimmy Page lo rendeva un piccolo eroe rock’n’ roll maledetto, e la particolarità della sua bravura, del suo virtuosismo si aggiungeva al carisma che riusciva a rapire chi lo ascoltava e lo ammirava allo stesso istante: era questa la caratteristica che riusciva a impressionarmi.
Eppure una ritrosia, associata ad una massiccia dose di umiltà, lo ha sempre tenuto fuori da alcuni contesti in cui sembrava ovvio potesse partecipare. Lui preferiva ottenere risultati soddisfacenti con uno studio febbrile, rinchiuso tra quattro mura, nella sicurezza proustiana che un giorno tutto sarebbe giovato soltanto al proprio fabbisogno artistico, personale.
Qualcosa cambia però quando qualche anno dopo fonda gli Ordita Trama e annienta il suo carisma funesto e introverso. La sua esperienza ora può dare un senso nella diffusione di una musica che annienti il proficuo bisogno di sentirsi meglio e basta, di ballarci su come fosse un’ondata di baldorie lussureggianti che si scontrano nella ripetitività di un’azione soltanto meccanica.
Per lui la musica è altro, è la continuità di un’esperienza appena vissuta, di un lamento represso che possa esprimere una violenza innocua ma rumorosa, sferragliante, a volte acutizzata dal feedback.
Eppure è in questi stessi anni, dopo la pubblicazione di due dischi, che la maturità personale prende il sopravvento su quella metà oscura quasi kinghiana che soprassedeva costantemente, e Alfredo diventa un professionista stimato, un ascoltatore attento agli stimoli esterni, e un musicista che assorbe i bisbigli che la natura gli offre mentre passeggia per i boschi o quando osserva il moto del mare, in compagnia della chitarra acustica.
Forse quella sensazione di misticismo di Jimmy Page un po’ gli è rimasta addosso, solo che la contemplazione della bellezza che gli gira intorno lo illumina e lo coinvolge nell’interpretazione dei suoni, dei contorni e del verde intorno, quasi come a catturare una “Bron-Yr-Aur” d’inizio millennio.
In questi giorni viene pubblicato il suo primo disco solista, The Transparent Path of Serenity, esperienza che lo coinvolge addirittura in una sensazione parallela a tutto ciò che ha convissuto con la sua band. E’ ovvio che la cultura della sua formazione rock non sia lontana, così come la sua passione sfrenata per la letteratura e i classici latini, ma qualcosa sembra essere tornata in superficie, e comprende una buona dose di personalità che non sempre è riuscita a trovar posto nella diffusione radiofriendly che lo ha interessato e lo ha aperto finalmente al pubblico.
Ha ripreso vita quell’esperienza di condivisione intima dei suoi stimoli più profondi, solo che questa volta chi lo ha ammirato negli ultimi dieci anni potrà abbracciare insieme a lui quel lato più introverso eppure fatalmente più permissivo e aperto.
Spiega a Il Plurale:
Ho subito iniziato a sviluppare un alter ego musicale, timido a svelarsi , che si formava nell’ascolto della fusion, del jazz, del flamenco, oltre che della musica classica e dei nostri più vicini esponenti partenopei, avventurandomi nell’approccio di strutture armoniche che esulavano dal rock.
Passionate Caste e Transparent Path, le tracce n. 3 e 5 ricordano addirittura i suoi ventidue anni, e timidamente sono venute fuori nella ricerca ammissiva che si è fatta spazio col tempo e con la sicurezza acquisita.
Il disco si apre con una risacca marina e lo stridìo dei gabbiani, e una lieve percussione che prende guadagno assieme all’incedere della tastiera e d’improvviso un arpeggio morbido, tenue e sensuale ci avvolge e ci dà il benvenuto nella più interessante parentesi di questo diario uditivo e ammaliante. Il brano, Metaphore, respira con le emozioni che traspirano dai nostri pori, dal recondito interesse che ci cattura e ci spinge alla conquista dei contributi al benessere contemplativo. L’eco dei Porcupine Tree più romantici si enuncia dallo spettacolo a cui assistiamo.
La seconda traccia è una continuità morbida di ciò che la precede, e uno stile à la Maurizio Solieri pare voglia coinvolgerci nei ricordi che ci avvolgono. E’ qui che possiamo già godere del virtuosismo che fuoriesce dalle dita di Alfredo D’Angelo, il quale preferisce non annoiare con la precisione e con la velocità, bensì con la profondità.
La terza composizione, Passionate Caste, è una vera e propria favola dark, e ci svela la trasparenza del cammino verso la serenità che è il compito di tutto il lavoro. La filosofia delle strutture ci fa intendere che le melodie non ci fanno scappare lontano dalle complessità quotidiane, ma sottolineano tale sensazione di indisposizione spesso ottenebrata dagli impegni che la maturità ci ha obbligati a obbedire.
Proposed Opposition, il quarto brano, è un tango nervoso e psicopatico e addirittura la chitarra assume un suono rude e controverso alla filosofia delle sonorità che ci siamo abituati ad ascoltare.
Gli arrangiamenti volutamente acidi e violenti ci costringono a difendere il nostro ego più suscettibile.
La title track, originariamente pensata per gli Ordita Trama, riporta alle atmosfere del primo disco della sua band, e conserva le sonorità tipiche del lavoro solista; è un insieme di esperienze condivise ma percepite nella maniera più personale, forse più autentica.
L’ultimo brano, Verses in F Major riserva una sorpresa: Alfredo D’Angelo scrive dei versi che affida all’attrice napoletana Piera De Piano, ed è incredibile quanta poesia possa enunciarsi dalla morbidezza delle frasi che allo stesso tempo graffiano come unghie su pietra:
Ho velato di malinconia
il tempo trascorso nella gioia del momento vissuto
nascosto ai sorrisi che mi allietavano.
Con questo primo lavoro da solista Alfredo D’Angelo, il chitarrista irpino esule dal rock ma neanche troppo lontano da esso, ha forgiato la trasparenza, ed ha reso materia l’atmosfera che lo attorniava nell’esilio in cui si è costretto per troppo tempo.
Particolari attenzioni vanno all’artwork stupendo, curato dal grafico e web designer Alfonso D’Urso, al lavoro magistrale di produzione e di arrangiamneti di Raffaello Pisacreta della Mood Records, alla cura maniacale delle percussioni di Pasquale Tomasetta e Ruggiero Botta, all’eccellente basso di Giuseppe Nocito, già bassista degli Ordita Trama.
Per ascoltare subito il lavoro: https://soundcloud.com/alfredodangelo
Per ordinare la vostra copia personale in formato CD scrivere a: akedo@hotmail.it
Carmine Maffei
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Sara J Jones racconta in Scusa la trasposizione in musica di un ritrovato e imprescindibile amor proprio
Non basta un mazzo di rose per curare una ferita d’amore: questo è ciò che Sara J Jones, con la sensibilità, la classe e la sensualità che la contraddistinguono, racconta in “Scusa” (Orangle Records/ADA Music Italy), il suo nuovo intreccio di pop e afrobeat avvolto da intense e malinconiche sfumature reggaeton.
Sulla ricercata e riuscitissima commistione sonora che sorregge il pezzo, resa possibile dall’abilità creativa di Andrea Cattaldo e Daniele Fasoli dei Phasher Studios, l’intensità espressiva di Sara si focalizza sul mix di emozioni che ci pervadono quando siamo chiamati a guardare in faccia la realtà nell’affrontare traumi emotivi che lasciano il segno, proprio come gli oggetti e i ricordi sulle pareti di un appartamento ormai abbandonato – «Cosa resta di te? Mobili, ritratti, su pareti vuote» -.
Scritto dalla stessa cantautrice milanese ripercorrendo un’esperienza personale vissuta anni fa, “Scusa” è la trasposizione in musica di una serie di tentativi di riappacificazione e riconquista andati vani, che non cancellano né la gioia né il dolore dei trascorsi a due anime, ma rivelano, con lo scorrere del tempo, l’esigenza di mettere un punto effettivo a capitoli ormai conclusi, per voltare pagina con un ritrovato e imprescindibile amor proprio.
Dichiara l’artista:
Correva l’anno 2017 e, dopo un lungo periodo di relazione, io e lui abbiamo deciso di intraprendere due strade differenti, in quanto, per me, le cose erano totalmente cambiate. Nonostante la mia sincerità e chiarezza nei suoi confronti, è bastato un solo giorno perché lui facesse sparire tutte le sue cose da casa mia. Mi sono ritrovata sola, in una casa improvvisamente vuota.
Non è stato un bel momento, ma mi ha insegnato molto. Qualche mese più in là, questa persona ha provato anche a riconquistarmi, regalandomi un meraviglioso mazzo di rose, pensando che tutto si sarebbe aggiustato. Sapete? da quel giorno ho imparato pian piano ad amare davvero me stessa.
Questo brano è il mio modo di raccontare l’accaduto e spero che gli ascoltatori possano ritrovarsi nelle mie parole.
“Scusa” mi è servito per ricordarmi che le cose belle sicuramente rimangono e che molte volte non abbiamo il coraggio di esporle così come vorremmo. Probabilmente, la me stessa di oggi direbbe che lui non era la persona giusta e non era il momento giusto.
Un pezzo penetrante, a mezz’aria tra selfness love e personal empowerment che, nell’autenticità e nella verità delle sue liriche, dà voce e musica ad uno spaccato sui rapporti umani in cui, ciascun ascoltatore, a prescindere dall’età, dalla provenienza e dall’orientamento sessuale, può ritrovarsi, con la maturità, l’umiltà e l’egenza di chi sa chiedere “Scusa”, agli altri e a se stesso.
“Scusa” è accompagnato dal videoclip ufficiale, girato a Milano dall’immancabile e attento sguardo di Alessandra Miatello, che sarà disponibile su YouTube nel corso delle prossime settimane.
Sara J Jones: chi é?
Sara J Jones, pseudonimo di Sara Libranti, è un’artista milanese classe 1994. Cantante, autrice, content creator, influencer ed imprenditrice, muove i primi passi nel mondo della musica in tenera età, partecipando a numerosi concorsi canori.
Esploratrice per nascita, studia Musical, Tecniche Teatrali e Danza, calcando grandi palchi come quello del Teatro Nazionale di Napoli, impreziosendo così l’eclettismo della sua Arte.
Nel 2015 pubblica “The Queen of the Night”, la sua prima release che le consente di farsi conoscere ed apprezzare da pubblico e critica e di dar vita all’EP “Eterno” (2016).
Dopo una pausa dalla scena che le ha consentito di maturare personalmente e professionalmente, Sara J Jones torna nei digital store nel 2022 con “Waterproof”, un brano, scritto a quattro mani con Marco Conte e prodotto dall’abilità creativa di Andrea Cattaldo (Phaser Studios), che evidenzia la poliedricità della sua anima autorale e interpretativa, raccontando, tra ironia, leggerezza e riflessioni, l’essenzialità di concedere spazio, tempo e cuore soltanto a chi si dimostra meritevole delle nostre attenzioni, imparando il sano amor proprio e dirigendo in prima persona il flusso delle nostre esistenze.
Capelli rossi, sguardo vivace, energia esplosiva e sorriso inconfondibile, sono i tratti distintivi della sua personalità che, uniti ad una vocalità fortemente pop intrisa di sfumature soul, ad una penna sensibile e camaleontica e ad un’attitudine fresca e frizzante, delineano l’essenza del suo percorso artistico.
4 comments on Torna Acronimo Costanzo, tra Napoli e il Brasile, passando per la “Piana”
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